77 GIORNI PRIMA DI NATALE

Sera

«Avevi le mani tutte sporche di sangue.» «La Sala Vecchia sarà piena di luci.» Queste frasi mi sfilano davanti agli occhi, come opere di inestimabile valore illuminate dai riflettori dietro il vetro di una teca. Eppure anche vagamente minacciose.

Sono passate più di tre settimane da quando sono divampate le fiamme nella Sala Vecchia e abbiamo tutti raggiunto la conclusione quasi soddisfacente che l’autore dello scherzo sia stato Jamie; ma una penombra di mistero circonda ancora l’accaduto, come un cerchio alla testa prima dell’emicrania. Perché l’ha fatto? Forse era davvero una bravata rivolta contro di me, per aver preso il posto di sua madre, la dolce Nina Kerthen. Un brutto tiro intenzionato a spaventarmi. Oppure era indirizzato a qualcun altro?

Mi distraggo per un istante dai miei pensieri.

David e io siamo soli nel Salotto Giallo, mentre il sole d’autunno tramonta in lontananza. A Londra stanno rinnovando l’ufficio, e lui si è preso un fine settimana lungo di vacanza. Si vede che si è rilassato.

Io no, per niente. Non riesco a stare ferma, sono in continua agitazione.

«David, per quanto riguarda il fuoco nella Sala Vecchia...»

Mi lancia un’occhiataccia, forse irritata. “Oddio, basta con questa storia!”

«Ti prego, dammi retta un’ultima volta, poi ti prometto che me ne dimentico per sempre.»

Lui sorride. Per così dire. «Va bene, dimmi pure.»

«Sono d’accordo con te, Jamie stava facendo quello che aveva fatto la madre, ripetendo quel gioco che gli aveva organizzato per il suo compleanno.»

«E allora?»

«Non sono ancora del tutto convinta che sia riuscito a fare tutto da solo. Come? Come ha fatto senza l’aiuto di nessuno? Non ne aveva il tempo. Era appena tornato da scuola.»

«Ne abbiamo già parlato, Rachel, ti ricordi?» Il suo tono è brusco. «Magari aveva preparato tutto al mattino. Nessuno va mai nella Sala Vecchia, ci andava solo Nina. Era ossessionata dalla Sala Vecchia e dai piani per il suo restauro.» Il suo tono da avvocato ha il potere di calmarmi, ma anche di infastidirmi. «E così, quando Jamie è tornato da scuola ha avuto tutto il tempo di accendere il fuoco, di compiere questo piccolo rituale, rievocando la madre. Se ci pensi, non è poi così difficile: basta un po’ di benzina per accendini.» David sospira seccamente. «Non ci sono rischi. La Sala Vecchia è tutta pietra e vetro, non c’è niente che possa prendere fuoco, e di sicuro non voleva farlo vedere a nessuno. Le fiamme si sarebbero spente in pochi minuti e il suo incantesimo sarebbe rimasto segreto.»

Io scrollo la testa. «Ma fare tutto così in fretta, scrivere quella parola sul pavimento senza essere visto... non potrebbe averlo aiutato qualcuno? Cassie? Juliet?»

«Ma figurarsi!» David mi guarda come fossi un’allieva mediocre che un tempo prometteva risultati brillanti. «Sua nonna è stata la prima ad accorgersi delle fiamme. Evidentemente, Jamie non se l’aspettava, e così quando Juliet si è spaventata in quel modo lui ha preferito negare tutto. Sapeva di aver fatto qualcosa di sbagliato. Ed è per questo che continua a mentire.»

«Mmm.»

«Lo capisci che le cose non possono essere andate diversamente?»

«Sì, immagino di sì», rispondo. «In effetti è abbastanza logico.»

Mi metto seduta, controvoglia. Vorrei raccontargli dell’incidente con il riccio, ma non posso ancora farlo. Perché in questo modo confesserei di ammettere una spiegazione paranormale e irrazionale degli eventi. Perciò non posso pronunciare queste parole senza darmi apertamente della pazza. Vorrei anche parlargli delle lettere, ma non posso fare neanche questo senza rivelare che mi sono intrufolata nel suo studio come una ladra.

Devo trovare un modo diverso per parlare di Jamie. «David, non è solo il fuoco a preoccuparmi, sai?»

«No?»

«No. È il comportamento di Jamie, quando tu sei via. Passa ore e ore nella sua stanza, incollato ai videogiochi o allo smartphone.»

«Ha solo otto anni: i ragazzini fanno tutti così.»

«Ma altre volte se ne va in giro per le spiagge e le scogliere, su e giù per la vallata, fino alla brughiera. Tu lo lasci libero di andare dove vuole.»

A parlare è la prudente e accorta donna di città che è in me, figlia delle case popolari del Sud-est di Londra. Pensa cosa potrebbe succedere in un bar se li lasciassi soli un attimo. Lo so che la vita in Cornovaglia è molto diversa, intendiamoci. Ma odio con tutto il cuore quando Jamie si allontana troppo da casa, ho paura per lui. Perché l’idea che possa accadergli qualcosa di brutto mi fa stare male.

David posa il tablet acceso e beve un sorso di gin tonic. «Rachel, è ovvio che mi faccia stare in ansia, ma voglio che lui sia libero. Dopo la morte di Nina, la tentazione di farlo vivere nella bambagia è stata molto forte, lo ammetto. Ma io ho il dovere di dargli la sua libertà, di farlo crescere il più normale possibile.»

«E tutti quei sentieri pericolosi? E le scogliere? David, se ne va in giro a qualsiasi ora, santo cielo! Lo so che non sono la sua vera madre, è solo che...»

«Lui ha bisogno di una madre, Rachel. Andavate tanto d’accordo quando vi siete conosciuti a Londra... Vedrai che le cose torneranno così, dagli solo un po’ di tempo.»

È frustrante, non fanno che ripetermi tutti le stesse parole: dagli tempo, dagli tempo. E invece sembra che il tempo peggiori le cose.

Le vetrate a piombo sono aperte e una dolce brezza porta dentro casa il profumo salmastro dell’oceano. Questo odore mi rende sempre un po’ triste. Forse perché da piccola non andavo mai in vacanza al mare, chissà. Eravamo troppo poveri. Sono triste per quello che mi sono persa.

Mio marito mi guarda. «E poi voglio che conosca i posti dove i Kerthen vivono da secoli. Tutte le calette e i megaliti che mi piacevano tanto da ragazzo.»

David si alza e chiude la finestra, poi torna a sedersi e riprende in mano il tablet, dimenticandosi gentilmente della mia presenza. Ma io continuo a guardarlo fisso. Mio marito. Il suo viso fascinoso, vagamente spietato, illuminato dallo schermo acceso.

«Avevi le mani tutte sporche di sangue.» «La Sala Vecchia sarà piena di luci.»

Queste immagini sono così vivide, così concrete. Come se Jamie potesse realmente vedere le cose. Come se avesse davvero visto quelle cose. Il tintinnio dei cubetti di ghiaccio mi fa sussultare. David appoggia con enfasi il bicchiere sul tavolino. Il suo sguardo non ammette replica. «Apri le gambe», mi dice.

Indosso un vestitino corto fantasia. Con niente sotto. È così che mi vuole, quando torna da Londra. Niente sotto. Mi sbarazzo della biancheria solo quando Jamie è a letto e Cassie si è ritirata in camera sua. Ma lo faccio, per mio marito. Perché mi piace il modo in cui questa cosa lo ipnotizza.

«Ma signore, devo fare le faccende.»

Ricambio consapevole lo sguardo di David, con aria di sfida. Lui sorride e aggrotta la fronte, tutto insieme.

«Allora mettiti in ginocchio e pulisci il pavimento.»

«Sissignore, se proprio dovete...»

Questo è uno dei nostri passatempi erotici preferiti. Trasformare la differenza di classe sociale in gioco di ruolo. È sciocco, lo so, ma chissà perché terribilmente erotizzante. Anche gli adulti possono giocare e fare scherzi.

David incastra una sedia sotto la maniglia della porta, così nessuno può entrare. Il gioco funziona. Le preoccupazioni si stanno dissolvendo. Mi chiedo se vorrà fare sesso con me sul pavimento. Mi piacerebbe così, senza tenerezza. L’abbiamo già fatto sul tavolo della cucina, in ogni angolo della Sala Nuova, sotto i sorbi nel Ladies Wood. Avremo pure i nostri problemi, ma la voglia di fare sesso è più forte che mai.

La porta è chiusa. David mi abbassa senza tanti complimenti le spalline del vestito e mi butta a sorpresa sul divano. La sua brutalità mi piace da morire. Sa d’istinto dove mordermi, dove stringermi, dove toccarmi in quel modo. Rovescio la testa all’indietro e guardo a bocca aperta dietro le sue spalle. Le ultime falene estive sbattono impotenti contro i vetri a piombo; le vedo danzare, o morire, poi vengo ansimando. Ma lui continua a spingere, non ancora soddisfatto.

Gli pianto le unghie nella schiena muscolosa, mentre faccio dei respiri profondi, sempre più rapidi. Mi sta facendo venire ancora. Poi una terza volta, pochi minuti dopo, e dopo viene anche lui, mordendomi il collo. Molto animalesco.

Non lo faccio con nessuno in questo modo. Non l’ho mai fatto con nessuno. Non così.

La sera, quando vado a letto, abbraccio stretto il corpo muscoloso di David mentre dorme e inalo il suo odore. Non si muove neppure mentre lo stringo a me. Ha un sonno molto profondo, e non russa mai. Però ogni tanto nel sonno parla di Nina, come se fosse qui, nel letto con noi.

E quando gli capita, a volte rimango sveglia e me la immagino sdraiata accanto a lui, sull’altro lato, che mi osserva in silenzio.