Capitolo 19

«Buongiorno», disse Celina alle persone che incrociava sfrecciando in strada sulla sua Vespa verde menta, il sole caldo alle spalle e la fresca brezza marina che profumava di sale sul viso. Gli alberi di agrumi in fiore fiancheggiavano la strada e addolcivano l’aria, profumando la collina e riempiendola di ispirazione.

Che dolce vita”, pensò, quasi impaurita dalla felicità che stava sbocciando dentro di lei. Nelle settimane precedenti era arrivata a una tregua fra la sua testa e il suo cuore. Era grata di aver deciso di rimanere in Italia, sebbene Lauro fosse ancora una spina nel suo giardino soleggiato. Marco aveva iniziato la scuola e stavano studiando l’italiano insieme. Se l’anno fosse andato bene, lei e suo figlio sarebbero rimasti. Altrimenti avrebbe potuto vendere la cioccolateria o trovare qualcuno che la gestisse al posto suo.

Quando arrivò da Stella di Cioccolato, saltò giù dal motorino. Girò la chiave nella porta del negozio, pensando che avrebbe a breve terminato di preparare il cioccolato di cui avrebbe avuto bisogno per la festa di inaugurazione dell’indomani. Mentre apriva la porta, il profumo del cioccolato si diffuse intorno a lei in segno di benvenuto. Era riuscita a rintracciare dei fornitori per ottenere delle fave della miglior qualità possibile. Ne inalò il ricco aroma. Erano costose, ma ne valeva la pena.

Dopo aver acceso le luci, la porta sbatté e la sorella minore di Werner entrò come un turbine. Karin, una biondina di diciotto anni, era elettrizzata all’idea di lavorare come assistente di Celina.

«Buongiorno, come stai?», Celina sorrise alla slanciata giovinetta. Era contenta che fosse lì. Oltre al tedesco, Karin parlava anche italiano, inglese e francese, cosa che le sarebbe stata utile con i turisti.

«Ehi, ottima pronuncia», disse Karin in inglese, con un piatto accento americano, mentre sistemava la borsa sotto il bancone. «Una volta che imparerai l’italiano, ti insegnerò il tedesco».

«A quel punto, probabilmente, farai già parte del corpo diplomatico». Con il suo carattere solare, Karin avrebbe servito i clienti, ma, visto che imparava in fretta, avrebbe aiutato anche in cucina, portando vaschette piene di copertura calda dalla temperatrice o rifinendo a mano i tartufi con mandorle e pistacchi amari tostati e finemente schiacciati, o con artistiche decorazioni a pioggia.

Karin si prese il mento fra le mani, con uno sguardo sognante negli occhi. «Preferirei andare a Hollywood e diventare un’attrice come Marlene Dietrich. Conosci qualcuno lì?»

«Al massimo sono andata in una locanda a Santa Monica, sulla spiaggia, vicino alla grande tenuta di Marion Davies». Sembrava una vita fa.

«Hai mai visto qualche stella del cinema?».

Celina scosse la testa.

Karin continuò a parlare. «Gregory Peck e Audrey Hepburn hanno appena girato un film a Roma. Si chiama Vacanze Romane. Non è romantico? Gregory Peck è così bello». I suoi occhi si illuminarono. «Sapevi che James Dean, l’attore, si è innamorato di un’attrice italiana, Anna Maria Pierangeli? Oh, è persino più bello di Gregory Peck. Tutti gli uomini in California sono così?».

Celina rise. Non riusciva quasi a ricordare come fosse essere così giovane ed entusiasta della vita. Ma da quando aveva deciso di rimanere in Italia, le sembrava di avere una seconda possibilità. Anche Marco se lo meritava.

«Vieni ad aiutarmi con i tartufi prima di aprire», disse Celina. «Sto iniziando a preparare i quelli al lampone con una ganache al cioccolato fondente, e mi piacerebbe che tu vi immergessi lo zenzero candito di ieri».

Gli occhi di Karin si spalancarono. «I tartufi al lampone erano i preferiti di tuo marito, no?»

«Li facevo per lui a ogni San Valentino». Quella frizzante adolescente faceva mille domande e aveva un vero talento per farle tirare fuori i ricordi.

Karin la seguì di sotto, continuando a farle domande fino all’ultimo gradino di pietra, finché non raggiunsero la cucina. Dopo aver pulito, con un po’ di fortuna e molte telefonate, Celina aveva messo insieme una serie di attrezzature usate, pentole di rame e stampi in ghisa, molti dei quali antichi. Si guardò intorno, soddisfatta del risultato. Forse non era elegante o moderno come il laboratorio della Cioccolata Savoia, ma era suo.

«Abbiamo molto da fare oggi», disse a Karin, ansiosa di finire prima dell’apertura. Sara aveva accettato di occuparsi di Marco se avesse avuto da fare fino a tardi in cucina.

Mentre lavoravano come in una catena di montaggio, Karin continuò a chiacchierare, ansiosa di sapere tutto sulla California, sull’amore e sulla creazione dei cioccolatini. Con il suo entusiasmo e gli occhi perennemente sgranati, Celina non riusciva a resistere alle sue domande. E, in verità, l’entusiasmo di Karin l’aveva anche contagiata un po’.

Mentre Celina arrostiva e lavorava le fave di cacao per alcuni dei suoi tartufi più speciali, per gli altri aveva preparato della copertura o dei blocchi di cioccolato trasformato che erano già pronti per essere usati.

Mise un bollitore pieno d’acqua sulla stufa e vi fuse un blocco di copertura, avendo cura di mantenere l’acqua a temperatura costante. Guardando il cioccolato setoso, si assicurò di aggiungere panna calda e liquore al momento giusto per preparare la ganache per i cuori lisci del tartufo.

Tuttavia, nella fretta, perse il lotto successivo, poiché l’acqua era diventata troppo calda, causando così la formazione di umidità all’interno della pentola superiore e facendo separare il cioccolato, trasformandolo in un pasticcio appiccicoso e grumoso. Asciugandosi il sudore dal viso con un panno, decise di ricominciare daccapo, prestando maggiore attenzione.

Mentre le cucchiaiate di ganache si stavano raffreddando, Celina temperò altro cioccolato per dare una solida copertura ai tartufi. Successivamente, mostrò a Karin come spolverare quelli che avevano preparato con del cacao in polvere finemente setacciato.

«Posso assaggiarne uno?», chiese Karin, osservando i tartufi che avevano preparato.

«Voglio che assaggi tutto. Quando i clienti ti chiederanno un consiglio sui cioccolatini, dovrai sapere cosa suggerire».

Karin morse un tartufo e spalancò gli occhi. «Non riesco a credere a quanto siano deliziosi. E ho contribuito a farli!».

Celina rise. «Hai appena iniziato il tuo apprendistato». Indicò le scatole che contenevano il materiale per presentazioni. «Dopo dovrai mettere i tartufi raffreddati in queste coppette di carta pieghettata e sistemarli nelle scatole da regalo avvolte in fogli d’oro. Voglio un vasto assortimento. Voluttuoso».

Karin ridacchiò. «Sembra allettante».

«È irresistibile». Celina lanciò un’occhiata all’orologio appeso al muro e si accigliò. Era in ritardo e la schiena e i piedi erano già doloranti per tutte le ore in cui aveva lavorato.

«Domani daremo a tutti coloro che arrivano una confezione regalo di tartufi».

Aprì l’anta di un affollato frigorifero in cui conservava i vassoi di prelibatezze a una temperatura ottimale. Solo per la notte poteva mettere le eccedenze nella cantinetta che avevano trovato, fresca e buia. Esaminò tutte le scorte. Fette di limone e arancia candite immerse nel cioccolato, chicchi di caffè tostati ricoperti di cioccolato fondente e praline al cocco avvolte nel cioccolato al latte. Petite Coeurs con ripieno di crema e liquore al lampone, caramelle al rum ricoperte di cioccolato al latte, tartufi agrodolci al caffè tempestati di pistacchi siciliani tritati.

Per la sua collezione di fantasie marittime, gli antichi stampi in ghisa avevano prodotto stravaganti conchiglie di cioccolato e cavallucci marini. All’interno delle conchiglie erano incastonate perle di cioccolato bianco. Tra le tante prelibatezze c’erano anche i suoi cavalli di battaglia: cioccolato al latte cremoso, cioccolato fondente ripieno di crème fraîche al gusto di menta piperita e cioccolato bianco guarnito con scorza di limone candita.

Ogni volta che finiva una creazione, gliene venivano in mente altre tre. Sarebbe mai stata pronta?

Sopra di loro, qualcuno bussò alla porta.

«Stai aspettando altre forniture?», chiese Karin.

«Fragole fresche», disse Celina, scostandosi delle ciocche di capelli dalla fronte sudata. «Vado a vedere».

Trovare le migliori forniture in piccole quantità era stato impegnativo. Per fortuna, Marge aveva risposto alla sua richiesta. Monsieur aveva messo in contatto Celina con i giusti fornitori di fave di cacao provenienti da Venezuela ed Ecuador. Aveva promesso loro che le sue richieste sarebbero presto aumentate in termini di volume. Un altro fornitore le aveva inviato la vaniglia del Madagascar più profumata che avesse mai sentito, e tramite Sara aveva trovato dei contadini nelle vicinanze per nocciole, pistacchi e noci. Ogni mattina visitava i mercati locali per trovare frutta, spezie, liquori e altri aromi freschi e insoliti. Aveva persino trovato un coltivatore di bacche per le fragole di cui aveva bisogno per il suo pezzo forte.

Dieci minuti dopo, il profumo delle fragole fresche riempiva la cucina. «Riesci a pulire e tagliare gli steli a tutte queste fragole, Karin?»

«Cosa vuoi fare?»

«Ho intenzione di infonderle con liquore all’arancia e poi versarvi sopra del cioccolato bianco e fondente». Ne prese un paio, le sciacquò nel lavandino e ne diede una a Karin da assaggiare. Anche Celina ne morse una, valutandone la qualità. «Livello perfetto di dolcezza e succosità. Le serviremo con del prosecco freddo».

Karin si mise subito al lavoro. «Pensi che saremo molto impegnate domani?»

«Lo spero bene». Celina aveva invitato tutti i proprietari dei negozi della piazza, ristoratori, locandieri e alcuni amici che aveva conosciuto tramite Sara. Amalfi era una piccola città, ma si era sparsa la voce dell’arrivo di una cioccolatiera americana. Puntava tutto sul fattore curiosità.

Con un po’ di fortuna, si sarebbe costruita una rete di clienti locali e avrebbe attratto i turisti. Ma il suo grande piano era creare insoliti sapori per tartufi e cioccolatini da esportare negli Stati Uniti e in Inghilterra. Ciò avrebbe richiesto molto denaro, ma in qualche modo ci sarebbe riuscita.

Mentre il sole tramontava, Karin pulì il suo spazio di lavoro. «Sicura di non volere che rimanga più a lungo?»

«Vai a cena. Ho quasi finito». Ma Celina aveva tutt’altro che finito e continuò a lavorare fino a mezzanotte, ansiosa di perfezionare ogni dettaglio.

La mattina dopo, all’alba, sfrecciò per la tranquilla cittadina sulla sua Vespa. Aveva speso molto più del previsto per attrezzare il negozio e acquistare gli ingredienti della migliore qualità, quindi l’inaugurazione doveva essere un successo. In base alla sua esperienza a San Francisco, sapeva che offrire degli omaggi aumentava le vendite. Una volta assaggiate le sue creazioni, in pochi sarebbero stati in grado di resistere.

La sera prima aveva azzardato con alcuni nuovi sapori, tra cui una combinazione di tartufo al basilico, menta e limone in crème fraîche ricoperto di cioccolato fondente, e la sua linea al tè cinese, delicatamente aromatizzata. Per i meno audaci, aveva mescolato del cioccolato fondente con un pizzico di arancia rossa e spolverato i tartufi con sale marino, migliorando il profilo di quel sapore dolce. Alla gente le fragole sarebbero piaciute sicuramente, erano sempre state apprezzate dalla clientela della Petite Maison du Chocolat.

Si precipitò in cucina e pensò all’immane mole di lavoro che la attendeva. Sebbene fosse esausta, la sua mente era piena di centinaia di dettagli, ma non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante, la notte precedente. Tuttavia, era entusiasta di aprire le sue porte al pubblico e vedere se i clienti avrebbero apprezzato la sua arte. La vibrante attesa la riempiva di energia.

«Ciao, capo», disse Karin, scendendo le scale.

«Grazie per essere venuta presto». Celina stava applicando gli ultimi ritocchi a una fantasia al cioccolato di uccelli e fiori che stava per sistemare in un nido di zucchero filato.

Karin si guardò attorno, spalancando gli occhi. «Wow, hai fatto così tanto ieri sera».

«Ci vedevo doppio quando sono uscita barcollando. Ma ero così emozionata che ho a malapena chiuso occhio».

Mentre si allacciava il grembiule, Karin strillò. «Oh, adoro le stelle di cioccolato».

«Le distribuiremo quando arrivano gli ospiti per festeggiare l’apertura di Stella di Cioccolato. Potresti fare i pacchetti regalo che daremo agli ospiti da portare a casa?»

«Un nome così dolce», disse Karin. Prese le nuove borse stampate con il marchio del negozio. «Vedo che hai anche creato delle palme di cioccolato».

«Non hai idea di quanto abbia penato per trovare quegli stampi», disse Celina, ridendo. «L’artigiano li ha realizzati appositamente per me. Volevo qualcosa che mi ricordasse la California».

«La gente li adorerà anche qui». Gli occhi di Karin brillarono.

«Fai pure, prendine una».

Karin fece scivolare una palma, su cui erano state impresse delle fronde con la griglia di raffreddamento. «Mmm, deliziosa».

Celina e Karin lavorarono con un ritmo regolare. Karin accese il giradischi e mise su della musica. Con le melodie di Doris Day e Tony Bennett e le due donne che cantavano insieme, aromi inebrianti, risate e canzoni riempirono l’intero negozio. Erano ignare di qualsiasi altra cosa.

«C’è qualcosa che posso fare per aiutare?»

«Oh!». Celina si girò di scatto, sorpresa, facendo oscillare il vassoio di tartufi che trasportava. Cosa ci faceva lui lì?

Lauro prese il vassoio e lo appoggiò su un piano di lavoro. «Attenta. Questi sono preziosi come gemme».

Celina tirò un sospiro di sollievo per i tartufi salvati giusto in tempo. «Ti intrufoli sempre in questo modo dalla concorrenza?»

«È quello che pensi che io sia?». Lui ridacchiò. «Be’, in un certo senso hai ragione».

«Peccato che non abbia una produzione industriale come quella della Cioccolata Savoia». Celina gli porse un tartufo, tentandolo. «Prova questo».

Lauro sollevò il tartufo e lo annusò prima di assaggiarlo. «È diverso».

Aspettò, cercando di non lasciarsi distrarre dalle sue labbra carnose o dalla lingua con cui stava leccando un pezzettino di cioccolato. «In senso positivo o negativo?»

«Molto positivo. Ha un sapore quasi affumicato. Come la ricca terra attorno al Vesuvio, umida di rugiada mattutina». Si portò le dita sulle labbra in un bacio di approvazione.

Celina sorrise per la sua descrizione poetica. «Questo è il sapore del tè Lapsang Souchong».

«Me ne hai già parlato». Sostenne il suo sguardo per un momento e poi diresse rapidamente altrove la sua attenzione. Si guardò intorno, notando i vassoi di raffreddamento. «Hai abbastanza scorte?»

«Molti sono per la degustazione». Celina si soffiò via i riccioli dalla fronte umida. «Se ai clienti piaceranno, torneranno».

«Sembri fiduciosa».

«Lo sono», disse. La Cioccolata Savoia poteva anche produrre cioccolatini leggendari, ma non potevano competere con le sue creazioni fatte a mano. «Uso solo i migliori ingredienti, insieme a sapori innovativi. Queste sono opere d’arte».

Lauro la fissò, poi annuì lentamente. «Intimidirai la concorrenza. Non lo ammetteranno mai, tuttavia».

«Penso che tu l’abbia appena fatto». Karin soffocò una risatina. «Non sei tu la concorrenza?»

«No, no, no, noi non possiamo competere», disse Lauro, finendo il tartufo.

Celina sorrise.

«A che ora apri?», chiese Lauro.

Guardando l’orologio, Celina lanciò un grido. «Devo andare a prepararmi».

«Posso fare qualcosa?»

Celina indicò le borse che Karin stava preparando. «Tutte queste devono andare di sopra, per favore. Occorre disporle accuratamente sui piatti d’argento. Karin distribuirà i tartufi uno alla volta in modo che le persone possano assaggiarli mentre io racconto la loro storia». Si prese la testa tra le mani. «C’è ancora così tanto da fare di sopra».

«Non preoccuparti, io e Karin faremo in modo che abbia un aspetto sbalorditivo», disse Lauro. «E la musica?»

«Penso che l’album di Tony Bennett possa piacere a tutti», disse Celina. «In fin dei conti, è italiano».

Lauro sorrise e si riempì le braccia di borse. Sembrava di buon umore quel giorno e la stava trattando in modo gentile. Forse troppo. Ma niente di buono poteva venire da tutto ciò, giusto? Guardandolo, scosse la testa. Era così diverso da Tony. Anche se Adele le aveva assicurato che erano molto simili, sapeva che Tony era diventato migliore di tutti loro.

Con un sorriso malinconico, pensò all’importanza di quel giorno e a quanto sarebbe stato orgoglioso suo marito, anche se non aveva mai voluto che lavorasse quando Marco era piccolo, perché diceva che era sua responsabilità provvedere a loro. Ciononostante, si era vantato spesso delle sue abilità con gli amici. Pensò a sua madre ed era sicura che anche Stella Romano sarebbe stata altrettanto orgogliosa.

Guardando Lauro e Karin che si davano da fare, Celina cercò di calmare i nervi. Era contenta del loro aiuto, sebbene l’avesse sorpresa non poco vedere Lauro lì. Fece un respiro nel tentativo di rilassarsi, ma parve avere l’effetto opposto.

Quel giorno segnava l’inizio di una grande avventura. Cosa c’era di cui preoccuparsi? Sapeva che c’erano molte ragioni per farlo.

Si era presa dei rischi con le sue creazioni di cioccolato.

In poche ore, nel bene o nel male, la sua reputazione come cioccolatiera americana in quella piccola città costiera si sarebbe definita. Era preoccupata che il suo gusto fosse troppo diverso da quello della gente del posto, intrisa di tradizione e abituata ai migliori prodotti freschi che la squisita natura locale offriva loro. Adoravano il gianduiotto, quindi pensava di iniziare con quello, al posto dei suoi tartufi al lampone con cioccolato fondente. O forse con la delicata ganache infusa di viola.

Adesso le faceva male la testa. Temeva di essere troppo all’avanguardia rispetto alle tradizioni locali. E non riusciva a liberarsi della sensazione di aver dimenticato qualcosa.

Celina entrò nella piccola toilette del locale e si spruzzò dell’acqua fredda sul viso. Scostando i suoi capelli ribelli, li raccolse sopra la testa e li legò. Si diede un tocco di colore alle guance e applicò un rossetto rosso brillante che aveva comprato a San Francisco. Il colore sembrava illuminare i suoi occhi. Aggiungendo una goccia d’acqua al suo mascara, passò il pennello sulle ciglia, scurendole.

Dopo essersi tolta il grembiule macchiato, indossò una nuova giacca da cuoco bianca e inamidata che aveva ricamato lei stessa, con la scritta Stella di Cioccolato in blu inchiostro sul cuore.

Quando uscì in cucina, la luce negli occhi di Lauro disse più di mille parole.

Poteva recitare la parte di una chocolatière di successo. Conosceva la sua arte, ma aveva le risorse per trasformare quella piccola bottega nell’impero che sognava potesse diventare?

Strinse i denti e raddrizzò le spalle. Qualunque cosa fosse successa, sapeva di avere il talento e la resistenza necessari, e avrebbe capito come far funzionare tutto il resto.

Sentì dei passi al piano di sopra e il suono della voce di Karin che dava il benvenuto ai primi ospiti.

Lauro le si avvicinò e le prese le mani. «Stai tremando».

«È solo il nervosismo da giorno di apertura». Che era stato esacerbato dal suo tocco. Non lo aveva avvertito di non toccarla? Eppure, non riusciva a lasciarlo andare.

«Vorrei che Nino potesse vederti».

Lei abbassò gli occhi. Due fratelli, così diversi, ciascuno dei quali rivendicava un pezzo del suo cuore. «Ho pensato a lui oggi».

«Anche io, tesoro mio». Le baciò le mani. «Anch’io».