Capitolo 14

Lauro condusse Celina in una cucina professionale e chiuse la porta. «Questo è il nostro laboratorio di prova. Possiamo parlare qui».

Celina osservò la distesa di porcellana bianca e acciaio lucido e le attrezzature rivestite in nichel. Le finestre incorniciavano il mare lontano, e le luminose piastrelle di porcellana bianca rivestivano banconi, pareti e pavimenti, dandole la sensazione di fluttuare all’interno di una conchiglia.

Persino l’aria fresca, ricca di aromi al cioccolato e liquore dolce, sembrava pregna di sale marino, eppure quell’ambiente, così rassicurante per la sua somiglianza con la sua cucina di San Francisco, fece ben poco per placare la crescente frustrazione che sentiva ritrovandosi messa costantemente in confronto con la vecchia fidanzata di Lauro, che ormai era probabilmente sposata e con figli.

O era la vicinanza di Lauro, il fatto di essere da sola con lui, a renderla così inquieta, proprio come nella boutique di Adele?

Scrollandosi di dosso quei pensieri, si voltò e scorse la fonte del profumo. Su un bancone di marmo c’era una piccola ciotola di sale marino per le finiture. Accanto vide un vassoio di cioccolatini modellati in forme assortite. Il sale marino scintillava sopra ciascuno di essi.

«Il nostro capo chef e io abbiamo testato vari profili al sapore di frutta e liquore», spiegò Lauro.

Celina arricciò il naso. «Equilibrando dolcezza e amarezza con il sale marino, che stimola anche le papille gustative. Anche un bel tocco a livello di trama».

«Serve una mano ferma. Troppo poco, nessun risultato. Troppo, un disastro». Muovendo un dito lungo il suo polso nudo, aggiunse: «È molto simile all’amore».

«Amavo moltissimo Tony», mormorò Celina mentre il calore le risaliva sul collo. E aveva bisogno di sapere cosa era successo.

Le sfiorò il braccio mentre si sporgeva sopra la sua spalla, scrutando i cioccolatini. Un brivido le fece venire la pelle d’oca e sentì il rossore accentuarsi. Immaginava che le sue guance fossero dello stesso colore dei papaveri sul suo vestito.

«Mi fa piacere», disse, la voce intrisa di compassione. «Eri felice insieme a lui?».

Mentre parlava, lei sbatté le palpebre, travolta da un desiderio crescente e assopito che sembrava dipanarsi dentro di lei, come una piantina alla ricerca del sole.

Celina vide che era in attesa di una sua risposta. «Molto, anche se all’inizio abbiamo avuto le nostre difficoltà. Tutte le sue ferite… erano traumatiche per lui».

«Sono contento che tu fossi lì per lui. Siamo stati entrambi fortunati ad averlo amato». Lauro si girò per scegliere due cioccolatini fondenti e gliene porse uno. «Una mattina presto, la scorsa settimana, ho attraversato un giardino a terrazze sul mare, sbucciando un’arancia rossa. Era un Tarocco, un’arancia rossa portata dalla Sicilia molti anni fa, la sua pelle sottile con un pizzico di rossore, la polpa colorata come il sole al tramonto, molto più dolce di qualsiasi altra arancia».

Increspando le labbra al ricordo, proseguì, con voce ricca di riverenza e meraviglia. «L’aria salata sulle mie labbra, unita al succo dolce, ha ispirato questa nuova creazione. Assaggiala per me. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi».

Celina si portò al naso quella delicatezza ricoperta di cioccolato fondente e inspirò, godendosi la contrapposizione di aromi. Mordendola, una complessità di sapori si sciolse sulla sua lingua. L’aroma intenso dell’arancia rossa, con la sua singolare dolcezza… Una nota amara di cioccolato fondente con sentori di terra tropicale… L’esplosione aspra del sale marino che intensificava ogni sapore. Si leccò le dita, gustandosi la ganache che si era sciolta, lasciandole delle tracce sulla pelle. Sorridendo, osservò Lauro passarsi la lingua sulle labbra per assaporala fino in fondo.

«È magnifico», disse, mentre uno strano dolore le cresceva nel petto. «Un’affascinante dicotomia…».

«Anche tu sei un’artista, penso». Lauro si appollaiò su uno sgabello e le prese la mano. Guardando la sua esile mano tra le sue, le passò il pollice lungo le dita.

La sua pelle emanava un sottile aroma di sandalo speziato, con una punta più dolce di vaniglia e una traccia di cioccolato. Quando si mescolava al suo odore naturale, l’effetto era puramente maschile, un’essenza mai sentita prima.

Stentando a trattenersi, fece scivolare via la mano dalla sua presa. «Per favore, non farlo».

Sul suo viso apparve un’espressione sorpresa. «Non intendevo farti arrabbiare».

«È solo che…». Sentì la propria voce tremare e sperò che non se ne fosse accorto. Come poteva spiegare come la faceva sentire? Quel desiderio che non si aspettava, che non aveva cercato, e che non poteva negare. E che tuttavia non le sembrava appropriato.

Affatto.

Eppure, volendo essere onesta con se stessa, si era ritrovata a immaginare le labbra di lui sulle sue o che sensazione le avrebbero dato le sue braccia strette attorno al corpo.

«Capisco. Non sono Nino». Lauro si posizionò dietro di lei e le passò le mani sulle spalle, massaggiandole per alleviarle la tensione nel collo. «Rilassati».

Lo faceva anche Tony. Celina si dovette trattenere per mantenere la compostezza. Al suo tocco, si rese conto di quanto tempo fosse rimasta in tensione. Dopo un po’, sentì i muscoli riscaldarsi e allentarsi sotto le sue mani forti.

«Dovevi parlarmi di Isabella».

«Lo farò, ma al momento tu e queste contratture meritate più attenzione».

Il calore delle sue mani le scorreva attraverso il corpo, riempiendola di un’indescrivibile sensazione che avrebbe dovuto preoccuparla, ma alla quale invece si abbandonò, ritrovandosi ben presto a combattere il rimorso. Abbassò le palpebre. “Solo per questa volta, si promise. Non c’era nessun altro e aveva bisogno di provare qualcosa di diverso dall’opprimente cappa del lutto che le aveva avvolto le spalle dalla morte di Tony. Ogni tocco rimuoveva strati di sofferenza, portandola in una dimensione più luminosa.

Amore. Somigliava molto all’amore.

Piegando il collo, vide Lauro seguire il suo movimento. Scivolando sotto il colletto dolcemente drappeggiato del suo vestito, i suoi palmi le accarezzarono il collo, le dita intrecciate tra i capelli. Erano passati mesi da quando era stata confortata e toccata così. Il suo respiro ritmico le risuonava morbido all’orecchio e i suoi muscoli erano fluidi come la ganache calda.

Si dedicò all’altra parte del collo e sciolse altri nodi di tensione. Prendendosi il suo tempo, le premette i pollici in vari punti della nuca. «La linea del collo, le spalle… fantastiche», mormorò.

La sua voce melodica e baritonale risuonava nel profondo del suo cuore, riscaldando quel buco vuoto e freddo che ci si era aperto tanti mesi prima. Un gemito dettato dai ricordi, dal desiderio, le sfuggì dalle labbra.

«La tua essenza brilla dal tuo cuore», sussurrò lui, accarezzandole il collo e trasportandola in un regno in cui forza e dolcezza si intrecciavano.

Il calore scatenato dall’energia che aveva liberato nel suo corpo stava crescendo e pulsava dentro di lei. Una forza vitale che, una volta infusa, non voleva cessasse mai. Se l’avesse fatto, le si sarebbe fermato il cuore. C’era solo un modo per assicurarsi che non accadesse.

Si voltò nella sua mano, prima premendo le labbra sul suo palmo, poi attirandolo a sé e inarcandosi contro di lui, e alla fine trovando la morbidezza della sua bocca. Provando a sfiorare le labbra carnose che le avevano rapito lo sguardo così tante volte, assaggiò l’aroma di arancia rossa e il cioccolato rimasti sulle sue labbra.

Lui si immobilizzò di colpo, aspettando che continuasse. Esitò solo un momento, sentendo il suo cuore battere forte in reazione, prima di proseguire e godersi la pienezza di un bacio che avvolse entrambi con la sua intensità.

Libera dalle catene del lutto che l’avevano frenata, prese il suo viso tra le mani, poi gli gettò le braccia attorno al collo. Il peso del corpo premuto contro il suo era incredibile, e la lasciò sbalordita. Quel sentimento, quel desiderio, erano diversi da qualsiasi cosa avesse mai provato, e affondò nel suo abbraccio, approfondendo il loro bacio. Non voleva più abbandonare le sue braccia.

Gemendo in preda alla passione, Lauro la sollevò su un bancone di marmo.

Il calore delle sue cosce attraverso il vestito sottile attenuò il gelo della fredda lastra di marmo, annebbiandole la mente e oscurando ogni ragione. Cedette al desiderio per quell’uomo squisito, intenzionato a compiacerla e placare la sua fame.

Voleva tutto di lui. Gli accarezzò il viso abbronzato, esplorando l’ampiezza della sua fronte, le sopracciglia arcuate e nere come ali di corvo, gli zigomi alti che equilibravano un mento pronunciato. Somigliava alla rappresentazione artistica di un dio romano, ma la luce nei suoi occhi superava la sua bellezza. Era come se l’anima gli si riflettesse nello sguardo.

«Amore mio, anima mia». Mormorando il suo nome tra i baci, Lauro pronunciò parole che non avrebbe mai pensato di sentire di nuovo. «Quanto ti amo».

Mentre si divoravano, un forza più potente della loro volontà li travolse, come se il destino avesse superato ogni confine, ogni calamità, per unirsi gioiosamente a loro in un modo completamente inaspettato. Il rumore di una porta che si apriva risuonò alle loro spalle, seguito dalla sommessa esclamazione di una donna. «Mi dispiace, perdonatemi».

Celina si allontanò da Lauro, ma si rese conto che era inutile. Erano stati beccati sul fatto come due studenti sorpresi a baciarsi a scuola.

«C’è una telefonata da Londra», disse la donna. «Sembra urgente».

Lauro tenne stretta la mano di Celina, rassicurandola. «Arrivo, Mariella».

Guardandosi indietro, Celina colse lo sguardo della giovane donna che stava tentando furtivamente di chiudere la porta mentre cercava anche di intravedere con chi fosse il suo capo. Le sorrise timidamente.

Dopo che la porta si chiuse, Lauro sospirò e le baciò la fronte. «È passato molto tempo dall’ultima volta che mi hanno sorpreso a baciare una ragazza». Tirò fuori un fazzoletto dalla giacca e glielo porse. «Forse hai bisogno di rinfrescarti».

«Anche tu». Gli ripulì le labbra dal rossetto rosso e gli lisciò i capelli, mentre lui si sistemava la giacca. «Spero che tu non pensi che io sia sempre così», aggiunse. «Mi sono fatta trascinare. Forse non dovremmo…».

«Sono rimasto sorpreso, ma ciò non significa che non sia reale». Riprendendo il fazzoletto, si asciugò le labbra, poi la baciò di nuovo, delicatamente. «Non mi sono mai sentito così». Le sorrise. «Brucio per te. Volevo farlo dal primo momento che ti ho vista».

«Mi hai sicuramente ingannato». Aveva nascosto quei sentimenti dietro la sua aria cupa, ma se adesso questo la divertiva, all’inizio i suoi atteggiamenti le avevano provocato una grande ansia. Abbassò timidamente gli occhi. «Come intendi rimediare?»

«È solo l’inizio». Lauro era radioso, il suo viso illuminato dall’amore.

Immaginando i piaceri futuri, un sorriso le danzò sulle labbra.

«Vieni con me nel mio ufficio mentre rispondo alla telefonata», disse Lauro, porgendole la mano, ma in quell’istante un’ombra di preoccupazione gli attraversò il viso. «C’è una cosa che dovresti sapere».