Non appena entrarono nello studio i due religiosi si accorsero con stupore che l'abate era in compagnia di un'altra persona, infatti anche il priore Domenico li stava aspettando, in piedi vicino alla poltrona dove sedeva Bernardo, pronto a dare manforte all'anziano monaco.
Era chiaro, dal viso teso dell'abate, che stava cercando di trattenere la sua collera, per questo fece loro cenno di sedersi senza proferire parola e solo dopo qualche minuto disse a Domenico: «illustra tu ai gentili ospiti le nostre rimostranze».
Il priore si schiarì la voce e iniziò un discorso che aveva già composto nella sua mente, non appena l'abate l'aveva informato del problema che era sorto.
«Abbiamo saputo che avete coinvolto il vescovo in faccende che riguardano unicamente l'abbazia e i suoi monaci. Riteniamo che non avevate il diritto di fare una cosa simile che inficia la fiducia che avevamo nei vostri confronti.»
«Si riferisce forse alla sparizione di fratello Guglielmo avvenuta più di un anno fa?» chiese Thomas.
«Appunto, Guglielmo se ne è andato di sua volontà e questo avrebbe dovuto chiudere ogni altro ragionamento al riguardo. Siamo stati pazienti..»
«A quanto mi ha detto l'abate è lei che ha trovato il biglietto di addio nella cella di Guglielmo» lo interruppe il gesuita.
«Non vedo questo cosa c'entri adesso» rispose il priore che, essendo stato interrotto, aveva perso il filo del discorso.
«Lo capirà più tardi. Cosa diceva il biglietto?»
Domenico guardò sorpreso prima padre Thomas e poi l'abate che gli fece segno con la mano di rispondere alla domanda.
«Erano poche righe in cui accennava ad un problema personale che l'obbligava ad allontanarsi, non ricordo perfettamente le parole, ma questo era il senso.»
«Cosa ne ha fatto dello scritto?»
«Lo feci vedere all'abate, poi decidemmo insieme di distruggerlo e di non parlare più di questa storia.»
«La calligrafia le sembrò quella di Guglielmo?»
«Era scritto in stampatello, ma perché me lo chiede?» domandò sospettoso il monaco.
«Perché il vescovo è riuscito a sapere, contattando la sede benedettina di Parma che fratello Guglielmo visitò solo qualche giorno prima della sua scomparsa, che aveva pregato un suo vecchio confessore di dargli udienza non per un problema personale, ma per qualcosa che a suo dire riguardava la sorte del monastero.»
«Non sapevo del suo viaggio a Parma» disse il priore sinceramente stupito.
«Purtroppo non abbiamo indagato sul fatto né per curiosità e nemmeno per interessarci di affari che non ci competono, come ci avete appena accusato, ma in quanto durante questa piccola inchiesta sollecitata proprio dal vostro abate mi sono reso conto di un'oscura minaccia che incombe sul monastero, ne avrei parlato tra qualche giorno o comunque solo quando fossi arrivato ad una conclusione certa.»
«Di cosa si tratta?» domandò l'abate Bernardo che ascoltando le parole del gesuita aveva lasciato da parte ogni sentimento ostile nei suoi confronti.
«Il problema risiede in uno degli ospiti, quello che voi conoscete come Tobia.»
«Cosa potrà mai avere fatto quel povero vecchio a parte cantare lodi alla Madonna?» chiese allora Domenico che si era aspettato chissà quale rivelazione dal gesuita ed invece scopriva che per giustificare la sua condotta inappropriata era disposto ad accusare un anziano pellegrino.
«È posseduto da quasi vent'anni» disse Thomas con voce ferma.
Bernardo, sentendo quelle parole. si portò una mano alla bocca per non fare uscire alcun grido e anche Domenico rimase esterrefatto, ma sapendo che il gesuita era un esorcista si rimproverò silenziosamente di averlo appena schernito.
«Ma come è possibile?» disse alla fine l'abate con un filo di voce. «Sono già parecchie volte che soggiorna da noi e non ha mai dato alcun segno di possessione.
«Il demonio è molto astuto e quando si vuole celare in un corpo è quasi impossibile notarlo, io me ne sono reso conto mentre gli parlavo solo perché non ha resistito alla tentazione di farsi vedere.»
«Ne è davvero certo?» domandò il priore.
«Dalle poche informazioni che mi ha fornito sulla sua vita passata siamo riusciti a ricostruire la sua storia. Tobia si chiamava Antonio ed era un frate francescano che, dopo avere passato la maggior parte della sua vita in convento, divenne preda del maligno. Nessun esorcismo riuscì a liberarlo, tanto che cercò invano di togliersi la vita, anche se alla fine sopravvisse. Da allora, e ormai sono quasi vent'anni, viaggia senza sosta in giro per tutta Italia scegliendo come meta dei suoi soggiorni luoghi religiosi dove sia avvenuta qualche disgrazia. I monaci mi hanno detto che è venuto qui per la prima volta lo scorso maggio, subito dopo la sparizione di Guglielmo, per questo motivo ci è parso giusto indagare in quella direzione.»
«È riuscito a farsi dire dall'anziana che vive in paese il sogno che ha fatto poco prima di essere miracolata?» chiese all'improvviso l'abate.
«Oggi è in ospedale per quei controlli medici che Gualtieri le ha programmato, ho appuntamento con lei per domattina nella sua casa» gli rispose Thomas.
«Solo ora capisco qual era il messaggio del sogno, il mio animo è inquieto da allora e a ragione perché non ho saputo vedere quanto di terribile stava accadendo sotto ai miei occhi.»
«Posso sapere di cosa si tratta padre abate?» chiese Domenico.
«Non mi è dato parlarne in quanto ho ricevuto la confidenza in confessione, ma sappi che abbiamo aperto le porte del male e ora dovremo richiuderle al più presto» disse Bernardo asciugandosi con una mano le lacrime che gli solcavano il volto.
«Forse preferirebbe parlarmi in privato?» gli chiese il gesuita che era pronto ad accogliere la sua confessione.
«Non ora, sento il bisogno di meditare da solo e spero che Nostro Signore mi sappia indicare la strada da seguire per salvare il monastero dall'infamia in cui rischia di cadere. Adesso andiamo a pranzo, gli altri confratelli ci staranno già aspettando e non voglio che si preoccupino inutilmente. Noi, padre Thomas, ci rivedremo privatamente domani pomeriggio, dopo che lei avrà fatto visita all'anziana che vive in paese e allora ci confronteremo su cosa fare.»
Una volta pronunciate queste parole Bernardo si alzò dalla poltrona aiutato dal priore e si avviò fuori dallo studio seguito dai suoi ospiti, dirigendosi a passo veloce verso il refettorio dove Isaia, in piedi vicino al leggio, stava già aspettando di cominciare a leggere alcuni passi della Bibbia, una volta che i suoi confratelli avessero iniziato a mangiare.
«È parte della sua punizione» disse Bernardo. «Per tutta la settimana fratello Isaia resterà a digiuno accompagnando i nostri pasti con la sua voce, forse in questo modo riuscirà a capire la virtù della moderazione.
«Per quel poco che lo conosco, ritengo che trarrà giovamento da questa prova» disse il gesuita che subito dopo andò a sedersi con il suo assistente vicino ai novizi che ancora non erano entrati a fare parte della comunità monastica in maniera definitiva, dovendo prima passare un periodo di tempo tra i monaci che servisse a verificare la loro fede, mettendola a stretto contatto con la quotidianità del monastero.
Il pranzo era costituito da un minestrone arricchito con del riso e da una generosa fetta di frittata di patate. Il cibo non era cucinato male, forse leggermente salato, perché sia Thomas che gli altri commensali approfittarono più volte delle caraffe presenti sul tavolo, versandosi parecchi bicchieri d'acqua. Fratello Isaia, in piedi e a digiuno, osservava di tanto in tanto la mensa con gli occhi che gli si sgranavano sempre di più e allora la sua lettura diveniva stentata, come quella di un bambino che stesse ancora imparando a scandire le parole, ma i confratelli facevano finta di non accorgersene perché padre abate era stato chiarissimo al proposito e nessuno doveva guardare verso di lui.
Terminato il pranzo, Thomas si intrattenne brevemente con gli altri monaci che, sotto lo sguardo vigile sia dell'abate che del priore, non ebbero il coraggio di chiedere al gesuita l'unica cosa che interessava loro, ovvero notizie più approfondite di Tobia, ora che Leopoldo aveva fatto girare la voce che fosse indemoniato e pericoloso.
Sulla via del ritorno, mentre dal chiostro si stavano dirigendo verso l'orto, Andreas commentò in questo modo quell'ultima ora:
«Può essere solo la mia impressione, ma mi sono parsi tutti abbastanza preoccupati, comunque quello che aveva l'umore peggiore era l'abate che non ha quasi mangiato e ogni tanto ci guardava torvo».
«Credo che conosca da tempo il mistero che aleggia su questo monastero, ma non ha mai voluto porvi rimedio, forse per paura o per proteggere qualcuno dei suoi monaci. Mi domando, se non fossimo arrivati noi, cosa avrebbe fatto. Probabilmente avrebbe continuato a guardare dall'altra parte» concluse Thomas pensieroso.
«Ma cosa avrebbe potuto sapere fratello Guglielmo di tanto compromettente da mettere addirittura in pericolo l'abbazia?»
«Deve avere scoperto un qualche segreto, magari ascoltando non visto i discorsi di alcuni confratelli, e sono quasi certo che l'abbia riferito all'abate che però non ha voluto agire, per questo fratello Guglielmo si è rivolto al suo confessore di Parma.»
«Però non capisco cosa c'entri il sogno a cui ha accennato l'abate.»
«Fino a quando non ne verrò a conoscenza non potrò risponderti correttamente, eppure sono sempre più certo che un filo comune avvolge il mistero della sparizione di Guglielmo, il miracolo del pianto e il sogno che ha fatto l'anziana.»
«Domani comunque tutto si risolverà» disse Andreas accennando alle parole dell'abate che aveva rimandato al giorno dopo il confronto con il gesuita.
«Speriamo solo che non sia stato solo un modo di guadagnare tempo» gli rispose il gesuita dubbioso.
Erano arrivati davanti alla foresteria e sentirono subito il canto di Tobia in lode alla Madonna che dalla finestra aperta della sua stanza si innalzava al cielo.
«Da quando conosco la sua storia mi fa impressione ascoltarlo, il suo sembra il canto di un prigioniero in catene.»
«È esattamente quello che è, non avresti potuto trovare un'immagine più appropriata per descrivere la sua condizione» disse il gesuita stupito da quell'intuizione del suo giovane assistente. «È un'invocazione d'aiuto che il demonio nella sua stupidità non può capire. Crede che lasciarlo cantare, godendo ogni volta della sua sofferenza, sia la sua vittoria più grande e invece non capisce che ogni volta che canta il francescano si avvicina alla salvezza, perché alla fine Dio risponderà alle sue suppliche, su questo non ho alcun dubbio.»
«Quando succederà?»
«Questo non ci è dato saperlo, come non sappiamo per quale motivo si sia perduto, ma la sua anima non sarà dannata per sempre» rispose padre Thomas facendosi il segno della croce imitato subito dopo dal giovane.
Il resto del pomeriggio trascorse in modo tranquillo, con i due religiosi che ne approfittarono per riposarsi e per dedicarsi alla preghiera. Verso le cinque, mentre stavano decidendo se andare a fare una passeggiata in paese, qualcuno bussò alla porta della camera e quando Thomas andò ad aprire si trovò davanti Tobia che quel giorno stava normalmente dritto in piedi, come lo aveva descritto Giorgio Anselmi.
«Immagino che non mi farà entrare» esordì l'anziano.
«Ha indovinato, comunque la trovo meglio dell'altra volta» disse l'altro accennando alla sua schiena che non era più ritorta.
Il vecchio si mise a ridere e rispose: «deve essere l'aria di queste parti, fa miracoli».
«Cosa vuole?»
«Non sia scortese perché non ce n'è bisogno, siamo persone civili» disse Tobia aprendo la bocca a dismisura e mostrando la lingua in segno di scherno, mentre la voce gli rimaneva normalissima. «Sono venuto a salutarla, me ne vado, purtroppo questo posto non è più salutare per me.»
«Ne sono felice» gli rispose il gesuita facendo il gesto di chiudere la porta.
«Ma come?» lo trattenne l'anziano. «È tutto qui, il famoso padre Thomas non prova a fare nemmeno un piccolo esorcismo, si arrende subito senza nemmeno tentare di liberare il povero Antonio che scalpita qui dentro? È diventato davvero così pavido?» aggiunse il vecchio per provocarlo, ma il gesuita non si lasciò tentare e gli rispose:
«Non sarò io a farlo, Dio in persona metterà fine a questo scempio» poi richiuse la porta e presa la Bibbia si mise a pregare a voce alta imitato subito da Andreas, mentre fuori Tobia aveva iniziato a bestemmiare terribilmente, non potendo fare altro perché le preghiere dei due religiosi costituivano una barriera insormontabile contro qualunque maleficio, per questo alla fine raccolse la valigia che aveva lasciato nel corridoio e si allontanò, portandosi dietro il suo fardello di menzogne e false promesse, insoddisfatto di come erano andate le cose.
«Penso che se ne sia andato» disse il giovane poco più tardi accostandosi alla porta senza aprirla e, accortosi delle condizioni di Thomas che tremava per lo sforzo che aveva sopportato, lo fece stendere sul letto.
«Oggi si è ricordato di prendere la sua pillola per il cuore?» gli domandò il giovane che sapeva che il suo superiore soffriva d'ipertensione ormai da anni e avrebbe dovuto evitare di stancarsi come invece aveva fatto in quei giorni.
«Come sempre, comunque grazie di avermelo chiesto, Andreas. È solo l'età, tu sei giovane e forte, per fortuna non puoi ancora capire cosa si prova a perdere le forze.»
«Tra qualche giorno saremo di nuovo a Roma e allora tutto tornerà come prima» disse il giovane per rincuorarlo.
«Hai ragione, questo viaggio mi ha stremato. Non vedo l'ora di rientrare in facoltà, per fare di nuovo lezione e seguire i miei studenti.»
«Le manca molto?»
«Molto di più di quanto avessi pensato, ormai in massima parte la mia vita è quella. Tu hai deciso cosa vuoi fare il prossimo anno?»
«Mi piacerebbe continuare a farle da assistente.»
«Allora va bene, almeno per ora» disse Thomas sorridendo, poi chiese ad Andreas di mettergli un altro panno perché aveva ancora freddo e chiuse gli occhi per cercare di riprendersi, riandando con la mente ai ricordi felici dell'infanzia, visitando con la memoria la casa che aveva condiviso con la madre e i fratelli, sentendo di nuovo le voci e gli odori di quando era piccolo.
Lo faceva unicamente quando aveva bisogno di staccare da tutto quello che lo circondava, pescando nello scrigno prezioso dell'amore familiare che non lo aveva mai abbandonato. Ascoltò di nuovo la madre che lo consolava dicendogli che tutto sarebbe andato bene e cadde in un sonno tranquillo, vegliato dal suo assistente che ogni tanto controllava che respirasse regolarmente.
Quasi alle sette di sera qualcuno bussò di nuovo alla porta e Thomas si svegliò immediatamente, in tempo per fare cenno ad Andreas di non rispondere. Solo quando sentirono dall'altra parte della porta la voce di fratello Gerolamo che chiedeva se fossero in stanza il giovane andò ad aprire e si trovò davanti il monaco che portava a fatica due corpose tazze da tisana, chiuse da una specie di coperchio fornito di un buco da cui usciva un cucchiaino in ceramica.
«Fratello Bartolomeo si è raccomandato che le beviate calde, questa è per lei padre Thomas, mentre l'altra per il suo assistente» disse il monaco poggiandole sullo scrittoio dove il giovane aveva velocemente messo due tovaglioli per non sporcare il legno, a debita distanza una dall'altra affinché i due religiosi non si sbagliassero nel prenderle. «Passerò più tardi a riprendere le tazze, se per voi non è di disturbo.»
«Niente affatto, puoi venire quando credi, comunque più tardi ceniamo qui sotto e lasceremo le tazze in cucina dove potrai agevolmente ritirarle» disse il gesuita che si era appena levato in piedi e dall'aspetto sembrava rinfrancato dal sonno. «Ringrazia Bartolomeo da parte nostra, le berremo subito, tu adesso puoi tornare dai tuoi confratelli» aggiunse congedando il monaco che dalla postura sembrava intenzionato a rimanere con loro per controllare che le bevessero davvero e uscì di malavoglia dalla camera.
«È un tipo strano, non si capisce mai di che umore sia» disse Andreas prendendo la sua tazza e cominciando a mescolare l'intruglio con il cucchiaino.
«Sembra molto protettivo nei confronti del monastero e teme i cambiamenti, il che non è sempre una buona cosa» rispose l'altro avvicinandosi allo scrittoio.
«Non so se le conviene berla» esclamò il ragazzo riferendosi alla tisana. «La mia è terribile, forse aggiungendo un po' di zucchero o del miele il gusto migliorerebbe, ma così com'è credo che la getterò.»
«Fortuna che il monaco se ne è andato o ti avrebbe costretto a berla lo stesso» disse Thomas scherzando, mentre l'altro andava velocemente in bagno a svuotare il contenitore nel lavandino. «La mia voglio provarla comunque e mi raccomando, diremo ai monaci che erano squisite, non bisogna deludere nessuno per così poco» aggiunse il religioso, ma mentre stava per iniziare a berla gli squillò il telefonino che aveva lasciato acceso. Era Gualtieri, il medico del paese con cui avevano appuntamento il giorno dopo, per questo si affrettò a rispondergli.
«Meno male che l'ho trovata» disse il medico con voce preoccupata.
«È successo qualcosa di grave?» domandò allora Thomas sedendosi ai piedi del letto.
«Non ne sono sicuro, ma mi ha appena chiamato la figlia dell'anziana che ha ricevuto il miracolo e devo ammettere che mi sono preso paura.»
«Per quale motivo? Non avrà disdetto per domani?» chiese il gesuita.
«No, non è quello il problema, è che purtroppo in paese stanno succedendo delle cose che non mi piacciono per niente. Gliene avrei parlato domani di persona, in ogni caso oggi pomeriggio qualcuno ha provato ad entrare a casa delle due donne suonando e bussando in modo molto insistente, tanto che la figlia ha minacciato di chiamare le forze dell'ordine. Sarà stato qualche curioso, però tutto quel trambusto non fa bene all'anziana»
«Non si sa di preciso chi è stato?»
«No, perché l'Alessandra non ha aperto. Non è una donna da spaventarsi per niente e se è rimasta così sconvolta qualcosa di strano c'è stato, per questo le ho detto di chiamarmi a qualsiasi ora, se fosse successo di nuovo e quando prima mi è squillato il telefono ho temuto il peggio.»
«Hanno forse provato di nuovo ad entrare?» domandò Thomas preoccupato.
«È stato il mio primo timore, ma l'Alessandra mi ha detto di avermi telefonato per un altro motivo. La madre si era appena svegliata da un pisolino fatto sul divano e all'improvviso ha cominciato ad insistere che aveva urgenza di parlare con lei, padre Thomas. Diceva che non poteva aspettare fino a domattina, per questo la figlia mi ha telefonato, chiedendomi di mettermi in contatto con lei il prima possibile. L'anziana aspetta di ricevere una sua chiamata perché vuole parlarle subito, su questo è stata categorica. Io non so davvero cosa pensare.»
«Mi dia il numero» disse il gesuita facendosi passare da Andreas un foglio di carta e una penna. Una volta che l'ebbe scritto aggiunse: «Le telefono immediatamente, poi se non la disturbo la richiamerò per comunicarle se l'appuntamento di domattina è da considerarsi annullato, oppure se andiamo comunque.»
«Mi farebbe un grande favore, allora aspetto che mi dica qualcosa» rispose il medico riagganciando subito dopo.
«Cosa potrà volere l'anziana di così urgente?» domandò Andreas che aveva ascoltato la conversazione.
«Non lo so, ma credo che lo scoprirò tra poco» gli rispose Thomas cominciando a comporre il numero.
«La tisana sta diventando fredda, allora non la beve?»
«Purtroppo no, puoi pure gettarla» gli rispose premendo il tasto d'invio.
«Non le dispiace se la provo?» domandò ancora il giovane mentre prendeva in mano la tazza.
«Fai pure come preferisci, ma adesso lasciami telefonare.»
La voce che rispose al secondo squillo non gli sembrò quella di una persona matura, per cui s'immaginò che si trattasse della figlia.
«Sono padre Thomas» disse il gesuita presentandosi.
«Meno male che ha chiamato, mia madre è sempre più agitata, gliela passo immediatamente» ribatté la donna all'altro capo e subito dopo si sentì in distanza la voce di un'anziana che diceva:
«Lasciami pure il cellulare che non sono rimbambita, non te lo faccio mica cadere» e dopo una pausa aggiunse: «Pronto» quasi urlando, tanto che il gesuita dovette allontanare il cellulare dall'orecchio per non essere assordato.
«Signora la sento, parli pure normalmente» le disse.
«Mi scusi, sono un po' sorda e a volte non mi accorgo di parlare forte» si giustificò la Pina. «Lei è davvero il gesuita?» chiese poi con voce sospettosa perché non si voleva fare imbrogliare e sapeva che doveva parlare proprio con lui.
«Ma certo signora, sono padre Thomas.»
«Allora va bene» disse la Pina. «Le avrei parlato domani, ma prima, mentre dormivo, ho fatto un sogno che non mi so spiegare e appena mi sono svegliata ho sentito il bisogno di contattarla subito. Lo so che può sembrare strano e che adesso mi prenderà per pazza, ma è successo proprio così, anche se non mi riesce di dirle a parole quello che ho provato.»
«Che sogno ha fatto signora?» chiese il religioso che, pur senza volerlo dare a vedere, cominciava a dubitare dell'anziana che sembrava facilmente suggestionabile.
Dopo un attimo di silenzio la Pina gli rispose con la voce incerta: «ho sognato che ero immersa nel buio più completo, quando ho sentito una voce dall'alto che mi urlava di affrettarmi e allora mi sono svegliata all'improvviso, con l'assoluta certezza che dovevo sentirla il prima possibile, anche se nel sogno nessuno faceva il suo nome.»
Thomas rimase un lungo istante in silenzio, dopo avere ascoltato quelle parole, in quanto era in massima parte lo stesso sogno che aveva fatto lui poco prima di partire da Roma e sapeva per certo che quella non poteva essere una coincidenza. L'anziana doveva essere divenuta senza saperlo il tramite di qualcosa di molto più grande di loro, una voce che veniva dall'alto e si faceva strada attraverso il buio per portare un messaggio che doveva ancora essere pienamente recepito.
«È sempre in linea?» chiese la Pina che temeva di avere fatto la figura della scema, ma da quando l'aveva sentito non era più così angosciata come al risveglio.
«Si, sono ancora qui» disse Thomas con la voce profondamente cambiata, resa più dolce dalla consapevolezza che il divino era di nuovo entrato in contatto con il piano umano. «La ringrazio di avermi telefonato, mi ha portato un messaggio prezioso che mi rende più leggero questo viaggio.»
«Lo sapevo che era qualcosa d'importante» disse lei sollevata. «Che dice se ci togliamo il pensiero e intanto che siamo al telefono le parlo anche del sogno che ho fatto domenica notte? Sa, sono anziana e le cose è meglio che le dica intanto che me le ricordo.»
«Come preferisce» rispose l'altro e per i successivi minuti ascoltò attentamente le parole dell'anziana.
«Questo è tutto» terminò lei poco più tardi con un lungo sospiro. «Se ci capisce qualcosa è bravo, io comunque il mio dovere l'ho fatto e vi ho avvertiti.»
«È stata veramente brava» la lodò il gesuita che ascoltando quel sogno si era fatto più volte il segno della croce, in quanto aveva finalmente intuito la soluzione del mistero che gravava sul monastero, come doveva avere fatto anche l'abate quando gli era stato riferito giorni prima.
«Se ha tempo domani mi venga a trovare lo stesso, adesso le passo mia figlia che le vuole parlare» concluse la Pina, allora l'Alessandra riprese in mano il suo cellulare, accese la televisione per la madre e si spostò di qualche metro, poi parlando piano per non farsi sentire disse:
«Non so se Gualtieri le ha parlato di oggi pomeriggio...» iniziò.
«Mi ha avvertito del fatto che qualcuno vi ha importunate cercando di entrare nella vostra casa» le rispose il religioso.
«Mia madre si è spaventata tremendamente e anch'io ho temuto che la porta crollasse sotto i colpi di quel pazzo. Per fortuna sono riuscita a tranquillizzarla dicendole che si doveva trattare di un ubriaco che aveva sbagliato casa, però quando sono uscita a controllare ho notato qualcosa di strano.»
«Di cosa si tratta?»
«La porta appare corrosa in più punti e ci sono dei graffi profondi nel legno che non so spiegare e che prima non c'erano..» disse la donna a disagio.
«Capisco e credo sia meglio che io li veda con i miei occhi. Gualtieri mi ha spiegato dove abitate, rimaniamo d'accordo per domattina alle undici come avevamo già stabilito, adesso avverto il dottore che verremo lo stesso» disse il gesuita e dopo averla salutata richiamò subito il medico per confermare l'appuntamento dell'indomani.
Solo dopo che ebbe terminato anche quella telefonata il suo assistente, che fino ad allora si era tenuto in disparte, gli disse: «il racconto del sogno è servito a qualcosa?»
«È la chiave del mistero più grande, quello che pesa sul monastero e che ha attirato come una calamita il vecchio Tobia» rispose Thomas pensieroso, perché non sapeva ancora come fosse più prudente agire.
«Pensa di potermelo rivelare?» chiese Andreas.
«Certamente, ne parleremo più tardi, ma adesso è meglio se andiamo in cucina a prepararci qualcosa da mangiare, sta venendo tardi.»
«Va bene. Cosa dice di un piatto di pasta? Ho comprato sia gli spaghetti che il ragù al tonno.»
«Può andare, però non mi hai ancora detto com'era la mia tisana.»
«Ne ho bevuto solo la metà, il resto l'ho gettato, ma era più buona della mia, la sua l'avevano zuccherata.»
«Ricordati di portare giù le tazze, le laviamo e le lasciamo in bella vista per fratello Gerolamo, sospetto che sia geloso perfino delle suppellettili del monastero.»
«Ha proprio ragione» disse il giovane ridendo di gusto e scesero da basso per cenare proprio mentre gli Anselmi stavano tornando in camera, per questo scambiarono con loro un veloce saluto.
«Da domani arriveranno nuovi ospiti» disse Andreas.
«Ne sei sicuro?»
«Ho sentito che ne parlavano i monaci quando siamo andati a pranzo da loro e prima, mentre lei dormiva, credo che abbiano preparato le stanze.»
«Noi ci fermeremo solo un altro paio di giorni» disse Thomas entrando in cucina.
«Ne sono felice» rispose il giovane che toccandosi la fronte si accorse con stupore che stava cominciando a sudare, nonostante la temperatura quella sera fosse appena gradevole.
«Aspetta a gioirne» disse allora il suo superiore «perché non so come ne usciremo, ma adesso cerchiamo di mangiare qualcosa.»
Mentre i due religiosi si stavano preparando a cenare, anche nel paese sottostante di Rocca l'Alessandra aveva appena messo in tavola l'arrostino ripieno che aveva cucinato quella mattina e la madre non si era fatta pregare, prendendone due belle fette ricoperte da un contorno di patatine fritte, come non ne mangiava da almeno sei mesi.
«Sei sicura che lo stomaco non ti darà fastidio?» le chiese la figlia versandole da bere.
«Le vedi anche tu che in questi giorni non ho più vomitato» rispose la Pina che nell'ultimo anno si era ridotta a mangiare solo minestrine e purè a causa dello stomaco che la faceva penare.
«Su questo hai davvero ragione, allora buon appetito. La vedi bene la tv?»
«Spostala un po' verso di me, che anche se non c'è mai niente di buono lo sai che non mi piace guardarla storta» disse l'anziana e poi cominciò a mangiare con gusto tutto quello che aveva nel piatto.
Verso la fine della cena l'Alessandra le fece scaldare nel fornetto una mela cotta che aveva appena caramellato come piaceva alla Pina e mettendogliela nel piatto le disse:
«Mangia anche questa che ti fa bene per l'intestino.»
«L'hai cotta a dovere?»
«Giudica tu se non ti fidi» le disse la figlia e allora l'anziana cominciò a scavarla con il cucchiaio, fino a quando non l'ebbe finita, poi all'improvviso disse:
«Credi che metteranno tutto a tacere?»
L'altra rimase un attimo interdetta, non capendo di cosa stesse parlando la madre, e poi le rispose:
«A cosa ti riferisci mamma?»
«Niente, è solo un pensiero che mi è venuto in testa chissà come, non farci caso» si schernì la Pina.
«Sei sicura di stare bene?» le domandò la figlia preoccupata.
«Non sono mai stata meglio» disse sorridendole con la bocca mezza sdentata.
«Quando te la senti ti porterò dal dentista, abbiamo aspettato anche troppo e quei denti vanno curati.»
«Ci vogliono un sacco di soldi e tu vorresti spenderli per una vecchia che ormai ha poco da vivere?»
«Non dire stupidaggini, che sei la mia roccia» le rispose l'altra abbracciandola da dietro e rimasero così per un paio di minuti, ognuna assorta nei suoi pensieri, con la luce della sera che ancora filtrava dalle finestre in un ultimo sforzo, prima che il buio della notte arrivasse a scacciarla.