Capitolo VI

Quei capricci del destino che si uniscono per renderci felici vengono sicuramente a mancare quando si è tanto stupidi da parlare di loro. E Amelius aveva parlato di loro. Quando lui e Sally lasciarono il cottage, la strada, oltre ad allontanarli dal parco, li condusse di fronte a una chiesa. La felicità li abbandonò proprio davanti al portone.

File di carrozze aspettavano fuori. Centinaia di sfaccendati erano radunati davanti ai gradini della chiesa. La musica assordante dell’organo usciva dalle porte aperte: un matrimonio in grande stile, con tanto di coro, veniva celebrato in quel momento. Sally implorò Amelius perché la portasse dentro a guardare. Provarono a entrare per la parte principale, ma fu impossibile farsi largo tra la folla. Un ingresso laterale e una mancia al sagrestano sortirono un risultato migliore. Riuscirono a trovare lo spazio necessario per rimanere in piedi, con l’altare in bella vista.

La sposa era una ragazza alta e prosperosa, vestita magnificamente: recitava il suo ruolo all’interno della cerimonia con la massima padronanza di sé. Lo sposo costituiva una prova evidente degli effetti che la Natura può ottenere, avanti negli anni, quando è sostenuta dall’Arte. I capelli, la carnagione, i denti, il petto, le spalle e le gambe davano una chiara dimostrazione di quello che un fabbricante di parrucche, un cameriere personale, un dentista, un sarto e un commerciante di calzetteria possono fare per un vecchio ricco che desideri un aspetto piacente quando deve comprarsi una giovane moglie. A condurre quella vendita erano presenti almeno tre sacerdoti. L’opulenta atmosfera era degna dei gloriosi giorni passati del Vitello d’Oro. A giudicare dalle apparenze, sembrava che l’unica persona a non essere impressionata positivamente dalla cerimonia fosse una vecchia signora, seduta su una panca vicina al posto dove si trovavano Amelius e Sally.

«È vergognoso», commentò la vecchia signora rivolgendosi a una persona giovane e affascinante seduta di fianco a lei.

Ma la persona giovane e affascinante, essendo il perfetto prodotto di quei tempi, non aveva più familiarità di un Ottentotto con le questioni sentimentali. «Come puoi parlare così, nonna!», replicò. «Lui ha una rendita di ventimila sterline l’anno, e quella ragazza fortunata diventerà padrona della casa più meravigliosa di Londra».

«Non m’importa», insisté la vecchia signora. «Non per questo non è una disgrazia per tutti. Ci sono così tante povere creature senza un’anima amica al mondo, spinte dalla fame in mezzo a una strada, che meriterebbero la nostra compassione più di quella spudorata che sta vendendo se stessa nella casa di Dio! Vado ad aspettarti in carrozza, non intendo assistere un minuto di più».

Sally toccò Amelius. «Portami via!», bisbigliò con un filo di voce.

Amelius pensò che il caldo all’interno della chiesa fosse eccessivo per lei. «Ti senti meglio ora?», le domandò una volta all’aria aperta.

Lei si attaccò con forza al suo braccio. «Andiamocene lontano da qui», disse. «Quella signora è dietro di noi, e non voglio che mi veda di nuovo. Io sono una delle creature di cui parlava. Ho ancora su di me il marchio della strada dopo quanto hai fatto per togliermelo di dosso?».

La rabbia e l’infelicità delle sue parole mostravano un ulteriore sviluppo della sua personalità che era totalmente sconosciuto ad Amelius. «Tesoro mio», protestò, «mi fai soffrire parlando così. Il Signore sa che vita conduci adesso».

Ma i pensieri di Sally erano ancora presi da un’acuta sensazione di dolore per quanto aveva detto la signora. «Ho visto», esclamò con violenza, «ho visto come mi guardava mentre parlava!».

«Deve aver pensato che era molto meglio guardare te invece della sposa, e a ragione!», replicò Amelius. «Andiamo, Sally, ti prego, ritorna in te! Sono sicuro che non vuoi deludermi, non è vero?».

Aveva trovato finalmente il verso giusto con lei: Sally comprese quella semplice richiesta e gli chiese perdono con tutto il fascino che possedeva nei modi e nella voce. In quel momento, fu di nuovo la Sally che aveva raccolto dalla strada. I due continuarono a camminare in silenzio. Quando la chiesa fu sparita dalla loro vista, Amelius sentì che la mano con cui gli teneva il braccio aveva preso a tremare. In quegli occhi azzurri che lo fissavano era stampata un’espressione fatta di tenerezza e preoccupazione. «Sto pensando a un’altra cosa ora», gli disse, «che riguarda te. Posso farti una domanda?».

Amelius sorrise. Ma quel sorriso non ebbe il solito riscontro sul volto di Sally. «Non è niente di speciale», prese a spiegare in uno strano modo concitato, «è solo che la chiesa me l’ha fatto venire in mente. Tu...». Esitò un istante e cercò di porre la domanda in modo diverso. «Ti sposerai anche tu, Amelius, un giorno o l’altro?».

Lui fece del suo meglio per lasciar cadere la domanda. «Ma io non sono ricco come il vecchio gentiluomo che abbiamo appena visto, Sally».

Lo sguardo di lei si allontanò da Amelius. Sospirò piano. «Un giorno ti sposerai», gli disse. «Quando morirò farai una cosa per me, Amelius? Ricordi che ho letto sul giornale della nuova trovata di bruciare i morti, e che ti ho fatto delle domande in proposito? Mi hai risposto che ti sembrava meglio che essere sepolti, e che avevi intenzione di lasciare disposizioni di essere cremato invece che seppellito, quando sarebbe venuta la tua ora. Quando sarà la mia, lascerai disposizioni diverse su te stesso, se te lo chiedo?».

«Mia cara, parli in modo davvero strano! Se anche ti dicessi che un giorno dovrò sposarmi, che cosa c’entra con la tua morte?».

«Non preoccuparti, Amelius. Quando non mi sarà rimasto nient’altro per cui vivere, immagino sarà un po’ come essere morta. Dirai di seppellirmi in un bel posto tranquillo, lontano da Londra, dove ci sono pochissime tombe? E quando lascerai disposizioni riguardo a te, non dire di farti bruciare. Di’, dopo che avrai vissuto una lunga, lunghissima vita e goduto di tutta la felicità che meriti, di’ che vorrai essere sepolto, e che la tua tomba dovrà essere accanto alla mia. Mi piacerebbe pensare che ci faranno ombra gli stessi alberi, e cresceranno su di noi gli stessi fiori. No! Non dirmi di nuovo che sto parlando di cose strane, non lo sopporto. Voglio che tu mi accontenti e che sia gentile con me al riguardo. Ti dispiace se torniamo a casa? Mi sento un po’ stanca e temo che oggi sarei una misera compagnia per te».

Il discorso venne meno per l’ora di cena, sebbene Toff facesse il possibile per farlo continuare.

In serata, l’eccellente francese si sforzò per rallegrare i due giovani sconfortati. In modo piuttosto familiare entrò col suo violino, dicendo che aveva un favore da chiedere. «Ho una vaga conoscenza, signore, di quell’arte affascinante che è la danza. Potrei insegnare a ballare alla giovane signorina? Vedete, se mi azzardo a proporre una cosa del genere è perché le altre lezioni... Oh, ben più necessarie e importanti, le altre lezioni! Ma forse un po’ troppo seriose. Vogliate scusarmi se ho osato parlarvene, ma ci vuole qualcosa per sollevarle lo spirito, signore. In difesa della spensieratezza: balliamo!».

Intonò poche note, mise il piede destro in posizione e rimase cortesemente in attesa di cominciare. Sally lo ringraziò e si scusò dicendo di essere stanca. Poi dette la buona notte ad Amelius senza attendere di restare sola con lui e senza dargli il solito bacio.

Toff aspettò che se ne fosse andata e si avvicinò in punta di piedi al padrone di casa, con un grande inchino.

«Mi concedo la libertà di esprimere la mia opinione, signore. Una giovane ragazza che rifiuta la cura del violino rappresenta un caso di estrema gravità. Non disperate, signore! Laddove siano in ballo i vostri interessi, è mio vanto e mio piacere non sentirmi mai a disagio. Penso sia una questione che necessita il conforto di una donna. Se vi fidate di mia moglie, oso suggerirvi una visita da parte della signora Toff».

Dopodiché si ritirò con discrezione, lasciando Amelius libero di pensarci.

Il tempo passava e Amelius era ancora lì a rimuginare, lontano più che mai dal giungere a una conclusione, quando udì la porta aprirsi alle sue spalle. Sally attraversò la stanza prima ancora che potesse alzarsi dalla sedia: aveva le guance arrossate, gli occhi luccicanti e i capelli sciolti sulle spalle. Si gettò ai suoi piedi e nascose il volto sulle sue ginocchia. «Sono una miserabile ingrata!», esclamò. «Non ti ho dato il bacio della buona notte».

Pur con le migliori intenzioni, Amelius scelse la strada peggiore per calmarla, trattando i suoi affanni con leggerezza. «Te ne sei forse dimenticata?», le disse.

La ragazza sollevò la testa e lo guardò con le lacrime agli occhi. «Sono abbastanza cattiva», rispose, «ma non fino a quel punto. Oh, non ridere! Non c’è proprio niente da ridere. Hai finito per prenderci gusto? Sei arrabbiato con me perché mi sono comportata male tutto il giorno e ti ho dato la buona notte come se fossi stata Toff? Non devi essere arrabbiato con me!». Saltò in piedi e gli si sedette sulle ginocchia gettandogli le braccia al collo. «Non sono andata a letto», mormorò. «Ero troppo triste per riuscire a dormire. Non so cosa c’era che non andava oggi. Mi sembra di perdere quel poco di giudizio che mi ritrovo, se mai ce l’ho avuto. Oh, se soltanto riuscissi a farti capire quanto ti sono affezionata! E tuttavia ho dei pensieri così amari, come se fossi un fardello per te e avessi fatto una cosa sbagliata a venire qui. E tu avresti dovuto dirmelo, se solo avessi provato un po’ di compassione per questa povera sventurata che non aveva un altro posto dove andare». Poi gli strinse ancora di più le braccia intorno al collo, appoggiando la guancia febbricitante contro il viso di lui. «Oh, Amelius, ho il cuore affranto! Dammi un bacio e dimmi: “Buona notte, Sally!”».

Lui era giovane, ed era un uomo. Per un istante perse il controllo di sé e la baciò come non aveva mai fatto prima di allora.

Poi si ricordò, e tornò padrone di sé. La allontanò delicatamente e la accompagnò fino alla porta della camera, richiudendola in silenzio davanti a lei. Per un po’ rimase da solo. Dopodiché suonò il campanello per chiamare Toff.

«Credi che tua moglie prenderebbe la signorina Sally come apprendista?», gli domandò.

Toff lo guardò sorpreso. «Qualunque cosa desideriate, signore, mia moglie sarà ben lieta di farla. La competenza che ha nell’arte di cucire vestiti è...». Gli mancarono le parole per descrivere le grandi qualità della moglie come sarta. Posò un bacio sulla propria mano in segno di entusiasmo e soffiò quel bacio in direzione della bottega della moglie. «Comunque», proseguì, «di una cosa devo avvisarvi, signore: l’attività è davvero piccola, piccolissima. Ma siamo tutti nelle mani della Provvidenza, e un giorno crescerà». Alzò le spalle e le sopracciglia, con aria totalmente soddisfatta per le prospettive della moglie.

«Andrò a parlare con la signora Toff di persona domani mattina», disse Amelius. «È assai probabile che debba assentarmi da Londra per qualche tempo, e devo provvedere in qualche modo alla signorina Sally. Non farne parola con lei, Toff, per ora; e non essere triste. Se andrò via, ti porterò con me. Buona notte».

Toff, che aveva quasi il fazzoletto agli occhi, riacquistò d’un tratto la naturale allegria. «Di solito mi sento male a viaggiar per mare, signore», disse, «ma non preoccupatevi, vi seguirò nei più remoti angoli della terra».

E in tal modo Amelius organizzò in tutta onestà la propria fuga dalla posizione alquanto critica in cui aveva finito per trovarsi. Se ne andò a letto, angustiato da mille preoccupazioni che lo tennero sveglio per parecchie ore, fino allo sfinimento. Dove sarebbe andato, una volta lasciata Sally? Se soltanto avesse saputo quello che sarebbe successo lo stesso giorno dall’altra parte della Manica, avrebbe potuto decidere (nonostante l’ostacolo rappresentato dal signor Farnaby) di fare una sorpresa a Regina, andando a farle visita a Parigi.