Capitolo sei

La dinamica di un’epidemia

Come premesso nel capitolo precedente, le epidemie, seppur diverse per tipo di agente infettivo, sintomi, facilità di contagio, gravità del danno arrecato al paziente e percentuale di decessi tra quanti hanno contratto la malattia, hanno tutte la medesima progressione, cioè possono essere tutte descritte da una curva universale. Per fare un parallelo, consideriamo la legge di gravitazione di Newton: indipendentemente dal peso del corpo e dall’altezza da cui lo si lascia cadere, (trascurando gli effetti di attrito) la velocità di ogni corpo sarà la stessa istante per istante. In altre parole, un sasso e un masso gigantesco, lasciati cadere a terra da altezze diverse, dopo un secondo di caduta avranno la stessa velocità, e anche dopo due secondi, dopo tre, dopo quattro eccetera, finché quello lasciato cadere dalla quota più bassa non toccherà terra. In modo analogo, il numero di contagi e di decessi in un’epidemia seguono una stessa legge, a prescindere dalla causa dell’epidemia.

Supponiamo per semplicità che l’epidemia cominci con un solo soggetto infetto, il cosiddetto «paziente zero». Per la definizione di contagiosità, nel periodo in cui il paziente è infetto contagerà un certo numero di altri soggetti. Per il coronavirus sono 2,5. Per semplicità di spiegazione ammettiamo che siano solo 2. Ciò significa che, se per esempio è contagioso per una settimana, in quella settimana avrà contagiato altre 2 persone. Ognuna di queste, a sua volta, contagerà altre 2 persone, per cui avremo 4 nuovi malati. Questi 4 ne contageranno altri 8, e così si arriverà a 16, poi a 32 e così via in un gioco al raddoppio.

L’avanzamento di un processo, in cui al passo successivo si hanno il doppio degli elementi che si avevano al passo precedente, è detto «progressione geometrica» e il ritmo di crescita è definito «esponenziale». Si sentono spesso usare, con locuzione giornalistica, espressioni come «il PIL è cresciuto esponenzialmente» o «assistiamo a un aumento esponenziale dei furti d’auto». In realtà, tranne che in rari casi, non c’è nessuna crescita esponenziale. È solo una metafora, un’iperbole per indicare un incremento molto cospicuo. Se l’aumento fosse davvero esponenziale, tutto il mondo se ne accorgerebbe presto e ne subirebbe le conseguenze.

Infatti, al principio la crescita esponenziale non fa molta impressione perché, dopo pochi passi, il numero degli elementi è ancora esiguo e questo è il motivo che porta spesso alla sottovalutazione del fenomeno. Però, man mano che il processo avanza, il ritmo diventa vertiginoso. A tale proposito si cita di solito la leggenda del saggio indiano (o forse persiano) Sissa, il mitico inventore della scacchiera. Ne esistono diverse versioni, ma il succo è questo.

Il re, molto triste per la perdita di una persona cara, chiese che qualcuno riuscisse a consolare il suo dolore con un’attività che lo distraesse dalle sofferenze. Sissa si presentò al sovrano con una scacchiera, corredata dai pezzi che noi oggi conosciamo, ma che erano stati appena escogitati, e gliela offrì. Il re fu entusiasta degli scacchi, che assolvevano la funzione desiderata di costringerlo a concentrarsi sul gioco e alleviare così la sua pena. Al re, che gli chiedeva come potesse compensarlo per l’ingegnosa invenzione, Sissa fece una richiesta apparentemente innocua: mettere un chicco di riso sulla prima delle 64 caselle della scacchiera e il doppio su ogni successiva casella, quindi 2 chicchi sulla seconda, 4 sulla terza, 8 sulla quarta e così via, raddoppiando sempre, fino alla sessantaquattresima. Il re, che con tutta evidenza non sapeva far di conto, replicò che voleva ricompensarlo ben più generosamente che con una ciotola di riso, ad esempio con terre e castelli. Sissa insistette che si «sarebbe accontentato». Quando furono interpellati i contabili di corte per stabilire esattamente quanto riso spettasse a Sissa, essi, non senza qualche difficoltà, risposero che era di gran lunga superiore alla produzione di riso di tutti i possedimenti imperiali. Infatti, il numero di chicchi raggiunge l’astronomica cifra di 20 miliardi di miliardi, corrispondenti approssimativamente alla massa del Monte Bianco.

Ma è davvero possibile? Sì, lo è. E forse non è neanche il caso più sorprendente di progressione geometrica. Prendete un foglio di carta, del tipo standard. Lo spessore misura un decimo di millimetro, quanto quello di un capello. Ripiegate il foglio. Lo spessore sarà ora di 2 decimi di millimetro. Un’altra piega e siamo a 4 decimi; un’altra e arriviamo a 8 decimi; quindi 1,6 millimetri e così via. Un foglio normale non si riesce a ripiegare più sei o sette volte. Tuttavia, supponiamo di avere un foglio abbastanza largo e flessibile da poter essere ripiegato tantissime volte. Ecco la sorpresa. Quando arriveremo alla quarantaduesima piegatura, lo spessore del foglio sarà pari alla distanza tra la Terra e la Luna! Questa è la virtù perversa della crescita esponenziale, cioè del gioco al raddoppio simile a quello dei contagi, come ben sanno i giocatori del casinò, quando si ostinano a raddoppiare ogni volta la posta, in attesa dell’uscita vincente che permetta loro di recuperare i soldi persi con le puntate precedenti.

Tornando all’epidemia, la prima fase è appunto di crescita esponenziale. Nel caso del coronavirus, il tempo necessario al raddoppio dei contagiati è risultato di circa tre giorni. Ecco perché, a partire dai casi di Codogno in Lombardia e di Vo’ in Veneto, in qualche settimana si è assistito all’esplosione del focolaio epidemico. Se non si fossero prese misure di contrasto e di contenimento, in poco più di dieci giorni il numero dei casi sarebbe decuplicato. Infatti sono proprio le misure di contrasto e contenimento a rivestire un ruolo determinante per evitare che la legge esponenziale abbia campo libero. Seguendo lo stesso ragionamento dei chicchi di riso e del foglio ripiegato, se nel momento in cui si erano registrati soli cento casi non si fosse intervenuti, in una cinquantina di giorni tutti gli italiani sarebbero stati infettati e, in altre due settimane, tutta la popolazione europea. Naturalmente questo è un calcolo puramente statistico, perché bisogna tenere conto della facilità o difficoltà di contatto, che può far variare il tempo necessario al raddoppio. Ma comunque, in un tempo dell’ordine dei tre mesi, buona parte degli europei sicuramente sarebbe stata contagiata. I provvedimenti adottati di chiusura delle zone rosse, del distanziamento sociale e l’ordine di restare a casa hanno l’effetto di opporsi al proseguimento della crescita esponenziale: se il soggetto infetto non incontra soggetti sani da contagiare, la dinamica del tempo di raddoppio si inceppa e la crescita, da esponenziale che era, diventa più moderata e graduale, fino ad arrestarsi del tutto. L’epidemia, a quel punto, è finita.

Tra la fase iniziale dell’epidemia, contraddistinta dalla crescita esponenziale, e la fase finale, in cui la crescita cessa, ovvero allorché non si verificano più ulteriori contagi, c’è una fase intermedia di transizione. Infatti all’inizio il contagio progredisce senza opposizione, mentre alla fine i mezzi di contrasto prevalgono e il contagio finisce. Nella fase intermedia, invece, si assiste al braccio di ferro tra la tendenza all’aumento esponenziale del numero dei contagiati, il freno che è esercitato sulla crescita dai provvedimenti di distanziamento sociale e da un altro effetto che si innesca spontaneamente, l’immunità di gregge. L’immunità di gregge è quella condizione per cui, a causa dell’elevata concentrazione di soggetti immuni (di solito perché vaccinati, nel caso del Covid-19 perché guariti), il virus non riesce più a trovare nuovi soggetti da infettare. In pratica i guariti, essendo immuni almeno temporaneamente, formano con la loro presenza una barriera fisica alla diffusione del virus, che non ha più un terreno di caccia e soccombe.

Il momento di passaggio che conclude la prima fase esponenziale e fa volgere verso la fase finale di «crescita zero» è chiamato «picco», ovvero il punto in cui si raggiunge il valore massimo di contagi giornalieri prima che questo numero diminuisca. Il nome sta a indicare il «picco», ovvero il punto più alto della curva che descrive il numero giornaliero di contagi. Se, ad esempio, questa fosse la sequenza dei contagi giorno dopo giorno – 1, 3, 10, 20, 50, 30, 15, 5, 2, – il picco sarebbe dopo cinque giorni dall’inizio.

Nella prima fase esponenziale, il numero aumenta. Nella fase finale, al contrario, il numero diminuisce sempre di più. Il picco ci dice quando si passa da un regime all’altro, cioè da quello di crescita irrefrenabile, a quello che si conclude con una calma piatta.

In pratica, raggiungere il picco significa che la tempesta ha perso la sua forza e che si preannuncia il ritorno del sereno.