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Quante spine da quel giorno ebbe il letto per il povero Pepè!

Ma il medico non gli dava retta: si tratteneva da lui pochi minuti, costernato di ben altro: del grave rischio che correva in quel momento la signora Filomena. E il Coppa che non se ne voleva dar per inteso, pretendendo dal medico la guarigione della moglie, come se, avendo sofferto e speso tanto per lei, si credesse in diritto di non perderla! Da una settimana non chiudeva occhio, non prendeva se non qualche raro cibo, lì accanto al letto, forzato dalla stessa moglie, da cui non distraeva lo sguardo un solo minuto. Credeva veramente di lottare così contro la morte, e non gli pareva possibile che questa gli portasse via la moglie da sotto gli occhi mentre egli teneva lì ferma, vigile, agguerrita in difesa di lei la propria volontà. Non ascoltava nessuno, per non allentare d'un attimo quella tensione violenta di tutte le forze del suo essere, a guardia dell'inferma. E se il medico gli diceva qualche cosa:

, — gli rispondeva invariabilmente.

Ma alla fine il medico chiese un consulto e, avuta dai colleghi l'assicurazione d'aver fatto quant'era possibile per l'inferma, volle declinare ogni responsabilità. La signora Filomena era spacciata.

Ciro Coppa scacciò via il medico svillaneggiandolo; poi, sembrandogli che lì, in quella casa, dove la scienza di fronte alla morte si era data per vinta, la difesa della moglie fosse già compromessa, tratto dall'armadio un abito della moglie:

— le disse. —

Un nodo di pianto gli strozzò improvvisamente in gola la voce. La moglie aveva chiuso gli occhi con lenta pena alla disperata esortazione di lui: due lagrime le sgorgarono dalle pàlpebre e le rigarono il volto. Gli fe' cenno d'accostarsi al letto. Ciro accorse angosciato, vibrante dallo sforzo con cui soffocava la violenta commozione. E allora la moribonda gli passò un braccio intorno al collo e con la mano malferma gli carezzò i capelli.

— gli mormorò: —

Ciro, chino sul seno di lei, ruppe in un pianto furibondo, come se il cordoglio, mordendolo, l'avesse arrabbiato.

— ruggì tra i singhiozzi irrompenti. Poi, levandosi scontraffatto, terribile: —

— sospirò la moribonda.

Egli uscì dalla camera con le mani afferrate ai capelli. Ordinò alla serva di chiamare un prete.

— le gridò; e scappò via di casa per non assistere a quella confessione.

Per circa due ore, alla Passeggiata, andò in sù e in giù sotto gli alberi, scervellandosi a immaginare i peccati, che la moglie in quel momento confessava al prete.

Che peccati?… che peccati? Peccati di pensiero, certo… peccati d'intenzione… Chi aveva mai veduto sua moglie?… Cose antiche? peccati antichi!…

E passeggiava con le mani avvinghiate alle reni, il volto contratto dalla gelosia e gli occhi che schizzavano fiamme.

Nella notte, Filomena morì. Pepè volle a ogni costo alzarsi per vedere un'ultima volta e baciare in fronte la sorella. Ciro si era chiuso nella camera dei figliuoli mandati dalla nonna, e buttato su un lettuccio, mordeva e stracciava i guanciali per non urlare.

Il giorno dopo ordinò che si apparecchiasse la tavola, e mandò a riprendere i figliuoli dalla nonna. La vecchia serva lo guardò negli occhi, temendo che fosse impazzito.

— le gridò Ciro di nuovo. —

Volle che tutti, Pepè e i due figliuoli, sedessero con lui a desinare.

— gridava, battendo i pugni su la tavola, e brum! bicchieri, posate, ballavano. —

Fece prima la porzione alla moglie, come al solito. Poi volle dare il buon esempio, mangiando lui per primo; ma, appena portatosi alle labbra il cucchiajo, sbruffava, si cacciava in bocca il tovagliolo e, addentandolo, gridava con voce soffocata:

Però, appena i figliuoli sbalorditi si mettevano a strillar con lui: brum! altri pugni su la tavola.