Letta a due piazze (2013-2014)
Mi rallegro quando un essere non è così servo dei padroni, come queste troie in giro per il Parlamento che farebbero qualunque cosa, invece di aprirsi un casino.
Franco Battiato al Parlamento europeo, 26.3.2013
Nei due anni di ri-presidenza, Napolitano ha fatto altri danni. Appena rieletto nell’aprile 2013, ha imposto un governo di larghe intese, con la stessa maggioranza bocciata dagli italiani alle elezioni di febbraio. E il premier l’ha scelto direttamente Silvio Berlusconi nella persona di Enrico Letta, nipote del suo braccio destro Gianni. Anche il governo Letta, come tutti i precedenti dalla notte dei tempi, viene salutato da un coro pressoché unanime di laudatores a reti e edicole unificate. I quali si incaricano anche di bastonare le poche voci fuori dal coro. Larghe intese, larghissime lingue.
È primavera, svegliatevi bambine!
«Capiranno i partiti che hanno un’opportunità e nessuna alternativa? Il recente passato induce alla cautela... L’Italia ha voglia di novità. È primavera: bisogna cambiare aria nelle stanze del cervello» (Beppe Severgnini sul nuovo governo di Enrico Letta, «Corriere della Sera», 25.4.2013).
La carta decisiva
«L’esser giovane e non usurato è una carta quasi decisiva nella morta gora della politica italiana» (Stefano Folli, «Il Sole 24 Ore», 25.4.2013).
Ultima chiamata
«I due partiti maggiori che si accingono a formare un governo presieduto da Letta stanno compiendo un atto coraggioso. Sanno che per loro questa è l’ultima chiamata. Sanno che non possono fallire» (Pierluigi Battista, «Corriere della Sera», 28.4.2013).
Lecca-Letta
«Il governissimo delle facce nuove». «Napolitano, missione compiuta». «Letta, 77 ore per disinnescare la guerra civile Pd-Pdl». «Saccomanni, il tecnico che non fa sconti alla finanza mondiale». «La missione di Giovannini: rilanciare l’occupazione. Farnesina in festa per l’arrivo della Bonino» («La Stampa», 28.4.2013).
«Governo Letta: record di donne, supertecnici e quarantenni» («Il Messaggero», ibidem).
«Più donne e giovani, la squadra di Letta», «Letta è premier: donne e giovani. Provo una sobria soddisfazione». «Ritorno alla realtà». «Sul governo il sigillo del Colle. E si apre il cantiere delle riforme». «Campane a festa per D’Alia» («Corriere della Sera», ibidem).
«Governo giovane e in rosa». «Straordinari doveri». «Quagliariello: “E ora pacificazione”». «Su Interni e Giustizia la mossa decisiva» («Avvenire», ibidem).
«La nuova generazione». «Le signore della competenza». «Ecco il governo Letta, giovani e donne» («la Repubblica», ibidem). Ancora nessuna notizia dei bambini.
Palmiro Letta e Alcide Alfano
«Un cambio di stagione». «Non c’è commento migliore al governo appena nato della foto che ritrae Giorgio Napolitano mentre stringe le mani di Enrico Letta. Ed è difficile capire dove cominci la stretta del primo e finisca la presa del secondo, come padre e figlio sinergicamente s’affidano l’un l’altro prima delle navigazioni impegnative della vita... Il richiamo al Dopoguerra non è casuale: bisogna risalire proprio a quell’anno [il 1946, nda] per vedere affiancati in uno stesso governo esponenti dei primi due partiti (allora la Dc e il Pci) come parlamentari... salutare per il Paese. Il nuovo governo Letta è chiamato... a una piccola grande rifondazione del concetto di buon governo perché almeno generazionalmente sono venuti meno i muri e gli steccati che hanno avvelenato gli ultimi decenni, con la violenza e l’odio e la loro interminabile scia di sangue» (Virman Cusenza, direttore de «Il Messaggero», 28.4.2013). In effetti basta guardare Alfano ministro di Letta, e Berlusconi alle sue spalle, per pensare automaticamente al governo De Gasperi-Togliatti. Come no.
Andiamo al sodo
«Ora i giudici devono deporre le armi» (Giuliano Ferrara, «Il Foglio», 28.4.2013). Almeno uno che bada al sodo.
Il Non Nipote
«In questi giorni si sconta l’antica cessione di autonomia in favore di un ceto intellettuale che del radicalismo tendente al giustizialismo fa la propria ragion d’essere. I Travaglio, i Padellaro, i Flores che... annullano la persona di Enrico Letta perché “nipote” sono personaggi che fanno orrore. Il loro linguaggio suscita repulsione. Il loro livore di sconfitti mette i brividi. Ma in condizioni normali il loro posto dovrebbe essere ai margini, in quell’angolo della società e del dibattito pubblico dove sempre si collocano gli odiatori di professione. Solo qui capita che da quell’angolo si riesca a condizionare gli umori della sinistra italiana che... Ha sempre cercato di parlare e di ragionare di politica, lasciando ai neofascisti la necrofilia e l’intimidazione. Ha problemi grossi da risolvere, Letta. Ma sembrano inezie se paragonati alla guerra contro i battaglioni della morte che dobbiamo vincere noi» (Stefano Menichini, direttore di «Europa», 28.4.2013).
La First Gina
«Complimenti Gina, al secolo Gianna Fregonara, candidata first sciura del paese. Per l’incarico al marito, ovvio, ma soprattutto perché sono certo che se oggi Enrico Letta è sulla soglia di Palazzo Chigi dietro c’è lo zampino della moglie, la Gina appunto. E senza presunzione, mi prendo un piccolo, assolutamente casuale merito per averla spinta con qualche sotterfugio a Roma tra le braccia del suo futuro marito che all’epoca dei fatti né io né lei conoscevamo... Tornava sempre con la notizia giusta e si aprì la strada con le sue capacità. Anni dopo non tornò più, aveva trovato la notizia del fidanzato giusto. Tale Enrico Letta. E dopo non poca sofferenza, come nelle favole, vissero felici e contenti e con tre figli. Brava Gina, non ci deludi mai» (Alessandro Sallusti, su Gianna Fregonara, giornalista del «Corriere della Sera» e seconda moglie di Enrico Letta, «il Giornale», 28.4.2013).
La rivoluzione dei berluschini
«Nel governo non ci sono i protagonisti del conflitto politico di questi anni... Letta è riuscito a mettere insieme una squadra di ministri giovani e a sottrarsi ai veti di Berlusconi, promuovendo un rinnovamento generazionale che, magari, potrà aiutare persino l’evoluzione democratica del partito della destra» (Claudio Sardo, direttore de «l’Unità», 28.4.2013). Dunque i berlusconiani Alfano, Lupi, Quagliariello, De Girolamo e Lorenzin, tutti eletti nel Pdl grazie a Berlusconi, tutti aderenti come un sol uomo alle leggi vergogna e alla celebre mozione parlamentare «Ruby nipote di Mubarak», sarebbero estranei al berlusconismo, pudicamente ribattezzato «conflitto politico di questi anni». E comunque, vivaddio, sono così giovani. Che s’ha da fare, per campare.
Il medico curante
«Un medico per l’Italia». «Nelle circostanze date è un buon governo. Enrico Letta aveva promesso competenza, freschezza, nomi non divisivi. Il risultato corrisponde pienamente all’impegno preso, con un’aggiunta in più: una presenza femminile quale prima d’ora non si era mai verificata... Se i fatti corrisponderanno alle parole molte sofferenze saranno lenite e molte speranze riaccese» (Eugenio Scalfari, «la Repubblica», 28.4.2013). Dunque Scalfari ammira la competenza di Alfano, di cui «Repubblica» chiese le dimissioni quand’era al governo con Berlusconi e firmava una legge vergogna dopo l’altra; la competenza dell’avvocata De Girolamo, non a caso ministro dell’Agricoltura; la competenza della signora Lorenzin (maturità classica), non per nulla ministro della Salute; e la competenza di Andrea Orlando (maturità scientifica), appositamente sistemato all’Ambiente.
Ultima spiaggia
«L’incarico a Letta non ha ancora quarantott’ore e già si sentono i soliti commenti bellicosi, le consuete dichiarazioni stentoree... Questa è l’ultima spiaggia della Penisola: più in là c’è solo il mare in tempesta e un azzardo pericoloso. I saggi nominati dal presidente Napolitano si sono rivelati concreti. In poco tempo hanno prodotto poche pagine di buone idee: nel paese pleonastico, una piccola rivoluzione... L’Italia ha voglia di novità. È primavera: bisogna cambiare aria nelle stanze e nel cervello... Enrico Letta è un uomo competente, calmo e relativamente giovane» (Beppe Severgnini, «Corriere della Sera», 28.4.2013). Ma anche marito premuroso, padre affettuoso e soprattutto nipote di suo zio.
La promozione del Maestro
«Già ai tempi di Craxi, in cui tra Craxi e Napolitano esisteva un concreto asse di solidarietà, si tendeva a creare in maniera mascherata i presupposti di una Repubblica presidenziale. Napolitano ci ha riprovato con Monti nei tempi dell’imposizione dell’incauto tecnocrate alla presidenza del Consiglio, dopo averlo fatto senatore a vita in pochi minuti e dopo averlo in parte sponsorizzato nella suicida campagna elettorale dello scorso inverno. Oggi l’asse che pare vincente ha un solo cognome: Letta, magnificamente trasversale» (Licio Gelli si congratula con il progetto neopresidenzialista del ministro Gaetano Quagliariello e di molti saggi napolitan-lettiani, intervista a «il Fatto Quotidiano», 7.6.2013).
Saggio è chi il saggio lo fa
«Il tiro al bersaglio sulla pacificazione». «E adesso persino i saggi nominati per aiutare con la loro competenza la messa a punto delle riforme istituzionali passano per collaborazionisti e servi del regime. “Il Fatto” dedica loro una pagina in cui appaiono, sfigurati, come persone poco raccomandabili: ci mancava solo una galleria di foto segnaletiche con su scritto “wanted”. Sono costituzionalisti di spessore, giuristi, studiosi» (Pierluigi Battista fustiga «il Fatto Quotidiano» che ha osato criticare i 40 saggi nominati da Letta e Napolitano per riscrivere la Costituzione, «Corriere della Sera», 7.6.2013). E profumano tutti di Chanel numero 5.
Il decreto del Dire
«Misure per giovani e imprese» («Corriere della Sera», 12.6.2013).
«Il governo accelera. Entro la settimana» («La Stampa», ibidem).
«Letta accelera. Decreto entro giugno» («la Repubblica», ibidem).
«Fisco e lavoro, meno vincoli» («Il Messaggero», ibidem).
«Sviluppo, lavoro, giustizia» («Il Sole 24 Ore», ibidem).
«Pronto il decreto del fare» («Il Mattino», ibidem). Manca soltanto il decreto del Dire.
È un aereo? Un uccello? Meglio: il decreto Letta
«Letta: 80 misure per ripartire» («la Repubblica», 16.6.2013).
«Lunga la strada, stretta la via ma la marcia è cominciata» (Eugenio Scalfari, ibidem).
«Letta il pragmatico e la strategia dei passi concreti», «Letta, governo più solido» («La Stampa», 17.6.2013).
«Berlusconi spinge il governo» («Corriere della Sera», ibidem).
«Letta: “Giudicatemi dai fatti”», «Scuola, la prima inversione di rotta» («la Repubblica», ibidem).
«Arriva il tutor salva-imprese» («Il Messaggero», ibidem).
Letta in vacanzetta con braghette e piscinetta nel giardinetto
«Enrico Letta, vacanze pallide in stile Dc». «Il fotografo di “Oggi” lo ha colto nell’unico lusso di questa estate: mentre s’immerge nella piscinetta dei figli. Una vasca fai da te, tre metri per due, piazzata nel giardino della casa dei suoi, a Colignola (Pisa). Enrico Letta indossa braghette a strisce biancoazzurre. In un’istantanea lo si vede mentre con il piede destro tasta la temperatura dell’acqua. In un’altra si rimpalla una sfera di plastica con i figli. Giardino di casa e vaschetta: così per cinque giorni le uniche vacanze concesse dalle tensioni sulle sorti delle larghe intese. L’altra distrazione era stata il concerto dei Nomadi a Cesenatico...» («la Repubblica», 24.8.2013). Ma attenzione alla troppa sobrietà. Scriveva il Belli: «Tristo chi se presenta a li cristiani / scarzo e cencioso. Inzino pe’ le scale / lo vanno a mozzica’ puro li cani».
Barack loves Enrico
«Obama: Italia nella direzione giusta» («la Repubblica» sull’incontro a Roma tra Barack Obama ed Enrico Letta, 18.10.2013)
«L’endorsement di Obama a Letta. “Impressionato dalla sua integrità, l’Italia va nella giusta direzione”. Il premier: anche qui come da noi gli estremisti perdono», «La Casa Bianca fa asse, Enrico incassa. “Adesso sarà più facile arrivare al 2015”. E Barack loda Napolitano: “La sua saggezza è utile a tutti”» («la Repubblica», ibidem).
«Obama vota la fiducia a Letta. “L’Italia è sulla strada giusta”. Il premier a pranzo alla Casa Bianca: subito un piano di privatizzazioni... Il vostro capo del governo è credibile sulle riforme. Washington ha bisogno di un’Italia stabile» («La Stampa», ibidem).
«I democratici Usa: “Non sono elogi formali, la fiducia è palpabile”» («Corriere della Sera», ibidem).
«Il tributo di Barack sulla “leadership” successo di Enrico. Rapporti ottimi come con Monti» («Il Sole 24 Ore», ibidem).
La Carlà de noantri
«Un’agenda tutta sua. Come Michelle Obama, la first lady per antonomasia. Come Carla Bruni, l’ex première dame. In Israele e Palestina, ieri, Gianna Fregonara ha “abbandonato” il marito agli impegni di Stato e si è ritagliata un programma personale. Due tappe dedicate alle donne: anche questo è il marchio di fabbrica delle first ladies» (Goffredo De Marchis sulla seconda moglie di Enrico Letta, al suo debutto accanto al marito nel viaggio in Israele, impegnata addirittura in un incontro con i carabinieri di stanza a Hebron e nella visita a una casa per donne vittime di violenza a Betlemme, «la Repubblica», 3.7.2013).
La First Letta
«Gianna Fregonara, una first lady a Testaccio che gira a Roma in bus». «Se solo non fosse di Novara, Gianna Fregonara, moglie di Enrico Letta e giornalista del “Corriere della Sera”, potrebbe lanciarsi sul mercato come il prototipo dell’italiana di nuovo conio, appassionata del suo lavoro, con un uomo ancor più in carriera di lei, madre, consumatrice curiosa di viaggi e culture. Ma Gianna Fregonara è di Novara, dunque prudente, ed è per di più sposa del prudentissimo Enrico. Perciò lei con i pupi al parco o a fare shopping in profumeria non la vedrete mai. Perché si è ritrovata “primera dama” proprio seguendo il percorso opposto. Prima first lady della generazione Erasmus (è nata nel 1967), prima first lady ad aver trovato lavoro grazie ad una borsa di studio (scuola di giornalismo Gino Palumbo), prima first lady poliglotta (parla inglese, francese e tedesco), prima first lady che virtualmente approda a palazzo Chigi con tre bambini di nove, sette e cinque anni, Giacomo, Lorenzo e Francesco, tutti come lei nati il giorno 12. Gianna Fregonara in Letta è nata il 12 dicembre e sotto la calma olimpica nasconde un segno di fuoco, Sagittario. Hai fatto tre parti pilotati?, chiedono ogni volta le amiche, alquanto impressionate dalla coincidenza. No, sono nati tutti e tre il 12 ma per puro caso, risponde lei. Gli studiosi di numerologia avranno pane per i loro denti. Gianna Fregonara ed io prendiamo un caffè sotto casa sua, in una luminosa mattina romana, lei è in tenuta da “scendo un attimo a prendere il latte”, cioè t-shirt rossa e jeans e di lì a poco deve andare in Vaticano, per la sua seconda visita nel ruolo di first lady... Nel caos di un Quirinale ormai transennato, la neo first lady salutò Napolitano, salutò il marito, e se ne tornò in autobus a Testaccio... Sportiva? Più che altro affezionata al mezzo tacco. Mai vista con uno stivaletto, Gianna Fregonara, ed è un vero peccato. Lei d’altra parte è cosi: Sophie Kinsella non ne avrebbe mai fatto la protagonista di I love shopping...» (Maria Latella, «Il Messaggero», 7.7.2013).
* * *
L’Alfetta temprata nel fuoco
Il 2 ottobre 2013 Berlusconi, condannato in estate dalla Cassazione e prossimo alla decadenza da senatore, annuncia la sfiducia al governo Letta. Ma i suoi ministri, capitanati da Alfano, tengono alla poltrona e minacciano lo scisma. Così alla fine l’ex Cavaliere si arrende e vota la fiducia. Il divorzio da Alfano & C. comunque è soltanto rimandato di un paio di mesi. L’indomani sul «Corriere della Sera», Antonio Polito paragona il presunto «parricidio» di Angelino a quelli di Fanfani con De Gasperi, di Sarkozy con Chirac, della Merkel con Kohl. E turibola il governo Letta che da questo momento – a suo dire – sarebbe «sorretto da una nuova maggioranza temprata nel fuoco di una battaglia parlamentare aperta e senza rete», in vista di una mirabolante «riforma del sistema politico» e naturalmente dell’avvento «di una Terza Repubblica». Con Cicchitto, Giovanardi, Schifani, Alfano & C. Nasce così il governo «Alfetta». Temprato nel fuoco, of course.
Ce li invidia l’Europa
«Il nuovo centrodestra vuole condividere l’obiettivo della presidenza italiana dell’Ue, riformare il sistema politico e soprattutto contrastare la linea della rottura istituzionale adottata da Berlusconi dopo la condanna» (Claudio Sardo, «l’Unità», 3.10.2013). Sta parlando anche lui di Alfano & C., pronti a scaricare il loro leader per restare incollati al governo.
Quid Quo Qua
«Il delfino Alfano ha trovato il suo quid... Non ha fatto l’errore di Fini... di rinnegare la storia del berlusconismo» (Pierluigi Battista, «Corriere della Sera», 3.10.2013).
Cattolici e pure liberali
«La nuova avventura politica nata sulle ceneri del Pdl... rimette in connessione due fili che appartengono al Dna iniziale di Forza Italia... l’anima liberale e quella cattolica democratica. Una sintesi che vent’anni fa aprì una stagione importante per i moderati dell’Italia» (Virman Cusenza, «Il Messaggero», 3.10.2013).
Ma che bella Alfetta
«Il coraggio dei moderati». «L’era di Berlusconi si è chiusa... l’emancipazione davvero moderata dei suoi ministri e di molti parlamentari... Ieri è nata una vera maggioranza politica delle larghe intese... una coalizione che si è forgiata passando attraverso una strettoia drammatica... Ne emerge un nucleo governativo, guidato dal vicepremier Angelino Alfano, che non può essere sminuito con la categoria dei transfughi o dei complici della sinistra... Una nuova maggioranza con forte identità... e più marcata omogeneità... protetta e consigliata da Giorgio Napolitano... sarà quella a governare e non l’ammucchiata numerica che vorrebbe condizionarla» (Massimo Franco, «Corriere della Sera», 3.10.2013). Che strano: cinque mesi prima, quando nacque il governo Letta, non si ricordano intemerate di Franco e del «Corriere» contro gli inventori dell’«ammucchiata numerica», da Napolitano in giù. Al contrario, si rammentano solo lodi sperticate alle «larghe intese» che avrebbero presto regalato alla Nazione tutta l’agognata «pacificazione» fra guardie e ladro. Ma questi profeti del giorno dopo, questi sfondatori di porte aperte, questi scalatori di discese sono fatti così: chi comanda ha sempre ragione.
Per il Bene comune
«Non c’è dubbio che decisiva per la vittoria sia stata la scelta di Angelino Alfano, vicepremier... di coprire il fianco destro del governo con senso di realtà e di lealtà... Per noi ciò che più conta è che finalmente il bene comune abbia finito per prevalere sugli interessi personali e di fazione» (Marco Tarquinio, «Avvenire», 3.10.2013). Il bene comune delle poltrone.
Angelino Bergoglio
«Ma noi non ci fermiamo, Angelino è il nostro Bergoglio». «Quando Ratzinger si è dimesso non ha chiuso la chiesa cattolica. È arrivato Francesco. E Ratzinger non è sparito, continua ad avere un ruolo importante. Però, adesso c’è Bergoglio. È come nella Dc: prima c’è stato De Gasperi, ma poi sono venuti Moro, Fanfani, gli altri. È normale» (Carlo Giovanardi, senatore Pdl, «Libero», 4.10.2013).
Angelino De Gaulle
«Nasce quella che noi chiamiamo la destra repubblicana... Una novità di grandissimo rilievo nel panorama della politica non soltanto italiana ma anche europea. Il governo Letta ne esce rafforzato perché scompare la presenza di Berlusconi e del berlusconismo dalla maggioranza» (Eugenio Scalfari, «la Repubblica», 17.11.2013). Sta parlando di Alfano, Schifani, Formigoni, Scopelliti, Bonsignore, Giovanardi, Lupi, Cicchitto, De Girolamo, Quagliariello e Lorenzin che, dopo la decadenza di Berlusconi da senatore, lo abbandonano nella riesumata Forza Italia per fondare il «Nuovo Centrodestra» (Ncd). E soprattutto per conservare le cadreghe di governo e di sottogoverno, mentre Forza Italia passa all’opposizione.
Quel cioccolatino di Laura
«“Oddio, mi fate le foto? L’avessi saputo mi sarei sistemata un po’ meglio”... “Le rughe? Ci ho messo tanto per farmele venire e adesso me le volete togliere?”... Bella nella sua giacca nera di seta, costata solo 15 euro in un negozio cinese... Sulla sua scrivania, tra file di post-it, ci sono tre tavolette di cioccolato: la dose per resistere al lavoro fino alle undici di sera» (Stefania Di Lellis incontra la neopresidente della Camera, Laura Boldrini, «D-La Repubblica delle Donne», 26.4.2013).
Santi Grasso & Della Volpe
«A Piero Grasso non piacciono le interviste fatte in fretta... Perché a un uomo abituato a capire prima di parlare, piace ragionare con chi fa le domande... Un paio di anni fa mi colpì molto... che rispondesse spesso ricordando “lo spirito di servizio” che deve avere chi fa il magistrato... Per anni si è voluta vedere la gestione di Grasso [della Procura di Palermo, nda] come un “arretramento” rispetto alla gestione Caselli. In realtà la differenza fra le due gestioni fu minore di quanto si sia ipotizzato [Caselli fece processare Andreotti e Grasso si dissociò dal processo Andreotti, nda]... Era ed è l’insegnamento di Falcone e Borsellino... A noi piace ricordare le sue presenze assidue agli appuntamenti annuali del 20 marzo di Libera, sempre vicino ai parenti delle vittime della mafia, alternandosi con studenti, scrittori, gente comune. E a fianco di Gian Carlo Caselli, alternandosi allo stesso microfono» (Santo Della Volpe sul neopresidente del Senato, «l’Unità», 20.3.2013). A Caselli, Grasso aveva soltanto soffiato il posto di procuratore nazionale antimafia grazie a una legge incostituzionale del governo Berlusconi. Ma non ce l’aveva con lui, anzi.
Grasso che cola
«Le “Lezioni di Mafia” che Pietro Grasso... ha impartito in tv... diventano strumento didattico permanente... un cofanetto... in libreria dal 2 gennaio prossimo... È toccato a Grasso raccogliere l’eredità di Falcone... e la scelta non poteva essere migliore, viste le caratteristiche che rendono l’attuale presidente del Senato il più “compatibile” interprete del “metodo Falcone”, sul lavoro e nelle scelte personali... Le due “lezioni” di Grasso si presentano di facile comprensione... accattivanti, grazie al formidabile repertorio dell’archivio Rai che le correda... Grasso non sfugge ai temi scottanti, come quello che affronta il nodo di mafia e politica, mafia e Chiesa e religione... per finire al bubbone bollente delle stragi e dei depistaggi... nell’ambito del più complesso capitolo della cosiddetta “trattativa” tra Stato e mafia» (Francesco La Licata, già coautore del libro dell’ex procuratore nazionale antimafia Piero Grasso Pizzini, veleni e cicoria, recensisce la nuova fatica letteraria del neopresidente del Senato, Lezioni di Mafia, cofanetto con libro e doppio dvd, «La Stampa», 30.12.2013). La trattativa, naturalmente, è cosiddetta e pure tra virgolette. Piano con le parole, moderiamo i termini.
Donna perfetta, tenerissima di cuore
«Annamaria Cancellieri integerrima, autocritica e super partes... La super prefetta prestata alla politica... La nonna d’Italia è finita nel primo trappolone... La stanno impalando senza pietà... La furia iconoclasta è ancora più furiosa quando l’icona è prestigiosa e riverita, fino ai limiti della perfezione... È la prefetta perfetta... Prefetta di ferro e di burro... irremovibile nei principi, tenerissima di cuore» (Cristiano Gatti sulla ministra della Giustizia sorpresa dalla Procura di Torino al telefono con i Ligresti a sparlare dei magistrati che hanno arrestato «don» Salvatore e a prodigarsi per far scarcerare la di lui figlia Giulia, «il Giornale», 2.11.2013).
Tota Cutugna
«Annamaria Cancellieri, un’italiana vera» (Giorgio Mulé, direttore di «Panorama», 7.11.2013). Lasciatemi chiamare / col cellulare in mano / sono un’italiana / un’italiana vera.
Quagliariello, il saggio che ammalia
«Gaetano Quagliariello ammalia pure la sinistra... incanta con modi gentili... ma sotto la grisaglia ha un temperamento ribelle... A passi misurati, com’è nella sua natura, Quagliariello è salito alla ribalta diventando ministro Pdl delle Riforme... All’alba dell’attuale legislatura, cogliendo i frutti della semina passata, il 53enne Quagliariello è esploso... Fu tentato dal salto della quaglia, parve sul punto di farsi accalappiare dalle sirene di Monti... Ma poi la rottura fu evitata poiché il Cav prese la guida delle truppe e i comprimari titubanti ritrovarono il coraggio... La figura esangue, accentuata dai cerchi sofferti delle orbite, è il suo maggiore fascino. Lo esercita a colpo sicuro sulle colleghe parlamentari» (Giancarlo Perna sul ministro delle Riforme, «il Giornale», 6.5.2013).
IN FONDO A DESTRA
Villa Arzilla
«Proprio sotto il palco... una lunga, drammatica, estenuante trattativa tra gli uomini della scorta, le forze dell’ordine e lui, Silvio Berlusconi... C’è il rischio altissimo di un attentato, si sforzano in tutti i modi di convincere il Cavaliere a indossare il giubbotto antiproiettile. Ma lui, come sempre, non cede. Non si cura delle preoccupazioni... Sale sul palco e attacca a parlare, senza indugi, senza tentennamenti. Come sempre... Ma la commozione per l’accoglienza e l’entusiasmo della folla... prende il sopravvento... Alla fine il suo staff e il suo medico lo vedono sbiancare in volto. Ma, fortunatamente, è solo un calo di zuccheri. Il Cavaliere è pronto a rimontare in sella per nuove avventure» (Gabriele Villa su un comizio di Berlusconi a Brescia, «il Giornale», 12.5.2013).
Troppa Imu, una colletta per Silvio
«Imu, che stangata per Silvio: paga 235 mila euro più di prima. Una mazzata» («Libero», 26.6.2013). Riuscirà il povero Silvio a sobbarcarsi 235 mila euro di Imu in più, o organizziamo una raccolta fondi?
È come Gesù
«Alfano: “Silvio è come Gesù linciato senza giusto processo”» («Libero», 23.8.2013).
La nuova sede fashion: un affarone
«Marmi, affreschi e design. Ecco la sede di Forza Italia». «Il Salone degli specchi, 150 metri quadri di marmi, stucchi, lampadari di cristallo, soffitti affrescati o a cassettoni d’epoca, (in arrivo) un tavolo da riunione per 36 persone, lusso o quasi sfarzo per l’ambiente più grande del palazzo tutelato dalle Belle Arti, in piazza San Lorenzo in Lucina. L’altro ambiente... è l’ufficio destinato al Capo, Silvio Berlusconi. “Ufficio” è riduttivo. Una megasuite, un appartamento di 100 metri quadri, con rifiniture di pregio, colonne stile classico, in attesa degli arredi scelti dal Cavaliere... E un grande divano di oltre quattro metri... Dal canone di 2,8 milioni di euro l’anno per i 5000 metri quadri di via Dell’Umiltà, anonimi e poco funzionali... ai 960 mila euro... Affitto vantaggiosissimo contro quasi il triplo della sede precedente... Chi ce l’ha più grande l’ufficio, dopo Berlusconi? Per pochissimo pare la spunti Alfano, il segretario. Poi Verdini, Santanché, Bondi, Capezzone... Usciti dal portone, lo show room di Louis Vuitton e le borse di Bottega Veneta. Un’altra novità elettrizzante per le pidielline più fashion addicted» (Paolo Bracalini, «il Giornale», 4.9.2013). Mecojoni.
La prozia di Mubarak
«Perché i giustizialisti odiano il libero Cav». «Traspare nitidamente che Berlusconi è diventato destinatario di un clamoroso quanto irrazionale livello di punibilità, esattamente così come lo siamo state noi donne per millenni, costringendoci a metà del secolo scorso a dirottare imponenti energie per disarticolare norme di esistenza progettate sulla degenerazione vistosa del mondo maschile... Berlusconi è destinatario di un clamoroso quanto irrazionale livello di punibilità... In questi anni noi femministe abbiamo messo in luce che chi è psicologicamente anchilosato nelle tradizioni non sarà mai in grado di agire contro lo statuto di una ideologia giuridica e politica decrepita» (Elvira Banotti, femminista anni Settanta, «Orazione femminista» di un’intera pagina contro la condanna di Berlusconi in Tribunale a sette anni per concussione e prostituzione minorile, «Il Foglio», 27.11.2013). E ora chi lo spiega alla Banotti che il «mondo maschile» che ha condannato il povero Silvio è un collegio di Tribunale formato da tre donne su tre?
Silvio tutto l’anno, arriva il Cavlendario
«Sempre con voi. Tutto è tricolore. Tutto è luce e quel sorriso, poi – la bianchissima dentatura del Cavaliere – dilaga dalla parete fino a far festa in tutta la casa. Questo non è un calendario. Questo è René Magritte puro» (presentazione del «Cavlendario» del 2014 con le più toccanti e suggestive immagini di Silvio Berlusconi, «Il Foglio», 18.12.2013).
Il Genio Rugoso
«Una mossa geniale, geniale!» (Pierluigi Battista, Lineanotte, Rai3, 24.1.2014).
«È una resurrezione politica... Quei solchi sulla fronte regalano al Cavaliere qualcosa di molto preciso: l’umanità... Una straordinaria risposta al giovanilismo renziano... C’è carisma, una profondità nuova e inaspettata. Una buona parte di coraggio. La faccia di Silvio è un romanzo di frontiera di Cormac McCarty... Il Winchester è carico» (Francesco Borgonovo, «Libero», 25.1.2014). I due commenti esultanti si riferiscono a una fotografia d’autore pubblicata sulla copertina del «Sunday Times» che ritrae Berlusconi senza trucco, il volto solcato dalle rughe. Nell’empito encomiastico, sfugge ai due turiferari che l’ex Cavaliere, nel modello-base non accessoriato, è pelato come una palla da biliardo, mentre nella foto «al naturale» che tanto li entusiasma il capino implume è ornato dalla consueta moquette catramata. Il Winchester comunque è carico: di saliva.
Il Cavaliere di Ventura
«26.1.1994 - 26.1.2014. Vent’anni esatti. Che cominciano con “L’Italia è il Paese che amo” e finiscono (ricominciano) con “Forza Italia”. Un cerchio aperto. E un leader, Silvio Berlusconi, dato per finito così tante volte ma che non si arrende e ogni volta risorge. In questi giorni col colpo di scena della sua ultima e spiazzante metamorfosi: la maschera dell’uomo senza maschere, per dirla con Giuliano Ferrara sul “Giornale”. Un uomo, un leader, della sua età. Tre scatti sul “Sunday Times”, forse per la prima volta un reality del Cavaliere senza le edulcorazioni di photoshop. Un uomo d’esperienza, con la naturalità di un volto segnato, più che dall’età, dalle vicende formidabili che ha attraversato, sempre sulla cresta di consensi e polemiche, da numero 1: dal rivoluzionario imprenditore immobiliare e televisivo al leader che inaugura un linguaggio nuovo della politica e fa scuola non solo in Italia, passando per il presidente del glorioso Milan che offre un assist calcistico al battesimo di “Forza Italia”.
Nel bene o nel male, chiedete a chiunque all’estero di citare un politico italiano famoso e vi sentirete rispondere Berlusconi. Alessandro Campi, sul “Messaggero”, politologo tutt’altro che berlusconiano, riconosce al Berlusconi che si fa crudamente ritrarre sul “Sunday Times” addirittura “genio creativo” e “il fiuto per gli umori profondi del popolo”.
C’è tanto di buono in questi vent’anni: il pericolo scongiurato di un’Italia che nel ’94 rischiava di finire in mano al Pds di Occhetto, tanti buoni atti di governo soprattutto in politica estera (come il riequilibrio dell’Italia filo-atlantica vicina a Israele), un contrasto alla crisi nel 2008 più efficace di quanto oggi si pensi. Ma sono stati anche vent’anni di delusioni, amarezze e occasioni perse. Pesa la sconfitta nel duello con una certa magistratura e con i piccoli partiti, dall’Udc a Fli fino al “tradimento” di Alfano. La pecca più grave: non aver formato una classe dirigente di Forza Italia e del centrodestra all’altezza della visione liberale del fondatore.
Però quel primo discorso è senza macchie e va ricordato. Vale anche oggi. È un manifesto insuperato. Sempre attuale. Silvio Berlusconi appare in tv il 26 gennaio 1994 per quel videomessaggio che appartiene alla storia di tutti. Le parole d’ordine della sua sfida liberale stanno tutte dentro 6 fogli scarsi, spaziati, sottolineati dal Cavaliere dove vuol rimarcare un concetto, come il “qui” che è l’Italia: luogo delle radici, della vita, della costruzione dell’impresa economica, sportiva, e politica. Nove minuti e 25 secondi liquidati con sufficienza dai commentatori di regime, da Angelo Panebianco a Curzio Maltese, e che invece segnano la storia d’Italia e la cambiano...
Le parole chiave: libertà, competizione, famiglia, profitto, efficienza. E, naturalmente, individuo e iniziativa privata. No all’invidia sociale. “La storia d’Italia è a una svolta”. “È possibile farla finita con una politica di chiacchiere”. L’Italia resterà una “democrazia occidentale”. Berlusconi dà speranza. Parla di “un grande sogno” (il sole in tasca). Di “un’Italia più giusta”. Conclude con l’esortazione a “costruire insieme, per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano”.
Il resto, i vent’anni dopo, li conosciamo... Fino al processo Ruby, alla sentenza Mediaset, alla decadenza dal Senato, alla richiesta di affidamento ai servizi sociali. Ma anche alla rinascita con “Forza Italia” e all’opportunità di rifondare la Repubblica insieme a Renzi» (Marco Ventura, «Panorama», 26.1.2014). Una promessa o una minaccia?
GRILLO
Quirinale a 5 Stelle
«Caro Grillo, desidero ringraziarla vivamente, a nome del presidente della Repubblica, per l’invio del libro Schiavi moderni – Il precario nell’Italia delle meraviglie che raccoglie numerose e coinvolgenti testimonianze di cittadini con lavoro precario. Il capo dello Stato, come è noto, è molto sensibile alle grandi questioni sociali del nostro tempo, e si è più volte espresso sui problemi del precariato rendendosi interprete di sollecitazioni e riflessioni nei confronti del Parlamento e del governo. L’occasione mi è gradita per associare al saluto del Presidente anche il mio personale augurio di successo per la significativa iniziativa editoriale scaturita dal suo blog» (lettera di Pasquale Cascella, consigliere del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per la stampa e l’informazione, al comico Beppe Grillo, Ansa, 7.8.2007).
Siamo tutti populisti
«Eh sì, orribili populisti, ci assicurerebbero i sapientissimi nostri intellettuali che sermoneggiano in ogni sede su che cosa è la vera democrazia. Sì, tutti populisti: come Beppe Grillo, naturalmente, e chi lo ha votato. Si dà il caso tuttavia che le classi dirigenti vere, i veri governanti, facciano proprio questo, guarda un po’: specie nei momenti critici, cioè, cercano di mettersi allo stesso livello della gente comune, di condividerne pericoli e disagi, e in questo modo di meritarne la fiducia. Non vanno ogni sera in tv da Bruno Vespa o da Floris, o da Santoro... Una classe politica che ha il senso del proprio onore e delle proprie funzioni deve essere capace di sentire quando è il momento di stare dalla parte dei suoi concittadini. Se non lo sente, ecco che allora sorge inevitabilmente a ricordarglielo il cosiddetto “populismo”. Certo, il populismo si limita perlopiù a invocare comportamenti diversi, denuncia ingiustizie e latrocini, insiste sulla moralità e sulla qualità delle persone. Non è “propositivo”, come si dice; non indica vasti programmi di misure strutturali. Fa come ha fatto Grillo, appunto. Ma sarà pure lecito chiedere: c’è per caso qualcuno tra coloro che stanno leggendo queste righe che ricorda invece una vera proposta, per così dire strutturale, avanzata in questa campagna elettorale da Casini o da Bersani? E c’è qualcuno che ha ascoltato Vendola illustrare come immaginava di finanziare l’Eden che nei suoi programmi si compiaceva di dipingere per il futuro? Stranamente però non sono in molti a dare del populista a Vendola.
Volendo però entrare nel cuore della presunta assenza di proposte e di veri obiettivi politici da parte del cosiddetto populismo grillino, la domanda decisiva da farsi mi sembra questa: a conti fatti, voler mandare a casa un’intera classe politica costituisce o no un obiettivo politico (e non da poco, direi)? Costituisce o no un programma, anzi un ambizioso programma elettorale? E se la risposta è positiva, allora sopraggiunge di rincalzo un’altra domanda ancora: nelle condizioni date, qui, oggi, in questo Paese, quale altra via esisteva, per cercare, non dico di realizzare ma di affermare con forza quell’obiettivo, se non il voto per la lista di Beppe Grillo? Quale altra via esisteva per esprimere il proprio rifiuto nei confronti di una classe politica che in venticinque anni non ha saputo mettere in prima fila una sola faccia nuova? Che ancora oggi vede da un lato un vecchio leader 76enne, circondato da uno stuolo di camerieri, e dall’altro un partito, il Pd, che alla candidatura di Matteo Renzi ha saputo opporre solo la rabbia antiriformista dei vecchi oligarchi tardoberlingueriani alleati con i giovani turchi dell’apparato, entrambi oggi pronti, magari, a sostenere disinvoltamente che pure Grillo “è una costola della sinistra”? Quale altra via per protestare davvero contro una classe politica (ma non solo: né Monti né alcuno dei suoi ministri “tecnici” ha mai osato proporre alcunché, e tanto meno minacciare di dimettersi), una classe politica (ma non solo), dicevo, che travolta da scandali di ogni tipo e misura non è stata capace di inventarsi nulla, assolutamente nulla, per riguadagnare la fiducia dei cittadini?
E però non bisognava votare Grillo – si dice – per non dispiacere ai mercati e all’Europa, per non farci massacrare dallo spread. Evidentemente però molti hanno pensato che forse la qualità dei governanti è un prius rispetto a qualunque altra urgenza. Che forse una classe politica screditata e corrotta non solo alla fine non dà alcuna vera garanzia alla stessa Unione europea, ma soprattutto (ed è cosa non da poco) non garantisce un rappresentanza e una difesa adeguate degli interessi nazionali.
Questo è il punto: una classe politica chiusa nella supponenza delle sue chiacchiere e nell’impotenza del suo finto potere, la quale non ha voluto prendere atto che c’è un’Italia sempre più numerosa che non ne può più: né di lei né dei suoi partiti. Un’Italia che quindi ha fatto la sola cosa che poteva fare: se n’è inventato un altro, di partito. Praticamente dal nulla e con il nulla: affidandosi a una sorta di fool, di “matto”, di buffone shakespeariano, l’unico capace, nella sua follia, di dire ciò che gli altri non potevano. Con l’augurio – che a questo punto, immagino, è di tutti gli italiani – che alla fine, però, possa esserci del metodo in quella sua follia» (Ernesto Galli della Loggia, all’indomani del boom elettorale del Movimento 5Stelle, «Corriere della Sera», 27.2.2013). È lo stesso Galli della Loggia che il 29 settembre 2007, dopo il primo V-Day, aveva definito Grillo «personaggio di brutale avidità».
Ah, quei riccioli timidi!
«Gli eletti del Movimento cinque stelle... il caffè se lo sono pagati da soli. Quanto all’albergo, non dormono qui. Nonostante ci siano ottime ed economiche offerte, “quasi tutti i non romani si sono organizzati con soluzioni low cost”, racconta uno di loro. Compreso l’aereo. In fondo, chi non ha un amico a Roma? Per trovare casa ci sarà tempo... Fuori dalla porta a vetri dell’hotel Saint John s’è creata una tale ressa di cameramen, fotografi e giornalisti che, da dentro, gli eletti li filmavano a loro volta con gli smart phone e i minitablet, per poi sorridere e darsi un po’ di gomito. L’assediato che assedia a sua volta l’assediante... Il team di Grillo e Casaleggio ha organizzato in concreto lo Tsunami... I ricci neri e timidi di Andrea Cioffi. Molto defilata Marta Grande, la più giovane, maglioncino grigio, appoggiata alla colonna... Due ragazze, filmaker esterne, girano un documentario per immortalare una riunione che comunque sarà ricordata... L’età media è palesemente sotto i quarantacinque. Estetiche assurde e cappellai non ce ne sono... Ma non c’è neanche un abbigliamento prevalente. Le ragazze, ce ne sono di carine. Sembrano molto diversi all’aspetto dai parlamentari cui siamo abituati... Votano per alzata di mano, non col televoto. Al momento di andare via, alcuni hanno organizzato un furgoncino-scolaresca. Sentono di avere una missione, ma te la spiegano come se si fosse a una festa, anche se non eri stato invitato» («La Stampa», 4.3.2013).
Siamo qui per voi
«... I giovani “cittadini” del Cinque Stelle che vanno in Parlamento si aprano ai giornali. È la vostra grande occasione, ragazzi. Avete bellissime facce, un’autostrada davanti, e un ottimo curriculum (salvo quello che cerca il Senato su Google). Ci sono cronisti giovani con una preparazione tecnica eccezionale: hanno bisogno di fare esperienza con voi sulla strada, fuori da un albergo, in Transatlantico (l’esatto contrario di quello che succedeva trent’anni fa). Fatevi conoscere, raccontateci la vostra idea di cambiamento. In un certo senso, siamo sulla stessa barca» (Repubblica.it, 4.3.2013).
Egli non invecchia: ringiovanisce
«65 anni fa nacque una persona speciale (...) che 8 anni fa ha cambiato le nostre vite, che ha dato il LA ad una rivoluzione culturale inarrestabile e ineluttabile... benché la sua età anagrafica cresca... la sua età biologica recupera di anno in anno stando in mezzo alla gente che gli vuol bene. Grazie di cuore Beppe...grazie» (Vito Crimi, capogruppo M5S al Senato, Facebook, 21.7.2013).