L'attacco

Le astronavi sciamarono dallo spazio in perfetto coordinamento. Un gruppo si concentrò sull'osservatorio e, in risposta, le navi di Cerere si diressero inevitabilmente in quel punto.

Non era un attacco in piena regola: una nave dopo l'altra si tuffavano verso la superficie scagliando raggi d'energia contro lo scudo ovviamente inespugnabile che copriva l'osservatorio, ma nessuna correva il rischio di bombardare gli impianti sotterranei che fornivano l'energia, e di cui probabilmente conoscevano la posizione. Le navi del governo decollarono e le batterie di terra aprirono il fuoco. Alla fine due navi pirata vennero distrutte: gli scudi cedettero e le unità furono disintegrate. Un'altra, le cui riserve di energia si erano paurosamente assottigliate, fu quasi catturata dagli inseguitori ma all'ultimo momento esplose, forse per mano dell'equipaggio.

Durante l'attacco all'osservatorio alcuni difensori pensarono che fosse una diversione, e in seguito scoprirono che era proprio così. Mentre quel lato di Cerere era sotto bombardamento, tre astronavi atterravano a centocinquanta chilometri di distanza. I pirati sbarcarono e con armi manuali e cannoni portatili attaccarono i portelli stagni degli alloggi.

I portelli saltarono e i pirati in tuta spaziale si avventarono nei corridoi da cui l'aria veniva risucchiata a velocità spaventosa. Ai livelli superiori c'erano fabbriche e uffici i cui dipendenti erano fuggiti al primo allarme; al loro posto si erano insediati gli uomini della milizia con le tute pressurizzate. I difensori di Cerere combatterono eroicamente, ma non potevano reggere il paragone con i professionisti della flotta pirata e furono sopraffatti.

Ai livelli inferiori, nei confortevoli appartamenti di Cerere, arrivarono soltanto i rumori della battaglia; gli occupanti mandarono richieste d'aiuto, ma all'improvviso - veloci com'erano venuti - i pirati si ritirarono.

Quando se ne furono andati gli uomini della base contarono le perdite: quindici cereani erano morti e molti altri erano stati feriti. Solo cinque pirati erano rimasti a terra e i danni erano ingentissimi.

Finalmente Lucky arrivò e Conway lo accolse furiosamente: «Quell'uomo è scomparso! Eppure avevamo tenuto il suo nome fuori dalla lista dei residenti e dai comunicati stampa».

Ora che l'attacco era finito, Lucky trovò dappertutto i segni di un'attività quasi frenetica. Era la prima volta da oltre vent'anni che un'importante base terrestre veniva attaccata da forze ostili. Lucky stesso si era dovuto sottoporre a tre identificazioni prima di ricevere il permesso di atterrare.

Ora sedeva nella sala del Consiglio con Conway ed Henree e disse amaramente: «Così Hansen se n'è andato! Ecco a che cosa è servito il parapiglia».

«Dirò questo, a favore del vecchio eremita» commentò Henree. «Ha avuto fegato. Quando i pirati sono penetrati negli alloggi ha insistito per indossare una tuta, prendere un disintegratore e unirsi alla milizia.»

«Non eravamo a corto di uomini» osservò Lucky. «Se fosse rimasto, ci avrebbe reso un servizio più importante. Come mai non lo avete fermato? Date le circostanze, vi sembrava il caso di fargli fare una pazzia simile?» La voce di Lucky Starr, solitamente pacata, fremeva di rabbia repressa.

Conway disse pazientemente: «Non eravamo con lui. L'uomo che lo sorvegliava ha dovuto unirsi alla milizia e, quando Hansen ha insistito per seguirlo, ha pensato di poter assolvere contemporaneamente due compiti: combattere i pirati e tenere d'occhio l'eremita».

«Ma in uno dei due non è riuscito.»

«Date le circostanze non possiamo biasimarlo. L'ultima volta che il nostro uomo l'ha visto, Hansen stava lanciandosi contro un nemico. Poi è scomparso e i pirati hanno cominciato a ritirarsi. Morto o vivo, adesso è in mano loro.»

«Lo credo anch'io» osservò Lucky. «E permettete che vi dica che è stato un terribile errore. Secondo me, l'attacco contro Cerere serviva soltanto a catturare Hansen.»

Henree prese la pipa. «Sai, Hector,» disse a Conway «sono tentato di dichiararmi d'accordo con lui. Il bombardamento dell'osservatorio, tanto per dirne una, è stato condotto con criteri assurdi e non è servito che ad attirare le nostre difese in quella zona. Prendere Hansen è l'unica cosa che sono riusciti a fare.»

Conway sbuffò. «Il rischio che ci raccontasse qualcosa non valeva la pena di un attacco con trenta navi.»

«È questo il punto» intervenne Lucky con veemenza. «Dobbiamo trarne una lezione. Vi ho detto che l'asteroide su cui sono sbarcato contiene un grosso centro di produzione... Bene, immaginiamo che stiano per sferrare il grande attacco. Immaginiamo che il vecchio conoscesse la data dell'attacco e l'esatta strategia che sarebbe applicata...»

«In tal caso perché non ce le ha dette?» chiese Conway.

«Forse» suggerì Henree «aspettava di usarle come merce di scambio per guadagnarsi l'immunità. Non abbiamo mai avuto l'opportunità di discutere la questione con lui. Devi ammettere, Hector, che se possedeva informazioni del genere qualsiasi numero di navi sarebbe valso il rischio; e devi ammettere che Lucky ha ragione sul fatto che sono pronti al gran colpo.»

Il giovane guardò prima uno e poi l'altro, con occhi taglienti. «Perché dici questo, zio Gus? Che altro è successo?»

«Diglielo, Hector» suggerì Henree.

«A che pro? Sono stanco della crociata che Lucky sta combattendo da solo... a questo punto vorrà andare su Ganimede.»

«Che cosa c'è su Ganimede?» chiese freddamente Lucky Starr. A quanto ne sapeva, era un posto sperduto con poco o niente che potesse interessare chicchessia. Era la più grande luna di Giove, ma la vicinanza con il pianeta gigante rendeva difficili le manovre con le astronavi e il traffico era scarso.

«Diglielo» insisté Henree.

«Stai a sentire» cominciò Conway. «Sapevamo che Hansen era importante; la ragione per cui non l'abbiamo messo sotto stretta sorveglianza e per cui Gus e io non eravamo con lui è che due ore prima dell'attacco pirata abbiamo ricevuto una comunicazione del Consiglio in cui si dà per certo che forze di Sirio siano sbarcate su Ganimede.»

«Quali prove ci sono?»

«Abbiamo captato fasci compatti di segnali subeterici. È una lunga storia, ma il nocciolo è che, più per caso che altro, una parte dei codici è stata decifrata. Gli esperti dicono che è un codice siriano e che su Ganimede non c'è nessuna apparecchiatura terrestre capace di trasmettere un fascio così compatto. Gus e io stavamo per prelevare Hansen e tornare sulla Terra quando i pirati hanno attaccato, questo è tutto. Torneremo lo stesso: con l'intervento di Sirio può scoppiare la guerra da un momento all'altro.»

Lucky disse: «Capisco. Bene, prima di tornare sulla Terra vorrei controllare una cosa. Abbiamo un filmato dell'attacco? Suppongo che le difese di Cerere non fossero così sguarnite da non aver provveduto a registrarne uno».

«Lo abbiamo, ma che cosa vuoi scoprire?»

«Ve lo dirò quando l'avrò visto.»

Uomini in uniforme della Marina e con i gradi più alti proiettarono le immagini di quello che sarebbe passato alla storia come "il raid di Cerere".

«L'osservatorio è stato attaccato da ventisette navi, giusto?» chiese Lucky.

«Giusto» rispose un comandante. «Non una di più.»

«Bene, vediamo se ci riesce di chiarire il resto della faccenda. Due navi sono state abbattute durante il combattimento e una nell'inseguimento. Le ventiquattro che restavano sono andate via: avete una o due inquadrature di ognuna durante la ritirata.»

Il comandante sorrise. «Se pensa che una o più di quelle navi siano atterrate su Cerere e si tengano nascoste, si sbaglia.»

«Per quanto riguarda quelle ventisette, forse è così. Ma c'erano altre tre navi: sono atterrate e hanno attaccato il Portello Massey. Dove sono le immagini?»

«Sfortunatamente non ne abbiamo molte» ammise il comandante, a disagio. «Siamo stati colti di sorpresa e le sole immagini di cui disponiamo si riferiscono alla partenza, quando si sono allontanate. Lei le ha viste.»

«Sì, ma c'erano soltanto due navi. I testimoni riferiscono che sono arrivate in tre.»

Il comandante si irrigidì. «E in tre si sono ritirate. Ci sono testimoni anche per questo.»

«Ma nelle immagini se ne vedono due.»

«Be', sì...»

«Grazie.»

Tornati in ufficio, Conway chiese: «Vuoi spiegarci che cosa intendevi dire, Lucky?».

«Ho pensato che la nave del capitano Anton potesse essere in un posto interessante, e il film dimostra che è così.»

«Che posto?»

«Il cosiddetto Nessun Luogo... Hmmm, molto istruttivo. La sua è l'unica nave della flotta pirata che potrei riconoscere, eppure non si vede nelle immagini dell'attacco. Strano, perché Anton deve aver partecipato... è uno dei loro uomini migliori, o non l'avrebbero mandato all'inseguimento dell'Atlas. Ma noi sappiamo con certezza che trenta astronavi hanno attaccato Cerere, benché i filmati ne mostrino ventinove. La trentesima, quella mancante, era la nave di Anton!»

«Possibile» ammise Conway. «E allora?»

Lucky rispose: «L'attacco all'osservatorio è stato un trucco, ormai lo ammettono anche i difensori. La missione importante la svolgevano le tre navi che sono scese davanti al portello stagno, e quelle le comandava Anton! Due di esse si sono unite al resto dello squadrone in ritirata, una finzione nella finzione; la terza, cioè la vera e propria nave di Anton, ha continuato a fare il suo lavoro e noi non l'abbiamo vista. Ha lasciato Cerere su una rotta completamente diversa: i testimoni l'hanno vista decollare ma poi ha virato così bruscamente che le nostre navi, preoccupate di dare la caccia al grosso della squadra, non l'hanno nemmeno filmata».

Conway osservò, a disagio: «E adesso stai per dire che si è diretta a Ganimede».

«Non vi sembra la logica conseguenza? I pirati, per quanto ben organizzati, non possono attaccare la Terra e i suoi possedimenti con le loro forze ma sono in grado di attirare buona parte delle nostre navi nella fascia degli asteroidi per un'azione diversiva, mentre la flotta di Sirio attacca il grosso. I siriani, dal canto loro, non possono reggere una guerra a otto anni luce dal proprio mondo a meno di non avere un valido alleato nel sistema. Otto anni luce corrispondono a settanta trilioni di chilometri, mica uno scherzo... La nave di Anton sta correndo verso Ganimede per assicurare gli alleati che l'appoggio esiste e che si possono cominciare i combattimenti. Senza dichiarazione di guerra, questo è ovvio.»

Conway borbottò: «Se solo avessimo scoperto in tempo la base di Ganimede...».

«Anche se l'avessimo fatto» intervenne Henree «non ci saremmo resi conto della gravità della situazione. A renderlo possibile sono stati i viaggi di Lucky negli asteroidi.»

«Lo so. Le mie scuse, Lucky. Ora abbiamo poco tempo per agire: dobbiamo colpirli al cuore immediatamente, mandare uno squadrone sull'asteroide-chiave che Lucky ci ha indicato...»

«No,» disse Lucky «non è un buon piano.»

«Perché?»

«Noi non vogliamo avventurarci in una guerra, anche se vittoriosa: quelli non aspettano altro. Zio Hector, il pirata Dingo avrebbe potuto incenerirmi sull'asteroide e invece aveva l'ordine di catapultarmi nello spazio. Per un po' ho pensato che fosse per far sembrare la mia morte un incidente; adesso, invece, credo che si trattasse di una provocazione nei confronti del Consiglio. Si sarebbero vantati di aver ucciso un consigliere, non avrebbero tentato di nasconderlo... e tutto per attirarci in uno scontro prematuro. Una delle ragioni del raid di Cerere è senz'altro aumentare la nostra rabbia.»

«Ma se la guerra cominciasse con una nostra vittoria?»

«Da questa parte del sole? Per lasciare la Terra, dalla parte opposta, priva delle unità più importanti della flotta? Anche Ganimede si trova dall'altro lato del sole: i nostri sarebbero in balia delle navi siriane e al massimo otterremmo una vittoria di Pirro. No, la cosa migliore è evitare la guerra, non cominciarne una.»

«E in che modo?»

«Non succederà niente finché la nave di Anton non raggiungerà Ganimede. Supponiamo di intercettarlo prima...»

«È un rischio» disse Conway, dubbioso.

«Non se ci vado io. La Shooting Starr è la nave più veloce della flotta e ha i migliori ergometri.»

«Vuoi andarci tu?» gridò Conway.

«Non sarebbe prudente mandare le unità della flotta. I siriani di Ganimede non possono essere sicuri che non li attaccheremo: avranno preso delle contromisure e questo potrebbe significare guerra, la guerra che stiamo cercando di evitare. La Shooting Starr, invece, non li allarmerà, e poi è una nave sola. Staranno buoni.»

Henree osservò: «Ma, Lucky: Anton ha dodici ore di vantaggio, nemmeno la Shooting Starr può raggiungerlo».

«Ti sbagli, posso farcela. E una volta che li avrò presi, zio Gus, credo di poter costringere gli asteroidi alla resa. Senza di loro Sirio non attaccherà e non ci sarà la guerra.»

I due vecchi lo guardarono sbalorditi.

Lucky aggiunse: «Sono già tornato indietro due volte».

«Quasi per miracolo» brontolò Conway.

«Le altre volte non sapevo con che cosa avevo a che fare, dovevo procedere a tentoni. Adesso so tutto. Statemi a sentire, preparo la nave e faccio i calcoli con l'osservatorio di Cerere; voi mettetevi in contatto con la Terra via sub-etere. Dite al Coordinatore di...»

Conway lo interruppe. «Di questo mi occupo io, figliolo. Sono nella politica da prima che tu nascessi. E, Lucky... abbi cura di te.»

«Non lo faccio sempre, zio Hector? Zio Gus?»

Si diedero la mano calorosamente e Lucky Starr uscì come una freccia.

Bigman si scrollò la polvere di Cerere di dosso, sconsolato. «Avevo già la tuta addosso. Ero pronto...»

«Mi dispiace, non puoi venire» disse Lucky.

«Perché?»

«Perché prenderò una scorciatoia, per arrivare a Ganimede.»

«E allora? Quale scorciatoia?»

Lucky sorrise a denti stretti. «Passerò attraverso il sole!»

Si incamminò verso la Shooting Starr lasciando Bigman a bocca aperta.