Capitolo VIII

La mattina seguente, di buon’ora, Rufus suonò al cancello del cottage.

«Allora, caro signor Francese, come vanno le cose? E Amelius come sta?».

In piedi di fronte al cancello, Toff rispose con la massima cortesia, ma non sembrò affatto propenso a lasciar entrare l’ospite.

«Amelius deve avere uno dei suoi momenti di fiacca», proseguì Rufus. «Scommetto che è a letto!».

«Il mio giovane padrone era in piedi e vestito almeno un’ora fa, signore. È appena uscito».

«Ah, è così dunque? Be’, aspetterò che torni». Spinse Toff da parte e s’incamminò verso il cottage. «Questi cerimoniali da forestiero sono completamente sprecati con me», disse mentre Toff cercava di fermarlo sulla porta d’ingresso. «Sono uno zoticone americano e sono sfinito perché ho viaggiato tutta la notte. Ecco un compito facile facile per te: whisky, bitter, ghiaccio e limone; mi farò un cocktail in biblioteca».

Toff tentò con un ultimo sforzo disperato di mettersi tra l’ospite e la porta. «Vi domando scusa mille volte, signore, ma con tutto il rispetto devo pregarvi di attendere...».

Prima ancora che finisse di parlare, Rufus, assolutamente di buon umore, tolse di mezzo il vecchio dal suo cammino. «Cos’è che disturba la mente di questa veneranda persona?», si chiese. «Pensa forse che non conosca la strada?».

Aprendo la porta della biblioteca, si trovò faccia a faccia con Sally. Sentendo delle voci fuori, si era alzata dalla sedia, indecisa se lasciare o meno la stanza. Si ritrovarono di fronte, ai rispettivi lati del tavolo, sgomenti e in silenzio. Una volta tanto Rufus era talmente confuso che si rifugiò nei consueti convenevoli, prima ancora di poter rendersene conto.

«Come va, signorina? Ho il grande piacere di rinnovare la nostra conoscenza… Diamine! Non è così, devo essere fuori di testa. Fatemi il favore, giovane signora, di dimenticare le parole che ho pronunciato. Se un qualunque essere vivente mi avesse detto che vi avrei trovata qui, gli avrei risposto che mentiva: e il bugiardo sarei stato io. Questo, vi assicuro, non fa sentire un uomo a proprio agio. No! Non sgattaiolate via subito nella stanza accanto, per favore. Ora come ora, non è così che si rimettono le cose a posto. Sedetevi piuttosto. Già che ci sono, ne approfitto per dire qualcosa. Ma prima di tutto due parole al signor Francese. Ascolta questo, vecchio. Se volessi un testimone sull’uscio, suonerei il campanello, ma al momento posso farne a meno. Bon voyage, come si dice da voi». E chiuse la questione sbattendo la porta in faccia a Toff e alle sue proteste.

«Protesto, signore, contro questo modo di comportarsi violento, indegno di un vero gentiluomo», gridò Toff cercando di rientrare.

«Arrabbiati quanto di pare, ma giù in cucina», replicò Rufus, insistendo nel chiudere la porta. «Non intendo fare baccano proprio qui. Se sai dov’è il padrone di casa, vai a chiamarlo. Prima fai e meglio è». Poi tornò da Sally e la osservò a lungo con attenzione, in un silenzio opprimente. Lei aveva paura a guardarlo, teneva gli occhi fissi sul libro che stava leggendo prima che entrasse. «Mi state osservando», commentò Rufus, «come se vi foste stabilita qui già da tempo. Non curatevi del libro ora, tornerete alla vostra lettura non appena avremo scambiato qualche parola». Allungò il braccio e tirò il libro dalla sua parte del tavolo. Sally lo mise a tacere per la seconda volta, senza averne l’intenzione. Rufus aprì il libro e si accorse che era... il Nuovo Testamento.

«Col vostro permesso signore, è la mia lezione di oggi. Devo imparare quello che è scritto dov’è il segno a matita, prima che torni Amelius». Dette così la sua misera spiegazione, tremando di paura. Eppure, malgrado tutto, Rufus cominciò a guardarla con meno durezza.

«E così lo chiamate “Amelius”, non è vero?», disse. «Tanto per cominciare, mi sembra un segno poco favorevole, signorina. Se non vi spiace, da quanto tempo Amelius si è improvvisato maestro di scuola a beneficio di vossignoria? Non avete forse capito? Be’, non siete certo l’unica persona che abita in Inghilterra e non conosce l’inglese. Ve lo dirò in maniera più semplice. L’ultima volta che ho visto Amelius, le vostre lezioni le imparavate alla Casa di Accoglienza. Quale vento contrario, signorina, vi ha portato qui? Vi ci ha condotto Amelius o siete venuta di vostra spontanea volontà, senza neanche aspettare un fischio?». Aveva parlato in modo villano, ma non certo severo. Il volto grazioso e avvilito di Sally implorava pietà e tutto sommato, come Rufus si rese conto con supremo disprezzo verso se stesso, non invano. «Se tirassi a indovinare e dicessi che siete scappata dalla Casa», riprese Rufus, «ci azzeccherei?».

Lei rispose riacquistando all’improvviso la padronanza di sé. «Non date la colpa ad Amelius», disse. «Sono proprio scappata. Non potevo vivere senza di lui».

«Dunque non potete sapere come volete vivere, mia cara ragazza, finché non avete provato. E allora, cos’hanno fatto alla Casa? Hanno mandato qualcuno a riprendervi?».

«Non mi hanno riportata indietro, mi hanno spedito qui i vestiti».

«Ah, sono le regole, immagino. Comincio a intravedere la conclusione, a questo punto. Amelius vi ha dato ospitalità in casa sua?».

Sally lo guardò fiera. «Mi ha dato una stanza tutta per me», disse.

La domanda successiva fu esattamente la stessa che aveva rivolto a Regina a Parigi. L’unica differenza fu la risposta.

«Siete davvero affezionata ad Amelius?».

«Morirei per lui!».

Finora Rufus aveva parlato stando in piedi. Adesso prese una sedia.

«Se Amelius non fosse cresciuto a Tadmor», disse, «prenderei il cappello e vi saluterei. Ma data la situazione, una parola di più può essermi consentita. Sembra che le lezioni qui siano di vostro gradimento, signorina. Siete una ragazza diversa dall’ultima volta che vi ho vista».

Lo stupì accogliendo quel commento in silenzio. Il colore le abbandonò il volto, sospirò amareggiata, e quel sospiro disorientò Rufus. Decise di lasciare in sospeso il giudizio su di lei fino a quando non ne avesse saputo di più.

«Avete appena detto che morireste per Amelius», proseguì, tenendola d’occhio attentamente. «Lo considero il modo isterico di una donna per ribadire il proprio interesse nei confronti di Amelius. Gli siete affezionata al punto che sareste disposta a lasciarlo, se soltanto vi convincessi che è per il suo stesso bene?».

Sally si allontanò di scatto dal tavolo per avvicinarsi alla finestra. Rivolte le spalle a Rufus, parlò. «Dunque sono una disgrazia per lui?», chiese con una voce talmente flebile che lui riuscì a malapena a sentirla. «Prima di adesso ne avevo il timore».

Se Rufus fosse stato meno affezionato ad Amelius, la sua innata gentilezza lo avrebbe fatto restare in silenzio. E anche stando così le cose, non dette una risposta diretta. «Ricordate che tipo di vita facevate prima d’incontrare Amelius?», fu tutto quello che riuscì a dire.

I tristi occhi azzurri lo guardarono pazienti e sconsolati. Con voce dolce e sommessa rispose: «Sì». Un solo sguardo e una sola parola – fu questione di un istante – e gli ultimi dubbi di Rufus su di lei svanirono!

«Non pensare che lo dica per rimproverarti, bambina mia! So bene che non è stata colpa tua, so bene che non sei da biasimare, ma da compatire».

La ragazza si girò verso di lui, il volto pallido, calmo e rassegnato. «Da compatire e non da biasimare», ripeté. «Sono da perdonare?».

Rufus si ritrasse per evitare di risponderle. Ci fu un attimo di silenzio.

«Avete appena detto», proseguì lei, «che sembro una ragazza diversa dall’ultima volta che mi avete vista. Ebbene, sono una ragazza diversa. Penso cose che non ho mai pensato prima. Non so cosa mi sia preso, una specie di sconvolgimento si è impossessato di me. Oh, nel mio cuore non desidero altro che essere buona! È da tempo che mi comporto bene per meritarmi quello che Amelius ha fatto per me! Avete preso il mio libro: me l’ha dato Amelius, lo leggiamo tutti i giorni. Se Cristo fosse qui sulla terra ora, sbaglio a pensare che mi perdonerebbe?».

«No, mia cara. Lo pensi a ragione».

«E fintanto che vivo, se farò del mio meglio per condurre una vita onesta, e se la mia ultima preghiera a Dio sarà quella di portarmi in cielo, mi ascolterà?».

«Certo che ti ascolterà, piccola mia, non ne dubito. Ma, vedi, dovrai fare i conti col mondo intero, e il mondo si è inventato una religione tutta sua. È inutile che la cerchi in quel libro. È una religione che mette alla base di tutto il vanto per la proprietà, e in cima una parvenza di buoni sentimenti. Sarà dispiaciuto per te, e misericordioso: per farla breve, farà qualsiasi cosa per te, tranne che accettarti di nuovo».

Sally aveva la risposta pronta anche a questo. «Amelius mi ha accettata», disse.

«Amelius ti ha accettata», concordò Rufus. «Ma c’è una cosa che ha dimenticato di fare: calcolare il prezzo da pagare. Sembra che abbia lasciato a me quel compito. Guardami, ragazza mia! Ammetto di aver dubitato di te quando sono entrato in questa stanza, me ne dispiaccio e ti domando scusa. Sono convinto che tu sia una brava ragazza. Se mi fosse chiesto perché, non saprei dirlo, ma ne sono convinto. Vorrei tanto che non ci fosse altro da aggiungere, ma c’è, e né tu né io possiamo evitarlo. L’opinione pubblica non ti tratterà teneramente come faccio io: ti presenterà nella luce peggiore, e farà lo stesso con Amelius. Fin quando vivrai qui con lui, non c’è dubbio, sarai d’impiccio senza volerlo alle prospettive di vita del nostro giovane amico. Riesci a capirmi?».

Sally si era allontanata da lui. Guardava di nuovo fuori dalla finestra.

«Vi capisco», rispose. «La notte che Amelius mi ha incontrata ha fatto male a prendermi con sé. Avrebbe dovuto lasciarmi dove stavo».

«Aspetta un secondo! È più di quanto intendessi. C’è una possibilità per tutti e, se ti fidi di me, vedrò di trovarne una anche per te».

La ragazza non stava badando a quello che lui diceva. Le parole che pronunciò subito dopo mostrarono che stava ormai seguendo il filo dei suoi pensieri.

«Sono d’impiccio alle sue prospettive di vita», ripeté. «Intendete dire che un giorno potrebbe sposarsi, ma non con me?».

Rufus lo ammise, ma con una certa cautela. «La cosa è possibile», fu tutto quello che disse.

«E i suoi amici potrebbero venire a trovarlo», continuò Sally. Teneva ancora lo sguardo volto altrove e la voce si era abbassata fino a un tono grave e dimesso. «Ora non viene nessuno qui. Come vedete, vi capisco. Quando devo andarmene? Immagino sarebbe meglio se non lo salutassi nemmeno. Lo rattristerebbe e basta. Potrei sgattaiolare fuori di casa, vero?».

Rufus iniziò a sentirsi a disagio. Era preparato alle lacrime, ma non a una rassegnazione del genere. Dopo qualche perplessità, la raggiunse alla finestra. Lei non si voltò verso di lui, continuò a guardare dritto davanti a sé. Il suo visino fresco e luminoso era diventato pallido e contratto da fare spavento. Le parlò in modo molto garbato, le consigliò di riflettere bene su quanto le aveva detto e di non fare niente in maniera avventata. Sapeva in quale albergo alloggiava a Londra, avrebbe potuto scrivergli lì. Se avesse deciso di iniziare una nuova vita in un altro paese, sarebbe stato interamente, e in maniera concreta, a sua disposizione. Avrebbe provveduto a trovarle un passaggio sulla stessa nave che lo avrebbe riportato in America. Alla sua età e con la reputazione che aveva dalle sue parti, non ci sarebbero stati scandali da temere. Le avrebbe procurato un lavoro vantaggioso e onorevole che fosse adatto a una ragazza giovane come lei. «Sarò come un buon padre per te, bambina mia», disse. «E non credere che resterai senza amici, se lascerai Amelius. Ci penserò io! Ci saranno tante persone oneste intorno a te e divertimenti innocenti nella tua nuova vita».

Sally lo ringraziò con la solita rassegnazione cupa e senza lacrime. «Cosa diranno le persone per bene quando sapranno chi sono?», domandò infine.

«Non hanno alcun diritto di sapere chi sei, e non lo verranno a sapere».

«Ah, si torna sempre allo stesso punto!», disse. «Sarete costretto a ingannare le persone per bene o non potrete fare niente per me. Amelius avrebbe fatto meglio a lasciarmi dov’ero! Lì non disonoravo nessuno, e non ero un peso per nessuno. A modo loro, il freddo, la fame e i maltrattamenti possono essere a volte amici più compassionevoli. Se fossi rimasta con loro, a quest’ora mi avrebbero già seppellita». Poi si voltò verso Rufus, prima ancora che potesse dire una parola. «Non sono un’ingrata, signore. Ci penserò, come mi avete detto, e farò quello che può fare una povera sciocca per meritare l’interesse che avete mostrato per me». Portò infine una mano sul capo, con una smorfia di sofferenza. «Ho una specie di dolore qui», disse. «Mi fa venire in mente la vita che facevo un tempo, quando a volte mi picchiavano sulla testa. Vi dispiace se vado a sdraiarmi un pochino, da sola?».

Rufus le prese la mano e gliela strinse forte, in silenzio. Sally si voltò di nuovo verso di lui mentre apriva la porta della sua stanza. «Non angosciate Amelius», disse. «Posso sopportare tutto, ma non questo».

Una volta rimasto solo in biblioteca, Rufus prese a camminare avanti e indietro senza tregua, mosso da uno stato di irrequietezza. «Sono stato costretto a farlo», rifletteva. «Dovrei essere soddisfatto di me stesso, ma non lo sono. Il mondo è veramente duro con le donne, e i diritti della proprietà sono una pessima scusante!».

All’improvviso la porta che dava sul corridoio si spalancò. Amelius entrò nella stanza. Sembrava accaldato e furibondo, rifiutò perfino di stringere la mano di Rufus.

«Che storia è quella che mi ha raccontato Toff? Pare che tu ti sia introdotto qui di forza mentre c’era Sally. Ci sono dei limiti alla libertà che uno può concedersi in casa di un amico».

«Ben detto», disse Rufus con calma. «Ma se uno non si prendesse certe libertà, mi pare che gli verrebbero tenute nascoste parecchie cose. Sally si trovava alla Casa di Accoglienza, l’ultima volta che ti ho visto, e nessuno mi aveva avvertito che l’avrei trovata in questa stanza».

«Dato che l’hai trovata qui, potevi uscirne. Invece hai parlato con lei. Se le hai detto qualcosa di Regina...».

«Non le ho detto proprio niente della signorina Regina. Hai uno dei tuoi scatti di rabbia, Amelius. Aspetta un secondo e calmati».

«Non preoccuparti del mio carattere. Voglio sapere che cosa hai detto a Sally. Fermo! Lo chiederò direttamente a lei». Attraversò la stanza fino alla porta interna e bussò. «Entra pure, mia cara, devo parlarti».

Attraverso la porta gli giunse una risposta fioca. «Ho un brutto mal di testa, Amelius. Per favore, lasciami riposare un po’». Allora si girò verso Rufus, abbassando il tono di voce. Ma gli occhi gli lampeggiavano: era più infuriato che mai.

«Faresti meglio ad andartene», disse. «Posso immaginare come ti sarai rivolto a lei. So bene cosa significa il suo mal di testa. Chiunque faccia del male a quella povera, piccola creatura affettuosa è un uomo che devo considerare mio nemico. Io ci sputo sopra a quelle convenzioni sociali che trovano l’approvazione di persone come te! Una ragazza più dolce della povera Sally non è mai esistita sulla faccia della terra. La sua felicità mi sta più a cuore di quanto le parole possano esprimere. Lei è sacra per me! E l’ho appena dimostrato: sono appena tornato da un incontro con una brava donna che le insegnerà un modo onesto per guadagnarsi da vivere. Non ci saranno pettegolezzi su di lei. Se tu, o chiunque altro al posto tuo, credete che acconsentirò a lasciarla andare alla deriva, o a riconsegnarla a una galera che porta il nome di Casa, allora hai capito davvero poco della mia natura e dei miei principi. Qui», e afferrò dal tavolo il Nuovo Testamento, agitandolo davanti a Rufus, «qui ci sono i miei principi, e non me ne vergogno!».

Rufus si mise il cappello.

«C’è solo una cosa di cui ti vergognerai, figliolo, quando sarai abbastanza calmo da ripensarci», disse. «Ti vergognerai di aver detto certe parole a un amico che ti vuole bene. Io non sono affatto arrabbiato. Mi hai fatto tornare in mente quella volta a bordo del piroscafo, quando il timoniere voleva sparare all’uccello. Ti riconciliasti con lui, e allo stesso modo verrai al mio albergo per fare la pace con me. Allora ci daremo la mano e parleremo di Sally. Se non la prendi come un’altra libertà, ti scomoderei per un fiammifero». Si servì prendendo un cerino dalla scatola appoggiata sulla mensola del camino, accese il suo sigaro e uscì dalla stanza.

Non era passata neanche mezz’ora da quando se n’era andato, che il lato migliore della natura di Amelius sentì il bisogno di seguire Rufus e di porgergli le sue scuse. Ma era troppo preoccupato per Sally per lasciare il cottage, almeno finché non l’avesse vista. Quando aveva bussato alla porta della sua camera, il tono della risposta aveva fatto intuire alla sua natura apprensiva e sensibile che in lei c’era qualcosa di più serio di un semplice mal di testa. Per un’altra ora attese pazientemente, sperando di sentirla muoversi nella stanza. Ma non accadde niente. Non un suono raggiunse le sue orecchie, a parte, di tanto in tanto, il rullio delle carrozze, in strada.

Appena scoccò la seconda ora, la pazienza cominciò a venirgli meno. Andò alla porta e si mise in ascolto, ma non sentì niente. All’improvviso gli venne un gran timore che potesse essere svenuta. Aprì la porta di pochi centimetri e la chiamò. Ma non ci fu risposta. Allora si affacciò: la stanza era vuota.

Corse subito verso l’ingresso e chiamò Toff. Era per caso al piano di sotto? No. Fuori in giardino allora? No. Domestico e padrone si guardarono l’un l’altro in silenzio. Sally era sparita.