La busta

All cena dei Vedovi Neri, Emmanuel Rubin arrivò di pessimo umore.

Non peggiore, comunque, del suo solito, ma, per l'occasione, i suoi occhi fiammeggiavano, minacciosamente ingranditi dalle spesse lenti.

«Ah-ah!» commentò Mario Gonzalo, anfitrione della serata. «Qualcuno si è visto rifiutare, meritatamente, un manoscritto.»

«Nessuno mi ha rifiutato, meritatamente o no, un manoscritto»

ribatté Rubin. «È molto peggio di questo!»

Geoffrey Avalon, dall'alto del suo metro e novanta, fissò il piccolo Rubin, e disse baritonalmente: «Molto peggio di un manoscritto rifiutato?

Per uno scrittore free-lance come te? Impossibile, Manny!».

«Sentite un po'» esclamò Rubin esasperato. «Stamattina sono entrato nell'ufficio postale e ho chiesto un foglio completo di francobolli da venticinque cents. Tanto per cominciare, mi brucia il fatto in sé. Ricordo benissimo quando per spedire una lettera bastavano due cents, ma il prezzo continua a salire, senza influenzare l'eterno deficit statale...»

«Per lo meno,» intervenne Halsted «il servizio peggiora per compensare l'aumento delle tariffe.»

«Lo dici perché lo trovi divertente, Roger,» scattò Rubin «ma, guarda caso, hai perfettamente ragione... Grazie, Henry.»

Henry, l'inarrivabile cameriere delle cene dei Vedovi Neri, sensibile alle esigenze che l'irritazione determinava in Rubin, gli aveva portato un doppio rifornimento di aperitivo.

James Drake, nell'accendere l'eterna sigaretta, disse: «Anch'io ricordo i tempi in cui i francobolli andavano a due cents, e il giornale costava due cents, e un pacchetto di sigarette lo compravi per tredici... e la mia paga settimanale ammontava a quindici dollari. E allora, che hai da regnare?».

«Non ho finito» disse Rubin. «Quindi, chiedo un foglio di francobolli da venticinque cents, e il babbeo che è allo sportello mi guarda dritto negli occhi e mi fa: "Non ne abbiamo". Rimango sbalordito. Era un ufficio postale, accidenti! Io dico: "Come, non ne avete?". E quello alza le spalle e grida: "Avanti il prossimo!". Capite? Non un segno di rincrescimento o di imbarazzo!

Non potevano mettere un cartello per dire che i fogli di quei francobolli sono esauriti, per il momento?! Ho dovuto fare un'ora di coda per sentirmi dire che ero fregato.»

Gonzalo riassunse la situazione: «Metti che riusciamo a riportarti al tuo solito stato di semisanità mentale, Manny, così posso presentarti il mio ospite...

Francis MacShannon. Mio buon amico».

Rubin ricambiò con sufficienza la stretta di mano. «Mr. MacShannon, qualsiasi buon amico di Mario è ai miei occhi altamente sospettabile.»

«Ecco quello che ti puoi aspettare» disse Gonzalo «da uno che da in smanie per un foglio di francobolli da venticinque cents... Te ne darò io qualcuno per rimetterti a galla, Manny. E gratis.»

«No, grazie» rispose Rubin. «Il foglio me lo sono procurato egualmente, in un altro posto. È una questione di principio, la mia!»

«Chiedo scusa per i discutibili princìpi di Manny, caro Frank» aggiunse Gonzalo. «Lui ne tira fuori uno ogni volta che lo si contraria.»

Francis MacShannon si mise a ridere. Era sulla sessantina, con una faccia tonda e allegra sopra un corpo tozzo e pienotto. Di colorito acceso, esibiva una barbetta grigia che gli dava l'aspetto di un Babbo Natale mal rasato.

«Mi schiero al suo fianco, Mr. Rubin.» Parlò con voce acuta e sottile, che rovinava alquanto la sua immagine di Babbo Natale. «Anch'io ho da lamentarmi con le poste e telegrafi.»

«Circostanza generalizzata» borbottò Trumbull, che era arrivato un attimo prima e si era impadronito subito dello scotch e soda preparatogli da Henry.

Seguì una pausa, mentre MacShannon veniva presentato all'ultimo giunto. Poi, l'ospite aggiunse: «Le mie lamentele personali riguardano la faccenda dei timbri d'annullo dei francobolli. Oggigiorno, non sono altro che sudicie sbavature, ma quando ero giovane i timbri erano leggibili e ben nitidi, una perfezione di chiarezza. Lezioni di geografia, erano. Tanto che ne misi insieme una grossa collezione».

Le imponenti sopracciglia di Geoffrey Avalon si arcuarono: «Come e perché si arriva a farlo, Mr. MacShannon?».

«Per cominciare, furono i miei genitori a darmi le buste della corrispondenza che ricevevano. Lo stesso avveniva da parte dei nostri vicini di casa, quando seppero quanto mi ci appassionassi. La parte migliore della faccenda era comunque la caccia alle buste vuote, lasciate in giro per strada, nei cortili, tra i cespugli. Sareste sorpresi di sapere quante buste sono reperibili in tal modo. Ogni nuovo timbro mai visto prima era per me un tesoro. Ne controllavo sull'atlante la località di emissione. Ne avevo fatto elenchi per stati e nazioni, e avevo incollato le buste su album, in maniera organica. Ero diventato un aficionado di buste in modo che non potete immaginare. In effetti, fu questa mia passione di collezionista che mi portò a... »

Fu in quel momento che si fece udire la voce blandamente autorevole di Henry: «La cena è servita, signori».

Fecero onore al prosciutto e melone, seguito da crema di asparagi e insalata mista. La conversazione si orientò sulla nuova sonda russa progettata per lo studio del satellite di Marte, Fobos. Conversazione che, in coincidenza col cappone arrosto, si accalorò sul fatto se fosse desiderabile o meno una spedizione congiunta sovietico-americana su Marte. Le poste e i loro molteplici peccati vacillarono e svanirono nell'ardore del nuovo controverso argomento. Dopo la torta di cioccolato alle mandorle e il caffè, al momento del brandy, Gonzalo sollecitò l'inizio del terzo grado.

«Manny,» disse «sarai tu l'inquisitore, e invoco il privilegio dell'anfitrione per ricordarti che l'argomento dell'ufficio postale non deve essere menzionato.»

Rubin si accigliò ed esordì: «Mr. MacShannon, in qual modo ritiene di giustificare il suo diritto all'esistenza?».

MacShannon rispose amabilmente: «Sono programmatore ed elaboratore di computer. Con l'era in cui viviamo, penso sia un'attività che parli da sola».

«Forse» ammise Rubin. «Di questo potremmo discutere successivamente.

Ovvio che la sua presente attività professionale non abbia nulla a che vedere con la sua passione adolescenziale... Alludo alla sua raccolta di timbri postali. Lei aveva detto...»

«Manny,» ammonì brusco Gonzalo «ho dichiarato tabù l'argomento poste e telegrafi!»

«Morte e dannazione!» esplose Rubin. «Chi sta parlando di poste e telegrafi?

Sto parlando di collezione di timbri postali. Faccio appello ai consoci!»

«Va bene, va' pure avanti» disse Gonzalo, rassegnato.

«Dunque,» proseguì Rubin, dopo un'occhiataccia prolungata verso Gonzalo «lei ha detto che fu questa sua passione per le buste a portarla a... E poi, prima di poter finire la frase, lei è stato interrotto dall'annuncio che la cena era in tavola. Adesso, vorrei che la frase in questione venisse completata. A cosa la condusse il suo interesse per le buste?»

MacShannon corrugò pensosamente la fronte: «Così ho detto?». Poi le rughe gli si spianarono e un'aria quasi comica di auto-compiacimento gli illuminò il volto. «Ah, sì, è vero. Fu nel lontano 1953 che, grazie al mio interesse per le buste, smascherai una spia. Una spia vera, con annessi e connessi.»

«Nel 1953?» ripeté Avalon, di colpo incupito. «Non mi dica che lei era uno dei giovani fanatici che operavano ai comandi del senatore Joseph Mc-Carthy!»

«Chi? Io?» fece MacShannon, chiaramente sbalordito per l'insinuazione.

«Mai! Mai avuto a che fare con McCarthy, mai assolutamente. Certo...» ed esitò un attimo, soppesando la faccenda «... egli rese la nazione affetta da sindrome "spie e traditori", sindrome che, immagino, avesse qualche influenza anche su di me. Non potevi fare a meno di pensare in quella direzione, anche se disapprovavi, come succedeva a me, il modus operandi di McCarthy.»

«Paranoia nazionale, la chiamo io» disse Rubin, convinto.

«Può darsi,» replicò MacShannon «comunque penso fosse quella a configurare nella mia mente tutto il melodramma. In tempi più tranquilli, meno frenetici, non avrei dedicato il minimo pensiero a quella busta.»

«Ce ne parli, allora» lo incoraggiò Rubin.

«Volentieri, se lo desidera. Dopo trentasei anni, non può più essere...

scottante. Tanto più che non ne conosco i particolari, ma solo lo schema in generale. Mi stavo affacciando al mondo, avevo il mio diploma di tecnico, un piccolo impiego, vivevo da solo per la prima volta in vita mia. Avevo ventiquattro anni, però, ed ero ancora un po' insicuro di me stesso.

«Sul mio stesso pianerottolo viveva un'altra persona, Benham, di cognome, il nome di battesimo non lo ricordo. Era sulla trentina, credo, e lo vedevo occasionalmente entrare e uscire dal palazzo. Era un musone, se rendo l'idea, tutt'altro che abbordabile e tanto meno cordiale, non mi rivolgeva mai la parola. Un paio di volte lo avevo salutato, incrociandolo, per vedermi negato anche il più asciutto dei cenni del capo. Una espressione raggelante, la sua. Cominciai, naturalmente, a trovarlo sempre più antipatico, e, poiché allora ero un fanatico lettore di libri gialli e di spionaggio, fantasticavo che egli fosse un tipo losco, un criminale, un sicario o, meglio ancora, una spia.

«Poi, un giorno, mentre aspettavamo entrambi l'ascensore che ci portasse ai nostri due appartamenti all'ottavo piano, il mio coinquilino lacerò una busta che aveva in mano, che, a quanto desunsi, aveva appena preso dalla sua cassetta delle lettere. Io, la mia cassetta l'avevo controllata qualche momento prima, trovandola vuota, come quasi sempre in quei giorni, tranne quando mi scriveva mia madre. Osservai con la coda dell'occhio il coinquilino, in parte perché mi interessava quale possibile conferma alle mie fantasie, in parte perché invidiavo chiunque ricevesse una lettera, e in parte anche perché non avevo ancora dimenticato il fascino che le buste avevano avuto nella mia infanzia.

«Aperta la busta, ne trasse la lettera, che lesse senza mutare minimamente espressione, e che poi appallottolò e gettò nel cestino della carta straccia posto di fianco all'ascensore a piano terra. Quindi, sempre impassibile in volto, si infilò la busta vuota nella tasca interna della giacca. Lo fece con la massima cura, assestando con la mano un paio di colpetti sulla tasca, come per accertare che la busta fosse ben riposta.»

Trumbull interruppe per chiedere: «Lei come faceva a sapere che si trattava di una busta vuota? Assieme alla lettera, poteva esserci un allegato. Un assegno, per esempio».

MacShannon abbozzò un cortese cenno di diniego. «Ho già detto che avevo quell'acume quasi professionale riguardo alle buste. Quella era di carta molto sottile, semitrasparente. Benham l'aveva tenuta in mano, e io gli ero vicino mentre leggeva la lettera, e posso giurare che dentro non c'era altro. Con assoluta certezza.»

«Strano» commentò Halsted.

«Lo strano» proseguì MacShannon «fu che dapprima non pensai fosse strano. Di regola, la gente butta via le buste e si tiene le lettere, e io non avevo mai visto alcuno fare il contrario, eppure non trovai strana la cosa.

Dissi a me stesso: "Guarda, anche lui fa raccolta di timbri postali" e per un attimo tornai ragazzino decenne e rivissi l'emozione della caccia alle buste vuote. Devo confessare, anzi, che per un po' identificai quel Benham quale collega collezionista e la mia antipatia scemò di parecchio.

«Forse fu un vantaggio, perché, se non avessi avuto il pallino dei timbri, magari avrei dimenticato la famosa busta. La quale invece mi restò in mente, e già quando fummo all'ottavo piano mi aveva fatto balenare altri pensieri. Come sempre, il mio coinquilino non mi aveva degnato di una parola o tanto meno di uno sguardo, e il mio risentimento era tornato ai livelli di prima. Non poteva essere un collezionista di timbri, decisi, perché i timbri postali già allora si erano deteriorati al punto da rendere incongrua la loro collezione. Di timbri nitidi non se ne vedevano ormai più, tranne che su buste commemorative, forse.

«Perché, allora, il tizio aveva conservato quella busta? Mi ci vollero non più di dieci secondi per convertire la faccenda in un thriller di spie, e mi ci buttai a capofitto. Lui aveva ricevuto un messaggio fasullo, privo di significato, che chiunque avrebbe potuto leggere senza drizzare le orecchie. Ma il vero messaggio era sulla busta, dove nessuno si sarebbe sognato di cercare, e che quindi Benham s'era tenuta per esaminarla in privato.

«Così almanaccando, ero arrivato nel mio appartamento. Aspettai mezzo minuto, poi feci capolino sul pianerottolo, per essere sicuro che il mio coinquilino non fosse ancora lì. Non c'era, quindi entrai di nuovo in ascensore, tornai nell'atrio a piano terra e recuperai la lettera accartocciata.

«Che, immagino,» disse Rubin «risultò essere priva di qualsiasi interesse.»

«Be',» rispose MacShannon «per lo meno sembrava gettare su Benham una luce più umana. La lettera era di grafia femminile, ma non certo di donna istruita, in sostanza, una serie di scarabocchi appena decifrabili.»

Disse Avalon con un sospiro: «Più o meno quello che ci si può aspettare in questi nostri tempi degenerati».

MacShannon sorrise: «Direi di sì. Comunque, quella lettera la studiai nei giorni immediatamente .seguenti, e con tanta attenzione che ancora oggi, a trentasei anni di distanza, la ricordo, non che vi fosse molto da ricordare. Non era datata, e diceva: "Caro Mr. Benham, il nostro incontro è stato assai simpatico, e lei è stato ben gentile promettendomi di interessarsi per un mio possibile impiego presso persone di sua conoscenza. Grata se vorrà farmi sapere qualcosa, la ringrazio"».

«Capisco quel che vuol dire» interloquì Halsted. «Quel suo coinquilino poteva essere raggelante, ma la sua corrispondente femminile lo riteneva un uomo gentile.»

Trumbull sentenziò: «Non sono pochi gli altezzosi che fanno i graziosi con giovani donne per ottenere il solito scopo che ben sappiamo».

«Non pensai affatto a una cosa del genere» proseguì MacShannon. «La lettera risultava innocua al massimo, come m'ero aspettato dovesse essere.

L'intera faccenda di procurarle un lavoro e di dimostrarsi gentile poteva essere uno scambio di corrispondenza per gettar polvere negli occhi. Per me voleva dire che era proprio la busta ad avere la vera importanza. La domanda era: che dovevo fare al riguardo? Ci ponzai su parecchi giorni, e alla fine partii all'azione... Ricordatevi che ero giovane e ingenuo, perché in definitiva andai al locale ufficio dell'FBI.»

Drake sorrise e rigirò tra le dita il portacenere che aveva davanti.

«Rischiando di fare la figura del visionario.», «Be', questo lo davo per scontato anch'io» ammise MacShannon.

«Infatti, ricordo che lo avevo ben presente mentre raccontavo la mia storia a un funzionario che nascondeva il proprio annoiato cinismo dietro una cortese attenzione. E mi sentivo sempre più idiota, man mano che la mia esposizione suonava alle mie stesse orecchie sempre meno convincente.

Avevo, però, parecchi punti a mio favore. Il senatore McCarthy aveva reso impossibile per qualsiasi suo agente ignorare una storia di spie, a prescindere dalla sua attendibilità. Dopo tutto, sarebbe stato il funzionario a rimetterci le penne se avesse licenziato l'informatore senza dargli retta.»

«Posso capirlo» disse Halsted. «Un agente che avesse trascurato erroneamente qualsiasi indizio, sarebbe stato, probabilmente, accusato di essere una spia egli stesso o un simpatizzante del partito comunista.»

«Sì» annuì MacShannon. «L'FBI deve indagare su ogni cosa venga a sapere, anche in periodi tranquilli, ma a livello della mania di McCarthy...

Poi, inoltre, saltò fuori che Benham, quel mio coinquilino, lavorava in una neonata industria di computer, ed era in grado di conoscere alcune cosette che il Pentagono voleva assolutamente rimanessero confidenziali. In realtà, fu proprio questa circostanza a solleticare il mio interesse per i computer, quindi devo la mia attuale carriera a Benham, se vogliamo. In ogni caso, quelli dell'FBI non mi presero sottogamba, vollero che consegnassi loro la lettera, della quale mi rilasciarono una ricevuta, anche se non era mia.»

«Era in suo possesso» precisò Rubin «e le apparteneva, dal momento che il vero destinatario l'aveva cestinata e abbandonata, rendendola di proprietà di chiunque l'avesse rinvenuta.»

«In certo qual modo» disse MacShannon «entrai in una sorta di remota associazione con l'FBI, in quanto mi fu chiesto di tenere d'occhio Benham e di riferire qualsiasi altra circostanza che ritenessi insolita o sospettabile.

In parole povere, assumevo la veste di delatore, il che, a ripensarci, mi fa sentire un poco a disagio, ma, in tutta onestà, la mia propensione al romanzesco mi faceva supporre di essere alle prese con una spia nemica.»

«E quei tempi potevano aver avuto un forte ascendente su di lei»

sottolineò Avalon.

«Non ne sarei sorpreso» ammise MacShannon. «Naturalmente, non avevo l'esatta nozione di che facesse l'FBI, ma alla fine entrai in amicizia con l'agente che per primo aveva raccolto la mia deposizione, specie quando a poco a poco risultò che Benham era in effetti più di quello che sembrava, cosa che l'agente non poté fare a meno di riconoscere a mio credito.»

Rubin disse: «Allora, suppongo che la famosa busta si rivelò importante ».

«Mi consenta di raccontare con ordine come le cose si svolsero. L'FBI analizzò la lettera che avevo consegnato, per scoprirne l'eventuale codice.

Quello che a me era parso insignificante, poteva contenere qualche significato nascosto. Non ne trovarono alcuno. Né parole scritte con inchiostro simpatico e con altre tecniche sofisticate. Il che rese la mia storia ancor più significativa, poiché mi ero premurato di sottolineare fin dall'inizio l'importanza della busta.

«L'FBI cominciò a intercettare e aprire la corrispondenza di Benham, leggendola e richiudendola e poi inoltrandola. Ebbi modo di seguirne la procedura, in un'occasione, e ne ebbi una sensazione spiacevole., Sembrava così poco "americano". Non c'era modo di concludere che le lettere fossero state aperte, o comunque manomesse, e da allora non sono più riuscito a giurare sulla verginità delle mie stesse lettere. Chi sa se non le avessero aperte ed esaminate a mia insaputa?»

Nuovo intervento amaro di Rubin: «Se è per questo, anche le telefonate possono essere ascoltate, le stanze violate con microfoni, le conversazioni all'aperto origliate. Viviamo in un mondo da cui la privacy è scomparsa».

«Sono d'accordo con lei» disse MacShannon. «A ogni modo, quelli dell'FBI erano particolarmente interessati a ogni lettera che Benham riceveva dalla giovane donna, la cui prima missiva ero corso a raccattare. Lettere più che altro notevoli per un ficcanaso, perché, come poi venni a sapere dall'agente mio amico, comprovavano lo sbocciare di un amore via via crescente. Il loro contenuto era andato facendosi sempre più appassionato e devoto, ma sempre in quell'orribile grafia femminile. Brevi e prive di cultura o penetrazione intellettuale.»

Drake sogghignò: «Cultura e intellettualità non sono necessariamente doti che un uomo debba andare cercando».

Halsted domandò: «Quanto tempo andò avanti l'indagine?».

«Mesi. Era una faccenda con andamento a strappi.»

«Allora,» osservò Gonzalo «se era una tresca amorosa, la lettera poteva essere insignificante. Le spie, quando la loro attività consiste nel raccogliere o trasmettere informazioni, non si innamorano.»

«Perché no?» ribatté sentenziosamente Avalon. «L'amore arriva quando e come gli piace, a volte nei soggetti più improbabili, in situazioni egualmente improbabili. Ecco perché Eros, il dio dell'amore, è spesso raffigurato bendato.»

«Non volevo dire questo» replicò Gonzalo. «Certo, anche le spie possono prendere una cotta, ma non userebbero un tale "veicolo" per le loro comunicazioni ufficiali, se così vogliamo chiamarle. L'amore, lo farebbero a parte, per così dire, senza mescolarlo con le missioni operative.»

«No, se i veri messaggi fossero trasmessi e incorporati nella busta»

oppose MacShannon. «Quanto più insignificante la lettera, tanto meglio.

Perché non portare avanti una relazione amorosa, anche sincera, mediante la lettera in sé? Chi penserebbe a esaminare le buste quando la lettera contenutavi è così intrinsecamente importante per il mittente e il destinatario?

Se io non avessi visto Benham conservare e riporre in tasca quella prima busta...»

«Bene,» disse Trumbull, con una punta di impazienza «prosegua nel suo racconto. Anche io ho qualche legame con il controspionaggio, e ritengo che quelli dell'FBI si dedicarono anche alle buste.»

«E come!» confermò l'ospite. «Ognuna di esse fu esaminata, che provenisse dalla donna o meno. Per lo meno, così mi assicurò l'agente, e non ho motivo di credere che mentisse. Naturalmente, mi chiedevo allora se tale procedura fosse legale. Come già detto, mi sembrava non-americana.»

«Illegale lo era, senza dubbio» riconobbe Trumbull. «Non avevano prove di illeciti. Conservare una busta vuota può essere insolito, ma non è un reato. Comunque, la sicurezza nazionale purifica un'infinità di peccati, e un tantino di illegalità qua e là è data per scontata.»

«Principio già esiziale in partenza» grugnì Rubin. «Un tantino di illegalità porta a illegalità diffusa e indiscriminata, e in un batter d'occhio saremmo a livello Gestapo.»

«Non ci siamo ancora,» replicò Trumbull «e su queste organizzazioni c'è una briglia tenuta ben corta.»

«Sì...» rispose l'indomabile Rubin «... quando le colgono sul fatto!»

«Il che successe abbastanza spesso da tenerle in riga. Dai, Manny, lascia continuare MacShannon! Lei ci stava dicendo che le buste venivano controllate.»

«Infatti. Ne toglievano i francobolli per vedere se ci fosse sotto qualche cosa. Esaminavano ogni particolare dell'indirizzo, ne sottoponevano la carta a tutte le prove immaginabili. Arrivavano anche a sostituire le buste originali con altre identiche, confezionate all'uopo, tranne che per l'aggiunta di piccoli cambiamenti non significativi. Volevano vedere se la nuova busta incorporasse qualche cosa di distorto, da rendere il messaggio un non senso.»

«Un bel daffare» rilevò Drake «per una storia tanto tenue come la sua!»

«Può ringraziare McCarthy» osservò asciutto MacShannon. «Comunque, non trovarono assolutamente nulla nelle lettere e nelle buste.»

Di nuovo, si interpose Rubin. «Un momento, Mr. MacShannon. Quando ha cominciato il suo racconto, ha detto, che, quale risultato del suo interesse per le buste, lei ha smascherato una spia, un vero emissario segreto del nemico. Lo smascherò sì o no?»

«Certo» rispose MacShannon senza esitare. «Ci riuscii.»

«Cioè, lei vuol dirci che, come risultato delle indagini, una persona del tutto differente da Benham fu incastrato sul fatto?»

«No, no. Era proprio Benham. Benham!»

«Ma lei ha detto che né le lettere, né le buste rivelavano qualcosa. Lo ha detto, sì o no?»

«Non ho affatto detto che non dimostravano nulla: ho soltanto detto che l'FBI non trovò nulla nella corrispondenza. Però, l'FBI non si fermò a questo. Lavorò all'altro capo: il lavoro professionale di Benham. Controllarono il suo curriculum, lo tennero sotto discreta sorveglianza, e alla fine scoprirono cosa stesse facendo e con chi. Venni a sapere che era stata infranta una rete consistente di spie, e anzi l'FBI ebbe parole d'elogio per me. Nulla di ufficiale, naturalmente, ma fu il grande evento della mia vita, e, in un certo modo, tutto era dovuto alla mia collezione di timbri postali durante i miei verdi anni.»

C'era forse sui volti dei Vedovi Neri minore soddisfazione di quanta ne dimostrasse quello di MacShannon.

Avalon domandò: «E della giovane donna che ne fu? Dell'innamorata di Benham? Anche lei fu arrestata?».

Per un attimo MacShannon parve dubbioso. «Non potrei dirlo con certezza.

Non mi fu rivelato. La mia impressione, allora, fu che non v'erano prove sufficienti a suo carico, in quanto né le sue lettere né le relative buste rivelavano alcunché... Ma è questa la cosa che mi intriga. Feci incastrare Benham perché aveva conservato quella busta. Perché, allora, l'FBI non trovò nulla sulle buste? Se Benham e soci avevano qualche sistema segreto per comunicare, che l'FBI non era riuscito a scoprire, chi può dire che razza di danno sia stato fatto, sin da quell'epoca, con detto sistema?»

Halsted osservò: «Forse l'FBI non trovò niente sulle buste, perché non c'era niente da trovare. Anche le spie possono non essere spie ogni minuto nella loro giornata. Forse la relazione amorosa era soltanto una relazione amorosa».

Il buon umore di MacShannon, sino a quel momento tetragono, cominciò a evaporare. Rispose, con aria alquanto cupa: «Ma allora, perché lui conservò la busta? Torniamo sempre al punto di partenza. Non si trattava di una persona normale, ma di una spia. Perché doveva cestinare una lettera con tanta noncuranza da farla rintracciare da chiunque, e conservare una busta vuota?

Una ragione doveva esserci. E se era una ragione del tutto innocua, che nulla avesse a che fare con la professione di spia, qual era?».

Avalon disse pianamente: «Desumo quindi che lei personalmente non ha mai pensato a una ragione adeguata, Mr. MacShannon».

«A nessuna, tranne che la busta contenesse un messaggio di un certo tipo.»

«Mi viene il dubbio» incalzò Rubin «che lei non abbia mai pensato a quella che noi chiamiamo una spiegazione ovvia, Mr. MacShannon. Forse era troppo soddisfatto della sua teoria del messaggio.»

«In tal caso,» ribatté l'ospite con aria di sfida «mi suggerisca lei una ragione alternativa!»

«Calma, però!» disse Halsted. «Che Benham fosse una spia non fu l'ipotesi originale di MacShannon. Inizialmente, egli ritenne che Benham fosse un collezionista di timbri postali, o di francobolli, magari. Supponiamo che tale prima ipotesi fosse esatta.»

«Non sottovalutiamo l'FBI» avvertì MacShannon. «Quella mia supposizione sulla raccolta di timbri l'avevo precisata all'FBI, la quale riuscì a perquisire di nascosto l'alloggio di Benham. Non c'erano segni di sorta di manie collezionistiche. Di buste vuote con timbri postali, poi, neanche a parlarne. Lo so di sicuro, perché me lo dissero. »

«Poteva anche dircelo, no?» protestò Rubin.

«Ve l'ho detto adesso, ma non è importante. Le probabilità che lui conservasse la busta a scopo collezionistico erano così labili che non valeva la pena di scavare ulteriormente in quella direzione... Bene, Mr. Rubin, ha in mente qualche altra spiegazione sul perché la busta fosse stata messa in tasca da Benham?»

Fu Drake a rispondere: «Potrebbe essere stata un'azione automatica. La gente compie, senza pensarci, ogni sorta di atti irragionevoli. Il suo Mr. Benham voleva magari conservare la lettera e buttar via la busta, e, distrattamente, fece il contrario».

«Questo non riesco a crederlo» obbiettò MacShannon.

«Perché no? Essere soprappensiero, o pensare a una cosa mentre se ne fa un'altra» spiegò Drake. «Dopo, quando si accorse d'aver conservato la busta, lui magari andò da basso per recuperare la lettera e non la trovò.»

MacShannon scosse la testa. «Un uomo che fa la spia di professione non è di certo distratto o sbadato o incauto. Non durerebbe molto, se lo fosse.

Inoltre, nella specifica occasione, lui sapeva benissimo quel che stava facendo.

Lesse la lettera, l'appallottolò subito e la gettò nel cestino dei rifiuti. Poi guardò la busta, attento e pensoso, e se la mise in tasca con ogni cura. Sapeva, e come, quel che stava facendo!»

«Ne è sicuro?» oppose Drake. «Accadde trentasei anni fa. Con tutto il dovuto rispetto, lei in buona fede può ricordare quello che vuole ricordare.»

«Lo escludo» disse freddamente MacShannon. «È stato l'avvenimento più emozionante della mia vita, e gli ho dedicato moltissimo tempo a pensarci su.

La mia memoria è precisa e fedele.»

Drake si strinse nelle spalle: «Se insiste, l'argomento è chiuso, naturalmente».

MacShannon passò in rassegna uno dopo l'altro i volti dei commensali.

«Dunque, è in grado qualcuno di offrire una spiegazione alternativa? Non era un collezionista. Non era distratto, anzi, era vigile e sospettoso, per natura e per professione. Che altro?... Nessuna attrazione sentimentale verso la mittente. Poteva esserci stata una relazione amorosa in seguito, ma la lettera cestinata da Benham era chiaramente la prima che riceveva. La donna, l'aveva appena conosciuta. E anche se fosse stato amore a prima vista, cosa cui egli non dava affatto l'impressione di essere propenso, Benham si sarebbe tenuto la lettera, non la busta.»

Seguì un silenzio, che MacShannon ruppe: «Vedete? Una faccenda che mi ha torturato per tutti questi anni. Che c'era riguardo a quella busta che sconfisse l'FBI? Purtroppo, mi sa che continuerò a chiedermelo per tutto il resto della vita».

«Un momento!» esclamò Avalon. «Il messaggio, posto che ci fosse, può essere apparso solo sulla prima busta, quella che lui conservò e che l'FBI presumibilmente non vide mai. Tutte le buste successive potevano essere pulite e irrilevanti.»

La testa di MacShannon oscillò con scarsa convinzione: «Questo lo lascerei decidere a Mr. Trumbull, che ha detto di essere pratico di controspionaggio.

Un cospiratore rinuncia a un metodo di comunicazione dopo averne accertato la riuscita e la sicurezza?».

Trumbull rispose: «Non è una legge cosmica, ma i trucchi, i sotterfugi riusciti non si abbandonano alla leggera. Però, quello adottato da Benham e soci poteva essere risultato non più particolarmente di successo. La busta conservata poteva essere proprio l'ultima della serie di una tecnica che, felice all'inizio, fosse andata facendosi sempre più rischiosa. Tale quindi da dover essere abbandonata».

«Poteva! Forse! Non è escluso!» esclamò MacShannon, con voce stridula.

«Abbiamo due dati di fatto. L'uomo era una spia. L'uomo conservò una busta vuota. Troviamo una spiegazione sul perché una spia dovrebbe tenersi una busta vuota, una spiegazione che non sia pura ipotesi!»

Di nuovo, il silenzio scese sulla tavolata, e MacShannon aggiunse, con un sorriso sardonico: «Non esiste tale spiegazione, a meno che la busta recasse un messaggio».

Al che, Henry, dalla sua postazione di fianco alla credenza, domandò a mezza voce: «Posso suggerire...?».

All'improvvisa intromissione, MacShannon si girò a guardare, e chiese, alquanto seccato: «Cosa vuole, cameriere?».

Subito Gonzalo sollevò una mano a imporre l'alt, e precisò: «Henry è socio del club, Frank. È suo diritto e dovere intervenire e offrire il suo contributo».

«Capisco» disse MacShannon, tuttora con aria annoiata. «Cosa desidera dire, Henry?»

«Solo questo, signore: conservare una busta vuota è cosa tanto comprensibile al punto che qualsiasi di noi potrebbe farlo, e che ciascuno di noi, anzi, ha fatto, una volta o l'altra.»

«Non sono d'accordo» ribatté MacShannon.

«Voglia considerare, signore,» proseguì Henry tranquillamente «che la lettera che lei ripescò dal cestino della carta straccia era, come ha detto lei stesso, la prima tra due... protagonisti. I quali erano reduci da un appuntamento, o forse da un incontro casuale. Avevano parlato. Lei, la donna, gli aveva detto come le fosse difficile trovare un lavoro confacente, e lui si era offerto d'aiutarla.

Dato che l'uomo, secondo la descrizione fornitaci, non era tipo troppo socievole ed estroverso, è probabile che sia stato attratto dalla donna, e che si sforzasse di essere gentile, contrariamente alla sua naturale disposizione. Anche la donna doveva nutrire indubbi sentimenti verso di lui. Senz'altro, la lettera esprimeva gratitudine e incoraggiava la continuazione della corrispondenza.

Diceva: "La prego di tenermi informata". E infatti vi fu un ulteriore scambio di lettere, e non vi sono dubbi che una passioncella finì con lo sbocciare tra i due. Su quanto sopra, è ella d'accordo con me?»

«Sì,» disse MacShannon «ma a quale conclusione arriveremmo?»

«Potremmo ulteriormente ipotizzare che Mr. Benham intendesse proseguire la corrispondenza con una giovane donna, la quale fosse riconoscente e invitante.

Lei, Mr. MacShannon, ci ha riferito il contenuto della lettera, sostenendo di ricordarlo parola per parola. Non si trattava di una lettera prolissa, e non pongo in dubbio la sua memoria. Era la lettera di una giovane piacente, ma non ben organizzata, in quanto sappiamo che mancava la data, mentre in generale chi ha un certo senso di ordine la data non la omette.»

«D'accordo, non era datata, ma non capisco ancora dove lei vuole arrivare.»

Henry continuò: «Una persona abbastanza distratta da spedire una lettera priva di data, può senz'altro aver dimenticato altre cose. Lei ci ha detto che la missiva iniziava, senza altri preamboli, con un "Caro Mr. Benham". Devo quindi presumere che nel foglio mancasse anche l'indirizzo della mittente».

Il cipiglio di MacShannon si addolcì, ed egli ammise, con una nota di sorpresa: «Sì, mancava, infatti».

«Allora,» concluse Henry «visto che non era un messaggio d'amore e che Benham non era, forse, il tipo da riporsi sul cuore una lettera passionale, la missiva venne sgualcita e buttata via. Però egli non voleva non rispondere, anzi desiderava incoraggiare un rapporto foriero di uno sviluppo sessualmente gratificante. La gente che non mette l'indirizzo di ritorno nel foglio di una lettera, spesso lo indica sulla busta. Quindi Mr. Benham esaminò la busta, si accertò che vi fosse riportato l'indirizzo di ritorno, e naturalmente conservò la busta stessa per poter rispondere alla signorina. Direi che questa sia una spiegazione ragionevole.»

Un breve applauso percorse la tavola, ed Henry, arrossendo leggermente, disse: «Molte grazie, signori».

MacShannon, chiaramente stupito, constatò: «Ma in tal caso, la busta non aveva nulla a che vedere con l'attività spionistica di Benham».

«Come Mr. Halsted ha fatto rilevare poco fa,» rispose Henry «una spia non ha bisogno di essere spia ogni secondo della sua giornata. Può e deve disporre di pause... di normalità. Il nostro uomo, però, credo che infranse una regola essenziale della sua professione.»

«Quale regola, Henry?» volle sapere Trumbull.

«A me sembra che chiunque sia impegnato nel difficile mestiere di spia, debba, soprattutto, evitare di attirare su di sé qualsiasi tipo di attenzione. La busta non doveva essere messa in tasca, né era saggio buttar via la lettera, sotto gli occhi di un testimone. E nemmeno era lettera da aprire e leggere in presenza di estranei... Naturalmente, Mr. Benham non aveva modo di sapere che il giovane, da lui sempre volutamente ignorato, aveva in passato collezionato timbri postali, ed era quindi un appassionato ricercatore di buste.»

 

(Titolo originale: The Envelope - 1989)

 

I momenti da me preferiti per scrivere racconti sui Vedovi Neri sono quelli in cui sono in vacanza. Ogni tanto, Janet e io ci concediamo un viaggetto alle Bermude. Per sette giorni, sono lontano dalla mia macchina per scrivere, dal mio elaboratore linguistico, dalla mia biblioteca. Quel che faccio, in tali paradisiache condizioni, è di infilare in valigia un notes e qualche penna a sfera, e poi mi metto a scrivere racconti e romanzi. Questo racconto, e quello che segue, furono scritti durante un viaggio alle Bermude nel luglio del 1988, assieme a un terzo racconto che non riguardava i Vedovi Neri, e quindi la vacanza fu messa a buon frutto.

Per inciso, fu soltanto quando stavo raccogliendo i racconti per formare questa raccolta che mi accorsi come il punto centrale de "La busta" era usato, come elemento sussidiario, nel "Tramonto sull'acqua." Cose del genere sono destinate ad accadere ogni tanto, specie quando uno scrive con l'abbondanza e la continuità che mi sono caratteristiche. Tuttavia, sono circostanze che mi infastidiscono.