L'unicità si trova dove riesci a scoprirla

Emmanuel Rubin si sarebbe fatto impiccare piuttosto di ammettere la fatuità del sorriso che aveva in faccia. Ma il sorriso era fatuo, e come! Per quanto ce la mettesse tutta, non riusciva a nascondere, il nostro Rubin, l'orgoglio nella voce e il compiaciuto scintillio degli occhi.

«Consoci Vedovi,» disse «adesso che anche Tom Trumbull è arrivato, permettetemi di presentarvi il mio ospite di questa sera. Ecco mio nipote, Horace Rubin, primogenito di mio fratello minore e luminoso esponente della nuova generazione.»

Horace abbozzò uno smorto sorriso. Più alto di tutta la testa e un tantino più snello dello zio, aveva neri capelli ondulati, naso ben arcuato, bocca generosa. Non era certo un Adone, e Mario Gonzalo, il pittore dei Vedovi Neri, stava tentando con ogni mezzo di non esagerarne i lineamenti. Una fedeltà fotografica era già di per sé caricaturale a sufficienza. Quello che il disegno non poteva rendere era, naturalmente, l'inequivocabile luce di vivida intelligenza degli occhi del giovanotto.

«Mio nipote» proseguì Rubin «ha come meta immediata il dottorato alla Columbia. In chimica. E ci sta arrivando adesso, Jim, e non nel 1900 come te.»

James Drake, il solo Vedovo Nero in possesso di una laurea ufficiale (anche se tutti i soci avevano diritto, secondo il regolamento del club, a essere chiamati "Dottore") commentò: «Buon per lui... La mia laurea, tanto per precisare, l'ho conseguita appena prima della guerra: la Seconda Guerra mondiale, per intenderci». E sorrise nostalgicamente attraverso l'esile colonna di fumo che dalla sigaretta alitava verso il soffitto.

Thomas Trumbull, il quale, come sempre, era arrivato in ritardo per il cocktail preprandiale, si incupì al di sopra del bicchiere che andava sorseggiando, e disse: «Mi sbaglio, Manny, o è prassi confermata che particolari del genere vengano desunti durante l'interrogatorio, dopo la cena? Perché vuoi partire prima del via?». Disperse con un gesto irritato della mano il fumo della sigaretta, e si allontanò da Drake, con accentuato disgusto.

«Stavo soltanto gettando le basi» ribatté Rubin, con voce offesa. «In quanto mi aspetto che tu voglia spremere Horace sull'argomento della sua prossima dissertazione di laurea. Non c'è motivo per cui i Vedovi Neri non debbano acquisire un po' di arricchimento culturale.»

Gonzalo intervenne: «Vuoi farci ridere, Manny, affermando che capisci ciò che tuo nipote va facendo in laboratorio?».

La rada barbetta di Rubin parve fremere. «Di chimica ne capisco un sacco di più di quanto tu creda.»

«Per forza, dato che, secondo me, ne capisci zero via zero.» E Gonzalo si rivolse a Roger Halsted: «Si dà il caso che io sappia come Manny si sia diplomato in ceramiche babilonesi presso un istituto per corrispondenza».

«Non è vero,» protestò Rubin «ma comunque sempre meglio del tuo dottorato in birra e salatini.» Geoffrey Avalon, che aveva ascoltato con disdegno quello scambio, distolse l'attenzione, e chiese al giovane: «Quanti anni ha, Mr. Rubin?».

«Meglio che mi dia del tu,» rispose Horace, con insospettata voce baritonale «altrimenti sarà zio Manny a fornire le risposte e io non riuscirò mai a intervenire nel discorso. Mi chiami Horace, la prego.»

Avalon sorrise. «Di fatto, è lui che monopolizza le nostre conversazioni, quando glielo permettiamo. Ma quanti anni hai, Horace?»

«Ventidue, signore.»

«Non sei alquanto giovane per un laureato, oppure hai appena iniziato i corsi universitari?»

«No, dovrei cominciare adesso la compilazione della tesi, e prevedo di averla pronta tra un sei mesi. Sono piuttosto giovane, ma non particolarmente.

Robert Woodward conseguì la laurea in chimica a vent'anni.

Naturalmente, aveva finito le superiori a diciassette anni.»

«Ventidue anni, però, direi che non è male.»

«Entrerò nei ventitré il mese prossimo. O mi laureo a ventitré anni... o mai più.» Si strinse nelle spalle, con aria scoraggiata.

La morbida voce di Henry, l'intramontabile e insostituibile cameriere di tutti i convivi dei Vedovi Neri, si fece sentire: «Signori, la cena è servita.

Avremo vitello al curry, e il nostro chef, temo, ritiene che il curry debba essere pienamente gustato, quindi se qualcuno di lor signori desidera qualcosa di meno piccante, sia tanto cortese da dirmelo adesso, e farò in modo di adeguarmi».

«In tal caso,» disse Halsted «se uno dei nostri amici dallo stomaco delicato preferisse avere uova strapazzate, Henry, prenoto, in aggiunta alla mia, la sua porzione di vitello al curry. Non dobbiamo lasciare inutilizzata alcuna dose di esso.»

«Né dobbiamo contribuire ai tuoi problemi di sovrappeso, Roger»

brontolò Trumbull. «Curry per tutti, Henry, e porta in tavola gli ingredienti complementari, specie il chutney e la noce di cocco. Senza economia, per quanto mi riguarda.»

«E tieni pronto anche il bicarbonato, Henry» raccomandò Gonzalo.

«Gli occhi di Tom sono più ottimisti di quanto lo siano le pareti del suo stomaco.»

Henry stava servendo il brandy quando Rubin suscitò tintinnii dal suo bicchiere, percuotendolo con un cucchiaio. «Agli affari, signori, agli affari!

Mio nipote, mi risulta, ha demolito voracemente le cibarie, ed è ora che ne paghi lo scotto in sede di interrogatorio... Jim, l'inquisitore naturale dovresti essere tu, visto che sei un chimico, ma non voglio che tu e Horace finiate col discutere privatamente di argomenti di chimica. Roger, tu sei soltanto un matematico, il che ti colloca all'altezza del compito, bene o male. Vuoi favorirci?»

«Con piacere» annuì Halsted, sorseggiando delicatamente il suo curaçao. «Mio giovane Rubin, o Horace, se preferisci, come giustifichi la tua esistenza?»

Horace rispose: «Non appena abbia conseguito la laurea e trovato una sistemazione in una facoltà accettabile, sono certo che il lavoro che svolgerò costituirà ampia giustificazione. Altrimenti...». Alzò le spalle.

«Sembri dubbioso, ragazzo mio. Prevedi difficoltà nel procurarti un lavoro?»

«Non è una questione sulla quale si possano avere certezze, signore, ma ho avuto colloqui per un'eventuale assunzione, e, se tutto va bene, mi sembra che qualcosa di desiderabile dovrebbe concretarsi.»

«Se tutto va bene, hai detto. C'è qualche intoppo nella tua ricerca per una sistemazione?»

«No, nessuno. Ho avuto abbastanza buon senso da scegliere una carriera priva di imprevisti. Sì, no, forse, ognuna delle possibili risposte, dovrebbe garantirmi l'avvenire. Così come stanno le cose, la risposta è sì, vale a dire la migliore delle alternative, e mi considero ben piazzato.»

Drake chiese di colpo: «Per chi stai lavorando, Horace?».

«Col dottor Kendall, signore.»

«Quello della cinetica?«

«Sì, signore. Sto lavorando sulla cinetica della replicazione del DNA, che non è un settore cui finora le tecniche della chimica fisica si siano rigorosamente applicate. E sono adesso in grado di costruire grafici computerizzati del procedimento, il quale...»

Halsted lo interruppe: «Di questo, ne parleremo più tardi. Per il momento, sto ancora cercando di scoprire cos'è che ti rende dubbioso. Hai la prospettiva di un lavoro. La tua ricerca è andata bene. In facoltà, come te la cavi?»

«Mai nessun problema. Tranne...»

Halsted tollerò la pausa per un attimo, poi ripeté: «Tranne cosa?».

«Le prove di laboratorio non sono state delle migliori. Specie in organica.

Non sono... non mi ci sento portato. Sono un teorico.»

«Prove che hai fallito in pieno?»

«No, naturalmente no. Ma non mi sono coperto di gloria.»

«Be', allora, cos'è che ti preoccupa? Durante la cena ti ho sentito dire a Jeff che o prendi la laurea a ventitré anni... o mai più. Perché mai più? Da dove proviene questa eventualità?»

Il giovane esitò: «Non è il genere di cosa...».

Rubin, chiaramente agitato, aggrottò la fronte ed esclamò: «Horace, non mi hai mai detto che avevi problemi!».

Horace si guardò in giro, come alla ricerca di un buco in cui strisciare.

«Be', zio Manny, tu hai i tuoi guai e non vieni a raccontarli a me. Questo lo risolverò... o non lo risolverò per conto mio.»

«Risolverai cosa?» domandò Rubin, con voce già più esagitata.

«Non è il genere di faccenda...» ricominciò Horace.

«Primo,» esclamò Rubin con enfasi «tutto ciò che tu dici qui rimane assolutamente e totalmente confidenziale. Secondo, ti ho preavvisato che, in sede di interrogatorio, devi rispondere a qualsiasi domanda. Tre, se non la smetti di menare il can per l'aia, ti riempio di pedate il sedere sino a farlo diventare gelatina di lamponi.»

Horace sospirò. «Sì, zio Manny... Intendevo soltanto dire» e guardò i commensali «che lo zio mi minaccia così da quando avevo due anni, e che mai ha sollevato una mano o un piede su di me. Mia madre lo avrebbe fatto a pezzi se lui ci avesse provato.»

«C'è sempre una prima volta, e di tua madre non ho paura. So come neutralizzarla» ribatté Rubin.

«Sì, zio Manny... D'accordo, allora. Il mio problema è il professor Richard Youngerlea.»

«Oh-oh» bofonchiò Drake.

«Lo conosce, dottor Drake?»

«Be', sì.»

«È suo amico?»

«Be', no. È un bravo chimico, ma, sta di fatto, mi è antipatico.»

Il volto bruttino di Horace si aprì in un ampio sorriso. «Quindi, posso parlare liberamente?»

«Puoi dire tutto quello che vuoi» confermò Drake.

«Ecco com'è» disse Horace. «Sono sicuro che Youngerlea farà parte della commissione esaminatrice. Un'opportunità cui non rinuncia mai, ed è abbastanza influente da riuscire, se lo vuole.»

Avalon chiese, con la sua voce profonda: «Desumo, Horace, che l'uomo in questione ti sia antipatico».

«Moltissimo» confermò Horace, con sincero entusiasmo.

«E che egli ti ricambi con identico trasporto.»

«Temo di sì. Il laboratorio di organica l'ho fatto con lui, e, come ho detto, non ho fatto certo faville.»

Avalon osservò: «Immagino che un certo numero di studenti non faccia faville in detto laboratorio. Li ha tutti quanti in antipatia?».

«Be', simpatici non gli sono di certo.»

«Quindi, tu hai il sospetto che egli voglia far parte della tua commissione esaminatrice per tagliarti le gambe. È così che si comporta con qualsiasi studente che non abbia fatto faville in laboratorio?»

«Ecco, lui sembra pensare che il lavoro di laboratorio sia il sacrario, lo scrigno prezioso, l'essenza di tutto ciò che esiste di buono e di nobile, però non è solo perché io lo abbia... disonorato con prestazioni non ottimali...»

«Allora,» intervenne Halsted, riprendendo le redini dell'interrogatorio «stiamo arrivando al punto. Io insegno in una scuola media, e so tutto degli allievi "pestiferi". Sono certo che quel tuo professore ti trova indesiderabile.

Perché?»

«Horace si incupì. «Non sono io il pestifero. Youngerlea. Vede, è un prepotente. C'è sempre qualche docente che approfitta di trovarsi in una posizione inattaccabile. Per torchiare gli studenti, per brutalizzarli verbalmente, per esporli sempre al ridicolo. E ci prova gusto, pur sapendo benissimo che gli allievi rifuggono dal difendersi, per paura di buscarsi voti scadenti. Chi osa contestare quando Youngerlea appioppa un C, o addirittura un F. Chi si sogna di opporglisi se lui esprime, in consiglio di facoltà, l'autorevolissima opinione che lo studente tale non ha i presupposti per divenire un buon chimico?»

«Ha mai cercato di esporre te al ridicolo?» domandò Halsted.

«Lui ci gode a far apparire ridicolo chiunque. C'era un povero ragazzo inglese che, riferendosi al cloruro di aluminum, che si usa come catalizzatore nella reazione di Friedel-Crafts, lo ha chiamato cloruro di aluminium, con l'accento sulla terza sillaba e con la prima u pronunciata iu anziché u. Dopo tutto era soltanto la pronuncia inglese, ma Youngerlea non si lasciò sfuggire l'occasione per seviziarlo. Si scagliò contro tutta questa cacca, espressione sua testuale, di volere cinque sillabe al posto delle normali quattro, eccetera eccetera, e contro l'idiozia di rendere qualsiasi nome di composto chimico più lungo del dovuto, e via dicendo. Era un niente, meno di una bazzecola, ma lui umiliò il povero studente, che non osò dire una parola in propria difesa. E tutti gli schifosi ruffiani della classe a ridere.»

«Allora, cos'è che ti fa essere più antipatico del normale?»

Horace arrossì, ma ci fu una nota d'orgoglio quando rispose: «Io reagisco.

Quando lui attacca con me, non rimango passivo. In effetti, fui io a interrompere la sua tiritera sulla faccenda aluminum-aluminium. Dissi a voce chiara e forte: "Il nome di un elemento, professore, è una convenzione dell'uomo, e non una legge di natura". Il che lo bloccò, non senza impedirgli di dire, con quel suo modo sfottente: "Ah, Rubin, nessun matraccio ridotto in frantumi, di recente?"».

«E la classe scoppiò a ridere, suppongo» commentò Halsted.

«E come... quegli imbecilli! In tutte le esercitazioni di laboratorio avevo rotto un solo matraccio. Uno! E solo perché qualcuno m'aveva spintonato...

E poi, una volta, in biblioteca mi capitò di trovare Youngerlea che consultava sul Beilstein un certo composto...»

«Cos'è il Beilstein?» domandò Gonzalo.

«È un prontuario di riferimento in circa settantacinque volumi, che elenca molte migliaia di composti organici, con rimando al lavoro fatto su ognuno, tutti elencati in ordine secondo un certo sistema logico, ma assai complicato. Youngerlea aveva davanti un paio di quei volumi, e stava sfogliandone prima uno, poi l'altro. Incuriosito, gli chiesi quale composto stesse cercando, e lui me lo disse. Rimasi estasiato quando mi resi conto che stava guardando i volumi sbagliati. Andai quatto quatto agli scaffali del Beilstein, ne tirai giù un volume, trovai il composto che Youngerlea voleva, mi ci vollero trenta secondi!,, tornai al suo tavolo e gli misi davanti il volume aperto alla pagina giusta.»

«Immagino che non ti ringraziò» disse Drake.

«No, non mi ringraziò, ma forse lo avrebbe fatto se non avessi avuto sulla faccia il più colossale ghigno del mondo. In quel momento, però, avrei rinunciato anche alla mia laurea anziché alla mia vendetta... E, purtroppo, mi sa che dovrò tenermi la vendetta e salutare la laurea.»

Rubin deprecò: «Infatti, non ti ho mai considerato la creatura più dotata di tatto di questo mondo!».

«No, zio,» rispose malinconicamente Horace «la mamma dice che ho preso da te. Ma lo dice soltanto quando è davvero arrabbiata con me.»

La battuta suscitò l'ilarità di Avalon, e Rubin borbottò qualcosa tra i denti.

Gonzalo volle essere ottimista: «Ebbene, che può farti, quello? Se i tuoi voti sono buoni, se la tua ricerca è valida, e all'esame te la cavi bene, devono promuoverti».

«Non è così semplice, signore» replicò Horace. «Anzitutto, è un esame orale, e la tensione è snervante. Un tipo come Youngerlea è uno specialista nel pompare la pressione, e può magari ridurmi all'incoerenza o aizzarmi a una furibonda tenzone polemica. In entrambe tali probabili alternative, io non ho la serenità emotiva perché egli mi giudichi un buon chimico. In facoltà, Youngerlea è un personaggio potente, e potrebbe benissimo influenzare negativamente la commissione. E anche se riuscissi a conquistare la laurea, lui è ammanicato a sufficienza negli ambienti della chimica per precludermi i posti migliori.»

Attorno alla tavola regnò il silenzio.

Drake chiese: «Che hai intenzione di fare?».

«Be'... ho tentato di far pace col vecchio bastardo. Dopo averci pensato e ripensato, alla fine gli chiesi un colloquio, a sua soddisfazione e a mia penitenza. Dissi che mi rendevo conto di come i nostri rapporti non fossero stati idilliaci, ma speravo che egli non pensasse che mai sarei diventato un buon chimico, ché, in realtà, la chimica era la mia ragione di vita, insomma loro capiscono quel che intendo.»

Drake annuì. «E lui che rispose?»

«Be'... lui toccò il cielo con un dito. Mi aveva incastrato come sempre aveva sperato. Fece del suo meglio per farmi strisciare, e per farmi perdere le staffe. Io, però, mi trattenni, e gli risposi: "Ma, concesso che io abbia le mie caratteristiche censurabili dal lato caratteriale, ciò mi impedirebbe, secondo lei, di essere un buon chimico?".

«E lui rispose: "Bene, vediamo se sei un buon chimico. Ho in mente un elemento chimico che è unico. Dimmi di quale elemento si tratta, e riconoscerò che sei un buon chimico".

«Io chiesi: "Ma che c'entra questo col mio essere o meno un buon chimico?". Ed ecco la sua risposta: "Il fatto che tu non lo capisca è un punto a tuo sfavore. Dovresti essere in grado di ragionare per coglierne l'essenza, e il ragionamento è l'arma principale di un chimico, o di qualsiasi scienziato. Una persona come te, che sostiene di essere uno scienziato teorico, e quindi disprezza e considera ininfluenti piccole cose tipo la destrezza manuale, non dovrebbe avere difficoltà a rendersene conto. Bene, usa il ragionamento e dimmi quale elemento ho in mente. Hai una, settimana di tempo, a partire da questo momento: diciamo, le cinque del pomeriggio di lunedì prossimo, e hai una sola possibilità. Se scegli un elemento che non è quello giusto, non hai prove d'appello".

«Obbiettai: "Professor Youngerlea, ci sono oltre cento elementi chimici.

Non vuole darmi un minimo di orientamento?".

«"Già te l'ho fornito!" mi rispose. "Ti ho detto che è unico, è quanto basta."

Mi esibì lo stesso ghigno che gli avevo mostrato al momento dell'episodio del Beilstein.»

«Bene, giovanotto,» fece Avalon «che successe il lunedì successivo?

Fosti in grado di risolvere il problema?»

«Il lunedì successivo non è ancora arrivato, signore. Sarà fra tre giorni da oggi, e io sono completamente arenato. È impossibile venirne a capo.

Un elemento tra più di cento, e l'unico dato è la sua unicità.»

Trumbull aveva un dubbio specifico. «Questo professore è in buona fede?

Voglio dire, ammesso che sia un prepotente e un maligno, tu ritieni che abbia davvero in mente un elemento chimico e che accetti una tua eventuale risposta esatta? Non potrebbe dichiarare sbagliata qualsiasi risposta tu gli fornissi, indipendentemente da quella che potrebbe essere? E usarla, quindi, contro di te?»

«Be', non posso certo leggergli nella mente, ma, come scienziato, è un vero valore. È effettivamente un grande chimico, e, per quanto ne so, del tutto etico nella sua professione. C'è di più, i suoi lavori sono scritti meravigliosamente bene, chiari e concisi. Non usa il "chimichese", mai si serve di una parola lunga quando ce ne sia una più corta che faccia al caso, o una frase complicata quando una più semplice sia disponibile con la stessa rilevanza. Questo bisogna riconoscerglielo. Quindi, se ti fa una domanda scientifica, credo sia senz'altro leale. Che non ci siano trucchi, insomma.»

«E sei del tutto in alto mare?» domandò Halsted. «Vuoto assoluto nel cervello?»

«Al contrario. Il cervello l'ho pieno di cose, ma troppe cose equivalgono a niente. Per esempio, il primo pensiero che ho avuto è stato che l'elemento dovesse essere l'idrogeno. È l'atomo più semplice, l'atomo più leggero, l'atomo numero uno. L'unico atomo che ha un nucleo composto da una sola particella, un protone soltanto. L'unico atomo il cui nucleo non contenga neutroni, il che di sicuro lo rende unico.»

«Ti riferisci all'idrogeno-1» rilevò Drake.

«È vero, signore. L'idrogeno si trova in natura in tre varianti, o isotopi: idrogeno-1, idrogeno-2 e idrogeno-3. Il nucleo dell'idrogeno-1 è solo un protone, ma l'idrogeno-2 ha il nucleo composto da un protone e da un neutrone, mentre l'idrogeno-3 lo ha composto da un protone e due neutroni.

Naturalmente, quasi tutti gli atomi di idrogeno sono idrogeno-1, ma Youngerlea ha chiesto di un elemento, non di un isotopo, e se gli vado a dire che l'elemento idrogeno è l'unico con un nucleo privo di neutroni, sono in errore. Semplicemente in errore.»

Drake puntualizzò: «È comunque l'elemento più leggero e il più semplice ».

«Certamente, ma è troppo ovvio. E ci sono altre possibilità. L'elio, che è l'elemento numero due, il più inerte di tutti gli elementi. Ha il più basso punto di ebollizione e non solidifica nemmeno allo zero assoluto. A temperature bassissime, diventa elio-II, con proprietà come nessun'altra sostanza dell'Universo.»

«Si presenta in varietà differenziate?» domandò Gonzalo.

«Due isotopi si presentano in natura, l'elio-3 e l'elio-4, ma tali proprietà uniche sono comuni a entrambi.»

«Non dimentichiamo» fece presente Drake «che l'elio è il solo elemento che fu scoperto nello spazio prima di venire identificato sulla Terra.»

«Lo so, signore. Fu scoperto nel Sole. L'elio può essere considerato unico da numerosi punti di vista, ma anche questo è troppo ovvio. Non credo che Youngerlea avesse in mente nulla di ovvio.»

Dopo aver emesso un anello di fumo, e averlo contemplato con alquanto compiacimento, Drake aggiunse: «C'è da supporre che, se si è abbastanza speculativi, si possa pensare a qualcosa di unico in ogni elemento ».

«Senz'altro,» ammise Horace «credo di aver esplorato quasi a fondo tale possibilità. Il litio, per esempio, l'elemento numero tre, è il meno denso di tutti i metalli. Il cesio, elemento numero cinquantacinque, è il più attivo di tutti i metalli stabili. Il fluoro, elemento numero nove, è il più attivo di tutti i metalloidi. Il carbonio, elemento numero sei, è la base di tutte le molecole organiche, incluse quelle che costituiscono il tessuto vivente. È probabile che sia il solo atomo capace di possedere un simile ruolo, essendo quindi l'unico elemento della vita.»

«A me sembra» disse Avalon «che un elemento il quale sia in modo così esclusivo collegato alla vita è di per sé abbastanza unico...»

«No» replicò Horace, categorico. «È la risposta che ha minori probabilità di qualificarsi idonea. Youngerlea è chimico organico, vale a dire che si occupa soltanto di composti del carbonio. Sarebbe quindi assolutamente ovvio per lui. Poi c'è il mercurio, elemento numero ottanta...»

Nuova interruzione da parte di Gonzalo: «Horace, conosci per numero tutti gli elementi?».

«Non li sapevo fino a lunedì scorso. Da allora mi sono dedicato a impararli a memoria. Vede?» Estrasse dalla tasca interna della giacca un foglio di carta. «È la tavola periodica degli elementi chimici. Più o meno, l'ho memorizzata tutta.»

«Ma non ti è stata di molto aiuto» commentò Trumbull.

«Non fino a ora. Come stavo dicendo, il mercurio, elemento numero ottanta, ha il punto di fusione più basso di qualsiasi metallo, di modo che è l'unico metallo allo stato liquido a temperature ordinarie. Caratteristica sicuramente unica.»

Rubin osservò: «L'oro è l'elemento, dal punto di vista estetico, più bello, e anche più prezioso».

«L'oro è l'elemento numero settantanove» precisò Horace. «Si può, comunque, contestare che sia il più bello o il più prezioso. Molta gente direbbe che un diamante, opportunamente tagliato, è più bello dell'oro, e a parità di peso, certamente di maggior valore monetario, e un diamante è carbonio puro.

«Il metallo più denso è l'osmio, elemento numero settantasei, e il metallo meno attivo è l'iridio, elemento numero settantasette. Il metallo col più elevato punto di fusione è il tungsteno, elemento numero settantaquattro, e il più magnetico è il ferro, elemento numero ventisei. Il tecnezio, elemento numero quarantatré, è il più leggero elemento che non abbia isotopi stabili. È radioattivo in tutte le sue varietà, ed è il primo elemento prodotto in laboratorio. L'uranio, elemento numero novantadue, è l'atomo più complicato che si presenti in quantità sostanziali sulla crosta terrestre.

Lo iodio, elemento numero cinquantatré, è il più complicato di quegli elementi essenziali alla vita umana, mentre il bismuto, elemento numero ottantatré, è l'elemento più complicato che presenti almeno un isotopo che sia stabile e non radioattivo.

«Si può andare avanti così all'infinito, e, come ha detto il dottor Drake, se si è abbastanza speculativi, si riesce ad affibbiare a ogni e qualsiasi elemento una sua caratteristica di unicità. Il guaio è che rimane un mistero quale sia quello che Youngerlea ha in mente, o quale unicità sia la sua unicità. E, se non arrivo a centrare giusto, lui dirà che è dimostrata la mia incapacità di pensare e ragionare con chiarezza.»

Drake suggerì: «Se noi, adesso, qui, mettessimo insieme le nostre menti...».

«Sarebbe leale?» interruppe Trumbull. «Se il giovanotto ottiene la soluzione da terze persone...»

«Quali sono le regole del gioco, Horace?» domandò Avalon. «Il professor Youngerlea ti ha detto che non potevi consultarti con nessuno?»

Horace negò col capo, enfaticamente. «Nulla fu detto al riguardo. Ho usato la tavola periodica, mi sto servendo di testi di riferimento. Non vedo ragioni perché non debba ricorrere a persone. I libri non sono che le parole di esseri umani, parole che la stampa rende indelebili. Inoltre, qualsiasi suggerimento loro potrebbero darmi, sarò io a dover decidere se il suggerimento è valido o meno, e sarò io ad assumere il rischio di tale mia decisione. Ma lor signori saranno in grado di aiutarmi?»

«Non è escluso» disse Drake. «Se Youngerlea non è disonesto, non ti avrebbe dato un problema che contenesse zero possibilità di offrire una soluzione. Ci dev'essere il modo di raggiungere una risposta valida. Dopo tutto, se non riesci a risolvere il problema, potresti sfidarlo a fornirtene la soluzione esatta. Se non può farlo, o ricorre a un qualche patentemente ridicolo ragionamento, potresti lamentartene pubblicamente in sede di facoltà. Io lo farei.»

«Sono disposto a tentare. C'è nessun altro qui, oltre al dottor Drake, che sia un chimico?»

«Non occorre essere un chimico di professione, a livello di laureato, per avere una certa conoscenza degli elementi» osservò Rubin.

«D'accordo, zio Manny. Allora, qual è la risposta?»

«Io starei sul carbonio» argomentò Rubin. «È l'elemento base della vita, e, sotto forma di diamante, ha un altro tipo di unicità. C'è alcun altro elemento che, nella sua forma pura, abbia un aspetto insolito...»

«Si chiama allotropo, zio.»

«Non fare il saccente con me, pollastro! C'è alcun altro elemento che abbia un allotropo tanto differente quanto il diamante?»

«No. E a parte il giudizio umano circa la sua bellezza e il suo valore intrinseco, il diamante è la sostanza più dura che si conosca, in condizioni normali.»

«E allora?»

«Ho già detto che è troppo ovvio per uno specialista in chimica organica prospettare il carbonio quale soluzione del quesito.»

«Certo» ribatté Rubin. «Lui ha scelto l'ovvio perché pensa che tu lo trascuri, perché è ovvio.»

«Qui parla lo scrittore di gialli» brontolò Trumbull.

«Sia come sia, è una soluzione che rifiuto» disse Horace. «Lor signori possono darmi consigli e pareri, ma sono io il solo a decidere se accettarli o meno. Qualche altra idea?»

Attorno alla tavola regnò completo silenzio.

«In tal caso,» proseguì Horace «sarà meglio che vi metta al corrente di una delle mie riflessioni. Sto rompendomi il cervello, lo vedono. Youngerlea ha detto: "Sto pensando al nome di un elemento chimico unico". Non che aveva in mente l'elemento in sé, ma il nome dell'elemento.»

«Sei sicuro di ricordarti la frase esattamente?» domandò Avalon. «Non avevi un registratore durante il colloquio, e la memoria può giocare brutti scherzi.»

«No, no. Ricordo chiaramente. Non ho la minima incertezza. Nessuna, assolutamente... Quindi, ieri ho cominciato a pensare che non sono le caratteristiche fisiche o chimiche dell'elemento che contano. È il nome che conta.»

«Hai trovato un nome che sia unico?» domandò Halsted.

«Sfortunatamente,» rispose Horace «i nomi ti danno molto più eccesso di speculazione selettiva di quanto non lo diano le proprietà degli elementi.

Se andiamo in ordine alfabetico, l'attinio, elemento numero ottantanove, è il primo dell'elenco, e lo zirconio, elemento numero quaranta, ne è l'ultimo.

Il disprosio, che è l'elemento numero sessantasei, è l'unico elemento con il nome che cominci per D. Il kripto, elemento numero trentasei, è il solo il cui nome cominci per K. L'uranio, il vanadio e lo xeno, elementi numero novantadue, ventitré e cinquantaquattro rispettivamente, sono gli unici che comincino per U, V o X. Come posso scegliere fra questi cinque? La U è l'unica vocale iniziale, ma mi sembra una unicità deboluccia.»

«C'è qualche altra lettera che non sia l'iniziale di alcun elemento?» chiese Gonzalo.

«Tre. Nessun elemento ha il nome che inizi per J, Q, o W, ma che me ne viene? Non puoi sostenere che un elemento è unico solo perché non esiste. A questa stregua, puoi sostenere che ci sono infinite quantità di elementi che non esistono.»

Drake osservò: «Il mercurio ha anche un nome alternativo: quicksilver, che comincia per Q».

«Lo so, ma è un arrampicarsi sui muri» replicò Horace. «In tedesco la I e la J sono intercambiabili, quando stampate. Il simbolo chimico dello iodio è I, ma ho visto testi tedeschi stampati non in gotico dove tale simbolo è reso con J, il che è anche più un arzigogolo.

«Parlando di simboli in chimica, ci sono tredici elementi con simboli che consistono di una sola lettera. Quasi sempre questa lettera è l'iniziale del nome dell'elemento. Così, il carbonio ha il simbolo C; l'ossigeno ha l'O, il fosforo e lo zolfo, P e S rispettivamente, dal nome latino phosphorus e sulfur, e via dicendo. Però, il potassio ha il simbolo K.»

«Perché?» volle sapere il solito Gonzalo.

«Perché è l'iniziale del nome tedesco Kalium. Se il potassio fosse il solo caso, potrei prenderlo in considerazione, ma il tungsteno ha per simbolo una W, dal tedesco Wolfram, quindi addio unicità. Lo stronzio ha tre consonanti iniziali, ma le hanno anche chlorine (cloro) e chromium (cromo).

Iodio comincia con due vocali, ma lo stesso avviene per l'einstenio e l'europio. Ogni strada che imbocco, la trovo bloccata.»

Gonzalo insisté. «C'è qualcosa nella grafia dei nomi degli elementi che sia la stessa in linea quasi generale?»

«Quasi tutti finiscono in ium, secondo la grafia inglese.»

«Veramente?» disse Gonzalo, schioccando le dita ad accompagnare il lavoro delle proprie meningi. «E quanto agli elementi che i britannici pronunciano in modo differente? Per esempio, loro pronunciano "aluminium"

con lo ium finale, noi americani diciamo "aluminum", in modo che c'è solo la terminazione in um, e il professore ne fece un casus belli.

Forse è quindi aluminum che è unico.»

«Potrebbe anche andare,» replicò Horace «ma abbiamo anche lanthanum, molybdenum e platinum, anche loro con la terminazione in um. E pure altre terminazioni in ine, en e on, sempre secondo la nostra grafia, non sono uniche. Non c'è niente di unico. Niente.»

«Eppure qualcosa deve esserci!» esclamò Avalon.

«Mi dica lei quale. Il renio è stato l'ultimo elemento stabile scoperto in natura; il promezio, o prometeo, è il solo metallo radioattivo delle terre rare; il gadolinio è l'unico elemento stabile che abbia il nome derivato da quello di un essere umano. Ma non va, non convince.»

E Horace scosse la testa, sconfortato. «Be', non è poi la fine del mondo.

Andrò da Youngerlea con la migliore delle mie congetture e, se è sbagliata, che sia lui a trarre le conclusioni. Se metto insieme una dissertazione di laurea con i fiocchi, magari la commissione la trova tanto buona da non potermi bocciare. Se poi Youngerlea trova il modo di non farmi avere un posto alla California Tech. o al M.I.T., mi rivolgerò altrove e farò la mia strada. Non intendo certo farmi fregare da lui!»

Drake assentì: «Saggia decisione, figliolo».

Henry disse sottovoce: «Mr. Rubin?».

«Sì, Henry» rispose Rubin.

«Oh, chiedo scusa, signore. Mi rivolgevo a suo nipote.»

Horace alzò gli occhi. «Mi dica, cameriere. Deve portarmi dell'altro?»

«No, signore. Mi chiedo se potrei contribuire alla faccenda dell'elemento unico.»

Horace aggrottò la fronte. «È un chimico, lei?»

Gonzalo disse: «Non è un chimico, ma è Henry, e ti conviene ascoltarlo.

È il più intelligente di tutti i presenti».

«Mr. Gonzalo...» sussurrò Henry, con sommessa deprecazione.

«È così, Henry» confermò il pittore. «Coraggio! Che hai da dire?»

«Solo che, nel soppesare un quesito che pare non abbia risposta, potrebbe giovare la valutazione della persona che ha posto il quesito stesso.

Forse il professor Youngerlea ha un qualche pallino che possa indurlo ad annettere determinata importanza a una particolare unicità che, ad altri, risulti a malapena significativa.»

«In altre parole,» rilevò Horace «l'unicità si trova dove riesci a scoprirla?»

«Esattamente» rispose Henry. «Come avviene per quasi ogni cosa che dipenda da una componente del giudizio umano. Se consideriamo il professor Youngerlea, sappiamo questo. Usa la lingua inglese in modo preciso e conciso. Non ricorre a frasi complicate quando ve ne sono a disposizione altre equivalenti ma meno tortuose, né una parola lunga quando ve n'è una più breve. C'è di più: ha maltrattato uno studente che aveva usato, per l'alluminio, una dizione del tutto accettabile, colpevole soltanto di avere una lettera e una sillaba in più della grafia americana.

Dico bene, Mr. Rubin?»

«Sì» confermò Horace. «Esattamente come ho riferito.»

«Bene. Qui al club abbiamo l'Almanacco Mondiale di riferimento, che elenca tutti gli elementi, e abbiamo anche l'edizione integrale che ci dà la pronuncia dei termini. Mi son preso la libertà di studiare la materia, durante la discussione che lor signori andavano facendo.»

«E...?»

«A me risulta che l'elemento praseodimio, che ha il numero cinquantanove, è specificamente passibile, per la sua unicità, a suscitare il furore di Mr. Youngerlea. Il praseodimio è l'unico nome con un numero di sillabe superiore a ogni altro degli elementi chimici. Di sicuro, al professor Youngerlea, il praseodimio è destinato a sembrare oltraggiosamente prolisso nella scansione; il nome più irritante e contorto di tutto l'elenco, e unico sotto tale profilo. Se egli dovesse usare questo elemento nel suo lavoro, probabilmente se ne rammaricherebbe all'infinito e senza mezzi termini, con inequivocabile disgusto. Forse, tuttavia, non usa tale elemento chimico.»

Gli occhi di Horace brillavano adesso di nuova luce. «No, è un elemento delle terre rare, e dubito che, da patito dell'organica, Youngerlea abbia mai dovuto ricorrervi. Dovrebbe esser questa l'unica ragione per cui non lo abbiamo mai sentito parlare dell'argomento. Ma lei ha ragione, Henry. La semplice esistenza del praseodimio dev'essere per lui una costante frustrazione.

Accetto il suggerimento, e lunedì andrò all'assalto in conseguenza.

Se è sbagliato, amen. Ma...» e di colpo la voce di Horace si fece giubilante «... scommetto che è esatto. Ci scommetto la camicia!»

«Se dovesse essere sbagliato,» disse Henry «confido ella vorrà insistere nel proponimento di seguire egualmente la sua strada, nonostante tutto.»

«Non si preoccupi, lo farò, ma la risposta è il praseodimio. Lo so, è quella giusta... Però, avrei voluto essere stato io a trovarla, Henry. Invece è stato lei.»

«È una circostanza del tutto secondaria, signore» precisò Henry, sorridendo paternamente. «Lei si era già concentrato sui nomi, e ben presto, ne sono sicuro, la stranezza del praseodimio le sarebbe saltata all'occhio. Ci sono arrivato prima io solo perché i suoi tentativi avevano già eliminato così tante false piste.»

 

(Titolo originale: Unique Is Where You Find It - 1985)

 

Il racconto che precede, così come il seguente, fu scritto, a richiesta, per una rivista specializzata in letteratura "gialla". Entrambi i racconti mi furono pagati generosamente, e poi, come a volte succede nell'editoria, qualcosa andò storto e la rivista non fu mai pubblicata. Il racconto è uno dei casi non rari in cui qualcosa della vicenda si basa su un fatto reale della mia vita. Quando ero alle superiori, avevo un insegnante molto simile a Youngerlea, e la mia reazione verso di lui era quanto mai simile a quella di Horace Rubin. L'episodio del Beilstein, descritto nel racconto, accadde realmente negli esatti termini da me resi, e io non persi l'occasione di "sfottere" il professore, a rischio di danneggiare i miei voti, e ritenni che valesse ben la pena di correre tale rischio.