12. Il Hleno

Adesso Nuhlenony si presentava ancora come un pianeta interamente acquatico. La Hopeful dovette compiervi intorno un certo numero di orbite, prima che Jeff, che scrutava lo schermo con la massima attenzione, riuscisse a individuare nell'oceano il punto di colore più chiaro in cui l'edificio sottomarino protendeva al di sopra dell'acqua le sue nere prese d'aria. Ancora una volta i Hleno vennero fuori dall'acqua con i tentacoli protesi a bloccare l'astronave non appena fosse scesa alla loro portata, ma stavolta l'equipaggio dell'astronave era già preparato ad affrontarli, e così pure Uhfy. Con l'apparato di amplificazione appeso al collo e il sistema di comunicazione della Hopeful regolato opportunamente, Uhfy si rivolse a quelli della sua stessa razza.

– Salve, padre – disse, in un tono piuttosto diffidente. – Sono Uhfy, tuo figlio. Sono stato salvato da queste creature generose e altamente civilizzate, che hanno sfidato rischi e pericoli di ogni genere per riportarmi a casa incolume. Per favore non attaccate la nave, perché gli esseri che vi si trovano a bordo non lo meritano e perché le vibrazioni nuocerebbero anche a me.

Il suo discorsetto venne trasmesso all'esterno attraverso il sistema di comunicazione dell'astronave e fu, allo stesso tempo, portato a un tono più basso, affinché potessero udirlo anche gli altri passeggeri della Hopeful.

– Uhfy! Figlio mio! Io e tua madre abbiamo creduto che fossi morto, quando è stato scoperto che tu non c'eri più e che la Dookaza era stata tolta dal suolo dello zoo!

La voce del padre di Uhfy veniva raccolta dai sensori dell'astronave, opportunamente regolati, e ritrasmessa in sala di controllo da due amplificatori diversi, uno per Uhfy e uno per gli altri. Il padre di Uhfy parlava in toni rimbombanti di tuoni lontani.

– Ti spiegherò tutto, padre – aggiunse Uhfy – se ci permetterai di unirci a voi nella sala di ricreazione. Le persone che sono con me non possono respirare sott'acqua, per cui dobbiamo necessariamente incontrarci là, dove tutti possano stare a loro agio.

– Accogliamo la tua richiesta, figlio, ma richiediamo a nostra volta che quegli esseri non portino con loro alcun congegno meccanico. Non possiamo aprire il nostro pianeta alla tecnologia.

– Di' a tuo padre – disse Fargo, grintosamente – che noi non possiamo nuotare fino alle prese d'aria del vostro edificio senza il nostro equipaggiamento da sub.

– E io non mi muovo senza Norby – aggiunse Jeff.

Mentre Uhfy si sforzava di spiegare al padre tutto ciò, Fargo si rivolse ad Albany:

– Tu, cara, resterai a bordo della Hopeful. Sai pilotare l'astronave ragionevolmente bene e, se noi ci trovassimo nella necessità di tornare indietro di corsa... uhm, a nuoto, voglio dire, ci verrai incontro e ci raccoglierai.

– Non sarà piuttosto che volete lasciarmi qui perché sono una donna? – si accigliò lei. – Laggiù potreste aver bisogno di me.

– Niente discussioni, tenente. Sono tuo superiore in grado. Questo è un ordine.

– Chi sarebbe il superiore e di chi? Nelle forze di polizia di Manhattan, il mio grado è più alto di quello che hai tu nel servizio segreto di Yobo.

– Per favore, Albany – si interpose Jeff – se tu non resti, dovrà restare Fargo; perché noi dobbiamo portare Norby nell'edificio e Norby non verrà senza di me. Quindi io devo necessariamente andare, giusto? E se dovrà restare Fargo, si imbroncerà, tu lo conosci, e potrebbe anche decidere di non riprenderci a bordo se dovessimo trovarci nella necessità di ripartire in fretta.

– Sì, giovane Jeff, il tuo è un valido argomento – sorrise Albany. – In considerazione della personalità infantile di Fargo, sarà meglio lasciarlo fare...

– Personalità infantile? – replicò Fargo, fremente di indignazione.

– Non posso far aspettare mio padre troppo a lungo – lo interruppe Uhfy. – È un Hleno molto orgoglioso.

La voce del padre di Uhfy si fece riudire proprio in quel momento: – Sta bene, alieni, potete portare gli equipaggiamenti che vi sono indispensabili per il sostentamento della vita, e potete portare il vostro cucciolo robot, ma dovrete essere processati per la vostra precedente invasione dello zoo.

– Niente processo – replicò Fargo – o resteremo qui e ci terremo tuo figlio.

Al che Uhfy cominciò a piangere calde lacrime, che gli sgorgavano fuori dai suoi occhi gialli. – Mio padre è talmente orgoglioso! – gemette.

– Non piangere, Uhfy – intervenne la Grande Draghessa, strofinandolo dolcemente con un braccio squamoso. – Parlerò io con tuo padre. Non posso sopportare la gente che è gonfia d'orgoglio immotivato. Non lo tollererei neppure se fosse lui il Grande Dragone di Jamya!... Ehi, Hleno! Sei tu il capo? Come ti chiami?

– Io sono il Capo Settore di questa zona di Nuhlenony, e il mio nome è Buhlric. Rilascia immediatamente mio figlio!

– Come osi prenderti la libertà di darmi ordini, miserabile Capo Settore di un pianeta secondario? Stai parlando con la Grande Draghessa di Jamya, il mondo che avete razziato senza preavviso e privato con sistemi barbarici dei suoi robot, i Mentori. Bucherò i tuoi otri gonfi d'aria e ti abbrustolirò i fianchi se non imparerai alla svelta le buone maniere! Gli Antichi erano molto più educati di te!

Fargo stava facendo gesti energici alla Grande Draghessa, affinché parlasse in termini più cortesi, ma avrebbe ottenuto lo stesso risultato se avesse tentato di fermare un temporale.

– Gli Antichi? – replicò Buhlric, in tono nettamente meno burbero. – Vuoi dire che tu li hai visti?

Fargo fu molto lesto ad approfittare di questo mutato atteggiamento.

– Sicuro che abbiamo visto gli Antichi – disse – e loro ci hanno trattati molto bene. Non avrebbe potuto essere diversamente, dato che sapevano di aver a che fare con noi.

L'affermazione provocò un grande scompiglio fra i Hleno, che si ritirarono di qualche metro e confabularono insieme, fremendo come se fossero impegnati in una discussione solenne.

– Come puoi dire una cosa del genere, Fargo? – Jeff mormorò al fratello. – Fra noi e gli Antichi non c'è mai stato alcun rapporto.

– Questo i Hleno non possono saperlo. Il più che hanno visto è la Grande Draghessa. E nessun Hleno, tranne Uhfy e quello che ti ha portato qui, ha mai visto neanche te. Il tuo rapitore probabilmente era un soldato qualunque che non sapeva nulla degli Antichi, e Uhfy è soltanto un ragazzino. Invece noi adesso abbiamo a che fare con un personaggio di alto rango, e probabilmente sono personaggi importanti anche tutti gli altri che si stanno consultando.

– Sì, ma...

– Lascia stare i "ma"! Noi camminiamo in posizione eretta e abbiamo una testa, le braccia e gli occhi al posto giusto. È vero che a ciascuno di noi mancano un occhio e due braccia, ma loro di questo non si accorgeranno neppure. Adesso vado ad aprire la condotta d'aria, in modo che possano vederci. Jeff, tu va a prendere l'equipaggiamento sub per te, per me e per la Grande Draghessa.

– Abbiamo attrezzature per due persone soltanto – obiettò Jeff. – La Grande Draghessa dovrà restare qui.

– Questo non è del tutto esatto – fece presente Norby. – Non appena ci immergeremo, posso proteggere Jeff inserendolo nel mio campo magnetico personale, quindi le attrezzature possono servire benissimo per Fargo e per la Grande Draghessa. L'unico problema è questo: io posso ritenermi al sicuro? Anche se quegli esseri orribili credono che voi siete una qualche specie di Antichi, hanno un atteggiamento barbarico nei confronti dei robot e potrebbero rimettermi in prigione.

– Non credo che Uhfy lo permetterebbe – obiettò Jeff, ma per nulla convinto.

– Sarebbe Buhlric stesso a non permetterlo – affermò Fargo, in tono di assoluta fiducia – specialmente dopo che ci avrà dato una buona occhiata. Hanno sempre guardato agli Antichi come agli esseri superiori che li hanno resi intelligenti e hanno portato loro la civiltà. Anche se con la loro tecnologia finirono per distruggere il pianeta, i Hleno ancora li venerano. Non avete notato come hanno reagito al semplice pensiero che noi abbiamo visto gli Antichi?

– Bene – disse Jeff, dubbioso – mostriamoci ai Hleno e stiamo a vedere come reagiscono. Tu, Albany, per favore prenditi cura di Lola, mentre noi siamo via. Non so quanto a lungo resterà sotto forma di cuscino.

Fargo aveva aperto la condotta d'aria, ma si era fermato sul bordo. Insaccò la testa nelle spalle in modo da dare l'impressione che non avesse collo e tenne le braccia alzate diagonalmente per renderne più evidente l'esistenza, anche se erano troppo corte.

– Stammi un poco dietro e alla mia destra, Jeff – ordinò, e il fratello ubbidì.

I Hleno reagirono come Fargo aveva predetto. I loro tentacoli si irrigidirono e penzolarono inerti da ogni parte della testa, e a poco a poco si lasciarono scivolare nuovamente verso l'acqua, dalla parte della coda, fino a sfiorarne la superficie.

– Molto probabilmente questo è il loro gesto di sottomissione – commentò Fargo, con un sogghigno.

– Spero che sia così! – sospirò Jeff.

Ma non rimasero più incertezze dopo che Buhlric ebbe parlato nuovamente. La sua voce non rimbombava più come un tuono lontano: era bassa e soave.

– Alieni – disse – vogliate gradire i nostri rispettosi omaggi. Vi chiediamo umilmente perdono per aver osato formulare alcune minacce contro di voi, non sapendo ancora chi eravate. Voi siete i rappresentanti degli Antichi e tra noi sarete tutti al sicuro. Non abbiamo alcuna riserva neppure per quelle macchine di cui avete bisogno per sostentare la vostra vita e per quel piccolo robot che avete portato con voi, se ci farete la grande cortesia di tenervelo stretto per tutto il tempo e di riportarlo via con voi quando ve ne andrete.

– Questo possiamo assicurarvelo formalmente – rispose Fargo.

Mise a punto il suo equipaggiamento sub e si tuffò in acqua. Jeff aiutò la Grande Draghessa a infilarsi la sua muta:

– E adesso, Vostra Draghessa, esibisciti nel tuo salto più elegante.

Lei saltò e Jeff, che teneva stretto Norby, saltò anche lui, senza alcuna apparecchiatura particolare.

Quando furono tutti nella sala di ricreazione dell'edificio sotterraneo, la Grande Draghessa, Fargo e Jeff, che teneva stretto Norby, si fermarono in piedi accanto alla piscina. Uhfy fluttuava vicinissimo, protettivamente, mentre suo padre, Buhlric, stava di fronte a loro, con diversi altri Hleno che gli stavano dietro in atteggiamento rispettoso.

Uhfy terminò di raccontare la sua storia e allora vi fu un attimo di silenzio, quanto meno per ciò che potevano udire gli orecchi umani, mentre i Hleno parlavano fra loro. Poi Uhfy consegnò il suo comunicatore al padre e lo aiutò a metterselo.

– Non ci siamo mai resi conto – disse Buhlric – che la Dookaza fosse intelligente e tanto meno pericolosa. Siamo contenti che se ne sia andata e che mio figlio sia stato portato in salvo. Tuttavia, come mai è successo che mio figlio è diventato capace di capire discorsi che non vengono pronunciati ad alta voce, discorsi che voi chiamate telepatici?

– Ciò avviene soltanto quando si tocca un altro che sia telepatico – rispose Jeff. – Noi esseri umani siamo telepatici soltanto grazie alla nostra amicizia con i draghi. Se permettete che la Grande Draghessa vi dia un piccolo morso, allora diventerete telepatici anche voi.

Buhlric guardò la Grande Draghessa e non si mosse. Uhfy riprese il comunicatore per rassicurare il padre.

– Non vuole farti del male, papà... – assicurò. – La Grande Draghessa è del tutto amichevole. Quando mi sentivo infelice, mi accarezzava e consolava! Non è così, Vostra Draghessa?

– Sì, è così – disse lei solennemente; ma, come è ovvio, senza il comunicatore Buhlric non poté udirla.

Tuttavia, il padre di Uhfy allungò un tentacolo verso la Grande Draghessa, che lo prese, se lo mise fra le labbra con molta delicatezza e lo morse con una delle zanne anteriori, appena di quel tanto che era necessario perché penetrasse leggermente sotto la pelle. Ma poi scosse la testa e si girò:

– Non ha funzionato, Fargo. Io gli ho trasmesso i miei pensieri, ma lui non mi ha risposto.

Per un momento, i due fratelli rimasero in silenzio.

– Da quanto ho sempre creduto – disse poi Jeff – i denti della Grande Draghessa contengono una specie di piccola ghiandola, che secerne un liquido che con il morso viene inoculato nel sangue di chiunque altro.

– Sì, è così, press'a poco – confermò la Grande Draghessa.

– Allora, madama, il cappuccio di diamanti che porti sulle tue zanne reali può aver impedito che il liquido fosse inoculato a Buhlric.

– Penso che Jeff abbia ragione – intervenne Fargo. – Prova ancora, potente monarca, ma stavolta con i denti posteriori.

Con un cenno di assenso, la Grande Draghessa prese ancora il tentacolo del padre di Uhfy e lo punse con i denti posteriori. La risposta di Buhlric fu silenziosa, ma la ventata di pensieri che penetrò nella mente della Grande Draghessa rese evidente che lui adesso era dotato di poteri telepatici, e anche offesissimo.

– Spiacente – si scusò mentalmente la Grande Draghessa – ma devo non aver valutato esattamente la forza del mio morso.

Poi si girò verso Fargo e Jeff:

– Ce l'ho fatta, stavolta, ma temo che lui sia un poco irritato.

Jeff si avvicinò a Buhlric e pose una mano sulla larga schiena del Hleno, per stabilire il contatto telepatico.

– Mi senti, Buhlric? Ti sto parlando soltanto con la mia mente.

– Sì, ti sento, essere umano! Che cosa meravigliosa! Voglio che diate a tutti noi questo stesso potere.

Jeff si consultò con il fratello: – Lui vuole che la Grande Draghessa morda tutti gli altri Hleno presenti. Penso che sarebbe meglio accontentarlo, Fargo.

– Uhm! – l'altro esitò. – Personalmente non ho nulla in contrario, ma lui non si aspetterà mica che la Grande Draghessa torni qui di quando in quando per inoculare il suo liquido a tutti gli abitanti, finché tutto questo mondo sarà diventato telepatico? Non intenderà mica che la Grande Draghessa debba tornare qui per mordere ogni nuovo bimbo che nasca?

– Penso che questo è un problema di cui dovremo preoccuparci soltanto quando e se si presenterà. Forse ai Hleno fra un po' di tempo la telepatia non piacerà più e non la vorranno più. Forse i loro piccoli la erediteranno automaticamente, come si verifica nel caso dei dragoni di Jamya. In caso contrario, loro sanno viaggiare nell'iperspazio, per cui potranno essere loro a portare i loro piccoli a farsi mordere. I dragoni possono impegnarsi a rendere questo favore in cambio dell'assicurazione che gli abitanti di Nuhlenony manterranno con loro rapporti pacifici e non tenteranno mai più di invadere il loro mondo.

La Grande Draghessa si mise al lavoro e quando ebbe finito era molto stanca, ma i Hleno che facevano parte del seguito di Buhlric avevano tutti sperimentato la loro nuova dote, con grande gioia e diletto.

– Dopo questo dono che ci avete fatto – proclamò Buhlric – io e il mio popolo vi garantiamo piena libertà in eterno.

– Grazie, ma purtroppo noi vogliamo parecchio di più – disse Fargo, con il più affascinante dei suoi sorrisi. – Voi avete preso da Jamya tutti i robot da lavoro e li avete portati qui in prigione. Voi avete anche paralizzato i Mentori, i robot che avete lasciato a Jamya forse perché erano troppo pesanti per poterti trasportare agevolmente. Voi dovete riportare indietro tutti i robot da lavoro e rimettere in funzione i Mentori.

Buhlric sgranò gli occhi su Norby e ebbe un fremito.

– Robot! – esclamò. – Sì, anche gli Antichi pensavano che fossero essenziali. Pensavano che tutto ciò che riguarda la tecnologia fosse essenziale e così permisero la distruzione della loro civiltà su Nuhlenony. Dopo che gli Antichi se ne andarono, noi Hleno abbiamo giurato di non usare mai più la tecnologia se non per conservare questo museo e per far andare la fabbrica di cibo. Ciò che più conta, abbiamo giurato solennemente di salvare ogni altro pianeta in cui ci imbatteremo andando in cerca degli Antichi. Noi distruggiamo la loro maledetta e diabolica tecnologia per il loro stesso bene.

– Questo è sbagliato – replicò Jeff. – La tecnologia non può essere abbandonata completamente. Voi siete civilizzati perché non dovete più andare a pesca di cibo nell'oceano, come facevano i vostri remoti antenati. Voi dipendete dalla fabbrica di cibo, che è tenuta in funzione da robot. Questa è tecnologia, ed è questa che vi lascia tempo libero per pensare e per dedicarvi alle varie forme di cultura, senza di che una vita intelligente non sarebbe degna di essere vissuta. Non è la tecnologia di per sé a essere nociva, ma l'uso sconsiderato che se ne fa! E questo non è un fatto che voi possiate cambiare semplicemente spazzando via la tecnologia e distruggendo la civiltà; invece diventeranno possibili tutte le correzioni di rotta che riterrete più opportune, quando avrete imparato a servirvi della tecnologia moderatamente e con saggezza.

– Padre – intervenne Uhfy – questo essere umano dice cose logiche. Abbiamo bisogno della tecnologia per continuare a essere civili.

– Ma noi ci stiamo sforzando di restare fedeli agli Antichi – ribatté Buhlric. – Un giorno o l'altro loro ritorneranno e noi dovremo dimostrare di aver imparato la lezione; che non abbiamo devastato il pianeta come loro fecero; che anzi lo abbiamo preservato affinché loro possano correggere gli errori del passato e tornare a viverci nel modo migliore.

– Rifletti su ciò che hai appena detto – replicò Fargo. – Loro non possono ricostruire il pianeta senza usare macchine e, come noi ben sappiamo, in effetti non hanno mai ripudiato del tutto la tecnologia.

– Questo voi come potete saperlo? Uhfy mi ha detto che siete andati a far loro visita nel remoto passato. Come potete sapere ciò che accadde dopo che loro abbandonarono Nuhlenony?

– Nelle nostre esplorazioni dell'universo ci siamo imbattuti più volte nelle loro tracce. Loro sono andati su altri pianeti, ma mai vi si sono fermati. Qualche volta non hanno operato alcun cambiamento, e si sono limitati a prelevare dei campioni di animali. Questo è appunto ciò che hanno fatto sul mio pianeta, la Terra. Su Jamya, sono intervenuti sui draghi con tecniche di ingegneria genetica, esattamente come hanno fatto con voi Hleno qui a Nuhlenony. A Jamya hanno anche lasciato i Mentori, i robot incaricati di istruire i draghi, gli stessi robot che avete paralizzato. E voi questo lo chiamate restar fedeli agli Antichi, distruggere tutto ciò che loro hanno fatto?

– Come fate a sapere che furono gli Antichi a costruire i Mentori?

– Perché i Mentori sono fatti a somiglianza degli Antichi – rispose Fargo, gravemente. – Noi gli Antichi li abbiamo visti e non abbiamo potuto fare a meno di notare questa rassomiglianza. Il fatto è che i Mentori hanno messo da parte la tecnologia, però sono al lavoro per servirsene più saggiamente e gli Antichi hanno insegnato loro come fare.

– Sono stata colpita anch'io da questa rassomiglianza – la Grande Draghessa si rivolse a Fargo. – Quando ho visto i sei arti e i tre occhi, ho subito pensato ai Mentori. Gli Antichi sono gli Altri, non è vero?

– Sì, credo che debba essere proprio così.

– Che curioso! – disse Jeff. – Siamo andati diverse volte in cerca degli Altri e non siamo approdati a nulla; stavolta, quando eravamo lontanissimi dall'idea di andare a cercarli, ci siamo imbattuti proprio in loro.

Buhlric era immerso in profondi pensieri.

– Potete dirci – chiese infine – se gli Antichi, o gli Altri, come voi li chiamate, sono vivi ancora oggi? Potete dirci se si servono ancora della tecnologia?

– No, non possiamo dirlo – affermò Fargo. – Però siamo alla loro ricerca, come voi, e speriamo che un giorno o l'altro finiremo per incontrarli. Nel frattempo, restituiteci i robot che avete preso a Jamya e riattivate sia loro, sia i robot che si trovano ancora a Jamya.

– Sto provando l'impulso di fare come voi mi chiedete – Buhlric era ancora esitante – e restituirvi i vostri robot, ma non sappiamo come disfare ciò che abbiamo fatto. Quando facciamo vibrare i nostri tentacoli in un certo modo, produciamo intensi ultrasuoni che possono danneggiare o anche distruggere altri organismi sia organici sia meccanici. Però, non sappiamo come annullare gli effetti, dopo essere andati tanto oltre da provocare la paralisi o la disattivazione.

– Ed è per questo che abbiamo portato Norby – replicò Jeff, con calma. – Chiedo che gli sia consentito di studiare i robot e di servirsi dei vostri computer. Lui, sotto certi aspetti, è più intelligente di noi e può darsi che riesca a trovare la maniera di restaurare i robot.

– È assolutamente necessario? – chiese Buhlric, preso da un accenno di panico. – Nonostante tutto ciò che avete detto, per noi è duro lasciare che un robot si muova liberamente nel nostro mondo.

– Un momento – interruppe Fargo. – Albany sta cercando di mettersi in comunicazione con noi dall'astronave... Albany, ti ricevo. Cos'è che non va?

– Fargo e Jeff – risuonò la voce di Albany – qui si sta verificando una specie di crisi. Il cuscino di Lola, o quel che è, si è assottigliato e screpolato, poi ha cominciato a riassorbirsi.

– Oh, va tutto bene – assicurò Jeff. – Di solito per stimolare l'apertura della forma che Lola assume per essere al sicuro occorre una melodia particolare, ma ciò può anche accadere da sé.

– La crisi non è questa – replicò Albany. – Stavo osservando il fenomeno con grande interesse, poi Lola è riapparsa nel suo aspetto consueto e, prima che potessi fare qualunque cosa per fermarla, si è tuffata nell'oceano attraverso la condotta d'aria, che era aperta. Insomma, se ne è andata!

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