Quel pomeriggio la Giovanna uscì di casa abbastanza presto, come faceva sempre quando andava a visitare l'amica, ma quella volta doveva anche fermarsi al negozio di alimentari per prendere un pacchetto che l'Alessandra aveva fatto preparare per la madre, facendo l'ordine al telefono e chiedendo di mettere sul suo conto. Erano delle paste dolci ripiene di crema, tipiche di Pieve, che il “Commenda” si faceva arrivare una volta a settimana e bisognava prenotarle, perché quelle poche che metteva in vetrina nell'arco di un'ora erano già tutte vendute, ma la Pina ci andava matta, per questo la figlia gliele faceva mettere da parte.

Entrando nel negozio la Giovanna vide che era pieno di gente. «Sono arrivati i turisti» le disse un anziano del luogo che stava facendo la fila continuando a guardare l'orologio sempre più spazientito. «È un'ora che aspetto, ormai bisognerà venire di mattina presto, oppure fare una strage» aggiunse osservando in cagnesco due donne davanti a lui, vestite in salopette firmata, che si guardavano intorno lanciando gridolini di eccitazione davanti a delle comuni scatole di biscotti, come se si trovassero in capo al mondo. «Queste sono sciroccate, parola mia» aggiunse più piano, ma la Luisella che stava dietro al bancone con il marito lo sentì lo stesso, almeno dallo sguardo di fuoco che lanciò al malcapitato.

La Giovanna allora decise di farsi avanti, in caso contrario ci avrebbe fatto sera dentro al negozio, così disse ad alta voce alla Luisella: «sono venuta e ritirare il pacchetto della Pina».

Dopo un minuto si trovava già fuori con un bel cabaret di paste tra le mani e si avviò felice verso casa dell’amica, pregustando il tè che l’Alessandra avrebbe preparato per accompagnare i dolci. Quella ragazza viveva per la madre da quando aveva rotto con il fidanzato, ma qualcuno aveva visto come la guardava il bravo Gualtieri, anche se era parecchio più vecchio di lei, e molti già scommettevano che alla fine se la sarebbe sposata, certo se avesse avuto l'accortezza di farsi avanti, perché altrimenti sarebbe stato impossibile che lei potesse anche solo pensarci.

Arrivata davanti alla casa della Pina suonò, ma non appena l'Alessandra aprì le disse stupita:

«Hai visto che danni alla porta? Li ho notati solo adesso, cosa può essere stato?»

«Ci sono da ieri, un ubriaco ha provato ad entrarci in casa e a momenti dovevo chiamare i carabinieri, ma non l'accenni a mia mamma che si è già abbastanza spaventata.»

«Certo che no, ma che sfortuna.»

La Pina l'aspettava seduta in divano con la carrozzina a qualche passo da lei. Da quando l'aveva vista un paio di giorni prima le sembrò ancora migliorata. Stava seduta con la schiena dritta, il corpo non sembrava più afflosciato com'era stato negli ultimi mesi e si vedeva che aveva più forza. Indossava la sua gonna preferita grigio chiaro e sopra un maglione leggero a V, di colore amaranto, che le lasciava scoperto parte del collo dove una catena leggera in argento terminava in un cuore.

«Sono felice di vederti, hai proprio una bella cera» le disse sedendosi al suo fianco dopo averla abbracciata.

«Hai visto che sto meglio? Riesco perfino a fare qualche passo per casa senza troppa fatica» le rispose la Pina.

«È davvero un miracolo» disse l'amica commossa.

«Allora sei riuscita a prendere le paste?» le chiese l'anziana che non aveva visto quando, appena dentro casa, le aveva passate all'Alessandra.

«Le ha date a me mamma, le sto mettendo nei piattini intanto che l'acqua per il tè bolle» le rispose la figlia che stava preparando un bel vassoio.

«C'era gente dalla Luisella?» domandò allora la Pina.

«Non me ne parlare, il negozio era talmente pieno che quasi non riuscivo ad entrare, sono arrivati i turisti.»

«Allora racconta, non farti pregare.»

«C'è poco altro da dire, la Luisella e il marito con loro erano talmente gentili che sembravano dei pezzi di pane, mentre a noi che ci andiamo in tutte le stagioni lo sai come ci trattano. E poi dovevi vedere i prezzi che fanno.»

«Li hanno già gonfiati?» chiese l'Alessandra intenta a versare il tè nelle tazze.

«Capirai! Tutti gli anni non vedono l'ora, sono già quasi il doppio della settimana passata, meno male che a quelli del luogo poi segnano la merce coi prezzi di prima, altrimenti lo sanno che poi non ci va più nessuno.»

«Speriamo che non vogliano fare i furbi, perché altrimenti ci toccherà fare la spesa a Pieve» disse l'anziana.

«Magari più avanti potremmo farci un bel giro, che ne dici mamma?» le chiese l'Alessandra portando un vassoio ricolmo di cose che mise sul tavolino davanti al divano. Dentro c'erano due tazze di tè bello fumante, una teiera ancora mezza piena, nel caso avessero voluto anche una seconda tazza, lo zucchero e due piattini con dentro tre paste ognuno.»

«Mi piacerebbe davvero di rivedere ancora il mio paese, quando ce ne siamo andate ho pensato che non ci sarei più tornata e ci ho lasciato il cuore» disse la Pina.

«Allora è deciso, ci torniamo in giugno, adesso però mangiate.»

«Ma sono troppe» si schernì la Giovanna guardando tutto quel ben di Dio.

«Mia mamma è stata categorica prima che venisse, ci tiene a fare bella figura, per cui gli faccia festa alle paste.»

«In questo caso va bene, ma tu non mangi?»

«Non si preoccupi che mi sono preparata una tazza anche per me, ma la prendo qui a tavola, sul divano ci si sta larghi solo in due.»

«Piuttosto dimmi una cosa» le domando la Pina cominciando ad assaggiare la prima pasta. «In paese si parla ancora di quello che è successo al monastero?»

«Se intendi il pianto della Madonna, per fortuna dopo il primo giorno nessuno si è più informato, l'avranno scambiata per una delle solite frottole che ogni tanto qualcuno s'inventa. Neanche di te hanno più chiesto.»

«Meno male, avevo paura che non mi lasciassero in pace. Ieri qualcuno ha pure tentato di sfondare la porta.»

«Davvero?» disse la Giovanna facendo finta di non sapere niente.

«Te l'ho detto mamma che sarà stato un ubriaco.»

«Avrai ragione tu, comunque io l'ho fatto presente anche al gesuita che è venuto stamattina, non si sa mai.»

«Di chi stai parlando?» le chiese l'amica cominciando a gustare la seconda pasta, imitata subito dopo dalla Pina.

«È un religioso che è venuto da Roma ed è ospite del monastero» cominciò a dire l'anziana con la bocca mezza piena.

«Bevete il tè che si fredda» la interruppe l'Alessandra spazientita «parlerete dopo» e allora le due amiche si zuccherarono il tè cominciando a sorbirlo e fortuna che era ancora tiepido.

«È davvero buono» disse la Giovanna quando ebbe finito quasi tutta la tazza.

«Mia figlia in cucina non la batte nessuno» le rispose l'anziana orgogliosa.

«Mi stavi parlando di un gesuita, non sarà uno di quei due religiosi che sono arrivati da poco?» le chiese l'amica.

«Brava, sono proprio loro. Il più anziano è venuto a trovarmi questa mattina e abbiamo fatto due chiacchiere, ma l'altro non ha potuto accompagnarlo perché stanotte è stato molto male, pare per un'intossicazione alimentare.»

«Ma cosa avrà mangiato di avariato, se al monastero si nutrono quasi solo frutta e verdura?»

«Non lo so, credo abbiano comprato anche del cibo in paese, comunque stanotte hanno dovuto ricoverarlo, da tanto era grave, anche se ormai è fuori pericolo.»

«Ma cosa mi dici! Addirittura ricoverato!» esclamò la Giovanna portandosi le mani alla bocca. «Gesù Santissimo, allora forse è per quello che a mezzogiorno sono arrivati dei tipi strani che portavano dei valigioni pesanti, neanche ci avessero dentro dei macchinari. Sono andati dritti al monastero, saranno stati degli ispettori alimentari. Speriamo solo che non si sparga la voce, altrimenti la gente non starà più tranquilla, figurati poi i turisti.»

«Se viene a saperlo la Luisella le darà un colpo» disse l’anziana.

«Le gente di questo paese si lascia troppo suggestionare» ribatté l'Alessandra alzandosi per controllare lo stato del vassoio che ormai era vuoto.

«Come vedi abbiamo mangiato tutto e anche del tè non ne rimane» le disse la madre.

«Davvero tutto buono» aggiunse l'amica.

«Mi fa piacere, adesso sparecchio e metto a posto anche la tavola, nel caso più tardi vogliate giocare a carte.»

«Io una bella partita a briscola me la farei volentieri, però devi giocare anche tu Alessandra» disse la Giovanna.

«Solo se non puntate a soldi come l'ultima volta.»

«Ancora te ne ricordi e ormai sono passati dei mesi» disse la Pina.

«Lo sai che ho la memoria di un elefante.»

«Erano solo degli spiccioli, ma se ti dà noia non ci metteremo su niente» le rispose la madre sbuffando.

«Così mi piace. Quando vorrete iniziare basta che mi chiami, adesso vi lascio chiacchierare in santa pace e vado su un attimo» disse l'Alessandra prima di sparire oltre le scale che portavano al primo piano.

«Parla più del fidanzato?» le chiese l'amica a bassa voce non appena se ne fu andata.

«No, dopo quello che le ha fatto per lei ormai è come morto e per fortuna.»

«Potrebbe sempre trovare un altro, ormai ha quasi quarant'anni. Non vorrà restare sola per tutta la vita?»

«Non lo so, credo che non se la senta ancora di riprovare» rispose dubbiosa l'anziana.

«Hai ragione, inoltre con tutto quello che è appena successo sicuramente ha altro a cui pensare» disse allora la Giovanna, capendo che era troppo presto per continuare quel discorso con la sua amica.

Nell'ora successiva parlarono un po' di tutto e alla fine presero a ricordare momenti della loro giovinezza quando andavano a scuola a Pieve ed erano inseparabili, sempre insieme sia dentro che fuori dall'aula.

«Ci chiamavano Cip e Ciop, te lo ricordi?» le disse la Pina.

«Se me lo ricordo? Quel nomignolo mi ha perseguitata per anni, anche da sposata mi ci chiamavano in quel modo, i nostri vecchi compagni di classe» disse la Giovanna scoppiando a ridere di gusto, aggiungendo subito dopo:

«E le corse che facevamo di mattina per andare a portare le viole alla cappella della Madonnina vicino al greto del fiume, prima di ogni compito in classe?»

«Con quello stratagemma la sufficienza era assicurata!» disse la Pina sorridendo al pensiero.

«Ci sarà ancora la cappella? Da tanto non ci vado più, l'ultima volta è stato con il mio Enzo, quando venivamo a trovarti, poi lui non si è più sentito di guidare perché già stava male...» disse l'amica con la voce improvvisamente intristita.

«Lo sai quanto mi è dispiaciuto per la tua perdita, il mio Ernesto è morto ormai da quindici anni, ma per me è lo stesso dolore» le disse allora la Pina abbracciandola per un lungo momento. «Però la cappella è ancora là, come te la ricordi, e credo ci rimarrà per sempre. Ogni tanto ci va l'Alessandra e le porta dei fiori, prima passa dal padre e poi dalla nostra Madonnina.»

«Non lo sapevo che era una devota della Madonna» disse la Giovanna sinceramente stupita.

«Lei non vuole che si sappia perché ha pudore, ma credo che l'abbia pregata tutto questo tempo per me, anche se non me lo vuole dire.»

«Quindi l'idea di trasferirsi a Rocca è stata sua?» chiese l'altra.

«Diciamo pure che mi ha convinta e alla fine è stata la scelta migliore.»

«Puoi dirlo forte» esclamò l'amica che si ricordava perfettamente come era arrivata la Pina a Rocca, che quando l'aveva vista nel letto che non riusciva nemmeno a muovere le braccia si era presa paura e nella sua testa non le aveva dato più di qualche settimana di vita.

«Adesso che dici se ci facciamo quella partita?»

«Ma certo, sono già le cinque, come vola il tempo quando si sta bene in compagnia» disse la Giovanna che viveva da sola ormai da anni e cominciava a soffrire la solitudine.

«Me la chiami tu l'Alessandra? Basta che ti metti dalle scale e lanci un urlo, lei non è sorda come me.»

«Faccio subito» disse l'amica alzandosi e poi chiamò giù la figlia della Pina che in tutto quel tempo ne aveva approfittato per scrivere, ma appena sentì la voce che la chiamava andò subito di sotto dalle due amiche.

«Hai bisogno che ti sorregga?» chiese alla madre che voleva alzarsi.

«Basta che mi stai vicina, ancora non mi capacito di avere recuperato le forze e mi rimane la paura di cadere» le rispose la Pina che, una volta in piedi, si fece dare il braccetto per arrivare fino alla sedia della tavola.

Una volta che si furono sedute l'Alessandra prese un mazzo da briscola da un cassetto del mobile della cucina e lo mise sul tavolo cominciando a dare le carte, ma prima di iniziare a giocare domandò un'ultima cosa:

«Che dite se ci facciamo un bicchiere d'aranciata, abbiamo la bottiglia grande ancora da aprire.»

«Metti fuori tre bicchieri e versala pure, magari potremmo sentire anche le patatine che hai comprato l'altro ieri.»

«Sei sicura che non ti faccia male lo stomaco, hai mangiato tutte le paste» provò a dire la figlia, ma lo sguardo della Pina era eloquente, così versò l'aranciata e mise a centro tavola un piatto pieno di patatine da cui l’anziana si servì subito.

«Serviti anche tu» disse all'amica che aveva ritegno di mangiare ancora e non si capacitava di come la Pina avesse riacquistato in quel modo l'appetito.

«Dove le prendi? Sono davvero buone.»

«Dalla Luisella, martedì mattina stavo cercando qualcosa di buono e le ho trovate su uno scaffale, mi ha detto che le erano appena arrivate.»

«Le avrà ordinate per i turisti perché di solito non le tiene.»

«La prossima volta devi chiedere anche i popcorn che lo sai che mi piacciono tanto.»

«Lo so, ma erano mesi che non li mangiavi, non ci ho pensato.»

«Adesso avrai tutto il tempo per gustare quello che ti piace» disse la Giovanna guardando l'amica e poi aggiunse indicando le carte: «che dite se iniziamo?»

Continuarono a giocare fino quasi alle sette, bevendo ogni tanto dell'aranciata e finendo le patatine presenti nel piatto. Mangiando le ultime, la Pina disse alla figlia che la prossima volta doveva ricordarsi di prenderne un pacchetto più grande, perché quelle erano terminate subito. L'Alessandra non obiettò che allora tanto valeva comprarne due confezioni, visto che quella era la più grossa che c'era, si limitò ad annuire in silenzio.

Stava pensando alla statua della Madonna nella cappella e a quel miracolo che aveva restituito alla madre una vecchiaia serena dopo l’anno terribile in cui la malattia l’aveva consumata fino quasi al limite delle sue forze. La Vergine portava in grembo rose dai colori differenti, lasciate a ricordo perenne da penitenti che attraversavano la storia supplicando una grazia che spesso non arrivava, pura in un'eternità che non poteva passare e che mostrava come il limite della comprensione fosse solo umano,  perché niente era mai davvero perduto.

Sentì all'improvviso di avere fermato la sabbia del tempo, trattenendola dentro alle sue mani come quando da bambina giocava nel fiume e catturava i girini per poi lasciarli subito andare, certa di averli preservati per sempre.

Chiuse gli occhi per un istante e riaprendoli vide la madre che controllava con attenzione le carte preparandosi a vincere anche quell’ultima partita, le sorrise e lasciò che il tempo riprendesse a scorrere sul suo viso.