1.

Nel ’aprile 1972 il professor Ermanno Ismani, di 43 anni, ordinario di elettronica al ’università di X, uomo piccolo, grasso, di umor gaio, ma pauroso, ricevette una lettera del ministero del a difesa che lo pregava di conferire con il colonnel o Giaquinto, capo del ’Ufficio studi. L’invito aveva carattere d’urgenza.

Senza lontanamente immaginare di che cosa si trattasse, Ismani, il quale verso l’autorità costituita aveva sempre avuto un complesso di inferiorità, si affrettò il giorno stesso al ministero. Non c’era mai stato.

Col suo solito impaccio si affacciò nel ’anticamera. Subito un piantone in divisa gli si fece incontro chiedendogli che cosa desiderasse. Lui fece vedere la lettera. Per incanto, dopo un’occhiata al a carta, il piantone, che lo aveva interpel ato in modo alquanto brusco (trascurato nel vestire, goffo nei movimenti, Ismani sembrava un tipo da prendere sotto gamba) divenne un altro. Si scusò, pregò Ismani di attendere un momento e si precipitò in una stanza vicina.

Venne un sottotenente che chiese di vedere la lettera, la lesse, fece un sorriso vagamente imbarazzato, e con accentuato ossequio pregò Ismani di seguirlo.

“Ma cosa c’è in questa lettera di così strano?”, si domandava Ismani un po’ intrigato. “Perché, dopo averla vista, mi trattano come un pezzo grosso?” A lui era parsa una qualsiasi comunicazione d’ufficio. Questa considerazione quasi timorosa si rinnovò anche da parte degli altri ufficiali, di grado via via crescente, nei successivi uffici per cui Ismani venne fatto passare. Aveva perfino la sgradevole impressione che ciascuno di quegli ufficiali, non appena vista la lettera, avesse premura di passare la faccenda ad altri, più autorevole: quasi che lui, Ismani, fosse un personaggio da trattare con tutti i riguardi, ma incomodo, se non addirittura pericoloso. Il colonnel o Giaquinto doveva avere una straordinaria autorità, assai superiore a quanto lasciasse presumere il suo grado, tante furono le barriere di control o che Ismani dovette varcare per raggiungerlo. Giaquinto, un uomo sui cinquanta, che vestiva in borghese, lo accolse con deferenza. Non c’era nessuna necessità, disse, che Ismani si affrettasse tanto. L’urgenza a cui si faceva al usione nel a lettera, era una formalità consueta a quasi tutte le pratiche del suo ufficio. “Per non farle perdere tempo, professore, le spiegherò subito la cosa. O meglio», e qui fece un risolino al usivo, “o meglio le prospetterò i termini del a questione che il ministero intende sottoporle. Di che cosa si tratta veramente, io stesso non lo so. In certi settori, lei professore capirà, le cautele non sono mai eccessive. Anzi, al proposito, le farò notare che a qualsiasi altro verrebbe chiesto un preventivo impegno d’onore al a più rigorosa segretezza... ma nel caso suo, professore... la sua personalità... i suoi titoli... il suo passato di combattente... il suo prestigio...»

“Ma dove vuole andare a parare?”, si chiese Ismani, che sentiva crescere il disagio. Disse: “Colonnel o, mi scusi, io non capisco». Il colonnel o lo guardò con vaga ironia, si alzò dal o scrittoio, trasse di tasca un mazzetto di chiavi, aprì un massiccio mobile metal ico, ne trasse una cartel a, tornò al a scrivania. “Ecco qui», disse consultando dei fogli scritti a macchina. “E’ disposto lei, professore Ismani, a rendere un servizio al Paese?»

“Io? E come?» Il sospetto di un grossolano equivoco sembrava sempre più attendibile.

“Non ne dubitavamo, professore» disse Giaquinto. “I suoi sentimenti non sono un mistero in alto loco.

Proprio per ciò su di lei facciamo affidamento.»

“Ma io... proprio, non afferro...»

“Sarebbe disposto lei, professore» chiese il colonnel o con mutato accento, scandendo le parole, “sarebbe disposto a trasferirsi per un periodo minimo di due anni in una del e nostre zone militari per partecipare a un lavoro di superiore interesse nazionale, oltre che di eccezionale valore scientifico? Per quanto riguarda la sua posizione universitaria, lei figurerebbe in missione ufficiale con l’intero stipendio, ben s’intende, più una cospicua indennità di missione, la cifra esatta non sono in grado di specificarla ma si aggirerebbe sul e 20-22 mila lire al giorno.»

“Al giorno?» fece Ismani sbalordito.

“Per di più un al oggio spazioso e confortevole, dotato di ogni comodità moderna. La località, leggo qui, è quanto mai salubre e ridente. Una sigaretta?»

“Grazie, non fumo. Ma di che lavoro si tratta?» “Nel a designazione stessa del ministero è implicito, mi sembra, che si sia tenuta presente la sua specifica competenza... Espletata la missione, naturalmente, il governo non mancherà di manifestare in forma tangibile... tenuto anche conto del ’innegabile sacrificio del a residenza...»

“Perché? Non potrei muovermi di lì?»

“L’importanza stessa del compito...»

“Per due anni? E l’università? Le lezioni?»

“Posso assicurarle, benché io, come le ho detto, non conosca la natura del ’impresa, che le sarà offerta l’occasione di ricerche oltremodo interessanti... Ma per essere sincero devo aggiungere che qui non si sono mai avuti dubbi su quale sarebbe stata la sua risposta.» “E con chi...?»

“Non sono in grado di rispondere. Però posso fare un nome, un grande nome: Endriade.»

“Endriade? Ma si trova in Brasile, adesso.»

“Sì certo, in Brasile, ufficialmente», e il colonnel o ammiccò. “No, no, professore, non è assolutamente il caso di agitarsi. Lei è forse un po’ nervoso, vero?»

“Io? Non saprei...»

“E chi non è nervoso oggi con la vita affannosa che si fa? In questo caso, le garantisco, sarebbe del tutto fuori luogo. Si tratta di una proposta, sottolinearlo è mio dovere, lusinghiera. E poi non c’è premura. Lei vada a casa, professore, e continui pure la sua solita vita...», sorrise, “...come se non le avessi detto nul a...

come se, mi intenda bene, come se in questo ufficio lei non avesse mai messo piede... Ci pensi, però... Ci pensi... Nel caso, mi dia un colpo di telefono...»

“E mia moglie? Sa, colonnel o, lei forse riderà, ma noi siamo sposati da neanche due anni...»

“Complimenti, professore...», il colonnel o corrugò le sopracciglia come considerasse un difficile problema, “ma non è detto... se lei personalmente se ne rende garante...»

“Oh, mia moglie è una creatura così semplice, così ingenua, non c’è pericolo che... Oltre al resto, non si è mai interessata dei miei studi.»

“Meglio così, penso», e rise.

“Colonnel o, prima di...»

“Dica, dica...»

“Prima di una eventuale decisione in un senso o nel ’altro, non potrei...?»

“Saperne qualcosa di più, lei intende dire?»

“Eh sì. Piantare tutto per due anni senza neanche sapere cosa...» “Ecco, su questo punto, professore, bisogna che lei abbia pazienza. Le posso dare la mia parola che io non so niente di più di quel o che le ho detto. Non basta. Lei magari non ci vorrà credere, ma quale sia precisamente il compito che le sarà affidato, temo che in tutto il ministero non ci sia uno solo, uno solo, capisce?, che sia in grado di specificarlo.

Sembra assurdo, lo so. Neanche il capo di Stato maggiore, forse... Al e volte la macchina del segreto militare arriva al paradosso. Il nostro compito è di proteggere il segreto. Quel o che ci è nascosto dentro, a noi però non deve interessare. Ah ma lei avrà tempo di informarsene, tutto il tempo che vuole, in due anni, direi...»

“Ma scusi: al ora come avete fatto per esempio a scegliermi?» “Noi? Non siamo mica stati noi. La indicazione, il suggerimento è venuto dal a zona stessa.»

“Da Endriade?»

“Non mi faccia dire quel o che non ho detto, professore. Può darsi che sia stato Endriade ma di preciso non lo so... No, no, professore, non c'è fretta. Lei torni ai suoi studi come se manco le avessi detto una parola. E

grazie di essere venuto. Non voglio farle perdere altro tempo.» Si alzò per accompagnare Ismani al a porta. «Non c'è assolutamente fretta... Però ci pensi, professore. E nel caso...»