Capitolo 14



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BROOKE


Caleb avrebbe potuto aiutarmi a dimenticare.

Anche se solo per una notte, sarebbe stato un dono che avrei portato sempre con me, perché lui era il primo a renderlo possibile dopo Marcus. Se non avessi incontrato Caleb, forse non avrei più fatto sesso in vita mia.

Perciò, quando decisi di andare a letto con lui, lo feci con la speranza di guarire questa parte di me, ancora rotta.

Caleb era unico e lo avevo capito subito. Lui aveva la combinazione magica di cui avevo bisogno per riuscire a compiere questo passo verso l’intimità con un uomo. Riconoscevo sia il desiderio da parte sua sia la mia attrazione nei suoi confronti, ovviamente, ma era stato il suo modo così paziente e premuroso di mostrarmi che mi desiderava a consentirmi di fidarmi di lui. Non mi ero mai sentita così curata e protetta come quando mi aveva presa tra le braccia e trasportata di peso sul suo letto.

In qualche modo, sapevo che potevo fidarmi di lui, per quanto riguardava il mio corpo. Mi avrebbe fatto dimenticare l’orribile incubo di Marcus. Mi avrebbe dato piacere. Avrebbe potuto farmi sentire di nuovo tutta intera, senza cercare di intrappolarmi, controllarmi o ferirmi. Non volevo pensare a nient’altro che a questa notte, la prima con un uomo che mi aveva fatta sentire una donna desiderabile invece di una puttana da scopare.

E io lo volevo.

Mentre mi teneva stretta nel suo letto enorme, accarezzandomi i capelli e il corpo con una delicatezza che non avevo mai provato prima, avevo capito quello che volevo fare.

Una volta in bagno, aspettai finché non fui sicura che mi stesse guardando dalla porta che avevo lasciato aperta, prima di iniziare a spogliarmi.

I calzettoni furono i primi ad andarsene. Me li tolsi uno alla volta, lasciandoli cadere sul pavimento di marmo. Afferrai l’orlo della maglia nera e la sfilai dalla testa. I seni nudi si sollevarono, spinti dal tessuto, per poi rimbalzare giù, con tutto il loro peso. Immaginai Caleb guardarli, e un brivido mi percorse la schiena. Al pensiero di lui che mi osservava dal letto, sentii i capezzoli indurirsi in due nodi stretti e dolorosi.

Con mani tremanti, infilai le dita nell’elastico dei pantaloni del pigiama di flanella e li feci scivolare giù, ondeggiando le anche. Li calciai da un lato e feci un respiro profondo. Sentivo i suoi occhi addosso, ma l’oscurità da cui era avvolto, mi impediva di vederlo, mentre concludevo il mio spogliarello.

Le mie culotte azzurre a pois furono le ultime ad andarsene; poi mi voltai verso la doccia, che pompava nuvole di vapore denso.

Provai a rallentare il cuore che batteva impazzito, mentre entravo nella specie di grotta di travertino. L’acqua calda si riversò su di me da tre enormi soffioni a pioggia, in un delizioso acquazzone purificante per corpo e spirito. Non c’erano porte nella doccia, perciò non mi accorsi quando entrò. Percepii solo la sua presenza, sentendo il cambiamento nel getto dell’acqua, mentre il suo corpo si avvicinava al mio.

La sua mano, un tocco di piuma sulla mia spalla. Le sue labbra, un soffice pennello che disegnava il punto dove la spalla incontrava la base del collo. Mi abbandonai all’indietro contro di lui, lasciando che supportasse il peso del mio corpo, mentre mi baciava la carne, facendosi strada con la mano verso un seno. Lo prese a coppa, soppesandolo e spingendolo in alto prima di strizzarlo al centro. Il capezzolo si indurì ancora di più quando iniziò a giocherellarci con le dita. Sentii che stavo abbandonando ogni inibizione, mentre le sue mani vagavano sapienti su di me. Caleb sapeva esattamente come toccarmi e farmi dimenticare tutto.

Le sue mani e le sue labbra erano ovunque, il tocco era gentile ma deciso, e i baci adoranti ma esigenti. La perfezione assoluta. Stava risvegliando in me sensazioni che credevo non esistessero più.

Con una presa decisa, mi fece voltare verso di lui tenendomi a distanza. «Ti voglio vedere. Voglio guardare ogni singolo centimetro di te» disse con la voce colma di desiderio. Poi mi fece indietreggiare fino ad appiattirmi contro il muro. Tra i nostri corpi c’era solo l’acqua calda che cadeva dall’alto come pioggia, ed era l’unico rumore nella stanza.

I suoi occhi si infiammarono mentre mi scrutava dalla testa ai piedi, e la sua reazione, di fronte a quello che vedeva, mi eccitò da morire. Però, ero più interessata al suo corpo statuario in piedi di fronte a me. Caleb era uno splendido esemplare di uomo, sotto ogni punto di vista. Le braccia, ben definite da muscoli tonici, erano sorrette da spalle larghe e possenti, che scendevano su una tartaruga di addominali, scolpendo una V perfetta e mascolina, che mi tolse il respiro.

Era uno spettacolo della natura, con un pene impressionante, duro di desiderio, che svettava per me.

Con un gemito soffocato che iniziò e terminò col mio nome, si inginocchiò poggiando le mani sul dorso dei miei piedi. Trovò subito le cicatrici e ci passò sopra le labbra, con baci lenti, adoranti e curativi che scivolavano piano lungo la linea spessa di pelle, millimetro per millimetro. Rabbrividii quando lo vidi infilare la lingua tra le mie cosce, mentre mi posizionava la gamba destra sopra la spalla. Ma non opposi alcuna resistenza, perché il bisogno ossessivo di lasciare che continuasse la sua esplorazione, spazzava via tutti i pensieri.

La prima pennellata di lingua che scivolò sul mio sesso, mi fece uscire un grido crudo e ruvido. Mi aggrappai alla parete della doccia con i palmi, per non crollare sul pavimento. Caleb succhiò e leccò senza sosta, portandomi sull’orlo di un orgasmo mai provato. La sua lingua magica ruotava intorno al clitoride, titillandolo, per poi risucchiarlo tra le labbra, facendolo entrare e uscire, con la barba corta e ispida che mi solleticava. Il contrasto tra morbidezza e ruvidità mi fece esplodere in un istante, in una singola gloriosa scarica.

«Caleb... s-sto v-venendo» riuscii a malapena a sussurrare. Non mi importava più di niente, ma solo di quello che lui mi stava dando.

«Mmm... mmm. Sei meravigliosa» lo sentii mormorare contro il mio sesso grondante di piacere, mentre deflagravo in un milione di pezzi, affogando di godimento e lottando per respirare.

Mi resi conto, quasi in trance, di venire trasportata via dalla doccia e distesa su una superficie dura. Il piano del bagno? 

«Sei spettacolare quando vieni.»

Gemetti, ripensando alla sensazione così perfetta appena provata e che non avrei mai dimenticato. «È stato bellissimo» risposi, incapace di intendere e di volere.

«Ti voglio adesso, Brooke.» Mi prese il volto tra le mani, come a chiedermi il permesso, con gli occhi blu che mi penetravano di già.

Mi venne quasi da piangere, per il suo gesto. «Sì.»

Mi avvolse in un asciugamano caldo e mi asciugò piano tra baci disperati che mi toglievano il respiro. «Eri bellissima, prima, quando ti sei spogliata per me. Sono quasi venuto, solo guardandoti» disse, passando piano l’asciugamano su un seno e poi sull’altro. «Voglio farti godere così tutta la notte.» Detto ciò, lanciò via l’asciugamano. Le sue parole significavano tutto, per me. Quasi, riuscivo a credere che tutto il brutto non fosse mai esistito, per il modo in cui Caleb mi trattava in questo momento.

Mi allungai verso di lui e passai le mani sul suo petto, scendendo giù, finché non gli afferrai il pene, rigido e pronto. Si morse il labbro e gettò indietro la testa mentre lo pompavo su e giù con la mano, abituandomi alla sensazione della sua pelle setosa e tesa come il marmo. Volevo... no anzi, avevo bisogno di Caleb dentro di me.

Armeggiò dentro un cassetto alla mia sinistra e tirò fuori una manciata di profilattici colorati, facendone cadere altrettanti sul pavimento. Pensai subito a quando mi aveva detto di essere uno scout, sempre pronto a ogni evenienza... anche quella di fare sesso sul piano del bagno, evidentemente. Il pensiero venne e scomparve, non appena lo vidi aprire una confezione e infilarselo. Il suo pene era bellissimo, lo volevo dentro di me... e lo volevo proprio in quel momento.

Caleb mi baciò in modo passionale, con la lingua che mi penetrava la bocca come una supplica accorata, mentre con ciascuna mano si agganciava alle mie ginocchia, spalancandomi le gambe. Se lo prese in mano e lo posizionò dritto davanti al mio ingresso scivoloso... e, con un colpo deciso, sprofondò dentro di me, fino in fondo.

«Cazzooo!»

«Ahhh!»

Entrambi gridammo all’unisono.

Guardammo i nostri corpi unirsi nel modo più primitivo, mentre lui entrava e usciva da me con sferzate furiose. Dovetti chiudere gli occhi un istante, perché l’immagine di noi che scopavamo era davvero troppo intima da sopportare, tutta in una volta. Volevo solo provare la sensazione e il piacere che mi stava dando. Volevo solo sentire.

Capendo subito dove fossi volata via con la mente, mi venne a cercare la bocca e baciò via tutti i dubbi che avevano tentato di assalirmi. Mi prese in braccio, le mani sulle natiche, e, così impalata a lui, mi porto sul letto. «Qui è dove ti voglio scopare per la prima volta. Sul mio letto, perché questo è il tuo posto» mi disse stendendomi sulle lenzuola di seta che sapevano di lui.

Era il mio posto?

Appartenevo a Caleb? 

L’idea era folle, ma non potevo negare che mi piacesse sentirglielo dire. La sua premura nei miei riguardi era impagabile e, per assurdo, questo mi faceva rischiare di innamorarmi di lui. Grosso pericolo! Non potevo. Sapevo che non potevo innamorarmi di Caleb Blackstone. Sesso. Scopate ricreative. Piacere momentaneo. Questo era quello che avremmo potuto avere insieme. Doveva bastarci, in un modo o nell’altro.

«Però ti voglio vedere mentre lo facciamo.» Armeggiò con qualcosa e le luci si accesero nella stanza buia.

«Sì, anch’io» risposi, passandogli la mano sulla V degli addominali tra le anche, e ammirando il suo glorioso corpo connesso al mio.

Si era avverato il mio desiderio.

Vidi tutto, con le luci accese. Il modo furioso e frenetico con cui lottammo per raggiungere una fine squisita, terrificante e squassante... insieme.

Caleb mi afferrò le mani e le intrappolò sopra la mia testa, imprigionando i polsi con una mano e afferrandomi l’anca con l’altra. Così inchiodata sotto di lui, assaporai il suo lato dominante e questo mi spinse ancora più vicina al secondo orgasmo, che sentivo arrivare sparato verso di me.

A quel punto iniziò davvero a scoparmi, con colpi forti, duri, profondi, che mi arrivavano al cuore, riempiendomi fino all’orlo con la sua carne tesa e mascolina, che mi dava un piacere immenso a ogni sferzata. Era un tormento quando faceva uscire il pene da me e un sollievo quando lo rinfilava ancora più in profondità.

Per la prima volta in vita mia, assaporai l’essenza dell’intimità sessuale.

Nell’estasi, colsi immagini di Caleb allungato su di me, con i muscoli tesi, la pelle dorata luccicante di acqua e sudore, che mi prendeva. Mi ero abbandonata a lui e lui mi aveva presa, proprio come volevo. Mi stava facendo dimenticare, proprio come speravo.

Dentro di me, in profondità, sentivo il suo cazzo indurirsi ancora di più e capii che la fine era vicina. La sua mano si spostò e si mosse piano fino a strofinarmi il clitoride, sensibile e gonfio. Voleva che godessi di nuovo. Che uomo!

«Godi, dai. Godi con me, Brooke. Voglio... venire... insieme a te» mi supplicò in modo disperato, quasi selvaggio.

«Sì... eccoooo.» Gli impulsi elettrici si scatenarono in me, nel momento in cui pronunciai quelle parole. Mi lasciai cadere dal precipizio, tuffandomi in un glorioso fiume di piacere, mentre Caleb mi colmava del suo nettare paradisiaco, con pompate frementi.

Avrei voluto ringraziare Caleb Blackstone, per avermi dato qualcosa che non mi era mai stata data da nessun uomo: adorazione.

Dopotutto, avrei potuto innamorarmi di lui, pensai, mentre scivolai nella beatitudine con lui ancora dentro di me.