QUARTA PARTE

L'incubo

 

1

 

— Ma io non so niente di questo settore! — L'uomo più giovane tra i presenti cambiò leggermente posizione nella sua poltrona anatomica come se quel sedile semi-reclinabile, inteso per offrire il massimo comfort, gli stesse improvvisamente procurando più di un motivo di disagio.

— Il che è precisamente il motivo per cui ti riteniamo così necessario per l'intera operazione — fu la replica vagamente gelida di uno dei tre che lo fronteggiavano. Era un Trystano e la sua cresta di piume portava i primi segni di sbiadimento dell'età.

— Un Terrestre appartenente a un clan facoltoso, in visita a questo settore, potrebbe benissimo visitare Ty-Kry — congetturò l'uomo alla sinistra del Trystiano. — E, soprattutto, potrebbe chiedere le prestazioni di una sognatrice senza suscitare commenti, né domande fuori posto. Si sa che la nostra classe di pluri-possidenti è sempre avida di nuove esperienze. E la tua copertura sarebbe impeccabile.

Burr Neklass si strinse nelle spalle. Non aveva mai avuto noie con il dipartimento delle forniture. Qualunque copertura preparata da loro poteva essere vagliata e rivagliata senza nessun pericolo per l'impunità di chi la usava. Anche quella volta lo avrebbero provvisto di una storia che risaliva al momento della nascita e di un curriculum immacolato. Non era quella la ragione del suo attuale disagio.

Ben sapendo chi e che cosa era, introdusse il problema con molta franchezza.

— Io non sono un Esper.

— Sei stato scelto proprio per questo — replicò Hyon. — Chiunque sia convinto di prendere in esame un Esper non avrà la possibilità di scoprire nulla. E non credere neppure per un istante di non dover subire indagini accuratissime.

— Insomma, sono solo un'esca. — Ancora una volta, Burr contorse le spalle contro la poltrona anatomica. — Un'esca eventualmente da abbandonare, per di più.

Grigor Bnon, l'unico vero umano in quella specie di consiglio interno, sorrise. A Burr sembrò che nella curva delle sue labbra si nascondesse per:un attimo un briciolo di sarcasmo. Bnon aveva fama di essere spaventosamente nonumano quando si trattava di assegnare incarichi, e la cosa non gli dispiaceva affatto.

— Un'ottima esca — commentò in quel momento con dolcezza. — A giudicare dalle referenze, sei proprio il tipo giusto per questa trappola Qualunque sia e comunque funzioni.

— Grazie tante, Comandante! — ribatté Burr in tono aspro. — E se dico di no?

Bnon si strinse nelle spalle. — una possibilità, naturalmente. Un tuo privilegio.

Ma volete che accetti, ribatté Burr tra sé. Avete aspettato un bel pezzo prima di trovarmi in difetto di un capello e adesso, che lo voglia o no, mi tenete in pugno. Sentì un sapore amaro in bocca. Forse si era morso mentre rifletteva.

— Insomma, volete mandarmi laggiù senza una spalla. E che cosa succederà se muoio? Non potrete saperne di più di quello che sapete adesso. Non è possibile applicare il monitoraggio ai sogni… — La frase aveva una strana inflessione in salita, che la rendeva simile a una mezza domanda. Se il monitoraggio fosse stato possibile e lui avesse avuto la certezza di essere tolto dai guai nel momento cruciale la cosa avrebbe assunto un aspetto completamente diverso.

— Non nel senso che vorresti tu. — L'ultimo del terzetto aveva preso la parola per la prima volta. L'aspetto era cosi umanoide che Burr avrebbe potuto tranquillamente scambiarlo per un colono con antenati Terrestri. Solo un paio di strani occhi senza pupille e la sottile lanugine che gli ricopriva le parti visibili della pelle lo classificavano subito come alieno. — Avrai comunque una spalla, anche se sarebbe stupido da parte nostra mettere a repentaglio la vita di un secondo uomo.

— Grazie per avermelo detto. — Burr infarcì la risposta al Capitano di Corpo Illan di tutta l'ironia di cui era capace.

Il Capitano non parve farci caso. — Ti doteremo di una sognatrice, come sei già stato ampiamente informato.

Ebbene, queste sognatrici possono essere noleggiate o acquistate direttamente dall'Arnia. Alla morte del padrone devono essere restituite e al clan dello scomparso va un rimborso di metà del prezzo iniziale. Le sognatrici restituite possono essere affittate solo per un tempo prestabilito.

"Si dà il caso che Osdeve, Signore di Ulay, avesse acquistato da due anni una sognatrice del decimo livello.

Era all'ultimo stadio della febbre di kaffer. Cosi, due giorni fa è morto e la sognatrice, Uahach, deve essere restituita all'Arnia. Secondo le usanze generali non potrà essere venduta di nuovo prima di un anno, dal momento che ciascun proprietario, o fruitore, programma le sognatrici secondo i propri gusti e le ragazze hanno bisogno di riposo prima di una nuova programmazione.

"Tuttavia, la Foostmam non potrebbe sopportare di vedere un talento inutilizzato. Dunque, consentirà a Uahach di sognare nell'Arnia, a patto che la persona che la noleggia accetti qualunque sogno e non abbia richieste particolari.

"Tu sarai un turista, desideroso di provare un sogno semplicemente come esperienza di viaggio. Uahach risponderà alle tue esigenze come chiunque altra. Dirai di aver sentito parlare di lei e avrai un'ottima ragione per chiedere di provarla."

Hyon riprese fiato e Burr ne approfittò per scoccare una domanda.

— Come potrò sostenere di aver sentito parlare di lei, se è la prima volta che visito Ty-Kry?

— Osdeve era in viaggio, tre anni fa. Ha visitato Melyitis. Tu, o meglio la persona che sarai su Ty-Kry, lo hai conosciuto lì. In effetti, anche in seguito, lui ti ha parlato cosi tanto di sogni e sognatrici che non avresti mai potuto passare da queste parti senza provare l'esperienza di persona.

Burr corrugò leggermente la fronte. Non aveva dubbi che quell'incontro su Melyitis sarebbe stato documentato in maniera così precisa da sembrare vero anche a lui. Ma i dubbi riguardavano un altro punto.

— Fino a che punto potrò fidarmi di questa Uahach?

— E' un'agente… o meglio, lo sarà quando farà ritorno all'Arnia — spiegò Bnon. — Basterà una plastica e sarà una Uahach perfetta. Lei è davvero una Esper e ha praticato studi da sognatrice, per un certo periodo. E con noi da molto tempo prima che il computer delle missioni da assegnare selezionasse te.

E questa lei sconosciuta correva un rischio anche maggiore del suo, pensò Burr. Le sognatrici, nonostante si sottoponessero a faticosi allenamenti per ottenere il certificato di tipo A o E, nascevano già pronte per guidare altri attraverso i loro mondi immaginari.

— Sì, è una di noi. — Hyon prese di nuovo la parola. — Ed è proprio perché era libera in questo momento che noi ci troviamo riuniti qui. Abbiamo dovuto aspettare parecchio perché arrivasse il momento giusto. Già cinque morti e nessuna spiegazione! — Per la prima volta il Trystiano mostrò un pizzico di emozione. — Il ventaglio è troppo ampio.

Prima i due diplomatici. Poi un ingegnere, titolare di una recente scoperta che l'aveva arricchito a tal punto da permettergli di fondare un proprio laboratorio di ricerche. E, infine, altri due grandi possidenti la cui morte in sogno ha portato una confusione quasi galattica… Insomma, qualcuno sta confondendo le acque per raccogliere i relitti che finiscono alla deriva.

— Forse erano tutti un po' deboli di cuore — suggerì Burr, anche se era il primo a non crederci.

— Ho sentito dire che alcuni sogni d'azione sono piuttosto duri.

Bnon rispose con un grugnito. — Non si può andare a sognare nell'Arnia senza presentare alla Foostmam un regolare certificato medico di buona salute, fin dalla prima visita. Può darsi che i proprietari non si sottopongano a esami costanti, come è consigliato, ma gli escursionisti che chiedono un sogno all'interno dell'Arnia sono molto ben controllati, proprio perché non capitino incidenti del genere. L'organizzazione non vuole essere accusata di provocare la morte dei pazienti. Sarebbe deleterio per il buon andamento degli affari.

— E invece, a quanto pare, è successo — puntualizzò Burr.— Cinque volte.

— Cinque volte nell'arco di un solo anno planetario. — Hyon rincarò la dose.

— Ma se queste morti sono volute, non finiscono per rendere il gioco un po' troppo pericoloso? — chiese Burr, rivolto più a se stesso che agli altri tre. — Chiunque sia a manovrarle, dovrà pur immaginare che le autorità si preoccuperanno di svolgere qualche indagine.

— Le autorità del pianeta hanno già fatto tutto quello che potevano — replicò Hyon. — Ma non possono chiudere l'Arnia, e neanche creare sistemi di difesa per le sognatrici, perché sarebbe fatale. Quanto a Ty-Kry, tutta la città prospera sui sogni. I morti erano tutti personaggi extra-planetari, e dunque non hanno suscitato forti emozioni locali. Tra l'altro, Villand e Wyvid viaggiavano entrambi in incognito e non per motivi ufficiali. Al punto in cui siamo, le autorità sono così allarmate da rivolgersi addirittura a noi. Una scelta rivoluzionaria, dato che i locali non amano le intromissioni esterne. Le autorità si sono affidate a noi, con la clausola specifica che non dovevamo mai comparire in veste ufficiale e che non avremmo dovuto contare in nessun caso sul loro aiuto una volta iniziate le ricerche.

Burr sogghignò senza allegria. — Sono al corrente della tua sognatrice artificiale?

— No. E non devono nemmeno saperlo. L'Arnia possiede il monopolio su questo tipo di prodotto. Se si venisse anche soltanto a sapere che una sognatrice è stata creata con mezzi artificiali, tutto il pianeta ci diventerebbe ostile. Gli abitanti di Ty-Kry attribuiscono un significato quasi religioso a queste ragazze ed è meglio che noi non ci immischiamo.

— Perché mai dovrebbero tentare il gioco per la sesta volta, proprio con me? Che cosa mi renderà così importante ai loro occhi? — volle sapere Burr.

— Si dà il caso che Burr Neklass sia diventato l'unico proprietario di un asteroide costituito per intero da Bylotite puro — rispose Hyon.

Lui sollevò le sopracciglia, incredulo. — Esiste davvero qualcosa del genere? — chiese, dubbioso.

— Sicuro che esiste. Ed è sotto la tutela della Polizia. In questo momento, tutti i diritti sono registrati a tuo nome. Non hai parenti prossimi e… — Hyon fece una pausa come per dare maggior enfasi a ciò che stava per dire. — Uno dei tuoi soci della Neklass Company è stato avvicinato, con molta discrezione ma con sufficiente serietà, da qualcuno che intendeva scoprire se alla tua morte il Bylotite finirà insieme a tutte le tue altre proprietà. Non ho dubbi sul fatto che da qualche parte dell'universo, magari non proprio su Ty-Kry per non rendere la cosa troppo evidente, esiste già un testamento pronto per far passare quel preziosissimo pianeta nelle mani di chi punterà la cifra più alta per avere in cambio la tua vita.

— Mi avete proprio incastrato bene, eh? — ribatté Burr in tono irritato. — E così, sono un'ottima esca per un omicidio. D'accordo, quando devo andare a sdraiarmi sull'altare dell'Arnia in attesa del sacrificio?

— Avrai le tue istruzioni al più presto — disse Hyon. — Dopodiché guiderai l'incrociatore spaziale su Ty-Kry e incomincerai a farti notare come personaggio di grandi ricchezze che vuole gustare tutto quanto c'è di più insolito nella vita. Non credo che ci saranno difficoltà. L'Arnia ti aprirà con gioia i suoi battenti e tu potrai chiedere di Uahach…

— Per finire ammazzato in un sogno — concluse Burr al suo posto. — Vi ringrazio tutti per questo entusiasmante incarico. Prometto che vi ricorderò nei miei sogni.

 

2

 

Con il corpo nascosto da un'anonima tuta grigia e i capelli tagliati cortissimi in modo da poter indossare la cuffia dei sogni senza difficoltà, la donna che scese dalla vettura di trasporto avrebbe potuto avere qualsiasi età dall'adolescenza alla vecchiaia. Si muoveva con la faccia priva di qualunque espressione e con l'aria di vivere ancora in uno dei sogni che facevano di lei un oggetto di scambio. Il custode spalancò la porta e la donna entrò nel mondo silenzioso e recluso dell'Arnia.

Superò l'atrio d'ingresso, curandosi di mantenere sempre lo sguardo fisso, e riconobbe tra sé quello che non aveva mai visto prima di allora, ma che le era stato svelato dall'intensità di un contatto mentale diretto. Non era più Ludia Tanguly ma Uahach, una sognatrice A di decimo livello. Ed erano passati due anni, forse di più, da quando aveva lasciato quella stessa Arnia alla quale adesso faceva ritorno. Fortunatamente, erano stati in grado di calarsi così in profondità nella mente della sognatrice che ora lei, la sua sosia, conosceva alla perfezione la prassi per il rientro e trovava tutto estremamente familiare.

Uahach si girò verso una porta alla sua destra e rimase in piedi, impassibile, in attesa di essere riconosciuta dal raggio spia e annunciata all'interno. Quando i battenti si aprirono, lei entrò.

La stanza era piccola, tanto da contenere solo due sedie. Non si trattava di moderne poltrone anatomiche, ma proprio di sedie arcaiche, con il sedile duro. La Foostmam nòn sembrava disposta a fare grandi concessioni di comodità a chi si recava da lei per un colloquio. Tra le due sedie era sistemato un dispositivo di controllo della memoria, in modo che la direttrice dell'Arnia lo avesse a portata di mano, mentre sulla parete laterale campeggiava un largo schermo vuoto. La Foostmam in persona attendeva l'arrivo di Uahach. Non le rivolse nessun saluto verbale e si limitò ad alzare una mano per invitarla a sedersi nell'altra sedia.

— Te la sei presa comoda — osservò. — Il tuo padrone è morto già da quattro giorni. — Il tono era monotono, tanto che non si capiva se volesse una spiegazione o se intendesse fare un rimprovero.

— L'erede del mio signore mi ha rilasciato solo un'ora fa e ho mandato subito un messaggio visivo. — Anche la voce di Uahach era completamente atona. La sognatrice teneva le mani abbandonate in grembo e stava seduta come chi non ha fatto altro che eseguire ordini per tutta la vita.

— E' vero. L'Arnia ha dovuto ricordare a Lord Ylph che il contratto riguardava solo il suo predecessore. La sua riluttanza a rilasciarti è stata debitamente registrata. Forse aveva pensato di trattare, tenendo conto del tuo valore e della soddisfazione che hai offerto con i sogni al tuo padrone. Ma noi non trattiamo mai, e così sei stata restituita. Le registrazioni dei tuoi sogni sono state immesse nell'archivio. Per il momento rimarrai a riposo. Il servizio presso Lord Osdeve ha richiesto un grande impegno di ricerca e per te potrebbe rendersi addirittura necessaria la riabilitazione completa. — Negli occhi della Foostmam si notò una lieve ombra di emozione. — Le registrazioni saranno comunque studiate a fondo. Non voglio ordinare una riabilitazione, se non è strettamente necessaria.

Uahach rimase esteriormente impassibile, ma il suo istinto di autodifesa si risvegliò all'istante. Il Capitano di Corpo aveva previsto una simile eventualità? La riabilitazione completa avrebbe cancellato tutto quello per cui era stata programmata. Cioè, sarebbe diventata Uahach per davvero.

— C'è un'altra cosa… — La bocca sottile della Foostmam snocciolò le parole come se le affettasse a una a una. — Ci capita sempre più spesso di servire un nuovo tipo di cliente, il classico turista di mondi lontani in cerca di sensazioni nuove. Le nozioni su cui ti sei basata per servire Lord Osdeve erano utilizzabili solo in sogni specificamente d'avventura. E possibile che tu rimanga a sognare nell'Arnia per un certo periodo di tempo, a disposizione di questa nuova categoria di clienti, e forse, quello che hai da offrire non rispecchierà esattamente i loro desideri.

— Sono una sognatrice di decimo livello — replicò Uahach.

— E quindi molto al di sopra di quelle che lavorano abitualmente nell'Arnia? — La Foostmam annuì. — E' vero. Tuttavia, temo che dovrai sottoporti a un aggiornamento, prima di essere di nuovo affittata agli esterni. Mi auguro che alla fine non ti capiti di essere addirittura degradata.

— Mi lascerò guidare da te in questo come in tutto il resto — replicò lei, con la frase convenzionale. Dunque, Bnon aveva avuto ragione, e la prima mossa del gioco era già stata compiuta.

— Sei una sognatrice autentica — replicò la Foostmam con la formula, altrettanto convenzionale, di congedo. — Ti ho riservato la Camera della Suxsux Ammantata. Puoi farti portare quello che vuoi, il tuo credito è illimitato.

Uahach si alzò e sollevò la mano per toccarsi la fronte, mentre la Foostmam rispondeva meccanicamente con lo stesso gesto. La conferma esplicita che il suo credito nell'Arnia non aveva limiti significava che, dopotutto, lei era considerata ancora un articolo di grande valore. Ritornò nell'atrio, salì i venti gradini che portavano al piano superiore e intanto incominciò già a programmare quello che avrebbe fatto in seguito. E, dal momento che la Foostmam aveva prospettato un suo impiego all'interno dell'Arnia, era perfettamente logico che lei si disponesse subito a imparare tutto quello che poteva.

La videoteca di proprietà dell'Arnia era la più spettacolare collezione di nastri di informazione generale di tutta la galassia, a eccezione di quella che si trovava nel quartier generale della Polizia. C'era di tutto e le sognatrici potevano attingere a una vastissima gamma di materiali perlopiù inediti. C'erano reportages di viaggi compiuti in migliaia di mondi diversi, secoli e secoli di storia di tutti i pianeti conosciuti, e una serie infinita di racconti di tutti i tipi. In pratica, tutto quello che serviva per arricchire e perfezionare l'ambiente dei sogni. Ma c'era, e qual era, un sistema per individuare i nastri specifici, evocati dalle sognatrici sospette? Purtroppo, nessuno era stato in grado di darle un suggerimento valido. Conosceva i nomi delle ragazze, si capisce. Isa e Dynamis. Erano sognatrici d'azione, sebbene nessuna delle due raggiungesse il decimo livello, ed entrambe non erano mai state affittate fuori dall'Arnia. I ricordi di Uahach, vagliati dalla Polizia con tutti i mezzi scientifici a disposizione, avevano fornito un'immagine piuttosto confusa di Isa. Dynamis, invece, risultava totalmente sconosciuta. Era giovane, una cosiddetta Sognatrice Tardiva in quanto il talento si era sviluppato soltanto nella tarda adolescenza, e non nella primissima infanzia come avveniva per la maggior parte delle altre, che venivano scoperte in tenera età e accolte subito nell'Arnia per seguire l'addestramento.

Isa era sopravvissuta ai due sogni in cui erano rimasti uccisi i suoi clienti… se di sopravvivenza si poteva parlare. Ormai viveva solo un'esistenza vegetativa~ come dicevano i tutori della legge planetaria. Dynamis aveva avuto più fortuna. Anche se, come aveva giurato la Foostmam, avrebbe dovuto sottoporsi a un lungo periodo di rieducazione.

Il sognare in sé non era una faccenda troppo ccmplicata, per quanto appartenesse esplicitamente a quel mondo.

Con l'aiuto di una macchina che effettuava i necessari contatti, la sognatrice entrava in una specie di stato di allucinazione in cui il cliente partecipava ad azioni anche violente, del tipo di quelle che aveva già scelto in precedenza. ln quel modo poteva ritornare nel passato, esplorare altri mondi, oppure avventurarsi in un futuro di fantasia. Se si richiedeva un sogno particolarmente lungo, la sognatrice e il cliente rimanevano addormentati insieme fino a un massimo di una settimana, alimentati per via endovenosa. E il cliente aveva il diritto di chiedere l'interruzione del sogno in qualsiasi momento.

Eppure, già cinque uomini si erano cacciati in un sogno mortale e non si erano svegliati. Se fosse successo una volta, o anche due, si sarebbe potuto dare la colpa a una macchina difettosa, a un cuore debole, o a chissà quale altra fatalità naturale… ma cinque casi erano davvero troppi.

La Foostmam, come Uahach sapeva bene, aveva fatto controllare ogni macchina in presenza delle autorità competenti. Pretendeva, con il pieno consenso delle autorità medesime, il certificato di buona salute per ogni cliente in visita. E i certificati non potevano essere facilmente falsificati. Ty-Kry non aveva alcun desiderio di veder continuare uno scandalo che rischiava di gonfiarsi anche troppo in fretta. Le sognatrici, da tempo in uso presso le popolazioni locali, erano ormai diventate un'attrazione turistica di primaria importanza, e i governanti del pianeta ne riconoscevano in pieno il valore.

Eppure, a dispetto di tutte quelle precauzioni. una sognatrice versava in condizioni di idiozia irreversibile e cinque uomini erano morti. Cinque uomini la cui scomparsa, dal punto di vista finanziario, poteva far gola a molti altri del loro mondo. C'era già qualche pesante sospetto, ora bisognava ottenere le prove.

La ragazza arrivò davanti a una porta dov'era dipinta l'immagine della creatura leggendaria nominata dalla Foostmam e capì che si trattava di una delle più ambite stanze singole di quella specie di serraglio. Era chiaro, ormai, che il suo valore all'interno dell'Arnia non sembrava in alcun modo diminuito.

Per quanto la camera non potesse competere con il lusso di quelle nelle torri celesti dei signori, presentava comunque qualche discreta attrattiva. C~era un giaciglio formato da pile di cuscini verdi e grigi, in tonalità cupe che non disturbassero la concentrazione, un'attività fondamentale per le sognatrici. Contro la parete c'era uno schermo di lettura, munito di un'apposita scatola in cui era possibile inserire qualunque nastro si desiderasse visionare. Sulla parete opposta c'era un piccolo quadro di comando con una fila di pulsanti. Era lì che lei poteva ordinare i cibi delicati e quasi insapori, ad alto tasso proteico e nutritivo, che rappresentavano il menù ideale per le ragazze come lei.

Una tenda nascondeva il minuscolo bagno privato, anche lui grigio, come il tappeto spesso che ricopriva il pavimento. Uahach si sedette sul giaciglio e si chiese se la Foostmam possedesse qualche dispositivo segreto per spiare le camere delle sue protette. L'ipotesi non poteva essere sottovalutata e lei non doveva mai abbassare la guardia.

Tutt'attorno, il silenzio era spesso e ininterrotto, sebbene l'Arnia fosse affollata. Risultava evidente che niente doveva disturbare le sognatrici all'interno delle proprie celle. Forse, per loro il silenzio non era oppressivo, il sogno rappresentava la vita, e il mondo al di fuori di quelli creati dalla fantasia, risultava pieno di ombre e carente di interesse.

Lei si avvicinò al quadro di comando per chiedere una bibita e accettò con gratitudine una tazza di liquido fumante e profumato. Aveva la bocca arida, come sempre in caso di un pericolo imminente. La secchezza familiare della lingua e delle labbra, oltre al sudore del palmo della mano, erano altrettanti campanelli d'allarme che la spingevano a esercitare quelle tecniche a cui era stata addestrata da tempo.

L'attesa era sempre difficile. Quando veniva il momento di agire ci si concentrava su quello che bisognava fare, ma sedersi e aspettare… Quanto tempo sarebbe passato prima che l'altro giocatore messo in campo da Hyon arrivasse? Lei non sapeva chi fosse, e nemmeno fino a che punto potesse contare su di lui. E non le piaceva sentirsi all'oscuro. Quella rappresentava di gran lunga l'operazione più ardita a cui avesse partecipato fino a quel momento. E scopriva di esserne sempre più attratta.

 

3

 

— Così, vorrei proprio la ragazza che si chiama Uahach.

La Foostmam appoggiò le mani sul bordo del quadro di comando per la ricerca del personale. Dedicò a Burr uno sguardo così opaco e privo di personalità che lui incominciò a chiedersi se anche la direttrice dell'Arnia non fosse per caso prigioniera di qualcuno dei sogni delle sue ragazze. Poi la donna parlò, senza nemmeno un briciolo di espressività nella voce, né tantomeno una nota di avvertimento.

— Dunque, dice che è stato Lord Osdeve a parlarle della ragazza. Infatti, era in leasing a casa sua. Ma deve capire, signore, che questa particolare sognatrice è tornata nell'Arnia solo da due giorni e non ha eseguito un aggiornamento del repertorio. In queste condizioni, lei non potrà scegliere nessun soggetto in particolare…

Burr aprì il borsellino da cintura ed esibì una carta di credito color argento.

— Non chiedo un repertorio studiato apposta per me. Sono solo curioso di sperimentare come funzionano queste sognatrici di Ty-Kry. L'addestramento che la ragazza aveva per Lord Osdeve andrà benissimo anche per me. Si tratta solo di un capriccio, capisce?

Lo sguardo della Foostmam si soffermò per parecchi secondi sulla carta. Lo stesso Burr non aveva mai avuto per le mani niente del genere, fino a quel momento. Credito illimitato e promessa di pagamento valida per tutti i pianeti dove esistesse una Ambasciata del Consiglio.

— Per un'unica seduta il prezzo è più alto — osservò la donna. — E' un modo per tutelare la sognatrice, visto che non ha la sicurezza di altri ingaggi futuri.

Burr si strinse nelle spalle. — Il prezzo non mi interessa, ma voglio Uahach. Osdeve mi ha parlato molto dei suoi sogni, l'ultima volta che l'ho visto.

La Foostmam gli dedicò un'altra delle sue occhiate spente. Ma la mano si accostò a uno dei pulsanti del quadro di comando e lo schiacciò due volte. Sullo schermo non comparve un viso, ma uno schema. Lei eseguì un rapido controllo e poi chiuse la mano sulla carta di credito.

— Non è ancora stata sottoposta a scondizionamento. Dunque, se lei accetta il repertorio di Osdeve, l'affare si può fare. Ha con sé il certificato di buona salute e di stabilità mentale?

Lui esibì una seconda tessera di plastica stampata a rilievo, che la donna accettò e spinse subito in una fessura del quadro di controllo. Ci fu una serie di scatti e lo schema sullo schermo subì qualche variazione.

— Quali sono i rischi di un sogno? — Burr decise di venire subito al punto. Come turista proveniente da mondi lontani aveva il diritto di ignorare le peculiarità più note dell'Arnia e poteva permettersi il lusso di porre anche le domande più ovvie.

— Una sognatrice A di decimo livello — spiegò la Foostmam — può produrre un sogno così vivido che il sognatore ne sia cosi coinvolto da scambiarlo per la realtà. In questi casi qualunque sforzo della mente o del cuore può dimostrarsi fatale. E per questo, naturalmente, che desideriamo assicurarci in anticipo che non succeda niente del genere. Ci impegniamo anche a fornire la presenza di un medico. Ma la scelta finale di interruzione del sogno spetta comunque e in qualunque momento al cliente. Se il sogno non le piace, può chiedere che abbia fine. La sognatrice, dal momento che sarà collegata con lei mentalmente, registrerà il suo desiderio di tornare alla realtà e la libererà subito.

— Dunque, il rischio è minimo — la provocò Burr.

— Finora sì. — A quanto sembrava, la Foostmam non intendeva sbilanciarsi di più sugli ultimi incidenti dell'Arnia. — Quando desidera fissare la seduta con Uahach?

— Perché non subito? — rispose lui, stringendo i tempi. — Nei prossimi cinque giorni sarò ospite di Lord Erlvin e non vorrei essere costretto a modificare i programmi che probabilmente avrà già fatto per la mia visita.

La Foostmam tenne la carta di credito tra l'indice e il pollice. Aveva ancora gli occhi fissi, ma Burr era sicuro che questa volta fosse immersa in profonde riflessioni, più che impegnata a soppesare la carta.

— Uahach è libera, naturalmente, ma anche noi abbiamo bisogno di un minimo di tempo per i preparativi. Al momento, tutte le stanze interne per sognatori sono occupate, ma se vuol essere così gentile da ripassare dopo mezzogiorno vedremo di accontentarla.

— Molto gentile da parte sua. — Burr si protese in avanti e si riappropriò della carta di credito. La donna aveva continuato a tenerla tra le dita, come se le dispiacesse posarla, e lui si chiese per un attimo quante altre carte del genere avesse mai visto. Non erano molte le persone che potevano disporre di un credito assoluto valido per tutta la galassia.

Tirò mezzogiorno nel miglior ristorante di Ty-Kry. Ordinò comunque un pranzo frugale, scegliendo da una lista che gli era stata consegnata dietro presentazione della carta di credito che aveva apparentemente stregato la padrona dell'Arnia. Tutto quanto potesse garantirgli l'incolumità era stato compiuto. Tranne l'annullamento della missione, si capisce. Eppure, ora gli toccava affrontare l'ignoto e per di più un ignoto denso di minacce.

Quando ritornò nell'Arnia venne condotto direttamente in una stanza occupata quasi per intero da due lettini. In mezzo c'era la macchina di collegamento e, su uno dei lettini, giaceva una ragazza con la faccia seminascosta dalla cuffia. Un altro aggeggio simile era già pronto anche per lui e la sognatrice aveva un respiro così calmo e regolare che a Burr venne il dubbio che fosse già addormentata.

Due personaggi in divisa, uno dei quali con i gradi di ufficiale medico, lo salutarono molto cordialmente. Poi, nel giro di pochi secondi, lo fecero accomodare sul lettino e gli sistemarono sulla testa la cuffia imbottita. Non c'era più modo di tirarsi indietro. — I giochi erano fatti!

Burr sprofondò nel buio con la nauseante sensazione di roteare senza fine nello spazio. Poi ci fu un'esplosione di luce e si ritrovò sdraiato sotto i raggi caldi del sole, senza cuffia e all'aperto.

Si rialzò a sedere lentamente, studiando il paesaggio che lo circondava. Rimase di stucco. Non si era mai aspettato una simile libertà di movimento e un realismo così assoluto di ciò che vedeva. Tirò un ciuffo d'erba, tanto per fare una prova. I fili, di un verde tendente al grigio, resistettero per un po', poi cedettero portando con sé le radici e minuscole briciole di terriccio rossastro. Era… tutto così vero!

Il luogo dove si trovava era circondato da collinette o tumuli più alti che creavano una specie di barriera tutt'intorno. Sulla cima di ciascuna altura era eretta una pietra, ormai erosa dal tempo, e la distribuzione sembrava così regolare da escludere che fosse dettata dal caso. Nell'insieme, il panorama non gli ricordava nessuno di quelli che aveva visto fino ad allora.

Burr si alzò lentamente in piedi. Un sogno A prometteva miracoli di avventura e di azione. Ora, per quanto il paesaggio avesse in sé qualcosa di cupo e minaccioso, lui era solo e non vedeva attorno a sé nessuna traccia di vita. Non c'erano uccelli nel cielo, né insetti nell'aria. Gli sembrò quasi di trovarsi su un palcoscenico prima che si aprisse il sipario e incominciasse lo spettacolo.

Si lasciò attrarre dalla più vicina di quelle piccole colline arrotondate. Dalla sua sommità sarebbe stato in grado di vedere molto di più di quanto non si riuscisse a scorgere dall'interno del piccolo affossamento in cui si era ritrovato. Incominciò a risalire verso la cima, sovrastata dalla solita pietra.

La collina era coperta fino in alto da un tappeto di erba dello stesso colore grigio-verde del ciuffo che aveva strappato. Il fianco era ripido e viscido, tanto che lui scivolò e dovette aggrapparsi all'erba per evitare di finire di nuovo nel punto che aveva segnato il suo ingresso in quello strano regno della fantasia.

Una volta arrivato nel punto più alto si girò lentamente, guardando davanti a sé per cercare di farsi un'idea del mondo in cui era capitato. I tumuli sovrastati dai pilastri di pietra continuavano in una serie apparentemente infinita dalla parte dove, a occhio e croce, doveva trovarsi il nord. Verso sud, invece, finivano quasi subito per lasciare il posto a un vasto spiazzo aperto in cui giaceva un certo numero di pietre, ammassate in modo tale da lasciar supporre che si trattasse delle rovine di uno o più edifici, ormai crollati da tempo in seguito al passare dei secoli o a causa di chissà quale antichissima catastrofe.

In quel mondo apparentemente così rigido sembrava covare qualcosa di profondo e pacato. Lui avvertì un fremito, più con l'intuito che con l'udito. Era come se fosse la terra stessa a respirare~ in modo tento e pesante.

Burr provò il desiderio di urlare, di produrre in qualche modo un suono capace di squarciare tutta quella quiete. Provava una diffidenza insopprimibile nei confronti di ciò che vedeva, un timore che andava ben al di là della prudenza che gli era stata raccomandata. Sentiva che quel mondo era pericoloso, anche se non riusciva ad afferrare il perché.

Si portò la mano alla cintura, o nel punto dove avrebbe dovuto esserci una cintura, cercando istintivamente la pistola paralizzante che qualunque individuo di buon senso avrebbe portato con sé in un posto del genere. Ma le dita scivolarono sulla pelle nuda e lui, per la prima volta, abbassò gli occhi per guardarsi.

Non indossava più l'abito stravagante studiato per Burr Neklass, il pluri-possidente. Quanto alla pelle, nei punti dov'era visibile risultava decisamente più scura di come era stata in origine. Aveva comunque addosso un paio di calzoni di uno strano tessuto color acciaio. Erano elastici e aderenti quasi come una seconda pelle. I piedi invece calzavano qualcosa di morbido, forse fatto di tessuto, con la suola rigida, spessa e rossiccia. La parte superiore di quella strana specie di scarpe era impunturata con un filo rosso e luminoso che delineava con precisione la sagoma delle dita che si celavano al di sotto.

Al di sopra della vita aveva due cinghie, che non gli facevano da cintura ma che gli raggiungevano una la spalla destra e l'altra la sinistra. Nel punto in cui le cinghie si incrociavano, sul torace, era fissata una piastra di metallo argenteo delle dimensioni di un palmo, in cui era incastonata una serie di pietre in varie tonalità che andavano dal rosso scuro all'arancione vivo. Sulla parte superiore di ciascun braccio spiccava una larga banda dello stesso metallo, da una parte con le pietre rosse e dall'altra con quelle color arancio. Nonostante la lavorazione molto fine, a Burr sembrò l'abbigliamento di chissà quale barbaro extra-planetario. Di sicuro, non aveva mai visto niente del genere prima di allora.

Un movimento improvviso tra i blocchi di roccia delle rovine lo mandarono a cercare prudentemente riparo dietro il monolite eretto sul culmine della collina. Per la prima volta, Burr si rese conto che era stata una follia rimanere in piedi in un punto così esposto.

Qualcosa guizzava da un riparo a un altro, tra le pietre, muovendosi così in fretta che lui non riuscì a trarne niente di più di un'immagine confusa. Non era nemmeno sicuro che si trattasse di una forma umana.

Ormai sembrava chiaro che il nuovo vestito non era corredato di armi. Inginocchiato dietro la roccia, Burr si guardò intorno per trovare qualche possibile strumento di difesa. Alla fine optò per una piccola pietra appuntita, che riuscì a togliere dal terreno e che trattenne in mano.

Di solito, i clienti dell'Arnia erano preparati alla natura del sogno che li aspettava, dal momento che l'avevano scelto loro. Burr, invece, doveva accontentarsi del repertorio ordinato da Osdeve e trasferito alla pseudo-Uahach.

Di conseguenza non sapeva che cosa aspettarsi, se non dei guai. Forse, erano già in arrivo.

 

4

 

Ce n'era di sicuro più d'uno. Burr trasse un profondo sospiro, con la pietra stretta fra le dita fino a farsi male. Uno si nascondeva dietro a due blocchi ancora sovrapposti e un altro si spostò, con gli stessi movimenti fluidi, più a destra. Raggiunse il riparo lasciandogli solo l'impressione di un colore cupo, una specie di azzurro acido che aveva balenato per un attimo tra le rocce.

Capì, in qualche modo, che davano la caccia proprio a lui. Forse a Osdeve piacevano emozioni che avevano a che fare con inseguimenti e scontri di tipo fisico, il che era comprensibile, considerato il tipo di malattia che negli ultimi anni lo aveva costretto all'immobilità.

Burr si lanciò un'occhiata alle spalle, dove la processione infinita di colline-tumulo si stendeva fino all'orizzonte. Forse poteva tentare una ritirata, giocando a una specie di nascondino mortale in mezzo alla campagna. Ma la cosa sarebbe riuscita soltanto a ritardare l'inevitabile momento di azione del sogno. No, meglio rimanere dov'era finché non fosse stato certo di non poter contrastare da solo il pericolo che gli si presentava davanti.

Forse non lo vedevano più e l'impazienza era tale da spingerli allo scoperto. Infatti si mossero ancora, meno attenti a nascondersi. Alla fine, tre sagome si allinearono a una certa distanza tra loro e rimasero immobili come statue.

Magari, in quel modo erano convinte di mascherare ancora la loro presenza.

Come viaggiatore extra-planetario, Burr aveva perso da tempo la capacità di sorprendersi per qualsiasi particolarità aliena che si distaccasse dalla norma. Ma queste creature erano abbastanza insolite da risvegliare comunque la sua attenzione.

Era difficile giudicarne le dimensioni, da quella distanza. Ma lui era sicuro che tutti e tre lo superassero nettamente in altezza. Ed erano uccelli, o comunque creature molto simili a uccelli. Il corpo, sostenuto da gambe lunghe e sottili, era coperto da penne sgargianti che finivano in una lunga coda piumata. Due esemplari erano azzurri e uno verde. La testa, insolitamente grande, aveva un folto ciuffo di piume sulla sommità, un paio di occhi molto grandi e un becco dall'aspetto rapace, appuntito come uno dei pugnali di Harkiman. Queste teste sproporzionate erano unite al corpo da un collo lungo e flessuoso, privo di piume e con la pelle a scaglie.

Avevano tutti e tre un'aria tutt'altro che rassicurante. Burr sapeva, proprio come era certo di essere lui la preda sotto tiro, che quelle creature rappresentavano un pericolo mortale per la sua razza.

Non rimasero immobili ancora per molto. L'esemplare verde abbassò la testa di una frazione impercettibile e raddrizzò il collo. Poi puntò deciso nella direzione di Burr. Lui incominciò a sospettare che l'idea di indugiare lì non fosse stata poi così felice. In più, la rapidità che quelle creature avevano dimostrato spostandosi tra le rocce in rovina gli davano la certezza che qualunque gara di velocità tra le due razze sarebbe stata sicuramente fatale per lui.

Erano morti così quei cinque su cui si stava indagando? Erano stati inseguiti e braccati dai nemici, anche se non si trattava delle stesse creature che ora davano la caccia a lui? Ricordò l'avvertimento della Foostmam. Spettava comunque a lui decidere di svegliarsi…

L'uccello verde spiccò un salto che lo sollevò dalle rovine e lo posizionò sulla cresta della più vicina collina, quasi che si fosse trattato di un gioco a scacchi. La collina era appena più bassa di quella dove Burr aveva trovato riparo. Non serviva giocare la parte dell'eroe, era venuto il momento di svegliarsi.

Invece di veder seguire quell'ordine da un'immediata cancellazione della caccia in atto, Burr percepì una vibrazione nell'aria. Accanto al monolite che gli offriva riparo comparve all'improvviso una lancia, con la punta conficcata nel terreno e l'asta ancora vibrante per la forza del lancio che l'aveva fatta arrivare fin lì.

Istintivamente, Burr tese il braccio e impugnò l'arma. Nello stesso istante da nord provenne un grido e lui trasalì. La testa dell'uccello verde si girò di scatto, come se tutta la sua attenzione a quel punto fosse concentrata sul grido. Burr fece uno sforzo per togliere la lancia dal punto dove si era conficcata. Ma in quel momento, nella sua mente, c'era un pensiero che cancellava tutti gli altri. La richiesta di interrompere il sogno non aveva funzionato!

Bilanciò la lancia con la mano. Dunque era così! Rischiava di essere abbandonato laggiù e la pseudo-Uahach che l'aveva immesso in quel sogno non era più in grado di tirarlo fuori. Scacciò con decisione quell'idea tanto scomoda. Qualcuno gli aveva lanciato un'arma, anche se si trattava di ben miserabile cosa, in confronto alle dimensioni e alla rapidità del nemico. E qualcuno aveva attirato su di sé l'attenzione degli uccelli.

Burr scivolò di lato sforzandosi di tener d'occhio i pennuti e, al tempo stesso, di scoprire chi fosse venuto in suo soccorso, anche se solo momentaneamente. In quel preciso istante l'uccello verde emise il suo primo suono, una specie di grido acuto e lancinante, e balzò in avanti abbandonano la sua postazione sulla collina.

Per quanto apparentemente privo di ali e incapace di volare, l'animale approdò con un salto prodigioso sulla cima di un'altra collina, alla stessa altezza di quella dove Burr si trovava ancora accucciato, ma comunque a una discreta distanza. A quanto sembrava, la creatura aveva smesso di interessarsi a lui e teneva lo sguardo fisso verso nord.

Sebbene non osasse distogliere completamente lo sguardo dagli altri due esemplari ancora fermi tra le rovine, Burr provò l'impellente desiderio di sapere chi, o che cosa, rischiava in quel momento l'attacco del pennuto.

Il corpo dell'uccello si tese e le lunghe gambe si piegarono leggermente. Burr capì che stava per lanciarsi in un terzo, spettacolare salto. Se era così, aveva preso la decisione con un attimo di ritardo. Qualcosa roteò nell'aria e una lunga corda con le estremità piombate raggiunse con un rumore di frusta le lunghe gambe dell'animale. Le avvolse strettamente, imprigionandole. Il pennuto si accasciò, abbandonandosi a un'interminabile sequenza di grida rauche e furiose, mentre la testa andava su e giù nello sforzo di tagliare la corda con il rostro acuminato. Mentre si contorceva al suolo, una seconda corda roteò nell'aria e gli raggiunse il collo, colpendolo con tanta forza da rovesciargli la testa all'indietro e legarla parzialmente al corpo.

Burr si voltò di scatto per osservare i suoi due compagni. Si erano volatilizzati. Probabilmente aspettavano dietro qualche collina che si presentasse il momento giusto per andare a liberare il loro collega imprigionato.

— Vieni presto!

Non era il grido di uno degli uccelli, ma due parole perfettamente comprensibili in Basic colloquiale.

Burr si girò di nuovo. Una figura era in piedi, due colline più in là, e gli rivolgeva ampi cenni con la mano. Il nuovo venuto indossava un'ampia mantella e un cappuccio che gli copriva il viso quasi per intero. La sua sagoma genericamente umanoide si intuiva, più che vedersi. E dal momento che non c'era nient'altro da fare, lui accolse il richiamo e incominciò a correre su e giù per le colline alla maggior velocità possibile, mentre l'uccello imprigionato continuava a gridare.

Quando risalì l'ultimo pendio aveva decisamente il fiato corto. Da sotto il bordo della mantella sbucò una mano, che lo prese per un braccio e lo trascinò senza perdere tempo al riparo del monolite di quella collina.

— La corda non terrà quel qwaker imprigionato a lungo. — Burr si ritrovò a fissare negli occhi una ragazza. Lei spinse indietro il cappuccio, rivelando una massa di capelli tirati da un fermaglio sulla sommità della testa e poi lasciati liberi di ricadere fino alle spalle. E quei capelli erano blu. La pelle, che divenne visibile quando spinse indietro la mantella per liberare le braccia, si rivelò bruna come quella di Burr. E sotto le sopracciglia blu inclinate, gli occhi splendevano come scintille ardenti di un fuoco color arancio.

Lui soppesò la lancia con aria dubbiosa. — Non credo che nemmeno questa sia molto efficace — commentò, asciutto. — Che cosa facciamo? Abbandoniamo il campo?

Non aveva idea di dove quella femmina fosse spuntata, ma per il momento sembrava proprio che lei gli avesse salvato la vita. La vide scrollare la testa e quella specie di pennacchio blu di capelli frusciò avanti e indietro sulle spalle ricoperte dal mantello.

— Loro non aspettano altro. Corrono molto più veloci di qualunque uomo. No, cambiamo.

— Cambiamo cosa? — chiese lui.

— Cambiamo la località del sogno. Dammi la mano! — La ragazza gli chiuse le dita sulle sue in una stretta che non aveva niente di femminile. Con l'altra mano compì un gesto ampio e rapido.

Il mondo incominciò a girare e Burr chiuse gli occhi per combattere un gran senso di nausea. Allo stato cosciente non aveva mai sperimentato un simile senso di instabilità. Quando finalmente si costrinse ad aprire di nuovo gli occhi si trovò in piedi su una spiaggia di sabbia giallastra contro la quale si infrangeva, con languida lentezza, una vasta massa d'acqua che probabilmente era un mare, immutabile e tranquillo. Ma la sua mano era ancora chiusa in quella della ragazza e lui colse qualcosa che assomigliava molto a un sospiro di sollievo. Poi, lei lasciò la presa e si scostò.

— Dunque, non possono — disse, come se parlasse tra sé. — Questo, almeno, non lo possono cambiare.

— Si può sapere di che cosa parli? — Burr rivendicò di colpo il diritto di fare domande, e la sua voce suonò così alta da risultare imbarazzante, in confronto al bisbiglio delicato delle onde.

— Ascolta. — Lei si girò e lo guardò dritto negli occhi. — Ci hanno incastrato qui, in qualche modo. Quando hai chiesto di interrompere il sogno, io non ci sono riuscita. Capisci, adesso? Ci hanno rinchiusi tutti e due in questo sogno, che solo in parte è uscito dalla memoria di Uahach. Le rovine erano le sue… e anche i qwaker. Esistono per davvero, o esistevano in passato, su Altair IV. Ma non sono affatto ostili. E adesso, invece…

— La memoria di Uahach. — Burr colse per prima la parte che gli risultava meno oscura. — Allora tu sei…

Lei rise, con un suono aspro e di gola. — Sono la tua spalla, la sognatrice. Il guaio è che sono caduta nella mia stessa trappola. Tu hai chiesto di svegliarti e io avrei voluto accontentarti. Ma c'era una barriera. Comunque, almeno per il momento, non sono ancora riusciti a impedire gli spostamenti all'interno del sogno. Adesso, come vedi, siamo qui — indicò con un ampio gesto la spiaggia — E non siamo più costretti a giocare a rimpiattino con i qwaker sulle colline. Non so se possono controllarci all'interno del sogno, o se si limitano a bloccarci qui. In ogni caso, non dobbiamo contare su nessun margine di sicurezza.

Burr rafforzò la sua presa sull'asta della lancia. Ormai ne sapeva più che abbastanza. Si trovavano intrappolati in quel sogno anche troppo realistico e per il momento sembrava che non avessero modo di uscirne. — Puoi continuare a fare quello che hai appena fatto? Voglio dire, a cambiare zona se c'è qualcosa che ci minaccia?

Lei si strinse nelle spalle. — Forse. Posso attingere alla memoria di Uahach per un po'. Ma se mi obbligano a esaurire anche questa risorsa non avrò più schemi da seguire. Sapevo dell'esistenza del mare in questo particolare sogno. Ci sono suppergiù altri quattro posti dove potremo spostarci.

— Dopodiché — concluse lui — saremo davvero in trappola?

Lei annuì lentamente. — Sì. in trappola — gli fece eco.

 

5

 

Burr esaminò meglio la lancia che non aveva mai smesso di impugnare. La punta di metallo era opaca, e aveva tre spigoli. Lui era stato allenato all'uso di armi arcaiche come spade, daghe e certe pistole che sparavano proiettili. Ma non aveva mai provato a usare un gingillo come quello prima di allora.

— Hai detto che conosci questo sogno — disse lentamente. — Qual era lo schema che Uahach aveva tessuto per Osdeve? Puoi andare avanti quel tanto che basta per prevedere in anticipo quello che succederà?

— L'ambiente è lo stesso, fino a questo momento, ma è stato così anche con i qwaker. Purtroppo, c'è qualche sottile modifica. Per esempio, in origine i qwaker dovevano essere lì come selvaggina, non come cacciatori. A Osdeve piaceva molto andare a caccia nei suoi sogni. Qui… — Esitò, concentrandosi. — Ti avverto. In questo sogno il protagonista doveva incontrarsi con i Pirati del Mare e unirsi a loro in una spedizione contro gli antichi Signori delle Isole. C'erano tre episodi distinti, una caccia agli uccelli, il viaggio per mare e alla fine l'avventura dell'arrivo alla Torre di Kiln-nam-u. Ciascuno rappresenta un potenziale pericolo, se il sogno non procede come voluto. In questo momento c'è una strana pressione che non capisco… — Parlò lentamente, con la fronte lievemente increspata. — Devi metterti in testa che tu, adesso, hai una personalità diversa. Il tuo nome ora è Gurret e sei un Guerriero della fazione di Destra.

Burr sbuffò. — Ma che stupidaggini…?

— Non sono stupidaggini, ma realtà create dalle sognatrici — dichiarò lei, interrompendolo. — Tu fai parte di questo mondo che appartiene alla storia di Altair IV, anche se non del tutto, dato che le sognatrici aggiungono sempre qualche tocco personale. Io sono Kaitilith, una Donna Guerriera della Sinistra. Per tradizione dovremmo essere nemici, e invece sembra che Uahach abbia voluto fare uno strappo alla regola. Secondo il suo schema, siamo uniti nella ricerca di qualcosa molto importante, come succede sempre nelle leggende. Dopo aver portato a termine la nostra impresa, dovremo ritornare alle Tre Torri e lì… — Abbozzò un sorriso. — Secondo la memoria della sognatrice, la nostra ricompensa sarà davvero spettacolare. Naturalmente, anche qui non mancano gravi elementi di rischio, che in realtà Osdeve non correva mai, pur sfidandoli per puro spirito di avventura. Ma adesso, con tutte queste alterazioni, non posso prevedere che cosa si cela nella struttura generale del sogno.

— Se siamo guerrieri, perché non ci troviamo in possesso di vere armi? — ribatté Burr.

— Perché la nostra ricerca era intesa come una specie di prova. Io avevo la lancia e le corde avvolgenti, ma non ero destinata a usarle. Quanto a te, era deciso che venissi disarmato.

— Poco fa, invece di tirarci fuori da quell'attacco abbandonando il campo, perché non hai fatto comparire nel sogno una pistola a raggi paralizzanti, o comunque un arnese un po' più efficace di questo? — Burr lasciò cadere la lancia.

Lei scrollò lentamente la testa. — Non posso aggiungere niente di mia iniziativa, ma solo aiutarmi con il materiale immagazzinato nella memoria di Uahach. Sai che non sono una sognatrice addestrata e… — Girò la testa per osservare in lungo e in largo la spiaggia. — Sento addosso una strana pressione. C'è qualcun altro che si intromette e che sfugge con tanta abilità da impedirmi di rintracciare la fonte delle interferenze. La caccia sulle colline era ribaltata, L'hai visto. Credo proprio che dovremo aspettarci altri scherzi del genere.

— Magnifico! — esclamò Burr, irritato. — Meglio che non ci muoviamo di qui e che cerchi un'altra volta di interrompere il sogno.

— Non possiamo interrompere il fluire delle azioni — replicò la sognatrice. — Dobbiamo recitare il nostro ruolo fino alla fine.

Burr capì che credeva in quello che diceva. Dunque, fino a quel momento, i ruoli all'interno del sogno erano rovesciati. Bisognava supporre che quella tendenza sarebbe continuata?

— Allora ci restano altre due avventure. Come dovrebbero essere?

— Dovrai accendere un grande fuoco sulla spiaggia — replicò Kaitilith, come aveva detto di chiamarsi, spostandosi verso un pezzo di legno color avorio, schiarito dalla salsedine e incastrato tra gli scogli. — Il segnale è fissato per il crepuscolo. Dopodiché arriverà una barca mandata da una nave corsara chiamata Aquila del Mare. Tu, in veste di Gurret, hai già preso contatto con il capitano della nave e gli hai promesso un lauto bottino alla Fortezza sul mare di Vur Orientale. Tutto quello che ti interessa a Vur è la Coppa del Sangue che vi si trova nascosta. Il pericolo sarà grande ma l'Aquila del Mare avrà fortuna e se la caverà senza grossi guai. Una volta che la Coppa sarà in tuo possesso, potrai barattarla con qualcosa che è custodito nella Torre di Kiln-nam-u.

Burr rise, sprezzante. — Ma è come un cartone animato per bambini! Vuoi dire che a Osdeve piaceva davvero vivere queste ridicole stupidaggini?

— Non sono favole, ma leggende con un fondo di verità — lo corresse la ragazza. — Si sono compiute molte ricerche per corredare l'ossatura originale di un racconto epico con l'ambiente adeguato e tutti i piccoli dettagli relativi all'epoca in questione. In parte, si tratta di Storia vera. E realmente esistito un Gurret, primo Signore delle Armi Supreme di metà del suo mondo. E aveva ottenuto quel titolo proprio in seguito a una difficile prova superata. Le sognatrici sono esperte nell'arte di rievocare il passato, e non solo in quello del loro mondo, ma in quello di tutti gli altri pianeti la cui storia è presente nel loro archivio di nastri.

— Ma se era, anzi è storia, allora com'è possibile che venga alterata? Immaginavo di dover fare qualcosa di diverso, arrivando qui, che non fuggire davanti a dei qwaker come è successo.

— Infatti. Dovevi catturarne due e avere quindi libero accesso al loro nido. Lì, tra detriti di vario genere, avresti trovato un antico cilindro di metallo in cui si nascondeva la mappa di Vur…

— E' assurdo! — la interruppe lui. — Non riesco neanche a immaginare che un adulto dotato di un minimo di intelligenza possa prendere sul serio una cosa del genere… anche se dici che si tratta di storia!

— Ti assicuro che per Osdeve si trattava di una vera e propria valvola di sfogo. Aveva perso quasi completamente l'uso del corpo e implorava questo palliativo come un drogato che implori la polvere capace di garantirgli per un po' l'accesso a un altro mondo. Questo è stato il suo ultimo sogno prima della morte e anche il più complicato ed elaborato che Uahach sia mai stata chiamata a tessere. Ormai si sapeva che era vicino alla fine.

— Credevo che alle persone in cattive condizioni di salute fosse proibito di sognare — controbatté Burr.

— La regola vale per gli extraplanetari, ma non per gli abitanti di Ty-Kry. Alcuni hanno addirittura scelto di morire in sogno.

— Ma questo… credevo che fosse impossibile. E proprio perché sono morti degli uomini che ci troviamo qui.

— Si tratta di due situazioni completamente diverse. Le vittime di cui ci stiamo occupando erano personaggi extra-planetari, tutti in possesso di un regolare certificato di buona salute. Non hanno lasciato biglietti d'addio e avevano scelto sogni tutt'altro che pericolosi.

Burr scrollò la testa. — Dunque è possibile che la morte venga indotta nel corso di un sogno?

— Sì, se il richiedente lo certifica per iscritto. In ogni caso, la richiesta deve essere registrata e approvata dal Consiglio dei Signori e anche dal Primo Rappresentante del clan di cui quella persona fa parte. E gli extra-planetari non possono comunque usufruirne.

— D'accordo. — Burr non dubitava del fatto che lei fosse molto ben informata sull'intera faccenda dei sogni. — Ma adesso, questa storia è già stata alterata. Io non ho trovato quella famosa mappa di cui Gurret doveva entrare in possesso. Che cosa succederà se non accendo il falò e i corsari non si presentano? Basterà per interrompere il sogno?

— Non lo so. Forse sarai obbligato a passare subito al punto successivo.

Burr si lasciò cadere sulla sabbia e appoggiò la lancia alle ginocchia mentre sedeva a gambe incrociate. — Non posso crederci.

Lei si sedette un po' più in là, con la testa esposta al vento del mare che le scompigliava i lunghi capelli. — Non essere pessimista.

In fondo, così avremo modo di valutare la forza di chi ci contrasta. — Parlava con calma.

Qualche minuto dopo fu lui a spezzare il silenzio con un'altra domanda.

— Ti risulta ancora impossibile farci risvegliare?

— Sì. E c'è dell'altro. — La ragazza esitò, come se il buon senso le suggerisse di tacere. — Non sono più io a governare il sogno — disse alla fine.

— Che cosa significa?

— Quello che ho detto. Prima sapevo che cosa ci aspettava. — Sollevò una manciata di sabbia e se la lasciò scivolare tra le dita. — Ora non sono più capace di vedere il futuro. In qualche modo è… annebbiato. Non riesco a trovare una parola migliore. E come se tu prendessi una figura e poi gliene sovrapponessi un'altra, in modo che le due diverse scene cerchino a vicenda di prevalere una sull'altra.

— Allora c'è un'altra sognatrice? — chiese Burr.

— Non posso esserne sicura. So solo che al sogno che conosco se ne sta sovrapponendo un altro e…

Scomparve. Burr fissò incredulo il punto della spiaggia dove era seduta fino a un istante prima. C'era ancora una lieve impronta sulla sabbia. Ma Uahach, Kaitilith o chiunque fosse, gli era letteralmente scomparsa davanti agli occhi, nello spazio di un battito di ciglia!

Si alzò in piedi, con gli occhi ancora sbarrati, e puntò con cautela l'estremità della lancia contro quell'impronta nella sabbia. Nessuno… Lì non c'era proprio niente e nessuno.

Dubitava che quello scherzo fosse opera della ragazza. Se un altro schema aveva incominciato a sovrapporsi al loro sogno, come lei aveva appena detto, forse alla fine era riuscito a cancellarla, e al tempo stesso si era impadronito del futuro che era riservato a lui.

Lei lo aveva salvato dai qwaker. A quel punto, era probabile che non ci sarebbe stato più nessuno su cui contare per tirarsi fuori dai guai se quella vecchia leggenda diventava pericolosa. La ragazza aveva detto che doveva accendere un fuoco per richiamare l'attenzione della nave, e lui se ne sarebbe guardato bene.

Voleva andarsene da lì il più in fretta possibile. Non poteva contare di certo su una scomparsa immediata come quella di Uahach, ma non intendeva aspettare un minuto di più su quella spiaggia rivelatasi all'improvviso così insidiosa. Forse, prima o poi avrebbe trovato un modo per sconfiggere la sognatrice sconosciuta, dato che ormai non aveva la minima speranza che la sua richiesta di risveglio venisse accolta… se non con un netto rifiuto.

 

6

 

Burr distolse con rabbia lo sguardo dal mare. Davanti a lui, il paesaggio era popolato dà ammassi di vegetazione bassa e folta. Non si capiva se fossero arbusti giganti o alberi nani. Il fogliame era denso e di colore scuro, tanto che ogni gruppetto di piante finiva per dare l'idea di una macchia compatta. Eppure, in quell'ambiente, c'era qualcosa di sinistro. Mentre la campagna collinosa di poco prima gli era parsa bizzarra e aliena, lì si sentiva avvolto da un'atmosfera minacciosa, pronta ad agire contro di lui in un modo che era difficile prevedere.

Si trovò a lottare contro una forza crescente e imperiosa che si opponeva alla sua decisione di dirigersi all'interno. Forse, chi governava quel nuovo sogno voleva obbligarlo ad accendere il fuoco sulla spiaggia e a seguire il sogno originale fino al saccheggio di Vur. Ma nel contrasto di opposte volontà fu Burr a vincere, e continuò per la sua strada.

La stessa erba folta che aveva rivestito le colline ora ricopriva il terreno e i fili lunghi e taglienti gli si ingarbugliavano attorno ai piedi, rischiando di fargli perdere l'equilibrio, come se avessero ricevuto l'ordine di rendergli il cammino il più disagevole possibile. Lui sapeva solo che slava avanzando contro il desiderio di qualcosa che cercava di imporgli i suoi voleri. Per il momento non poteva sperare di meglio.

L'atmosfera di quel posto era così inquietante che si aspettava da un momento all'altro di veder sbucare dagli alberi qualche pericolo, ansioso di dargli battaglia.

Lottando per ritrovare il fiato, Uahach-Kaitlith-Ludia (ma chi era in realtà?) si appoggiò barcollando contro un sostegno che sentiva ma che non vedeva con chiarezza, e cercò di rientrare pienamente in sé. Non si trovava più sulla spiaggia. E non era nemmeno ritornata sul lettino dell'Arnia. Invece, si trovava di nuovo sulla collina-tumulo dove si era svegliata all'inizio del sogno. Poco lontano vide l'uomo accucciato contro il monolite e i qwaker pronti a scattare contro di lui. Lei portò automaticamente la mano alla cintura per prendere la corda avvolgente.

Ma no!… Impossibile!

Era difficile rimettere ordine nei pensieri e chiarirsi le idee. Doveva salvare l'uomo.

Ma le sembrava che l'intera scena che aveva davanti ondeggiasse. Non possedeva la stessa profondità e limpidezza della prima volta.

La volontà si acuì e la mente si svegliò del tutto. Niente azioni istintive… Quello non era il suo sogno, ma apparteneva a un'altra. In quel momento non si trovava davanti all'uomo che doveva farle da compagno durante il sogno, ma a un suo simulacro immaginario.

Il qwaker spiccò un balzo, abbassò fulmineamente il becco e trafisse il petto dell'uomo che aveva alzato un braccio per difendersi, senza riuscirci. Lei udì il suo lamento e il grido di vittoria dell'animale. Ma ora combatteva la sua battaglia, quella per fare a pezzi il falso sogno.

L'intera scena si increspò, lottò disperatamente per rimanere in vita, e incominciò a lacerarsi come un tessuto logoro, dall'alto verso il basso. In quell'istante, lei colse l'unica rapidissima immagine di un'ombra che veniva distolta dal proprio posto per operare in quello che era, probabilmente, un altro piano. Vide la propria nemica in agguato, ma non riuscì a identificarla né a scoprire quale fosse la sua dislocazione abituale.

L'uomo morente e il qwaker scomparvero, mentre la collina si dissolveva in una specie di nebbia sempre più spessa, che Si avvicinava e le toglieva il fiato fino a farla boccheggiare. Le sembrò di essere circondata di colpo da un mostruoso sudario umido e pesante. Se non riusciva a lottare con tutte le sue forze, e a mettere a frutto i suoi poteri naturali di Esper insieme a quelli imparati da Uahach, era sicura che avrebbe trovato la morte lì.

Quello era un sogno, un'illusione. E una tessitrice di sogni non poteva essere coinvolta nel sogno di un'altra, a patto che non acconsentisse in modo esplicito. Di conseguenza, lei non poteva rimanere uccisa se non accettava l'illusione. Si impose di respirare lentamente e a pieni polmoni, negando l'evidenza di ciò che i suoi occhi le presentavano. Non era affatto coinvolta nel sogno della sua nemica, ma faceva parte di quello schema che era ancora ben fisso nella sua mente. E non c'era un'altra verità!

La nebbia indietreggiò e lei conobbe un attimo di trionfo a cui comunque non volle abbandonarsi. Quanto succedeva andava ben al di là delle conoscenze acquisite da Uahach e di ogni documentazione a cui avesse attinto.

Una cosa sola era chiara. Nonostante gli sforzi della sua nemica, un'allucinazione non poteva reggere una volta che se ne fosse scoperta la natura. Il saperlo rappresentava di sicuro un'arma, ma che cosa ne sarebbe stato di Burr?

Erano stati separati deliberatamente e lei era convinta che, per quanto forte potesse essere, il suo compagno sarebbe stato una preda più facile per la nemica in agguato. Tanto per incominciare Burr non poteva contare sui poteri degli Esper, altrimenti non sarebbe stato scelto per quella missione. In pratica, era privo dell'unica arma che lei, invece, poteva vantare.

C'era solo una speranza per entrambi. Dovevano ritrovarsi. Solo insieme ciascuno di loro avrebbe avuto una possibilità.

La nebbia si era ritirata ancora, ma non abbastanza da consentirle di vedere il paesaggio che la circondava. L'unica cosa certa era che il suo rifiuto di lasciarsi coinvolgere nel duello di poco prima aveva mandato all'aria lo schema preparato da quell'altra. Ora, non le rimaneva che un unico modo per ritrovare Burr, chiamare a raccolta tutta la propria forza di volontà. L'ultima volta che lo aveva visto era stato sulla spiaggia… Chiuse gli occhi e si concentrò su quell'immagine, proprio come aveva fatto durante il primo spostamento che li aveva portati rapidamente da un punto di quel sogno alterato fino al successivo. Spinse fuori dalla mente qualsiasi altra visione, compresa la paura di non farcela, cercò di visualizzare la spiaggia com'era quando l'aveva lasciata e desiderò con tutte le proprie forze di trovarsi di nuovo lì.

Avvertì un senso di improvvisa perdita di gravità, e un dolore acuto. Poi aprì gli occhi e si guardò intorno. Sì, quella era proprio la stessa sabbia, bagnata da un oceano languido e privo di marea. C'erano anche le rocce. Purtroppo, un lembo di spiaggia sembrava sempre uguale a un altro. E lì non c'era traccia di Burr.

In fondo, aveva sperato di trovarlo ancora lì, impegnato a erigere il fuoco. Anche perché era convinta che l'altra sognatrice cercasse tuttora di muoversi all'interno dello schema di sogno originale. Ma lui sembrava scomparso.

La ragazza si voltò e guardò verso l'interno. Il paesaggio non aveva nulla di attraente.

Rabbrividì alla vista di quegli strani alberi che si stagliavano contro il verde più chiaro dell'erba e contro certe ombre dalla sagoma bizzarra. Era come se quelle inquietanti forme di vegetazione potessero dissolversi a piacimento per assumere altre forme, molto più pericolose.

Li non c'era niente.

Eppure riusciva a sentire… Che cosa, esattamente? Una pressione vaga, come se un filo si staccasse dal suo corpo per andarsi a collegare con qualche oggetto che si trovava fuori dal suo campo visivo, proprio in mezzo a quegli alberi dall'aria minacciosa. Non poteva essere che Burr. Dunque, si era allontanato dalla spiaggia e lottava a modo suo per neutralizzare i pericoli di quel sogno, muovendosi esattamente nella direzione opposta rispetto al futuro che lei gli aveva prospettato.

La sorprese il fatto che lui fosse capace di tanto. Aveva creduto che qualunque volontà in grado di strapparla da lì per riportarla all'inizio del sogno non avrebbe avuto la minima difficoltà a manovrare Burr nel nuovo schema. Dopotutto, lui si era già reso vulnerabile recitando la parte del cliente e accettando il sogno originale.

Forse, anche la lotta che lei aveva combattuto per tornare lì aveva contribuito ad aiutarlo, distogliendo da lui gran parte delle energie della sognatrice sconosciuta. Così, Burr aveva avuto l'occasione di cambiare il corso del sogno.

In ogni caso, se volevano sopravvivere ora dovevano ritrovarsi. La sognatrice e il suo cliente erano legati da un vincolo indissolubile, e potevano entrare o uscire dal sogno soltanto se si trovavano insieme. Non le rimaneva altro che seguire quella debole traccia che l'attirava verso il folto degli alberi. Si incamminò, decisa.

Il cielo incominciava a imbrunire e la notte non sembrava lontana. Nel sogno originale loro avrebbero dovuto dormire a bordo dell'Aquila del Mare, ma all'interno di quel nuovo schema quali pericoli potevano minacciare gli sconsiderati viandanti che si avventuravano da soli nel bosco?

Si alzo un vento gelido e lei strinse meglio il mantello attorno al corpo. Ma continuò ad avanzare, augurandosi che la traccia non si rivelasse sbagliata.

Si stava facendo buio. Burr aveva evitato le macchie di alberi isolati e si era preoccupato di evitarne persino le ombre al suolo. Era molto stanco, non tanto per la camminata, quanto per il continuo sforzo di volontà contro qualcosa che voleva convincerlo a tornare sulla spiaggia per accendere il fuoco. Le pressioni erano diventate molto più inquietanti di quella iniziale, più pacata e regolare. Adesso arrivavano a ondate ben distanziate fra loro, come se volessero dargli per un attimo l'illusione di avere vinto per poi colpire con maggiore forza e insistenza. E il suo avversario non accennava a stancarsi, tanto che lui incominciò a chiedersi quanto tempo sarebbe passato prima che avesse ceduto alla tentazione di tornare indietro, accendere quel fuoco e attirare su di sé la fine a cui di sicuro era già destinato, in quel sogno che non rispettava le regole. I qwaker avevano minacciato di ucciderlo, dunque c'era da supporre che neanche i corsari si sarebbero dimostrati molto teneri con lui. ln più, questa volta si sarebbe trovato ad affrontare delle armi vere, in mano a uomini decisi a fargli la pelle.

Burr continuò a camminare, a dispetto di quella pioggia di pressioni. Poi alzò la testa e guardò più attentamente una macchia di alberi sulla sua sinistra. Stava cambiando forma. Tutto gli sembrò terribilmente strano.

 

7

 

Una figura si alzò dalla posizione accucciata che l'aveva confusa fino a quel momento con le altre macchie di alberi. Era più grande di una figura umana, ma la sagoma era così indistinta che Burr non riuscì a capire se si trattava di un grosso animale o di un essere senziente.

Nella luce sempre più fievole del crepuscolo era solo una grossa macchia nera. Lui continuò ad avanzare e per quanto strano vide che la sagoma, invece di ingrandirsi, diventava sempre più piccola, fino a risultare addirittura più piccola di lui.

Burr strinse forte la lancia. La creatura misteriosa, una volta sbucata sul suo cammino, non fece altre mosse.

Ma non c'erano dubbi sul fatto che si trattasse di un'entità nemica. Almeno non era un qwaker, ma lui non osava nemmeno pensare a quante altre minacce potevano celarsi in quelle terre.

Aveva affrontato innumerevoli pericoli, prima di allora, ma questa avventura era infinitamente diversa da tutte le altre. Le operazioni a cui aveva preso parte nel corso del servizio si erano svolte in un mondo reale, dove le difficoltà potevano essere previste, almeno in parte. Ma quello era un mondo creato dalla fantasia, forse per scopi precisi. Ma da chi? Per sua stessa ammissione, la pseudo-Uahach ne era responsabile solo in parte.

Nonostante tutto, Burr non cercò di evitare l'incontro con la misteriosa cosa in attesa. Meglio guardare la paura in faccia piuttosto che lasciare libera la fantasia di fornirgli i dettagli.

All'improvviso la figura si mosse, scrollandosi di dosso le ampie pieghe di un mantello nero come il carbone. Era rimasta abbastanza luce perché ne potesse distinguere chiaramente il viso e la testa.

Lei era tornata!

Dalle sue labbra stava già per sgorgare un grido di benvenuto quando qualcosa lo obbligò a fermarsi. Ogni particolare dei lineamenti e delle movenze corrispondeva, eppure…

La mano della ragazza sbucò da sotto il mantello e gli indirizzò un cenno imperioso.

Burr rimase dov'era.

Le pressioni a cui era stato sottoposto fino a quel momento avevano subito un improvviso mutamento.

Invece di risospingerlo verso la spiaggia da dove era venuto, adesso lo attiravano verso questa Uahach.

E fu proprio quell'imprevista alterazione a insospettirlo.

— Vieni. — La ragazza pronunciò la stessa parola che aveva pronunciato nel corso del loro primo incontro.

Gli fece cenno d'avvicinarsi e si accigliò, forse spazientita.

Lui piantò la punta della lancia a terra, e strinse entrambe le mani sull'impugnatura, come se volesse ancorarsi meglio per evitare di obbedire all'ordine.

— Chi sei? — chiese.

— Sono Kaitilith. — La voce aveva lo stesso timbro di quell'altra e sembrava rispecchiare perfettamente, nella sua memoria, il tono che la ragazza aveva usato con lui quando sedevano insieme sulla spiaggia. Era solo quella persistente pressione a unirsi a lei che non lo lasciava tranquillo, e in quelle condizioni avrebbe dato retta a ogni dubbio, per quanto piccolo.

— Bugiarda!

— Sono Kaitilith… Vieni. — Lei si comportò come se non avesse nemmeno udito. — Sta per scendere la notte, e con il buio arriveranno altri nuovi pericoli. Dobbiamo cercare un riparo. Vieni! — L'ordine fu confermato da una spinta a seguirla, così forte da riuscire quasi a sradicarlo dalla posizione dove si trovava e a farlo inciampare in avanti.

— Tu non sei lei — ripeté Burr. E se invece sbagliava? Di colpo, si sentì incerto. Non aveva nulla su cui basarsi, se non la repulsione che quella figura gli ispirava, nonostante tutto.

— Sono Kaitilith! — Questa volta la ragazza alzò entrambe le mani per spingere indietro il cappuccio. — Guardami, sciocco, e vedrai!

Burr si sentì improvvisamente sicuro. Lei aveva commesso l'errore di dimenticarsi per un attimo di com'era nel sogno, per convincerlo. E non era la ragazza della spiaggia.

— Tu non sei Kaitilith. — Adesso lo sapeva.

Lei lo fissò, con il viso completamente privo di emozione. Poi reagì, così in fretta da trovarlo quasi impreparato. Alzò di scatto la mano destra per scagliargli contro qualcosa. Lui vide solo un lampo di luce, ma i riflessi ben allenati funzionavano anche nel mondo dei sogni. Si tuffò per terra, rotolò e si rialzò in piedi con tutta la destrezza e l'agilità di un lottatore esperto e disarmato.

Qualcosa colpì il suolo nel punto in cui si era trovato fino a pochi istanti prima, ed esplose in una fiammata.

Burr spiccò un salto, non verso di lei ma di lato, perché la mano si era mossa di nuovo.

Questa volta, insieme al lampo, avvertì anche una bruciante sensazione di calore, che per fortuna si limitò a sfiorarlo.

Poi la faccia della creatura si contrasse in una orribile maschera, e lei sputò nella sua direzione. Il mantello che indossava si raccolse, come se possedesse vita propria oppure fosse controllato dalla sua ferrea volontà. L'avvolse strettamente, trasformandola in una specie di pilastro scuro, e le nascose ancora una volta la testa tra le pieghe informi.

Il pilastro incominciò a sprofondare nel terreno e, rapidamente, scomparve. Di fianco a Burr, una macchia d'erba era carbonizzata e alcune piccole braci ardenti lanciavano deboli riflessi nel buio. Ma lei se n'era andata.

Nell'aria notturna si alzò uno strano odore acre. Ma per il momento, a dispetto delle ombre inquiete degli alberi, Burr era di nuovo solo.

— Gurret?

Si voltò di scatto, con la lancia in pugno. Un'altra ombra avanzava verso di lui.

— Gurret. — C'era una punta di sollievo, in quella voce. Ma lui non era disposto a lasciarsi ingannare. Così, quel demonio aveva deciso di riprovarci per la seconda volta, eh?

Ancora una volta, Burr la vide in faccia. Nonostante l'oscurità, i suoi lineamenti irradiavano una luce che li faceva apparire sinceri. Lui si preparò a fronteggiare un nuovo attacco.

— Lascia perdere. Tu non sei Kaitilith — disse.

— No — concordò lei. — Sono colei che sogna. Burr le rivolse un'occhiata cauta. In effetti, c'era una sottile differenza tra questa ragazza e quell'altra che era scomparsa, inghiottita dalla terra. Non avrebbe saputo precisare quale.

— Se sei la sognatrice, dimostramelo.

— In che modo?

— Dicendomi dove sei andata.E perché.

Lei non cercò di avvicinarsi. — Dove sono andata? Indietro, all'inizio del sogno. Non so di preciso perché, ma immagino che l'altra forza che cerca di alterare il sogno volesse farmi credere che tu eri morto.

— Per poco non ci è riuscita davvero. Sempre che un uomo possa rimanere ucciso da un'arma di fantasia. — Burr usò la punta della lancia per sfiorare il ciuffo di erba carbonizzata.

La diffidenza che era stata così presente in lui mentre fronteggiava l'altra ragazza si era improvvisamente placata. — Come hai fatto a tornare?

— Usando la mia forza di volontà. — Sembrava che Uahach non avesse dubbi, in proposito. — L'illusione è scomparsa quando mi sono accorta che l'unico modo per combatterla consisteva nel non assecondarla.

Burr scrollò la testa. — Ombre e sogni… com'è possibile per un uomo combatterli? Almeno, la tua sosia aveva un'arma molto efficace.

Con la punta della lancia mosse ancora la terra annerita e le vaghe tracce di cenere. Poi parlò alla ragazza di quell'altra che aveva preso le sue sembianze.

— Era l'altra sognatrice — ribatté Uahach. — Non hai seguito lo schema e adesso… — Trasse un profondo sospiro. — Dal momento che il sogno si è rotto, lei può inserire quello che vuole.

— Dunque non c'è più modo di sapere che cosa ci aspetta? — Burr colse subito il senso del suo disagio.

— Forse no, ma abbiamo ancora una carta da giocare… Possiamo proseguire quasi fino al termine dell'avventura e cercare di affrettarne le conclusioni. Magari riusciremo a liberarci prima che lei raccolga tutte le sue forze e assuma il pieno controllo sullo schema del sogno.

— Ne sei in grado?

— Non lo so. Se non altro, non è riuscita a confondermi quando mi ha riportato alla collina. Forse non potrà dominarci tutti e due, se raggiungiamo in fretta la fine. Non è facile tenere saldo uno schema, anche se non è mai successo che un cliente lottasse in prima persona per alterarlo, per quanto ne so. Sono la tua sognatrice, e siamo collegati insieme. In due, forse, riusciremo a essere più forti di lei…

— Credi che sia possibile andare avanti? — domandò Burr.

— Possiamo provare. — Ma nella sua voce lui colse un'ombra di esitazione.

— E quale punto scegli?

— La Torre di Kiln-nam-u.

Lei gli tese la mano, come aveva fatto quell'altra. E i due gesti erano così simili che lui, per un attimo, esitò. E se si fosse lasciato ingannare per la seconda volta? Ma adesso, almeno, non avvertiva nessuna pressione e la scelta spettava soltanto a lui.

Gli bastarono due passi per raggiungerla e poi avvertì la sua stretta decisa sulle dita. La mano era gelida e Burr avvertì, con quel semplice contatto, tutta la tensione del corpo di Uahach e la concentrazione a cui la ragazza si preparava.

— Pensa a una torre sul mare — gli disse lei. — Quel mare che abbiamo già visto prima. Raccogli tutte le tue energie… Lui non conosceva i trucchi e i segreti di una mente Esper, ma era certamente disposto a pensare a una torre, se questo poteva servire.

Cercò di raffigurarsene una, per quanto poteva… Una costruzione arcaica secondo gli standard del suo mondo ma in armonia, per quanto possibile, con ie rovine che aveva visto dall'alto delle colline su cui era approdato. Chiuse gli occhi per trattenere l'immagine nella mente e si dimenticò di quella mano che stringeva la sua. Avvertì piuttosto qualcosa che bruciava, su in alto, con un'energia capace di divorare ogni cosa.

Qualcosa che si sforzò in ogni modo di interrompere il legame fisico tra lui e Uahach.

 

8

 

Dunque, quella era la Torre e gli sforzi di Uahach li avevano portati entrambi alla fine del sogno. Burr fissò l'edificio che sorgeva davanti a lui. Per un lungo istante, l'immagine che aveva costruito nella mente rimase sovrapposta a quella che vedeva, come una vaga illusione sopra la realtà. Poi, l'illusione scomparve e lui si ritrovò a fronteggiare il luogo che aveva appartenuto fin dall'inizio al mondo del sogno.

La Torre era sistemata in modo tale che i pinnacoli di roccia di una rupe sul mare la schermavano su due lati, formando un angolo di novanta gradi in cui gli antichi capomastri avevano attentamente sistemato la costruzione per difenderla il più possibile dagli attacchi del tempo. Su quell'edificio gravava infatti, quasi come un'ombra tangibile, il peso di secoli e secoli di storia.

Per un'altezza pari a circa due piani di un edificio moderno, secondo una stima approssimativa di Burr, i blocchi di pietra sovrapposti non mostravano alcuna apertura. Al di sopra di quello spazio c'era una serie di finestre a forma di cuneo, raggruppate a tre a tre e disposte secondo un disegno a losanghe. Le aperture sembravano buchi neri come la pece, dato che nessun raggio di sole riusciva a penetrare all'interno.

Lui notò un altro cambiamento sorprendente. Con il viaggio portato a termine mediante la fusione di due volontà, loro due si erano lasciati alle spalle anche la notte. A occhio e croce, doveva essere quasi mezzogiorno.

I blocchi di pietra di cui era costituita la torre erano color rosso opaco, in contrasto con il giallo bruno della roccia che la riparava. Ma nella superficie rozzamente levigata dei blocchi spiccavano minuscole scintille di cristalli luminosi, che riflettevano la luce del sole e davano l'impressione che l'edificio fosse ornato da migliaia e migliaia di gemme preziose.

— Kiln-nam-u. — Uahach smise di stringergli la mano. — Dunque, ce l'abbiamo fatta.

— E che cosa doveva fare Osdeve, una volta qui? — volle sapere Burr.

— Doveva consacrare quel blocco di roccia con l'acqua della Coppa di Sangue. — La ragazza indicò una delle pietre, posta più o meno all'altezza della spalla di Burr e, in apparenza, ben incastrata nel basamento della Torre. — In questo modo avrebbe riscattato la Cosa che da sempre dimora qui e avrebbe barattato la Sua libertà, in nome della Verga di Ar, con la possibilità di diventare re.

— Dal momento che non abbiamo questa coppa — tagliò corto Burr — non possiamo limitarci a infrangere subito il sogno?

La ragazza non rispose subito e lui distolse gli occhi dalla Torre per guardarla.

— Non… posso. — Le due parole, inframmezzate da un lungo sospiro, non furono altro che due rauchi bisbigli.

Sembrava che Uahach fosse reduce da un lungo ed estenuante volo.

— Se abbiamo quasi raggiunto la fine del sogno eppure non riesci a spezzarlo vuol dire forse che…?

— Che da questo momento in poi dovremo affrontare lo schema che quell'altra ha scelto per noi — confermò lei, decidendo di metterlo subito di fronte all'amara realtà.

Burr accettò l'evidenza.

D'accordo, non potevano interrompere il sogno, un sogno predisposto per Osdeve, ma dovevano seguirne un altro.

— Tu possiedi tutte le conoscenze di Uahach. Non può essere altrimenti se ti hanno mandato qui. — Fece una pausa, prima di continuare. — E mai successo niente del genere?

Questa volta, la ragazza girò la testa quel tanto che bastava per fissare i grandi occhi color arancio nei suoi.

— Per quanto ne so, e quindi per quanto ne sa Uahach, non si sono mai registrati episodi simili prima d'ora. Lei non è l'ultima arrivata, ma una sognatrice di decimo livello, e l'Arnia non prevede qualifiche più alte nella sua scala di valori.

— Eppure dev'esserci qualcosa di più, altrimenti non sarebbe mai stato possibile inchiodarci qui. Non puoi fare niente per localizzare la forza che ci impedisce di liberarci?

La lieve ombra di sgomento che aveva sostato per un po' negli occhi della ragazza scomparve. La sua espressione era intenta, ma non come quando si concentrava escludendo tutto il resto.

— Potrei provare. Lei dovrà pur raggiungerci, prima o poi. E' indispensabile che il sogno arrivi a una conclusione definitiva, altrimenti il medico dell'Arnia capirà che c'è qualcosa che non va. Nessuno, nemmeno la stessa Foostmam, oserebbe mai permettergli di intervenire. Sono sicura che laggiù nell'Arnia noi ci troviamo immersi in un sonno del tutto regolare. Di conseguenza, dal monento che il nostro contratto è a termine, chiunque regga i fili dello schema deve agire in fretta. Abbiamo tagliato la parte centrale del sogno di Osdeve per portarci in prossimità della fine. Ora non possiamo fare altro che aspettare la prossima mossa. E spetta a quell'altra.

A Burr, la soluzione non piaceva. La pazienza era uno strumento che aveva dovuto affinare molto, durante le sue missioni. Ma si parlava sempre di azioni all'interno di un mondo reale, nel quale anche lui aveva una certa possibilità di controllo sul futuro. Gli era capitato già in precedenza di attendere un attacco, ma il suo avversario si era sempre mosso in un ambito che lui aveva la possibilità di capire. Adesso, la prospettiva di una battaglia così nebulosa lo irritava.

— Non c'è modo di predisporre una difesa in anticipo? — la incalzò.

Invece di dargli una risposta, lei alzò di scatto la testa come se avesse avvertito un segnale di pericolo. Un attimo più tardi Burr barcollò, come sotto l'effetto di un colpo violentissimo. Per quanto non si trattasse di un colpo fisico, l'impressione fu quella di un gigantesco pugno che lo avesse centrato sulla schiena all'altezza delle scapole, per imprimergli una tremenda spinta in avanti verso la Torre. Nello stesso istante, Uahach lanciò un grido di dolore e si portò le mani alla testa.

In avanti. Quella forza voleva spingere Burr in avanti, per mandarlo a schiantarsi contro la roccia. Ma lui che aveva conservato un briciolo di lucidità, piantò la punta della lancia a terra per ancorarsi in qualche modo. Il corpo barcollò avanti e indietro sotto un susseguirsi di spinte, ma lui tenne duro, con le labbra strette in una linea dura.

La sua compagna cadde in ginocchio, con le mani ancora sulle orecchie e gli,occhi pieni di lacrime. Si lamentava, e quel suono, stranamente riecheggiava tra le rocce circostanti. Era chiaro che anche lei, proprio come Burr, lottava contro una forza spaventosa che minacciava di sopraffarla.

Davanti agli occhi di Burr l'immagine della Torre si annebbiò. O forse il blocco di pietra indicato da Uahach si stava muovendo? Qualunque entità lottasse per prendere il dominio su di lui, voleva scagliarlo là dentro, in quella fessura buia. Se si trattava di una porta, il bordo era comunque molto irregolare, e seguiva l'andamento dei blocchi di pietra sovrapposti.

Burr si raddrizzò in fretta. Non aveva nessuna intenzione di cedere. Uahach aveva detto che si trovavano vicino alla fine del sogno originale, e di conseguenza lui non avrebbe accettato nessuna variazione di schema. Raccolse tutta l'ostinazione di cui era capace e la usò come scudo contro le continue pressioni esercitate contro di lui.

La ragazza si stava lentamente rialzando. Il suo viso, nonostante le lacrime e i chiari segni di dolore che lo segnavano, sembrava contratto in una determinazione pari a quella di Burr, anche se lui non se ne accorse.

Il foro dalla cornice irregolare alla base della Torre era completamente aperto. Uahach aveva detto che la Cosa, nel sogno originale, era uscita per trattare con Osdeve. Ebbene, Burr non aveva la misteriosa Coppa di Sangue che doveva servire per lo scambio. E la forza che cercava di manovrarlo, qualunque fosse, mirava a spingerlo all'interno, non certo a lasciarlo in attesa lì fuori!

I raggi del sole, per quanto mettessero in evidenza ogni altro particolare della Torre, compreso il bordo irregolare dell'ingresso, non entravano né in quell'apertura, né nelle finestre a cuneo poco più in alto. L'oscurità che dimorava all'interno sembrava quasi una sostanza concreta e tangibile, in grado di impedire alla luce di entrare.

La Cosa stava per uscire? E come avrebbe reagito al fatto che Burr non possedeva l'oggetto usato da Osdeve per evocarla? Lui mosse barcollando un unico passo avanti, mentre l'entità misteriosa lo bersagliava con spinte sempre più forti.

Lei lo voleva. Di conseguenza, lui non poteva far altro che negarsi.

Per la prima volta dall'inizio della lotta, Uahach aprì bocca. — L'altra sognatrice deve compiere un grande sforzo per combattere con tutti e due. — Sembrava aver riconquistato la sua aria sicura, oltre a una chiara padronanza di sé.

— Quando alzo la mano, prova a spostarti indietro… Provaci con tutta la forza che hai!

Fissò di nuovo la Torre con l'espressione intenta e il corpo rigido. Poi alzò la mano. Burr si tirò indietro, con tutta la determinazione e la testardaggine di cui era capace.

Fu come se una corda si strappasse di colpo. Burr perse l'equilibrio e colpì il suolo con una violenza che lo stordì, poi rotolò di lato. La ragazza era ancora in piedi, come una statua immobile e ardita, tra lui e quell'apertura che nascondeva sicuramente una trappola. La tensione si allentò, lasciandolo svuotato.

Uahach oscillò e cadde ancora una volta in ginocchio, oppressa da una specie di ritorsione punitiva che si accaniva contro di lei. Burr abbandonò la lancia, senza riflettere. Si alzò in piedi e, con un balzo, coprì la distanza che li separava. Le sue braccia si strinsero con forza e fermezza attorno alle spalle della ragazza, un attimo prima che lei cadesse esanime.

 

9

 

L'atmosfera attorno a loro era pervasa da una collera maligna e insolente. Burr non avrebbe saputo dire in che modo riuscisse a percepirla, ma ne era comunque certo. E proprio da quell'ira strana e astiosa lui trasse comunque un briciolo di fiducia in più. L'altra non si era aspettata da loro una resistenza così caparbia, e per il momento era sconfitta.

Ma, come tutti e due sapevano bene, la partita non finiva lì. All'improvviso, le manifestazioni di quella forza sconosciuta cessarono, compresa la sensazione di collera.

Uahach trasse un profondo sospiro, quasi un singhiozo.

— Se n'è andata. — La voce era roca, priva di energie.

— Ci proverà ancora? — chiese Burr.

— Chi lo sa? In ogni caso, ha ancora abbastanza forza per tenerci qui.

— Ne sei sicura?

— Credi che non ci abbia già provato? — lo rimbeccò lei.— Sì, siamo sempre inchiodati nel sogno di Osdeve. Non riesco a immaginare quale altro schema sia già pronto per noi.

Burr osservò lo squarcio irregolare nel muro della Torre. Si era quasi aspettato di vederlo richiudere, ora che la pressione a farlo entrare là dentro era scomparsa. Invece, non solo la fessura rimaneva aperta, ma lasciava intuire chissà quali tremende minacce nascoste all'interno, in quell'oscurità spessa. Provò il desiderio di andare a piantare la lancia proprio nel cuore dell'apertura, ma il buon senso gli impedì di avvicinarsi di più a quella fortezza così misteriosa.

Piuttosto, cercò di esplorare nuove possibilità di difesa o di evasione da quel mondo. — Non hai modo di improvvisare, inventando un tuo seguito al sogno di Osdeve? — suggerì.

Lei scrollò la testa. — Non sono una vera sognatrice. Grazie ai poteri della razza Esper, mi è stato possibile assorbire tutte le esperienze di Uahach e di basarmi su di loro. Ma le sognatrici di Ty-Kry possiedono un talento diverso, e quel talento viene nutrito da un particolare addestramento fin da quando inizia a manifestarsi. Molte ragazze rimangono così immerse nei sogni da non vivere neppure una vera e propria vita reale. Quanto a me, durante la preparazione mi è stato trasmesso solo quello che è stato ricavato da un attento esame del passato di Uahach.

— Allora non ci sono speranze. — Eppure, Burr rifiutava la sconfitta. Non intendeva star lì ad aspettare che la sognatrice sconosciuta escogitasse un'altra trappola in cui cacciarli.

— Non so…

Le due semplici parole stentarono a farsi strada tra il turbinio di pensieri nella mente di Burr. Ma finalmente lui ne percepì le implicazioni e si voltò di scatto, riversando tutta la propria collera e la frustrazione in una domanda.

— Non sai, ma stai comunque pensando a qualcosa. Ti dispiacerebbe parlarmene, per favore?

— Un'idea ce l'ho, ma potrebbe essere pericolosa. Lei farà presto un'altra mossa, e immagino che avrai avvertito la sua collera quando ha capito che non può manovrarci come vuole. Se lasciamo che la sua prossima minaccia segua il suo corso, di qualunque tipo sia, c'è la possibilità che io riesca a trovare il bandolo del sogno che sta tessendo. Ma dev'essere una creazione completamente sua. Né mia, né un ibrido a metà.

— E che cosa succederà, una volta stabilito il contatto?

— Le imporremo, semplicemente, di farci uscire di qui. Le ragazze della Foostmam sono rigidamente condizionate su un punto in particolare. Devono interrompere il sogno quando il cliente lo desidera. Io non l'ho potuto fare per te perché si era sviluppata una situazione imprevista. Il sogno era di seconda mano e già rivisitato, prima che ce ne accorgessimo, dalle letali interferenze di un'altra potentissima sognatrice.

Dopo un attimo di perplessità, a Burr il discorso sembrò sensato. Ma l'idea non gli piaceva affatto.

— Fino a che punto può arrivare quest'altra sognatrice, prima che tu abbia la possibilità di mettere in atto il tuo disegno?

Lei evitò di guardarlo negli occhi. — Abbastanza lontano da rendere la situazione molto pericolosa, temo.

Dovrai affrontare i pericoli che ti scaglierà contro, e tener duro finché non avrò individuato la vena del sogno e non sarò riuscita ad agganciarla saldamente.

Nelle sue parole c'era una specie di logica disperata che Burr non faticò a comprendere, anche se esulava completamente dalle sue esperienze. Non nutriva dubbi sul fatto che una simile azione si sarebbe tradotta in una situazione di grande pericolo, rna non aveva alternative da suggerire.

— Aspettiamo la prossima mossa, allora… — Non era una domanda, ma una decisione. Piuttosto, aveva qualcos'altro, da chiedere. — Riesci a immaginare chi sia? La Foostmam, magari?

— No. Per quanto se ne sappia. La Foostmam non è una sognatrice, anche se dirige l'Arnia. Come ti ho già detto, molte ragazze sono quasi completamente escluse dalla realtà, e bisogna accudirle come neonate. Per questo, chi le governa e si occupa di loro non può essere una sognatrice. Nell'Arnia ci sono comunque le due ragazze che hanno visto i loro clienti morire in sogno. Una è rimasta menomata e vive un'esistenza puramente vegetativa… La sua mente sognante è morta oppure ha riportato un tale trauma che non può più essere recuperata.

"L'Altra sognatrice è anomala, dal momento che i suoi talenti sono venuti in luce solo all'epoca dell'adolescenza. Si sa che è già successo, ma molto raramente. In ogni famiglia dove si sia già verificata la nascita di una sognatrice si conoscono i segnali e si osservano i nuovi nati con grande attenzione per scoprire altri eventuali talenti. Il clan ne trae molti vantaggi, anche economici. Quindi è piuttosto raro che una sognatrice venga scoperta in ritardo, anche se la casistica lo ammette."

— Credi che sia lei?

Uahach si strinse nelle spalle.— Come faccio a dirlo? L'unico dato concreto è che due uomini sono morti in un sogno tessuto da questa ragazza, e che lei ne è uscita indenne.

— La conosci? Le hai mai parlato? — la incalzò Burr.

— No. L'Arnia tiene ben separate le sognatrici di un certo livello.

Si suppone che siano tutte impegnate ad accrescere le loro capacità di sogno, raccogliendo informazioni e studiando sui nastri dell'archivio per arricchire sempre di più il proprio repertorio. E una vita molto solitaria, per chi rimane sveglia.

— Quanto a quei cinque morti, erano in molti a desiderare che venissero tolti di mezzo — commentò Burr. — Le ricchezze o le varie cariche sociali li rendevano vulnerabili.

Così, se qualcuno avesse cercato di corrompere una sognatrice, e magari le avesse fornito dei nastri con un'ambientazione adatta…

Lei annuì. — Sì, è possibile.

Ognuno di noi nasconde nella parte più intima della mente una paura privata e personale. Se la natura di questa paura è nota e si riesce a materializzarla elevandola alla massima potenza…

— Ma certo! Quei poveretti avrebbero potuto tranquillamente morire o svegliarsi in preda alla follia. Eppure, un tipo di informazione così confidenziale avrebbe potuto provenire solo da fonti molto vicine all'interessato…

— E tu? Quali sono le tue paure? — chiese lei.

— Mi hanno fornito un bagaglio più che solido, per quanto riguarda l'identità — rispose Burr, pensieroso — ma dubito che abbiano pensato anche alle paure.

Incominciò a camminare avanti e indietro, ponendosi mille domande. Era possibile che una sognatrice riuscisse a cogliere nella mente di un uomo i suoi timori più nascosti per poi materializzarli?

Girò il viso verso la ragazza e vide che aveva cambiato posizione un'altra volta. Ora teneva gli occhi fissi sulla fessura buia ancora aperta alla base della Torre, e il suo corpo era di nuovo rigido e teso. Burr non aveva bisogno di altri avvertimenti.

Qualcosa si stava preparando per loro, una nuova mossa della sognatrice nemica. Ma per il momento lui non vide altro che un'oscurità totale, all'interno di quell'inquietante apertura. Si avvicinò a Uahach, con il respiro un po' affrettato. Era tanto vicino da sfiorarle una spalla con il braccio. Voleva domandarle se poteva dargli un'idea di quello che si aspettava, ma temeva di interrompere la sua concentrazione. La ragazza gli aveva già detto chiaramente che doveva resistere a qualunque attacco, quanto bastava perché lei riuscisse a raggiungere il bandolo del sogno che si dipanava davanti a loro.

Qualcosa di agghiacciante brulicò all'interno dell'ombra nera. Una parte si protese in avanti alla ricerca di qualcosa, come una lunga lingua nera. Avanzò nell'aria e nella luce come un sinuoso nastro color pece.

Burr si ritrasse d'istinto, portando la sua compagna con sé.

In quella strana attestazione di vita c'era qualcosa che gli mise sottosopra lo stomaco e gli fece venire la pelle d'oca. Gli sembrò di trovarsi all'improvviso nel bel mezzo di una corrente gelida.

L'estremità appuntita del nastro si alzò dal suolo e ondeggiò da una parte all'altra, come avrebbe fatto la testa di un rettile. Presentava delle protuberanze, che si aprirono con uno schiocco leggero e rivelarono una serie di occhi, rossi come tizzoni ardenti.

Burr non riuscì a capire cos'era, anche se la semplice vista di quella creatura gli provocava un malessere ignoto e profondo. Lottò per vincere la paura. Forse, dal momento che la sognatrice sconosciuta non era informata sui suoi timori più segreti, cercava almeno di presentargli qualche mostro che fosse frutto delle sue più terrificanti fantasie.

Il nastro nero continuò ad avanzare lentamente. La testa aveva smesso di ondeggiare e gli occhi di brace erano fissi su Burr. Se la testa era piccola, il corpo tronfio che usciva a poco a poco dalla fessura nella Torre era grasso e pigro, sovrastato da una serie di gibbosità tremanti.

— No!

La ragazza accanto a lui incominciò a gridare e alzò le mani, nel tentativo disperato di cacciare di nuovo quel mostro strisciante nel suo nascondiglio. Il suo viso era una maschera di disgusto e di terrore… La paura aveva preso il sopravvento.

 

10

 

Burr non faticò a indovinare che cos'era successo. Invece di colpire lui, la loro nemica aveva cercato di neutralizzare per prima Uahach. Forse aveva già capito che, nella battaglia in corso, era la ragazza la sua più forte avversaria.

Il mostro venne preceduto da un odore fetido, tanto forte e nauseante da spingere Burr a mettere la mano destra davanti alla bocca. Con la sinistra, invece, strinse le spalle della ragazza e si accorse che erano percorse da lunghi e violenti brividi. Quella mostruosa creatura strisciante risultava sconosciuta per lui, ma non per lei.

— Non cedere proprio adesso! — le gridò, scrollandola. — E' un sogno, ricordati! Solo un sogno!

Uahach non smise di tremare, ma almeno mosse la testa. Era chiaro che in quel momento non era in grado di fare quello che aveva progettato, e cioè di cercare un possibile punto di contatto con l'altra sognatrice.

Burr le tolse la mano dalla spalla e cercò il fermaglio che le chiudeva il mantello sulla gola. Lo trovò, lo sganciò e raccolse rapidamente tra le dita le lunghe pieghe dell'indumento che lei aveva indossato fino a quel momento.

— Stai indietro!

Strinse la lancia tra le ginocchia e prese il mantello con entrambe le mani. Il tessuto aveva un trama molto fitta, eppure sembrava morbido e setoso. Burr lo spiegò in tutta la sua lunghezza e poi, con un movimento abile e preciso, lo mandò a roteare nell'aria.

Il mantello planò sul mostro strisciante e le pieghe si assestarono ondeggiando, nascondendolo alla vista. Prima che la creatura riuscisse a liberarsi, Burr si precipitò in avanti e incominciò a sferrare un colpo dopo l'altro, affondando la lancia in quella massa oscura e palpitante. Con la mente, e non con le orecchie, avvertì un grido sottile e penetrante che lo scosse da capo a piedi, ma non riuscì a farlo desistere. Il mantello era ormai cosparso di macchie, e un liquido maleodorante filtrava dalle fessure aperte dalla punta della lancia.

Eppure, sotto il tessuto lacero e lurido, il mostro continuava a muoversi. Burr colpì e poi colpì ancora e ancora… Forse non era possibile ucciderlo?

Ancora una volta avvertì una strana e vibrante collera sollevarsi nell'aria che lo circondava. E, finalmente, il mostro smise di muoversi. Burr si ritrasse con cautela da quella massa disgustosa e ormai immobile, impugnando ancora la lancia in attesa di un secondo attacco.

Uahach aveva il fiato corto e il respiro affannoso, ma quando alzò gli occhi su di lui aveva un'espressione commossa e riconoscente.

— Sei riuscita a trovare qualcosa? — domandò Burr. Non che ci sperasse. La ragazza era rimasta senz'altro troppo sconvolta dalla comparsa del mostro.

Lei, invece, annuì. — Qualcosa, sì… ma non abbastanza. Devo provare di nuovo. Purtroppo, non mi aspettavo… quello. — Ancora tremante indicò la sagoma nascosta sotto il mantello.

— Era la tua paura segreta?

La ragazza scrollò la testa. — Non la mia, ma la sua… quella di Uahach! Sembra che abbiano trasferito dentro di me qualcosa di più dei suoi semplici ricordi.

Per un attimo, tra di loro scese il silenzio. L'ultimo attacco era stato condotto con astuzia, non per colpire Burr in modo diretto, ma per togliergli il sostegno rappresentato della sua stessa sognatrice. Se anche lui fosse morto, il successo sarebbe stato doppio. Ma per il momento, l'unico scopo raggiunto era stato quello di fargli capire che anche la ragazza aveva molto da temere. Come lei stessa aveva capito.

— Tutto per indebolirmi — commentò Uahach, con un filo di voce. — E' convinta che, se mi terrà in pugno, anche tu diventerai una preda più facile.

— Che cosa inventerà, adesso? — Burr capì l'assurdità della domanda nel momento stesso in cui la pronunciava. Nessuno sarebbe stato in grado di prevedere le mosse della sognatrice nemica, nemmeno una fanciulla dotata di poteri Esper e in qualche modo istruita nell'arte dei sogni.

Si udì un rumore. Questa volta non proveniva dalle viscere oscure della Torre, ma da un punto più in basso, sotto la rupe rocciosa. Burr si voltò e il respiro gli morì in gola. Forse la loro nemica non possedeva conoscenze adeguate sulle sue più recondite paure, ma la visione che era stata evocata, e la figura che si apriva la strada a tentoni sull'arido ammasso di rocce, avrebbe risvegliato un terrore violento e insensato in qualunque persona nelle cui vene scorresse un po' di sangue Terrestre.

Ciascun pianeta aveva i suoi pericoli, ma ne esisteva uno che li riuniva e li superava tutti e che in passato aveva portato a soluzioni drastiche e disperate. Per impedire che il contagio, una volta scoperto, raggiungesse tutti i pianeti della galassia uno dopo l'altro non c'era che un metodo.

La distruzione completa e volontaria dei mondi su cui le terribili pestilenze si erano propagate.

Adesso, quella Cosa, avanzava di soppiatto proprio verso di loro. Burr ne aveva già visto l'immagine nei nastri tridimensionali di istruzione che ciascun agente doveva memorizzare durante il tirocinio. Un tempo, quella specie di cadavere miagolante doveva essere umano~ o almeno abbastanza simile all'uomo da accoppiarsi con i Terrestri. Perché solo la loro specie, in tutta la galassia, era sensibile a ciò che la creatura alloggiava dentro di sé. E c'era una maledizione in più di quella orrenda malattia che causava cecità e putrefazione. Chi ne era contagiato, avvertiva a sua volta il violento desiderio di contagiare altri… Bastava un contatto, un soffio proveniente dalla gola ormai in decomposizione. Il virus si trasmetteva in un numero incredibile di modi, e possedeva una vita propria e un'intelligenza letale. Non si nutriva solo del corpo della propria vittima, ma anche della sua mente in liquefazione, in modo da apprendere dal portatore il tempo e il luogo migliore per catturare una preda fresca.

La creatura, sicuramente morta da tempo, continuava ad avanzare inciampando verso di loro, sostenuta solo dalla ferrea volontà del virus che l'aveva uccisa. Tutti i sensi di Burr gli suggerivano la fuga, anche se lui aveva la certezza che non sarebbe servito. Una volta che quella cosa avesse incominciato a seguire le loro tracce non c'era più niente in grado di fermarla. E, dal momento che era già morta, solo un inceneritore avrebbe potuto distruggerla. Rappresentava una minaccia per tutti e due, dunque la sognatrice nemica doveva aver deciso di ucciderli insieme, con un unico, supremo sforzo.

Burr continuò a ripetersi che si trovava in un sogno, e che solo l'accettazione di quelle immagini come reali poteva dare alla Cosa il potere di ucciderli. Ma le istruzioni che aveva ricevuto contro quel terribile morbo si erano spinte così in profondità che anche la logica non gli era di nessun aiuto per contrastarlo.

Il mare… alle sue spalle c'era il mare e la rupe era molto alta. Se solo ci fosse stato un modo per scaraventare la creatura mostruosa in fondo al baratro, forse avrebbero guadagnato ancora un po' di tempo. Non sarebbe stato facile per quelle membra straziate e parzialmente decomposte risalire il ripido pendio di roccia per ripresentarsi davanti a loro.

Burr strinse i denti e fece due passi avanti per recuperare il mantello, senza prestare la minima attenzione alla massa fetida sottostante.

— Hai con te un'altra corda avvolgente? — domandò, al di sopra della spalla.

Lei non rispose e Burr si voltò a guardarla. La ragazza era di nuovo in uno stato di trance. Dunque, questa volta non si era lasciata sconvolgere dall'odiosa immagine che avanzava con lentezza inesorabile verso di loro. Lottava per rintracciare l'autrice del sogno, attraverso quella creatura da incubo.

Lui la raggiunse con un balzo, trascinandosi dietro il mantello. Vide subito la corda avvolgente, agganciata alla cintura. Gliela prese, facendola barcollare per il contraccolpo, ma lei non gli rivolse la minima attenzione.

Con l'arma tra le mani, Burr si voltò per fronteggiare quella specie di zombie ambulante. La corda avvolgente era uno strumento del tutto nuovo per lui, ma non aveva altro. Lasciare che la creatura si avvicinasse fino a entrare nel raggio d'azione della lancia non sarebbe servito. Finché le gambe non fossero completamente marcite, quel corpo avrebbe continuato ad avanzare e, se necessario, si sarebbe messo anche a strisciare sulle braccia quasi completamente scarnificate.

Lui fece roteare la corda sopra la testa, come aveva visto fare alla ragazza. Le probabilità di riuscita erano minime, ma non restava altro da tentare. Aprì le dita di colpo e la corda sibilò nell'aria. Colpì la creatura poco al di sotto del bacino, proprio mentre approdava barcollando su una roccia da dove avrebbe potuto giungere agevolmente fino a loro.

Invece, cadde in basso, sotto l'impeto della corda piombata. Burr non perse tempo. Scagliò il mantello contro quella sagoma che si dibatteva sulla roccia, proprio come aveva già fatto con il mostro di poco prima. La creatura lottò per liberarsi delle pieghe del mantello e da una fessura macchiata sbucò un braccio ridotto quasi all'osso. Burr era pronto.

Roteò la lancia e colpì con violenza la creatura con l'asta di legno. L'arma centrò il bersaglio per due volte, mandandolo a rotolare verso il bordo del baratro. Poi, mentre la sagoma si rialzava in ginocchio, Burr raccolse tutte le proprie forze e sferrò un ultimo violentissimo colpo.

La creatura, ancora incappucciata dal mantello, venne scagliata indietro. Per un attimo, lui temette che non fosse ancora sufficiente. Invece, la Cosa lottò per rialzarsi, barcollò, cercò di ritrovare l'equilibrio e finalmente scomparve… inghiottita dal mare sottostante.

 

11

 

— Ce ne siamo liberati per il momento. — Si sarebbe messo a urlare per il sollievo.

Ma quando guardò di nuovo Uahach vide che non aveva girato la testa nemmeno di un millimetro. Forse non era stata neppure testimone della piccola vittoria che lui aveva riportato. Eppure, muoveva le labbra…

— Vieni.

Non aveva pronunciato la parola ad alta voce, ma lui l'aveva intuita guardandola. Vide la mano sinistra della ragazza staccarsi leggermente dal corpo come nel tentativo di afferrare qualcosa. Burr si sporse in avanti e prese quelle dita esili tra le sue. C'era riuscita? Aveva stabilito finalmente un collegamento con il loro nemico? Era possibile incominciare a sperare?

Il mondo della Torre venne cancellato da un'oscurità assoluta e improvvisa, anche se risultava difficile immaginare che potesse accadere da un momento all'altro. Lui non riusciva nemmeno a sentire la mano della ragazza tra le sue, o a capire se c'era ancora qualcosa che lo tenesse ancorato lì. In tutto quel buio, si sentì di colpo precipitare nel nulla…

Era così che finivano i sogni? Tra le sensazioni più disparate rispuntò la paura. E se fossero rimasti intrappolati in quella specie di limbo… per sempre? Per due volte ebbe una visione fulminea, come se la Torre e le rocce si ergessero al di sopra del buio, in mezzo alla nebbia. D'un tratto, gli sembrò che due forze opposte lo tirassero da una parte e dall'altra, contendendosi il suo possesso, e avvertì un dolore che non era fisico, ma che colpiva la sua parte più intima e nascosta.

L'oscurità continuava a perdurare e la sensazione di caduta nello spazio era diventata più intensa. Poi, il buio subì un'interruzione. Qualunque cosa vi si celasse, avvolta nella nebbia, non era né una torre né una roccia ma piuttosto un corpo steso su una specie di sostegno che comunque non risultava visibile. E lui era attirato verso il fianco di quel corpo.

Era una sognatrice, con la testa seminascosta da una cuffia che l'aiutava a rafforzare il sogno e a mantenerlo intatto.

Burr fu improvvisamente conscio di una emozione intensa. Non si trattava della collera che l'aveva già assalito in precedenza. Era piuttosto il desiderio di agire, un desiderio che si faceva sempre più imperativo ed esigente. Non gli veniva dalla sognatrice, ma da qualcosa che aveva vicino.

Vide una mano materializzarsi dal nulla, con le dita ricurve che cercavano di artigliare la cuffia della sognatrice. E in quello stesso istante lui sentì formularsi una richiesta senza parole…

— Adesso! Dammi forma… adesso!

Nel suo animo crebbe, senza una precisa scelta conscia, una risposta a quel grido. Doveva dare forma e sostanza a quella mano scheletrica, con tutta la forza e l'energia di cui era capace. L'energia defluì e lui non seppe nemmeno di produrla finché non si sentì completamente svuotato.

La mano divenne più compatta e reale. Eppure, lui continuava a perdere forza. Incominciò a scendere con estrema lentezza e a piccoli balzi, come se dovesse farsi strada a fatica attraverso una barriera difensiva, verso il corpo della sognatrice.

Non poteva continuare a dare, ma non aveva scelta! Se la mano non fosse riuscita a completare la sua missione lui sarebbe stato veramente perduto. Non sapeva che cosa gliene desse la certezza, ma non aveva dubbi, come se quella situazione gli fosse già stata prospettata in sede di allenamento.

La mano si mosse, con estrema lentezza. Lo sforzo lo indeboliva a tal punto che Burr si sentì un uomo sfinito. Il primo soffio di vento l'avrebbe portato via.

Le dita ricurve si raddrizzarono appena. Non sembravano più artigli. L'indice si girò e puntò dritto al cuore della sognatrice.

Burr non cedette. Nessuno, in passato, l'aveva mai preparato a una simile battaglia. Dipendeva tutto da quel dito, dal suo tocco… ma tutto doveva avvenire in fretta!

Sempre a sbalzi, come se l'energia che lo muoveva fluisse per poi vacillare, l'indice della mano arrivò a toccare la figura nebulosa della sognatrice, che in tutto quell'arco di tempo non aveva guadagnato la minima consistenza.

Così almeno era sembrato a lui, fin da quando era giunto al suo fianco.

La sognatrice si contorse, come se il dito della mano fosse stato una lama di acciaio appuntita. Poi, la bocca al di sotto del bordo della cuffia si curvò in una smorfia, con le labbra che tremavano e vomitavano chissà quale maledizione. Burr non riuscì a sentirne né a leggerne le parole.

Il buio si infittì di nuovo e lui fu perduto…

Qualcosa lo punse, e il dolore fu acuto e lancinante. Questa volta non si trattava di una ferita della parte più intima di sé… no, Burr la sentiva nel corpo. L'essere orrendo divorato dal virus? La sua immaginazione gli presentò l'immagine di quella spaventosa figura che risaliva con tenacia la rupe e si avvicinava per abbracciarlo, per stringerlo…

Aprì gli occhi, respirando a fatica. Un uomo con i gradi da ufficiale medico si chinò su di lui, fissandolo con fermezza e occhio clinico. Burr sbatté le palpebre una volta e un'altra ancora. Si sentiva confuso, e all'inizio non riuscì nemmeno a dare un nome al posto dove si trovava.

— Ce la farà…

Persino quelle parole in lingua Basic gli sembrarono bizzarre e lontane.

Sentiva il corpo rigido e la sua mano si muoveva a sbalzi. La cuffia non c'era più. Era salvo! Gli tornò la memoria e lo sommerse come un'ondata calda. Si sollevò a fatica dal lettino.

— Uahach? — Burr riuscì a pronunciarne il nome, con voce scossa.

— Ce la farà anche lei — lo rassicurò il medico. — Tutti e due ne siete usciti per il rotto della cuffia…

— E quell'altra! — ricordò di colpo Burr. — L'altra sognatrice…

Vide l'ufficiale medico socchiudere le palpebre.

L'uomo era in forze al quartier generale del Consiglio sul pianeta e sicuramente era stato messo al corrente della natura di quell'esperimento.

— E' lei… — Una voce debole come la sua spinse Burr a girare la testa di scatto.

La sognatrice si era disfatta della cuffia. Una ragazza esile, con i capelli castani lunghi nemmeno mezzo centimetro e i lineamenti affilati di chi ha sofferto la fame, era seduta sul bordo dell'altro lettino. Teneva le braccia sottili incrociate sul petto e sembrava debole e sfinita, così diversa dalla combattiva Kaitilith del sogno che lui non avrebbe mai immaginato di poter ritrovare in lei la sua compagna.

— Andiamo… — Uahach tentò di alzarsi in piedi, vacillò e ricadde dov'era. L'ufficiale medico si girò rapidamente verso di lei.

— Ferma! — ordinò.

— No! — La risposta sembrò enfatizzata dall'ira. — Dobbiamo… andare da lei… subito!

Burr si alzò in piedi ritrovando l'equilibrio a fatica. si sentiva debole come se fosse uscito seriamente ferito dall'incubo del mondo della Torre.

— La ragazza ha ragione — dichiarò. — Bisogna mettere fine a questa storia.

Fu contento quando un secondo uomo, provvisto di arma regolamentare, entrò nel suo campo visivo e allungò un braccio per sostenerlo. Nel frattempo, pur con l'aria di disapprovare fortemente l'intera faccenda, l'ufficiale medico aiutava Uahach ad alzarsi.

— Dov'è? — Era Burr a chiederlo.

— E' ormai persa… laggiù… — La risposta, pronunciata con un filo di voce dalla ragazza, non aveva granché senso.

L'ufficiale l'aiutò ad attraversare la stanza ma, quando arrivarono alla porta, la Foostmam impedì loro il passaggio. Li fissò con espressione impassibile e non accennò a spostarsi di un passo.

— In nome dei governanti del pianeta, ti ordino di lasciarci passare — sibilò l'ufficiale medico, irritato.

— L'Arnia non può essere violata — replicò la donna con voce tagliente.

— In questo caso, sì. — Bastò un cenno deciso dell'ufficiale e alle sue spalle spuntò un'altra guardia. — Togliti di mezzo, o dovremo spostarti con la forza.

Uno spasmo di odio puro contrasse i lineamenti della Foostmam. — Ti stai prendendo troppe libertà, straniero.

L'Arnia non può essere usata a piacimento.

— Così come tu l'hai usata per uccidere i clienti? — insinuò Burr.

Lei si girò per fronteggiarlo, con il viso ancora una volta nascosto da una maschera di ghiaccio.

— L'accusa è ridicola. Mi sono già sottoposta alle vostre indagini e alla fine mi avete dichiarato innocente.

— Ma, a quanto pare, ospiti una sognatrice che non lo è — la rimbeccò l'ufficiale. — Adesso andiamo a cercarla, Foostmam, e più tardi indagheremo a fondo sui metodi di addestramento delle ragazze. Forse scoprirai qualcuno che potrebbe rovinare per sempre la reputazione dell'Arnia.

— L'Arnia è innocente. Le sognatrici non possono uccidere. — La sua strategia di difesa rimase inalterata.

— Testimonierò che possono provarci… — intervenne Burr. Il senso di debolezza incominciava a diminuire, tanto che ormai riusciva a reggersi in piedi senza l'aiuto della guardia.

Durante lo scambio di battute Uahach era rimasta in silenzio. Aveva il viso immobile e il corpo rigido come quando aveva chiamato a raccolta tutti i suol poteri per individuare il terribile nemico senza nome. L'ufficiale medico la guardò e approvò con un cenno della testa.

— Fatti da parte!

Questa volta, la Foostmam si strinse nelle spalle e obbedì. Scesero nell'atrio e si incamminarono in un altro corridoio. La direttrice dell'Arnia doveva averli seguiti, perché la sua voce si alzò in nuove e più vibranti proteste.

— Non ci sono stanze per i sogni, quaggiù! Non avete il diritto di entrare nelle camere private delle ragazze!

L'ufficiale medico non si degnò neppure di risponderle. Continuò a sostenere Uahach con un braccio. Burr si rese conto che per portare a termine il loro rientro la ragazza di Esper aveva bruciato molte più energie di lui. Eppure continuava ad avanzare, come se la necessità di trovare la fonte dell'energia che aveva tentato di inchiodarli al mondo dei sogni le desse una forza nuova.

Uahach si fermò barcollando davanti a una porta all'estremità più lontana del corridoio. Stese la mano e appoggiò i polpastrelli sul battente chiuso.

— E' qui… — La sua voce era sempre debolissima.

 

12

 

A un gesto dell'ufficiale medico, la guardia che era apparsa alle spalle della Foostmam appoggiò il palmo sulla serratura. Per un attimo o due parve che la porta fosse stata predisposta per rimanere chiusa di fronte a qualunque interferenza esterna. Poi incominciò a scorrere di lato, molto lentamente e con qualche cigolio sinistro.

Dall'interno provenne un suono, una specie di miagolio simile a quello di un animale morente. L'ufficiale medico, fissando al di sopra della spalla di Uahach, mostrò un tale sgomento che Burr si affrettò ad avvicinarsi. L'uomo fu rapidissimo a spingere indietro Uahach e a stendere un braccio per impedire a Burr di farsi avanti.

— Chiudete, dannazione! Ordinò. E la guardia, con la sua stessa espressione di orrore e di sgomento negli occhi, chiuse la porta con un colpo secco. Ma non prima che Burr avesse il tempo di lanciare un'occhiata alla figura semisdraiata sul divano, che tentò di sollevarsi e che girò la faccia cieca e orrendamente deturpata verso coloro che avrebbe voluto come prede.

Non era ancora così orribile e deforme come la creatura che li aveva inseguiti sulla rupe, ma non c'erano dubbi sui sintomi della stessa, spaventosa malattia. Burr avanzò in fretta per andare a sostenere Uahach, mentre l'ufficiale medico si rivolgeva alle guardie per impartire rabbiosamente una serie di ordini.

Fu lo stesso Burr a ricondurre la ragazza nella camera dei sogni. La fece sedere sul lettino e si accomodò accanto a lei, tenendole un braccio sulle spalle.

— Le si è rivoltato contro. Quello che aveva sognato per noi si è impadronito di una parte di lei.

— Com'è potuto succedere?— chiese Burr. Cercò di non pensare a quello che aveva visto in quella stanza. Qualcosa che comunque avrebbe dovuto essere distrutto senza misericordia, il più in fretta possibile.

— Non lo so — replicò Uahach. — Ma credo che non fosse una vera sognatrice, non come quelle che la gente di Ty-Kry è abituata a conoscere. E ha usato deliberatamente i suoi poteri per uccidere. Dicevano che era tardiva… forse si trattava di qualcos'altro, di una mutante del ramo delle sognatrici. Credo, comunque, che stesse lottando per inviare quella morte subdola e orrenda fino a noi, anche se ci eravamo già svegliati. Invece, in qualche modo, i suoi sforzi si sono ritorti contro di lei. La chiamavano Dynamis. Ora dobbiamo scoprire da dove è venuta e chi, o che cosa, si cela o si celava dietro di lei.

— Non è più compito nostro le ricordò Burr. — Ci penseranno i segugi delle organizzazioni regolari ad assumersi il caso adesso.

Uahach sospirò. — Dobbiamo fare rapporto…

— Questo lo credo anch'io. Ma lasciamo che sia l'Organizzazione a darsi da fare. Credo proprio che avremo diritto a una licenza premio per i rischi corsi, non ti pare? — A proposito — aggiunse qualche secondo più tardi — qual è il tuo vero nome? Mi rifiuto di andare in vacanza con qualcuno che si chiama Kaitilith, per quanto fosse una fantastica lottatrice, o Uahach…una sognatrice!

Lei rabbrividì. — Non sono una sognatrice! — Era come se con quel rifiuto volesse dimenticare tutto ciò che li aveva minacciati, compreso quell'ultimo sussulto di orrore trovato in una camera dell'Arnia.

Burr sorrise. — D'accordo, non lo sei. Dicono che Avalon sia un magnifico pianeta per andarci in luna di miele. Ma gradirei conoscere il nome che devo far scrivere sul biglietto di permesso.

— Mi chiamo Ludia Tanguly — rispose lei. E la voce era ferma. — Sì. Ludia Tanguly. — Sembrava quasi che volesse riaffermare quell'identità e assicurarsi per sempre che non rimanesse più nulla di Uahach.

Burr annuì. — Molto bene, Ludia Tanguly. Adesso è nostro dovere presentarci al quartier generale per una deposizione e poi…

Lei raddrizzò la schiena, sempre con il suo braccio sulle spalle, e sembrò che una nuova forza le desse vigore. — E poi… io rifletterò sulla tua proposta. — concluse con fermezza.

 

 

FINE