Post Scriptum
Ma lorsignori non sono mai stufi, schifati, disgustati da tutti i cortigiani che li circondano? Non dicono mai ai loro adulatori di smetterla, o almeno di riposarsi un po’, di prendersi una vacanza? Sì, uno c’è stato: purtroppo è Benito Mussolini. Infastidito dagli eccessi laudatorii de «La Gazzetta del Popolo», diretta dal fascistissimo deputato Ermanno Amicucci, il 6 maggio 1930 il Duce telegrafò al prefetto di Torino perché gli desse una calmata: «Dica all’on. Amicucci – gli dica testualmente – di frenare il giornale che è già sulla china della quotidiana insulsaggine in molte delle sue pagine».
Ma «La Gazzetta del Popolo» niente, continuava a leccare a tutta lingua. Allora il 23 novembre 1930 un Mussolini sempre più infuriato tornò a ordinare via telex al prefetto subalpino: «Moderi atteggiamento ultra-demagogico della “Gazzetta” che, facendo attendere i miracoli, finisce per sabotare l’opera del governo».
Chissà se è poi riuscito a fermare quelle lingue, che sono pur sempre dei muscoli involontari e, quando si mettono in moto, vanno avanti per inerzia. Purtroppo non risultano analoghi telegrammi di politici democratici e repubblicani per invocare una tregua, una pausa, un armistizio linguale. Chissà, è solo un’idea: ma forse dovrebbero ribellarsi i lettori dei giornali e i telespettatori dei tg e dei talk show. Lamentando il pessimo servizio in tavola. E ordinando penne all’arrabbiata anziché penne alla bava.