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The Crucible (Il crogiuolo), tralasciando i tentativi e le esperienze giovanili, è la terza opera teatrale di Arthur Miller e apparentemente si differenzia in modo piuttosto netto dalle due precedenti, cioè da All my Sons (Erano tutti miei figli) e da Death of a Salesman (Morte di un commesso viaggiatore), che affrontano in maniera diretta problemi e situazioni del nostro tempo. Il crogiuolo ci trasporta in un'epoca ormai remota, esattamente nel XVII secolo, e ci fa assistere a una folle esplosione di fanatismo religioso in seno a una minuscola comunità del Massachusetts, isolata dal resto del mondo e tenacemente attestata sul «confine della foresta» a sfida delle tribù indiane ancora selvagge. In realtà però non abbiamo che fare con un dramma storico considerato nell'accezione comune del termine; tutt'al più la definizione può essere usata nella misura in cui per gli altri drammi dello scrittore possiamo ricorrere a quella altrettanto convenzionale di opere sociali. Miller, parlando del proprio tempo o di tempi andati, sviluppa un unico discorso che è, come egli stesso ha tenuto a precisare, un'indagine morale sul rapporto dell'uomo con la propria coscienza e del singolo con la collettività. Solo in questo senso sono sociali tutti i suoi drammi e in questo senso, oltre che sociale, è attuale Il crogiuolo, sebbene ci metta di fronte a un vecchio episodio di «caccia alle streghe».

Se non tenessimo presente questa caratteristica fondamentale dell'opera di Miller potremmo incorrere nel pericolo, cui a suo tempo parte della critica non seppe sfuggire, di politicizzare in modo troppo schematico e superficiale il dramma e di considerarlo semplicemente un'allegoria polemica del maccartismo che imperversava negli Stati Uniti durante il periodo in cui II crogiuolo, in sedici mesi, fu scritto e poi, il 22 gennaio 1953, rappresentato al Martin Beck Theatre di New York. La politicità e la polemicità del dramma sono innegabili, ma non sono né occasionali né epidermiche, bensì strettamente intrecciate alle esigenze di una sensibilità morale e fantastica preoccupata del significato e delle cause profonde dei fatti contingenti.

Miller ha scritto: «Non fu soltanto la nascita del maccartismo a provocarmi, ma qualcosa che appariva molto più fatale e misterioso. Era il fatto che una campagna politica, obiettiva, riconoscibile, dell'estrema destra, fosse in grado di creare non soltanto terrore, ma una nuova realtà soggettiva, una vera mistica che stava a poco a poco assumendo addirittura una colorazione sacra. Che una causa così futile e meschina, asserita da uomini così manifestamente ridicoli, potesse paralizzare la capacità di pensare, anzi, suscitare addirittura un tal cumulo di sentimenti "misteriosi" mi colpì. Era come se il Paese fosse tornato in fasce, senza ricordare nemmeno certe elementari convenienze che uno o due anni prima nessuno avrebbe immaginato potessero modificarsi, non diciamo dimenticarsi». E ha aggiunto, alludendo sempre all'ambiente e alle circostanze da cui era stata messa a dura prova la sua fiducia nel prossimo: «Vedevo uomini consegnare la propria coscienza ad altri uomini e ringraziarli della possibilità che essi gli davano di farlo». Per cui si può ben dire che 1l crogiuolo è nato dallo sgomento e dalla ribellione di fronte al «mistero di abdicare alla propria coscienza». Un'abdicazione purtroppo sempre in agguato.

Sulle fonti e sul tono del dramma non è il caso di soffermarsi. Se anche il testo non parlasse con sufficiente chiarezza, a illuminare il lettore soccorrono le frequenti e ampie note con cui l'Autore ha avuto cura di corredarlo.