8.
Quando arrivarono era già notte e pioveva. Per un tratto la macchina era salita per una gal eria scavata nel a roccia. A un certo punto erano giunti a un largo spiazzo dove c'erano quattro grandi porte chiuse da saracinesche. Al ora si era fatto di colpo buio spente le lampadine sul soffitto, spenti anche i fari del a macchina. «Che cosa c'è?», aveva chiesto Ismani, impressionato. «Niente, signore, qualche secondo di pazienza», era stata la risposta del 'autista.
Nel e tenebre si era udito il rumore di una saracinesca che saliva. Quale del e quattro? Poi, senza accendere, guidato forse da un puntino rosso acceso su di un piccolo quadrante del cruscotto, l'autista si era messo in marcia lentamente.
Poco dopo, al e loro spal e, il rombo del a saracinesca che scendeva.
E le luci si erano riaccese.
La gal eria continuava, ripida e a lunghi giri su se stessa, fino a un secondo spiazzo, quasi uguale al primo, solo che le porte erano tre. Qui si era ripetuta la manovra, con lo spegnimento del e luci. Né si era vista anima viva.
Ancora un tratto che Ismani aveva valutato di circa quattrocento metri. Quindi erano sbucati al 'aperto; sul 'altipiano, era presumibile.
E adesso erano dinanzi a una bassa e nuda costruzione, simile a una casamatta, con qualche piccola finestra il uminata. Ismani, appena sceso di macchina, si guardò intorno sperando di veder qualche cosa.
Ma, tranne l'ingresso di quel posto di guardia, tutto era immerso nel buio. Gli parve però di scorgere, ai lati del a costruzione, un muro di cinta alto circa quattro metri che si perdeva nel e tenebre. Forse era l'ultimo recinto. In quel mentre un uomo sui quarant'anni si avvicinò facendo cenni di saluto: il professor Giancarlo Strobele.
Era Strobele un uomo elegante, dal volto intensamente intel ettuale, che esprimeva sicurezza di sé. Ismani, che non lo aveva mai visto, fu colpito, e non gradevolmente, dal suo «aplomb» da gran signore. Gli abbracci con la moglie, le cordiali presentazioni con gli Ismani sul a soglia. Entrarono nel casotto simile al a portineria di uno stabilimento industriale.
Per un breve corridoio Strobele li condusse a una porta, opposta a quel a donde erano entrati; e riuscirono al 'aperto. Qui attendeva la macchina, che nel frattempo aveva fatto il giro del a casa, entrando da un ingresso laterale. Più in alto, a qualche centinaio di metri di distanza, risplendevano dei lumi, come di case.
Sempre sotto la pioggia l'auto si avviò per un ripido viale, nel a luce dei fari apparivano e sparivano lembi di prato, qualche roccia, gruppi di larici ed abeti. Ormai erano prossimi al e luci. «Ecco», spiegò Strobele quando furono discesi sotto l'atrio di un vil ino di gradevole aspetto, a forma di «chѓlet». «Questa sarà la vostra casa. Laggiù», e fece segno a un altro «cottage» più sotto, «abito io. Quel 'altra, lassù, è la casa del nostro capo, Endriade. Ma ci sta pure, al primo piano, il maggiore Mirti, ispettore del ministero del a guerra. Ora, vi prego, accomodatevi, fa freddo, spero che sia stato acceso il caminetto. Per aiutarla, signora, c'è un'ottima ragazza, la cameriera di Aloisi... Tu Ismani l'hai conosciuto, vero?»
«Aloisi?»
«Già, chi non lo conosceva? Viveva qui da dieci anni, si può dire. Un uomo eccezionale, del e sue invenzioni la gente non ha mai saputo niente, eppure verrà il giorno... E' morto un paio di mesi fa.» «E' morto qui?»
«Aveva la mania del a caccia, andava solo su per le montagne. Una sera non è più tornato. Lo abbiamo trovato tre giorni dopo. Precipitato da un dirupo. Per noi... una tragedia in tutti i sensi. Quel poco che si è fatto qui al Centro», fece un sorriso pieno di intenzioni, «lo si deve ad Aloisi per almeno il cinquanta per cento. Se la disgrazia fosse successa quattro o cinque anni fa, chi sa se Endriade e io, chi sa se si riusciva a concludere... a realizzare quel o che...» «E io?», chiese timidamente Ismani preso da un senso di disagio.
«Io dovrei... mi hanno mandato quassù per... insomma sarei io il suo successore?»
«No, no. Non credo. Se mai tu dovrai sostituire qualcuno, il qualcuno sarei io...»
«Tu? Perché? Te ne vai?»
«No, non adesso. Fra un mese e mezzo, due mesi. Grazie a Dio il ciclo, per così dire, il ciclo del mio lavoro è praticamente terminato. Ecco il soggiorno, là c'è un piccolo studio, di là si va nel '»office» e dietro c'è la cucina, le camere da letto sono sopra. Nel complesso, posso dirlo io che ci abito da anni, queste casette sono organizzate bene, unico inconveniente, se mai, ma confesso che a me non dà fastidio, la scala di legno al 'inglese inglobata nel soggiorno, certi preferiscono avere le camere da letto completamente disimpegnate, e poi c'è l'inconveniente dei rumori, questo sì, le porte sono di legno massiccio, ma se qualcuno tiene accesa la radio qui dabbasso, è inutile, nel e camere si sente, però io penso che voi siete appena in due e per la verità la Giustina è silenziosa, sembra un gatto al e volte da come scivola senza far rumore, oh eccola...»