5.
Proprio ai piedi del 'ultimo salto di rocce, oltre al quale l'andamento del terreno lasciava indovinare un altipiano, la strada sboccava in uno spiazzo e qui era il posto di blocco: una casermetta, un'antenna con la bandiera, una rustica balaustra di legno tutt'intorno, due panche, una tavola, un casottino per il cane apparentemente abbandonato.
Il posto era bel issimo: tutto intorno erano boschi, precipitanti in erti pendi verso la Val Texeruda il cui fondo si scorgeva, lontanissimo, col letto bianco del fiume, la strada, i paesi sparsi qua e là, quel a nebbiolina, quel senso di vita quieta, pulita e comoda che danno certi posti di montagna.
Solo al e spal e la vista era bloccata. Il bosco infatti si interrompeva sotto una barriera irregolare di lastroni grigi, invasi da erbacce e da cespugli, oltre la quale non si scorgeva nul a. Questa incombente muraglia, nonostante la vastità del panorama, conferiva in certo modo angustia al sito e gli dava un'aria malinconica. A ricevere i coniugi Ismani c'era l'ufficiale di servizio, tenente Trotzdem, che, informato del loro arrivo in precedenza, aveva fatto preparare la colazione e si mostrò gentilissimo. Gli Ismani infatti avrebbero dovuto aspettare un poco per proseguire il viaggio. Di là cominciava la zona militare riservata dove la macchina del capitano Vestro non era autorizzata a entrare. Dal Centro a cui Ismani era destinato, sarebbe scesa a prenderlo un'altra automobile. O meglio - spiegò il tenente - questa macchina era già scesa ma bisognava aspettare l'arrivo di un altro ospite del Centro: la moglie del 'ingegnere Strobele, con cui gli Ismani avrebbero fatto l'ultima parte del viaggio.
Chi era questo Strobele? Dal e vaghe spiegazioni del tenente, Ismani capì che doveva essere uno dei pezzi grossi di lassù. Evidentemente l'arrivo di sua moglie era stato fatto coincidere col viaggio degli Ismani a bel a posta; non già per risparmiare benzina con una sola spedizione, ma per la preoccupazione di ridurre al minimo i passaggi attraverso il sorvegliatissimo perimetro del a zona militare. Entrati nel a casermetta, gli Ismani furono condotti al piccolo locale del a mensa. C'erano altri militari; il sottotenente Picco, il sergente maggiore Ambrosini, il sergente maggiore Introzzi. Subito il capitano Vestro si accomiatò. Disse che doveva ridiscendere al più presto per motivi di servizio, ma era evidente che non vedeva l'ora di al ontanarsi di là.
Partito Vestro, Ismani ebbe la sensazione che gli fosse venuto meno l'ultimo legame con la solita vita.
Ormai era cominciata l'avventura. E i discorsi che sentì fare accrescevano via via la sua inquietudine. Intanto si rese conto che anche il tenente Trotzdem, Picco e gli altri non avevano nessuna idea precisa di ciò che ci fosse su, nel 'altipiano. Il piccolo presidio militare aveva un compito di sorveglianza, col egato con altri vari posti di blocco dislocati intorno al a zona 36. Era uno sbarramento esterno che aveva lo scopo di impedire l'accesso agli estranei e di sorvegliare il terreno circostante. Ufficiali e soldati non appartenevano al Centro, non potevano penetrare nel a zona, non facevano parte del a categoria degli iniziati.
Erano, quei soldati, a guardia di un segreto. Ma quale segreto fosse non sapevano. Un impianto atomico?
«Professore, non lo domandi a me, per carità», disse il tenente Trotzdem. «Se non lo sa lei... Io faccio servizio qui da cinque mesi, e ne so tanto come prima. Che diavoleria staranno combinando? Il segreto... il segreto... qui non c'è altro che il segreto... per noialtri è un'ossessione, ciascuno naturalmente si fabbrica le sue teorie, si sentono fare i discorsi più pazzeschi, insomma sa cosa le dico? Beato lei che fra un paio d'ore sarà sul posto e si renderà conto. Lei penserà: qualunque cosa sia, in fondo a voi non vi riguarda, a voi si chiede soltanto un servizio di control o. E' vero. La cosa non ci riguarda. Ma esserci a contatto, si può dire, e non saperne niente, mai niente, qualche volta dà abbastanza ai nervi. Vede quel e rocce?
Basterebbe arrampicarsi fin lassù, un dislivel o di neppure cento metri, non dovrebbe essere difficile. Di lassù si vedrebbe... Ma è proibito, e noi siamo militari, la curiosità costerebbe troppo cara...» Qui sorrise in un modo curioso: «Eppure... con tutto questo... Ho ai miei ordini una quarantina di soldati. E qui non c'è la minima risorsa. Completo isolamento, niente donne. Poi il segreto militare. Tutti questi misteri. Ce lo dicessero almeno a che cosa facciamo la guardia. Insomma, diciamo pane al pane, una specie di galera... Eppure... eppure... ma lo sa che nessuno vorrebbe andarsene? Noia da morire, tutti i giorni uguali, mai una faccia di ragazza... Lei, signora», e si volse a Elisa Ismani, «lei, per esempio, mi sembra, non so neanche dire cosa mi sembra... una creatura scesa dal a luna... Eppure ci troviamo bene. Sempre al egri, di buon appetito. Me lo sa spiegare lei? Vede, signora, io sono un ignorante... però le dico una cosa, signora... se si tratta di atomica è un ben strano impianto». «Strano?»
«Se non è strano quel o che sta succedendo qui.»
«Perché? Perché», domandò Ismani, ansioso. «Ma lei, tenente», intervenne la moglie, accorgendosi che il marito si lasciava spaventare, «lei, tenente, non è tenuto lei al segreto militare? Come mai parla con tanta libertà? Chi le dice, per esempio, che noi due non siamo del e spie?»
Trotzdem rise.
«Ah, noi siamo fuori, per fortuna. Il segreto comincia subito dietro questa casa, noi siamo liberi... Ci mancherebbe altro. Non sappiamo assolutamente niente, di questo niente potremo ben parlare, almeno.»
Elisa Ismani perse la speranza che tacesse. Una volta partito, il tenente non si fermava più, evidentemente non gli pareva vero di poter dare fuori tutto quel o che per mesi gli si era accumulato dentro. Un racconto alquanto confuso e nel 'insieme abbastanza inverosimile.