CAPITOLO 14

Rimango davanti al finestrino a lungo, dopo che i boschi hanno inghiottito anche l'ultimo scorcio del luogo in cui sono nata. Stavolta non ho neppure la più piccola speranza di farvi ritorno. All'epoca dei miei primi Hunger Games, promisi a Prim che avrei fatto il possibile per vincere, e ora ho giurato a me stessa di fare il possibile per tenere in vita Peeta. Non farò mai più questo viaggio in senso inverso.

Mi ero immaginata le ultime parole da rivolgere ai miei cari. Avevo pensato che la cosa migliore fosse di chiudere a chiave tutte le porte e lasciarmeli alle spalle, tristi ma al sicuro. E adesso Capitol City mi ha rubato anche quello.

— Scriveremo delle lettere, Katniss — dice Peeta, dietro di me. — Per lasciare loro una parte di noi cui aggrapparsi. Haymitch gliele consegnerà per noi, se... se ci sarà bisogno di consegnarle.

Annuisco e vado dritta in camera mia. Mi siedo sul letto, sapendo che quelle lettere non le scriverò mai. Sarà come per il discorso che ho cercato di scrivere in onore di Rue e di Thresh nel Distretto 11. Nella mia testa le cose sembravano chiare e semplici, quando ho parlato davanti alla gente, ma dalla penna non sono mai riuscita a far uscire le parole giuste. E poi, quello che vorrei dire dovrebbe essere accompagnato da baci e abbracci, da una carezza ai capelli di Prim, da un tocco sul viso di Gale, da una stretta della mano di Madge. Tutto questo non lo si può semplicemente recapitare insieme a una bara di legno con dentro il mio corpo freddo e rigido.

Troppo abbattuta per piangere, voglio solo raggomitolarmi sul letto e dormire fino a domattina, quando arriveremo a Capitol City. Ma ho una missione da compiere. No, è più di una missione. È il mio ultimo desiderio. Far sopravvivere Peeta. E per quanto improbabile possa sembrare, di fronte alla furia di Capitol City, è importante che io sia nella mia forma migliore. E non succederà, se me ne sto a rimpiangere tutti quelli che amo e che sono rimasti a casa. Lasciali andare, mi dico. Di' loro addio e dimenticateli. Faccio del mio meglio, pensando a loro a uno a uno, liberandoli come uccelli dalle gabbie in cui li custodisco dentro di me e richiudendo gli sportelli, per impedire che tornino.

Quando Effie bussa alla mia porta per chiamarmi a cena, non mi è rimasto nulla. Ma quel vuoto non è del tutto sgradito.

Il pasto si svolge in un'atmosfera grave. Così grave, in effetti, che ci sono lunghi periodi di silenzio, alleggeriti soltanto dal viavai dei piatti. Un passato di verdure freddo. Crocchette di pesce con purea di limetta. Uccellini ripieni di salsa d'arancia con riso selvatico e crescione. Un budino al cioccolato cosparso di ciliegie.

Peeta ed Effie fanno qualche sporadico tentativo di conversazione che ben presto cade nel vuoto.

—Mi piace la tua nuova capigliatura, Effie — dice Peeta.

—Grazie. Me la sono fatta fare appositamente perché si intonasse alla spilla di Katniss. Penso che potremmo procurarti una fascia dorata per la caviglia, e magari trovare un braccialetto d'oro per Haymitch, così che sembriate un'unica squadra — ribatte Effie.

A quanto pare, Effie non sa che adesso la spilla con la ghiandaia imitatrice è il simbolo dei ribelli. Almeno nel Distretto 8. A Capitol City, invece, la ghiandaia imitatrice è ancora il buffo souvenir di un'edizione particolarmente eccitante degli Hunger Games. Cos'altro potrebbe essere? Dei veri ribelli non mettono un simbolo segreto su cose che restano, come i gioielli. Lo imprimono su una specie di cialda di pane che può essere mangiata in un attimo, se necessario.

—Credo sia un'ottima idea — dice Peeta. — Tu che ne pensi, Haymitch?

—Sì, come volete — risponde Haymitch. Non sta bevendo ma so che gli piacerebbe. Effie ha fatto portare via il proprio vino, quando si è accorta dei suoi sforzi. Haymitch è in condizioni pietose. Se fosse lui, il tributo, non dovrebbe aiutare Peeta e potrebbe ubriacarsi come gli pare. Così, invece, ci vorranno tutte le sue capacità, per mantenere vivo Peeta in un'arena piena dei suoi vecchi amici, e probabilmente non ci riuscirà.

—Potremmo procurare una parrucca anche a te — butto lì, nel tentativo di portare un po' di brio. Lui mi lancia solo uno sguardo che dice di lasciarlo in pace, e tutti mangiamo il nostro budino in silenzio.

—Guardiamo il riepilogo delle mietiture? — chiede Effie, tamponandosi gli angoli della bocca con un tovagliolo di lino bianco.

Peeta va a recuperare i suoi appunti sui vincitori superstiti, poi ci raccogliamo nello scompartimento con il televisore per vedere chi saranno i nostri avversari. Siamo tutti ai nostri posti quando inizia l'inno e comincia il riepilogo annuale delle cerimonie della mietitura nei dodici distretti.

Nella storia del reality show, ci sono stati settantacinque vincitori. Cinquantanove sono ancora vivi. Riconosco molti di quei volti, sia per averli visti come tributi o mentori nelle edizioni precedenti, sia per averli studiati di recente guardando i filmati dei vincitori. Alcuno sono così vecchi o indeboliti dalle malattie, dalle droghe o dall'alcol, che non riesco a collocarli. Com'era logico aspettarsi, i più numerosi sono i gruppi dei Tributi Favoriti dei Distretti 1, 2 e 4. In ogni caso, tutti i distretti sono riusciti a racimolare almeno un vincitore, maschio o femmina.

Le mietiture si svolgono in fretta. Sul suo bloc notes, Peeta disegna una stellina accanto ai nomi dei tributi che sono stati scelti. Haymitch guarda inespressivo alcuni dei suoi amici salire sul palco. Effie fa commenti sommessi e accorati del tipo "Oh no, non Cecelia" o "Be', Chaff non è mai riuscito a tenersi fuori da una zuffa" e sospira spesso.

Quanto a me, cerco di prendere mentalmente nota degli altri tributi, ma, come l'anno scorso, me ne restano impressi solo alcuni. Ci sono le bellezze classiche del fratello e della sorella del Distretto 1, che vinsero gli Hunger Games in anni consecutivi, quando io ero piccola. C'è Brutus, volontario del Distretto 2, che avrà almeno quarantanni e a quanto pare non vede l'ora di tornare nell'arena. C'è Finnick, il bellone dalla chioma color bronzo del Distretto 4, che fu incoronato vincitore dieci anni fa, quando aveva quattordici anni. Per il Distretto 4 viene sorteggiata anche una giovane donna isterica dai fluenti capelli castani, che però viene rapidamente sostituita da una vecchia di ottant'anni che si appoggia a un bastone per arrivare al palco. Poi c'è Johanna Mason, l'unica vincitrice ancora in vita del Distretto 7, che qualche anno fa trionfò fingendo di essere una smidollata. La donna del Distretto 8 che Effie chiama Cecelia e che sembra avere una trentina d'anni deve staccarsi a forza da tre bambini che corrono sul palco per aggrapparsi a lei. È della partita anche Chaff, un uomo del Distretto 11 che so essere uno dei migliori amici di Haymitch.

Chiamano me. Poi Haymitch. E Peeta si offre volontario. Una delle annunciatrici sta per mettersi a piangere sul serio perché sembra proprio che la buona sorte non sarà mai a favore di noi innamorati sventurati del Distretto 12. Poi si controlla e scommette che "questi saranno i giochi migliori di sempre!"

Haymitch lascia lo scompartimento senza dire una parola, ed Effie, dopo aver fatto osservazioni sconnesse su questo o quel tributo, ci augura la buonanotte. Io rimango seduta lì a guardare Peeta che strappa le pagine dei vincitori che non sono stati sorteggiati.

—Perché non cerchi di dormire un po'? — dice.

Perché non so come affrontare gli incubi. Non senza di te, penso. Di certo, stanotte saranno tremendi. Ma non posso chiedere a Peeta di venire a dormire con me. Ci siamo a malapena sfiorati, da quando Gale è stato frustato. — Tu cos'hai intenzione di fare? — chiedo.

—Solo di rivedere i miei appunti per un po'. Di capire bene con chi abbiamo a che fare. Ma domani mattina controlliamo tutto insieme. Va' a letto, Katniss.

Così vado a letto, e infatti mi risveglio nel giro di qualche ora, per un incubo nel quale la vecchia del Distretto 4 si trasforma in un grosso roditore e mi rosicchia la faccia. So che stavo urlando, ma non viene nessuno. Non Peeta e nemmeno uno degli inservienti di Capitol City. Mi infilo un accappatoio per tentare di far sparire la pelle d'oca che ho su tutto il corpo. Restare nel mio scompartimento è impossibile, così decido di andare a cercare qualcuno che mi faccia un tè o una cioccolata calda o qualcos'altro. Magari Haymitch è ancora alzato. Di sicuro non sta dormendo.

Ordino a un inserviente un latte caldo, la cosa più rilassante che mi viene in mente. Sentendo delle voci provenire dalla stanza del televisore, entro e trovo Peeta. Accanto a lui sul divano c'è la scatola coi nastri dei vecchi Hunger Games che ha mandato Effie. Riconosco l'edizione in cui vinse Brutus.

Peeta si alza e ferma il nastro quando mi vede. — Non sei riuscita a dormire?

—Non per molto — dico. Mi stringo ancora di più nell'accappatoio mentre ricordo la vecchia che si trasforma in un roditore.

—Ti va di parlarne? — chiede Peeta. A volte è utile, ma ora scuoto la testa, sentendomi debole per il fatto che sono già ossessionata da gente contro cui non ho ancora combattuto.

Quando Peeta tende le braccia, mi ci tuffo senza esitare. È la prima volta da quando hanno annunciato l'Edizione della Memoria che mi offre un gesto di affetto. Da allora si è comportato più come un allenatore esigente, sempre intento a incoraggiare, a insistere perché io e Haymitch corressimo più veloci, mangiassimo di più, conoscessimo meglio i nostri nemici. L'innamorato? Quando mai? Ha smesso persino di fingere che siamo amici. Gli stringo forte le braccia al collo prima che possa ordinarmi di fare flessioni o roba così. Invece mi tira ancora più vicina e affonda il viso nei miei capelli. Il calore si irradia dal punto in cui le sue labbra mi hanno appena sfiorato il collo e lentamente si diffonde dentro di me. È così piacevole, così incredibilmente piacevole, che so che non sarò io la prima a lasciare la presa.

E perché dovrei? Ho detto addio a Gale. Non lo vedrò mai più, questo è sicuro. Niente di ciò che faccio può ferirlo, ormai. Non lo vedrà, o penserà che sto recitando per le telecamere. Questo, almeno, è un peso di meno sulle mie spalle.

È l'arrivo dell'inserviente di Capitol City con il latte a dividerci. Posa sul tavolo un vassoio con una caraffa fumante e due grosse tazze. — Ho portato una tazza in più — dice.

—Grazie — replico.

—E ho messo un po' di miele, per addolcire il latte. E solo un pizzico di spezie — aggiunge. Ci guarda come se volesse dirci di più, poi scuote appena la testa ed esce dalla stanza camminando all'indietro.

—Cos'ha? — chiedo.

—Credo stia male per noi — risponde Peeta.

—Come no? — ribatto, versando il latte.

—Parlo sul serio. Non penso che quelli di Capitol City saranno poi così contenti di vederci tornare — dice Peeta. — O di veder tornare gli altri vincitori. Si sono affezionati ai loro campioni.

—Immagino che gli passerà, quando il sangue comincerà a scorrere — osservo in tono piatto. Se c'è una cosa per cui non intendo sprecare il mio tempo, è preoccuparmi di come l'Edizione della Memoria influirà sull'umore di Capitol City. — Allora, stai riguardando tutti i nastri?

—Non proprio. Sto solo saltando qua e là per vedere le tecniche di combattimento di ognuno — risponde Peeta.

—Chi è il prossimo? — chiedo.

—Scegli tu — mi incoraggia Peeta, tendendomi la scatola.

I nastri sono contrassegnati con l'anno e il nome del

vincitore. Li faccio passare e all'improvviso me ne ritrovo in mano uno che non abbiamo guardato. Cinquantesimo anno. Il che significa che si tratta della seconda Edizione della Memoria. E il nome del vincitore è Haymitch Abernathy.

—Questo non l'abbiamo mai visto — osservo.

Peeta scuote la testa. — No, perché Haymitch non voleva. Così come noi non vogliamo rivivere i nostri. E, visto che siamo nella stessa squadra, non pensavo fosse molto importante.

—Qui c'è la persona che ha vinto la venticinquesima edizione? — chiedo.

—Non credo. Chiunque fosse, a quest'ora dev'essere morto, ed Effie mi ha mandato solo i vincitori che potevamo dover fronteggiare. — Peeta soppesa il nastro di Haymitch. — Perché? Pensi che dovremmo guardarlo?

—È l'unica Edizione della Memoria che abbiamo. Potremmo imparare qualcosa di prezioso su come funzionano — dico. Ma mi sento strana. In un certo senso mi sembra una grave violazione della sfera privata di Haymitch. Non so perché, visto che tutto è avvenuto sotto gli occhi del pubblico. Però è così. Devo anche confessare di essere estremamente curiosa. — Non siamo obbligati a dire a Haymitch che l'abbiamo visto.

—D'accordo — conviene Peeta. Inserisce il nastro e io mi raggomitolo vicino a lui sul divano con il mio latte, che è davvero squisito con il miele e le spezie, immergendomi nei cinquantesimi Hunger Games. Dopo l'inno, mostrano il presidente Snow che estrae la busta della seconda Edizione della Memoria. Ha un aspetto più giovane ma altrettanto ributtante. Legge dal piccolo quadrato di carta con la stessa voce solenne che ha usato per noi, informando Panem che, per celebrare l'Edizione della Memoria, il numero dei tributi verrà raddoppiato. I tecnici del montaggio staccano bruscamente sulle mietiture, dove vengono chiamati i nomi sorteggiati, uno dopo l'altro.

Quando arriviamo al Distretto 12, basta a sopraffarmi il numero dei ragazzi che andranno incontro a morte certa. C'è una donna che chiama i nomi del 12 e, anche se non è Effie, esordisce con un "Prima le signore!". A voce alta, chiama il nome di una ragazza che viene dal Giacimento, lo si vede dal suo aspetto, e poi sento il nome: Maysilee Donner.

—Oh! — esclamo. — Era un'amica di mia madre. — La telecamera la trova tra il pubblico, aggrappata ad altre due ragazze. Tutte bionde, tutte figlie di commercianti.

—Credo che sia tua madre quella che la abbraccia — osserva Peeta in tono calmo. E ha ragione. Mentre Maysilee Donner si scioglie e va coraggiosamente verso il palco, intravedo mia madre alla mia età, e ho la conferma che nessuno ha mai esagerato riguardo alla sua bellezza. La tiene per mano, piangendo, un'altra ragazza, identica a Maysilee. Ma anche molto simile a qualcun altro che conosco.

—Madge — dico.

—Quella è sua madre — mi corregge Peeta. — Lei e Maysilee erano gemelle, credo. Me ne ha parlato mia madre, una volta.

Penso alla madre di Madge. La moglie del sindaco Undersee. Che passa metà della propria vita a letto, bloccata da dolori terribili, escludendo il resto del mondo. Penso al fatto che non mi sono mai resa conto che lei e mia madre condividessero questo legame. Penso a Madge, che sbuca dalla tormenta per portarci l'antidolorifico per Gale. E alla mia spilla con la ghiandaia imitatrice, a come abbia un significato del tutto diverso per me, ora che so che la sua precedente proprietaria, la zia di Madge, era Maysilee Donner, un tributo ucciso nell'arena.

Il nome di Haymitch viene chiamato proprio alla fine. È più scioccante vedere lui che mia madre. Giovane. Forte. Difficile da ammettere, anche un gran bel ragazzo. I capelli scuri e ricciuti, gli occhi grigi tipici del Giacimento, lucenti e, anche allora, pericolosi.

—Oh, Peeta, non pensi che abbia ucciso Maysilee, vero? — esclamo. Non so perché, ma è un pensiero che non riesco a sopportare.

—Con quarantotto partecipanti? Direi che le probabilità sono decisamente scarse — replica Peeta.

Il carro sul quale stanno i ragazzi del Distretto 12, vestiti con orrende tenute da minatori di carbone, fa il suo giro e le interviste scorrono in un lampo. Il nostro tempo per studiare qualcuno in particolare è poco. Però abbiamo modo di vedere l'intero scambio di battute tra Haymitch e Caesar Flickerman, sempre uguale a se stesso nel suo scintillante completo blu notte. Solo i capelli, le palpebre e le labbra verde scuro sono diversi.

—Allora, Haymitch, cosa pensi di questa edizione, che ha il doppio degli sfidanti rispetto al solito? — chiede Caesar.

Haymitch scrolla le spalle. — Non ci vedo una grande differenza. Saranno stupidi il doppio rispetto al solito, perciò immagino che le mie probabilità siano più o meno le stesse.

Gli spettatori scoppiano a ridere e Haymitch rivolge loro un mezzo sorriso. Sarcastico. Arrogante. Indifferente.

—Non ha dovuto sforzarsi granché per apparire così, ti pare? — commento.

Passiamo alla mattina del primo gionro del reality. Osserviamo la scena dal punto di vista di un tributo, una ragazza, mentre risale col cilindro dalla Camera di Lancio all'arena. Non posso fare altro che rimanere senza fiato per un attimo. L'incredulità si riflette sui volti dei giocatori. Persino le sopracciglia di Haymitch si inarcano per la sorpresa, anche se tornano ad aggrottarsi quasi subito nel solito cipiglio.

È il posto più straordinario che si possa immaginare. La Cornucopia dorata si trova al centro di un prato verde punteggiato di splendidi fiori. Il cielo è azzurro, con soffici nuvole bianche, e lassù svolazzano uccelli canori dai colori vivaci. Da come alcuni tributi annusano l'aria, il profumo dev'essere fantastico. Una ripresa aerea mostra che il prato si estende per chilometri e chilometri. In lontananza, appaiono un bosco da una parte e una montagna con la cima coperta di neve dall'altra.

Quella bellezza disorienta molti giocatori perché, quando suona il gong, la maggior parte di loro ha l'aria di chi cerca di svegliarsi da un sogno. Non Haymitch, però. Lui è già accanto alla Cornucopia, fornito di armi e di uno zaino di provviste di prima qualità. Si dirige verso il bosco prima che quasi tutti gli altri siano scesi dalle loro piastre metalliche.

Diciotto tributi restano uccisi nel bagno di sangue di quel primo giorno. Altri cominciano a morire e poco a poco si fa evidente che praticamente tutto in quel posto magnifico - i frutti succulenti che pendono dai cespugli, l'acqua dei torrenti cristallini, persino il profumo dei fiori, se inalato in maniera troppo diretta - è veleno letale. Solo l'acqua piovana e il cibo recuperato dalla Cornucopia possono essere consumati senza pericolo. C'è anche un grosso e ben equipaggiato branco di dieci Tributi Favoriti, che batte la zona della montagna in cerca di vittime.

Haymitch ha i suoi bei problemi, là nei boschi, dove gli scoiattoli dal pelo morbido e dorato si rivelano carnivori e attaccano in branco, e le punture delle farfalle causano atroci sofferenze se non addirittura la morte. Ma lui insiste ad avanzare, sempre tenendosi alle spalle la montagna lontana.

Maysilee Donner si dimostra a sua volta piena di risorse, per una ragazza che ha raccolto alla Cornucopia solo un piccolo zaino. Dentro trova una scodella, un po' di carne di manzo essiccata e una cerbottana con due dozzine di dardi. Facendo uso dei veleni che può reperire con facilità, ben presto Maysilee trasforma la cerbottana in un'arma mortale, intingendo i dardi in sostanze letali e piantandole nel corpo dei suoi avversari.

Dopo quattro giorni, la pittoresca montagna si tramuta all'improvviso in un vulcano eruttante che spazza via dodici giocatori, compresa metà del branco dei Favoriti. Con la montagna che vomita fuoco liquido e il prato che non offre nascondigli, i tredici tributi superstiti, compresi Haymitch e Maysilee, non hanno altra scelta se non di rintanarsi nei boschi.

Haymitch sembra deciso a proseguire nella stessa direzione e ad allontanarsi dalla montagna diventata vulcano, ma un intrico di siepi strettamente intrecciate tra loro lo obbliga a fare un largo giro e a tornare nel cuore dei boschi, dove si imbatte in tre Favoriti ed estrae il suo coltello. Sebbene siano molto più grossi e robusti, Haymitch è dotato di una notevole velocità e ne ha già uccisi due quando il terzo lo disarma. Il Favorito sta per tagliargli la gola, quando un dardo lo fa cadere a terra.

Maysilee Donner esce dal folto. — Vivremmo più a lungo, se fossimo in due.

—Mi pare che tu l'abbia appena dimostrato — dice Haymitch, strofinandosi il collo. — Alleati? —Maysilee annuisce. Ed eccoli lì, legati da un patto che chiunque dei due si aspetti di tornare a casa e di guardare negli occhi la gente del proprio distretto troverebbe molto difficile infrangere.

Proprio come Peeta e me, in due se la cavano meglio. Riposano di più, elaborano un sistema per recuperare maggiori quantità di acqua piovana, combattono in squadra e si dividono il cibo proveniente dagli zaini dei tributi morti. Ma Haymitch è deciso ad andare avanti.

—Perché? — continua a chiedergli Maysilee, e lui la ignora, fino al momento in cui lei si rifiuta di muoversi senza una risposta.

—Perché l'arena deve pur finire da qualche parte, giusto? — dice Haymitch. — Non può continuare all'infinito.

—E cosa ti aspetti di trovare? — chiede Maysilee.

—Non lo so. Ma forse c'è qualcosa che può esserci utile — risponde lui.

Quando finalmente riescono ad attraversare quella siepe impossibile servendosi di un cannello ossidrico trovato nello zaino di un Favorito morto, si ritrovano su un terreno piatto e secco che porta a un dirupo. Molto più in basso, si vedono rocce appuntite.

—È tutto qui, Haymitch. Torniamo indietro — lo esorta Maysilee.

—No, io resto qui — replica lui.

—Va bene. Siamo rimasti solo in cinque. Adesso possiamo anche salutarci — dice lei. — Non voglio che il campo si riduca a te e me.

—D'accordo — conviene Haymitch. Ed è tutto. Non si offre di stringerle la mano, non la guarda nemmeno. E lei se ne va.

Haymitch percorre il bordo del dirupo come se cercasse di capire qualcosa. Il suo piede smuove un sassolino, che cade nell'abisso, in apparenza scomparendo per sempre. Ma un minuto dopo, mentre lui è seduto a riposare, il sassolino viene sparato di nuovo accanto a lui. Haymitch lo fissa perplesso, poi il suo viso assume una strana intensità. Getta una pietra delle dimensioni del suo pugno oltre il dirupo e aspetta. Quando quella torna su e gli atterra dritta in mano, lui comincia a ridere.

In quel momento Maysilee inizia a urlare. L'alleanza è finita ed è lei ad averla rotta, perciò nessuno se la prenderebbe con lui se la ignorasse. Ma Haymitch corre in suo aiuto lo stesso. Arriva appena in tempo per vedere l'ultimo membro di uno stormo di uccelli rosa confetto, dotati di becchi lunghi e sottili, che le trafigge il collo da parte a parte. Mentre Maysilee muore, lui la tiene per mano, e io posso solo pensare a Rue e a come anch'io sia arrivata troppo tardi per salvarla.

Più tardi, quello stesso giorno, un altro tributo viene ucciso in combattimento e un terzo è divorato da un branco di quegli scoiattoli dal pelo morbido, il che lascia Haymitch e una ragazza del Distretto 1 a competere per la vittoria. Lei è più grossa di lui e altrettanto veloce, e quando giunge il momento dell'inevitabile confronto, la lotta è sanguinosa e terribile. Tutti e due hanno già riportato ferite che potrebbero benissimo essere fatali, quando alla fine Haymitch viene disarmato. Lui corre per quegli splendidi boschi barcollando e tenendosi dentro gli intestini con le mani, lei lo insegue incespicando con in pugno la scure che dovrebbe infliggergli il colpo mortale. Haymitch va dritto al suo dirupo e ne ha appena raggiunto il bordo quando lei lancia la scure. Lui crolla a terra e l'arma vola nell'abisso. Ormai disarmata, la ragazza si limita a restarsene ferma dov'è, cercando di tamponare il flusso di sangue che le esce dall'orbita vuota. Forse pensa di poter sopravvivere a Haymitch, che sta cominciando a contorcersi al suolo. Ma ciò che non sa, al contrario di lui, è che la scure tornerà indietro. E quando vola di nuovo oltre la cengia, l'arma le si conficca in testa. C'è un colpo di cannone, il suo corpo viene rimosso e le trombe squillano per annunciare la vittoria di Haymitch.

Peeta ferma il nastro, e rimaniamo seduti lì in silenzio per un po'.

Alla fine, dice: — Quel campo di forza sul fondo del dirupo era simile a quello che c'è sul tetto del Centro di Addestramento. Quello che ti getta indietro se cerchi di buttarti di sotto. Haymitch ha trovato un modo per trasformarlo in un'arma.

—Non solo contro gli altri tributi, ma anche contro Capitol City — dico. — Sai che non se lo aspettavano. Non era destinato a fare parte dell'arena. Non avevano previsto che qualcuno potesse usarlo come arma. La sua idea gli ha fatto fare la figura degli idioti. Scommetto che si sono divertiti un mondo a cercare di spiegarlo. Scommetto che è per questo che non ricordo di averlo mai visto in TV. È un brutto tiro, quasi quanto il nostro con le bacche!

Non posso evitare di ridere, di ridere davvero, per la prima volta da mesi. Peeta si limita a scuotere la testa come se fossi pazza... e forse lo sono, un pochino.

—Quasi, ma non del tutto — dice Haymitch da dietro. Mi giro di scatto, temendo che si arrabbierà con noi per aver guardato il suo nastro, ma lui fa solo un sorrisetto compiaciuto e prende una sorsata da una bottiglia di vino. Alla faccia della sobrietà. Immagino che vederlo bere di nuovo dovrebbe sconvolgermi, ma la sensazione che assorbe i miei pensieri è un'altra.

Ho passato queste tre settimane cercando di sapere chi sono i miei avversari, senza nemmeno pensare a chi siano i miei compagni di squadra. Ora un nuovo genere di fiducia si sta facendo strada dentro di me, perché credo finalmente di sapere chi è Haymitch. E sto cominciando a capire chi sono io. E di certo, due persone che hanno causato così tanti problemi a Capitol City sono in grado di escogitare un modo per far sopravvivere Peeta.