SABOTATORE TERRESTRE
Questo racconto lo scrissi nel 1976, in occasione del Bicentenario dell'Indipendenza Americana, per un giornale femminile. Ma al giornale femminile non piacque e fu pubblicato invece - parzialmente - dal Saturday Evening Post. Ora che dipende solo da me, posso infine presentarlo integralmente.
1
Elaine Metro aspettava con invidiabile compostezza. Da due anni faceva la guida turistica, e dover trattare con uomini, donne e bambini di una dozzina di mondi diversi (per non parlare della Terra), dover badare alla loro sicurezza ma anche al loro divertimento, agire con prontezza e decisione in qualsiasi caso d'emergenza, finisce col dare inevitabilmente un'aria di compostezza.
Altrimenti si ha il collasso: Elaine non aveva mai avuto un collasso e non se l'aspettava in futuro.
Ora se ne stava tranquillamente seduta, senza dimenticare dove si trovava e perché ci si trovava, ma riuscendo ugualmente a rilassarsi. Il calendario le rimandò la data luminosa, che era quella del 25 febbraio 2076: sei giorni dopo il suo ventiquattresimo compleanno.
Lo specchio accanto al calendario rifletteva la sua faccia, o meglio, l'avrebbe riflessa se si fosse spostata un pochino; ogni tanto lo faceva, e ammirava la tonalità ambrata che l'immagine dava alla sua pelle. In realtà aveva una carnagione bainchissima, quasi pallida, e due occhi azzurri che nello specchio sembravano di topazio. I capelli castani acquistavano una sfumatura bionda: piuttosto adulatore, come specchio.
La striscia delle notizie lampeggiava di quando in quando: sembrava che all'interno dell'Orbita non succedesse niente di particolare. Procedevano i lavori per costruire la quattordicesima colonia nello spazio, ma in questo non c'era niente di strano.
In Africa, sulla Terra, era in corso una terribile siccità, ma anche questo non era un fatto straordinario. Figurarsi, un mondo dove non avevano il controllo atmosferico! Semplicemente primitivo.
Il fatto è che la Terra era grande, grande quanto un milione di mondi artificiali messi insieme.
E dire che bevano il problema della sovrappopolazione! Perfino Gamma, dove Elaine era nata e dove viveva, era un po' sovraffollato:'quindicimila persone e…
La porta si aprì e Janos Tesslen uscì. Era il Presidente dell'Assemblea, ed Elaine lo giudicava un ottimo uomo politico. Infatti aveva votato per lui.
— Salve, Elaine — disse il Presidente. — È da molto che aspetti?
— Secondo quell'orologio… quattordici minuti, signore.
Janos scoppiò a ridere. Era un omone i cui occhi erano capaci di sorridere anche quando le labbra non lo facevano. I capelli grigi erano tagliati a spazzola, cosa un po' fuori moda, e lo facevano sembrare più vecchio dei cinquantanni che probabilmente aveva.
— Vieni pure, Elaine, e accomodati.
Lei entrò e sedette, accettando con naturalezza di essere trattata così familiarmente. Era la prima volta che parlava al Presidente, ma su un mondo come Gamma, dove tutti si conoscevano, la familiarità era cosa comune.
Janos sedette sulla poltrona girevole della sua stanza (la più grande stanza privata che Elaine avesse mai visto) e disse: — È interessante che tu mi abbia detto di aver aspettato quattordici minuti. Non sarebbe bastato rispondere "ho aspettato un po'"?
— Credo che la precisione sia importante anche nelle piccole cose — rispose Elaine.
— Molto bene. Sono contento che la pensi così, perché è proprio quello di cui ho bisogno da te. I tuoi nonni erano originari della regione degli Stati Uniti, vero?
— Sì, signore.
— E suppongo che tu abbia conservato le tue tradizioni americane.
— Ho studiato Storia terrestre all'università, e la storia americana ne faceva parte… ma io sono una Gammadonna.
— Sì, certo, siamo tutti Gammauomini o donne. A te, tuttavia, spetterà un compito speciale, perché sei quella che dovrà salvarci.
Elaine aggrottò le sopracciglia: — Domando scusa…
— Per il momento non ci pensare. Ho parlato un po' troppo in fretta. Dato che sei di famiglia americana, sono certo saprai che gli Stati Uniti furono fondati nel 1776.
— Sì, quest'anno ricorre il Tricentenario.
— E che furono creati dalla federazione di tredici Stati indipendenti. Saprai anche che esistono attualmente tredici mondi operanti nell'Orbita lunare: otto in posizione L-5 seguono la Luna, cinque in posizione L-4 la precedono.
— Sì, signore. E un quattordicesimo è in costruzione in L-4.
— Non ci pensare. La costruzione del mondo n.13, Nu, è stata ultimata in gran fretta, e i lavori di Xi, quello ancora incompleto, verranno ritardati. In questo modo per tutto il 2076 i Mondi Orbitali saranno tredici, e non quattordici o dodici. Mi sai dire perché?
Elaine disse, asciutta: — Superstizione?
— Sei tagliente, signorina, ma io sono coriaceo. No, non si tratta di superstizione, ma di trarre vantaggio da uno stato d'animo. Gli Stati Uniti sono la regione più influente della Federazione Terrestre, e se vogliamo convincerli a votare l'approvazione della Federazione dei Mondi Orbitali, questo è l'anno adatto. Unisci il fascino del Tricentenario a quello del magico numero 13: come potranno resistere?
— Sì, ammetto che ne saranno influenzati.
— Se riusciremo a ottenere l'indipendenza avremo fatto un'importante conquista. La Federazione Terrestre è una forza conservatrice che limita la nostra espansione, ma una volta che non fossimo più vincolati dai legami con la Terra potremmo darci le leggi che crediamo più opportune e difendere la nostra economia. Potremmo espanderci al di là dell'Orbita Lunare, nella fascia degli asteroidi, e diventare una forza di primaria importanza nello sviluppo dell'umanità. Non sei d'accordo?
— Chiunque conosca la situazione lo è.
— Sfortunatamente sulla Terra esistono forti correnti che contrastano la nostra indipendenza. E come se non bastasse, anche se tutti i Mondi Orbitali agognano l'indipendenza, non tutti sono favorevoli all'unione. Che cosa pensi degli abitanti degli Altri Mondi, Elaine? Col lavoro che fai ne incontrerai in continuazione.
Elaine rispose: — Gli uomini sono uomini, signore, ma gli abitanti degli Altri Mondi hanno strane abitudini, e a volte… li trovo antipatici.
— Esatto, proprio come loro trovano antipatici noi. Piuttosto che accettare l'unione, molti di coloro che vivono sui Mondi Orbitali preferirebbero rinunciare all'indipendenza. Elaine, il compito di far nascere l'Unione spetta a te.
Di nuovo quegli strani discorsi, pensò Elaine. — Ma io che cosa posso fare?
— Ascoltami — disse Janos dolcemente — e io ti spiegherò. Gli oppositori della nostra indipendenza, sulla Terra, contano proprio sulle rivalità fra i Mondi Orbitali. È naturale, quindi, che facciano del loro meglio per aumentarle. Che accadrebbe se si verificasse un atto di sabotaggio qui su Gamma, che è la forza trainante del progetto unionista? Parlo di un atto molto grave, fatto in modo che la responsabilità sembri ricadere su uno degli Altri Mondi… Ti dico io cosa accadrebbe: il sentimento anti-unioni-sta dilagherebbe anche da noi e avremmo scarse possibilità di ottenere l'indipendenza quest'anno. Ma una volta passato il magico '76 potremmo dover aspettare molti anni prima che si presenti un'altra occasione favorevole.
— Dobbiamo stare attenti agli atti di sabotaggio, allora.
— Giusto, ed è quello che faremo. E qui entri in scena tu: stanno per arrivare su Gamma cinque persone, all'apparenza turisti come gli altri. Naturalmente non arriveranno soli, ma con uno dei soliti traghetti affollati; tuttavia a noi interessano loro cinque, ognuno proveniente da uno dei Mondi Orbitali. Uno dei nostri agenti sulla Terra… sai che ne abbiamo, ovviamente…
— Lo sanno tutti, specialmente la Terra.
Janos spostò la testa all'indietro come per mettere a fuoco meglio l'immagine di Elaine. Poi disse: — Hai un modo di dire pane al pane che mi piace. Uno dei nostri agenti, come ti stavo spiegando, ci ha inviato un messaggio alquanto misterioso. Per varie ragioni non è riuscito a completarlo, ma il succo è questo: un terrestre, un provetto sabotatore, è diretto su Gamma, dove si farà passare per un abitante dei Mondi in visita turistica. Il messaggio avrebbe dovuto dirci con che travestimento il terrorista si sarebbe presentato, ma qui purtroppo diventa confuso e indecifrabile.
— E scommetto che non potete chiedere lumi al nostro agente perché è morto.
— Purtroppo è così. Abbiamo fatto quello che potevamo per interpretare i dati in nostro possesso, ma l'identikit che ne risulta si adatta a cinque diversi personaggi, quattro dei quali, è fuori di dubbio, sono rispettabili cittadini dei Mondi. Solo uno, secondo il nostro informatore, sarebbe il terrestre travestito.
— Rifiutate il visto a tutti e cinque, signore. Oppure lasciateli passare, arrestateli e interrogateli accuratamente.
— Comportandoci in questo modo offenderemmo quattro degli Altri Mondi e rischieremmo di ottenere un effetto analogo a quello del sabotaggio.
— Una volta acciuffato il terrorista gli altri capirebbero, signore.
— Ammesso che fossero disposti a crederci. Vedi, il messaggio del nostro agente è così poco chiaro che esiste una sconcertante possibilità: nessuno dei cinque è il sabotatore. Sono tutti legittimi cittadini.
— Allora ditemi, Janos, che cosa volete che faccia?
Janos appoggiò le spalle alla poltrona e una volta ancora sembrò soppesare la ragazza. — Tu sei una guida turistica e sei abituata a trattare sia con i cittadini dei Mondi sia con i terrestri. Inoltre le registrazioni che possediamo sul tuo conto ci dicono che sei eccezionalmente intelligente. Farò in modo che i cinque personaggi in questione vengano affidati a te per una visita ufficiale di Gamma: non potranno rifiutare un invito del genere, a rischio di sembrare scortesi. E le persone inutilmente scortesi sono sospette: no, nessuno di loro vorrà correre un rischio del genere. Tu rimarrai con loro parecchie ore, Elaine, e tutto ciò che dovrai fare sarà dirci qual è l'impostore… se c'è.
Elaine scosse la testa: — Non vedo come potrei scoprirlo. Se uno di loro è un terrorista avrà esperienza di queste cose.
— Senza dubbio. Sono certo che avrà visitato il Mondo di cui finge di essere cittadino; che parla, veste e agisce di conseguenza; che ha i documenti in regola e via discorrendo.
— E quindi?
— Niente è perfetto, Elaine. Trova l'imperfezione. Sei stata su tutti i Mondi, conosci i loro abitanti…
— Non credo che potrò.
— Se tu fallisci — disse Janos, a labbra strette — dovremo ricorrere a mezzi più sbrigativi e rischieremo di urtare la suscettibilità degli Altri Mondi. Se tu scopri che il sabotatore non è nessuna dei cinque ci troveremo in una situazione molto critica, ma almeno avremo la possibilità di scartare una pista inutile. Se tu identifichi l'uomo sbagliato, le ripercussioni politiche saranno gravissime. Tutto questo senza tener conto che un atto di sabotaggio può compromettere seriamente il funzionamento di Gamma. Tu non devi fallire, Elaine.
Elaine strinse le labbra a sua volta. — Quando si comincia?
— L'arrivo è previsto domani. Scenderanno all'Attracco Due, dall'altra parte del Mondo. — Il Presidente alzò il pollice verso l'alto in un gesto familiare, e gli occhi di Elaine lo seguirono automaticamente.
Era naturale, in fondo. Qamma, come gli altri Mondi Orbitali, era un artifatto a forma di frittella, quello che in geometria si chiama un "toro". Nel caso di Gamma la parte cava in cui viveva la popolazione aveva un diametro di circa tre chilometri e mezzo. Si poteva camminare per cinque chilometri lungo la curva della cavità e raggiungere a piedi l'altro lato del Mondo, oppure si poteva tagliare salendo in uno dei tre raggi che collegavano le parti opposte del toro.
Elaine ricordò che una volta un terrestre aveva riso dell'abitudine di chiamare "l'altra faccia del Mondo" quello che era solo il lato opposto di un piatto, ma in fondo, perché no? Gamma era circondata dallo spazio proprio come la Terra.
Janos interruppe i suoi pensieri: — Devi farcela, Elaine.
Lei disse: — Cercherò di farcela, signore.
— Non puoi permetterti di fallire.
2
L'appartamento di Elaine, due stanzette, si trovava nel Settore Trs e aveva il vantaggio di essere vicino al Centro delle Arti Espressive. (Da piccola aveva sognato di diventare attrice, ma non aveva la voce adatta… Tuttavia, adorava ancora immergersi nell'atmosfera del teatro.)
Mentre saliva all'Attracco N. 2 desiderò ardentemente di essere un'attrice provetta, perché il suo compito sarebbe stato molto più facile.
Invece era soltanto una guida turistica con una missione difficilissima da compiere.
Era vestita alla perfezione. L'uniforme le aderiva elegantemente e le dava un'aria di estrema efficienza: del resto Elaine lo era davvero. Si sforzò di apparire disinvolta e spensierata: se si fosse mostrata troppo solerte o troppo curiosa non avrebbe scoperto niente. E se il terrorista si fosse sentito con le spalle al muro, Dio sa che cosa sarebbe successo. Un uomo deciso a sabotare un intero Mondo non avrebbe esitato a fare qualcosa di molto brutto alla ficcanaso che l'avesse fatto sentire in pericolo.
Elaine uscì dal corridoio e si guardò intorno. La cavità del toro era abbastanza spaziosa da permettere la costruzione di edifici alti quaranta piani, almeno al centro, ma venti piani era il massimo consentito dalla legge e dieci era la media. La parte superiore della cavità doveva restare libera per dare il senso di spazio e d'aria aperta, ma anche per permettere alla luce del sole di filtrare.
Gli schermi dei finestroni superiori non erano completamente aperti, come sempre quando era "mattino presto". Il grande specchio che orbitava insieme a Gamma rifletteva la luce solare, che poi rimbalzava su una serie di specchi minori all'interno del toro. La luce rischiarava le costruzioni al livello del suolo della grande frittella e manteneva la temperatura a un livello perfetto.
Elaine non era mai stata sulla Terra ma ne aveva letto, e a volte il clima ultraregolare di Gamma le faceva desiderare un po' del turbolento disordine del pianeta. Le sarebbe piaciuto, per esempio, vedere la neve, perché di tutti i fenomeni atmosferici era quello che proprio non riusciva a immaginarsi. La pioggia si poteva paragonare a una doccia, la nebbia a vapore, caldo o freddo a seconda dei casi (ma anche nelle saune si può regolare la temperatura del vapore…). La neve, invece, che cos'era?
Se lo domandò mentre s'avviava alla banchina dell'ascensore n. 3 e si metteva in coda. Non c'era molta gente, perché Elaine aveva evitato l'ora di punta dei cambi di turno.
L'ascensore percorse la parte superiore del raggio di collegamento. Il toro ruotava rapidamente su se stesso (un giro completo ogni due minuti) e questo provocava un effetto centrifugo che permetteva alle persone e alle cose di rimanere coi piedi a terra per tutta l'ampiezza della frittella. L'effetto era identico alla forza di gravità terrestre. Per gli abitanti di Gamma il bordo esterno del toro rappresentava il "basso", mentre il mozzo centrale rappresentava l'"alto". E naturalmente il lato opposto del Mondo, che giaceva oltre il mozzo, era ugualmente "in alto".
Man mano che Elaine saliva con l'ascensore, la velocità con cui questo ruotava intorno all'asse del toro decresceva e così l'effetto centrifugo. Elaine pesava meno della metà quando superarono il settore ospedale, dove la gravità inferiore era sfruttata per il trattamento dei malati di cuore, delle affezioni polmonari e così via.
La sensazione di leggerezza le piaceva moltissimo. Una volta, quando andava a scuola, Elaine aveva guadagnato qualche soldo extra facendo l'ausiliaria in ospedale, e quindi aveva pratica dei settori a gravità inferiore.
Finalmente l'ascensore attraversò il grande mozzo sferico al centro del toro; il suo movimento era controllato attentamente dal computer centrale, in modo che gli ascensori non si scontrassero mentre convergevano verso il mozzo ma si alternassero meticolosamente. Nel mozzo, l'effetto centrifugo era quasi zero, ed Elaine si sentì completamente priva di peso. Ci misero alcuni minuti ad attraversarlo, e lei pensò cupamente che lì aveva sede la centrale energetica di Gamma, luogo ideale per un sabotaggio. Dopo aver superato il mozzo, l'ascensore procedette lungo il raggio che metteva in collegamento con l'altro lato del Mondo. L'effetto centrifugo cominciò nuovamente a crescere ed Elaine ebbe la sensazione di essere a testa in giù. Con la mancanza di sforzo che derivava dalla lunga pratica, Elaine invertì la propria posizione, come stavano facendo gli altri occupanti dell'ascensore. Tutti, ora, poggiavano i piedi su quello che qualche minuto prima era stato il soffitto della cabina.
La sensazione che provavano adesso era di muoversi verso il basso, e in concomitanza aumentava l'attrazione gravitazionale. Poi, quando l'attrazione ebbe raggiunto il massimo e lei cominciò a sentirsi (con una punta di rimpianto), pesante come al solito, capì di essere arrivata sull'altro lato del Mondo. Le porte si aprirono ed Elaine uscì. Era lì, pensò dando un'occhiata all'ambiente, che svolgeva il suo lavoro e passava la maggior parte del suo tempo.
3
Per evitare l'ora di punta, Elaine era arrivata in ritardo, e questo fu un inconveniente. Le altre tre guide, due uomini e una donna, erano già arrivate e stavano riempiendo i moduli del lavoro giornaliero.
La donna, Mikki Burdot, la vide per prima e disse con una punta di acidità: — Ecco la signorina.
Lei alzò le sopracciglia: — Naturale, lavoro qui.
Mikki ribatté: — Non si direbbe. — S'incamminò verso la collega con le scarpe di sughero che aggiungevano buoni cinque centimetri alla sua piccola statura, poi si tolse la calotta di servizio: un gesto nervoso che rivelò una splendida cascata di capelli neri.
— Hai solo cinque persone, oggi — continuò Mikki. — Esattamente cinque. Dimmi che lavori duro, poi.
Elaine dette un'occhiata ai moduli giornalieri. — Cinque? — Questo è tutto?
— Cinque! Io ne ho quattordici, Hannes dieci e Robaire dodici. Ti pare una divisione giusta? Io direi di no.
— Forse — disse Elaine — non apprezzano il mio lavoro e si preparano a licenziarmi.
— Licenziarti? — disse Robaire. Quando rideva gli appariva una fossetta su ogni guancia, cosi rideva spesso. — Sarebbe proprio il mio sogno. Tu rimarresti di sasso, e siccome altri mestieri non ne conosci, dovresti sposare me. Che ne dici?
— Tu sei sempre nei miei pensieri, Robaire, specie quando rimango di sasso. Avete fatto vedere i moduli d'arrivo a Benjo Strammer? È lui che distribuisce i visitatori.
— Sì, io l'ho fatto — rispose Mikki. — E lui mi ha comunicato che non c'è nessun errore. Quel vecchio… — L'ultima parola svanì in un sussurro.
— Va bene — disse Elaine — ora statemi a sentire. I dodici che sono toccati a Robaire vengono quasi tutti da Alpha, il che vuol dire che sono interessati soprattutto ai nostri impianti sportivi. Non è il tuo pane quotidiano, Robaire? Quanto ad Hannes, ha un gruppo che viene da Mu: tutti prima generazione, nervosi e apprensivi, e tutti noi sappiamo quanto Hannes sappia essere paterno.
— Paterno è il mio secondo nome — disse Hannes, incrociando le braccia sul petto sottile.
— I tuoi, Mikki, vengono da Zeta, dove la maggior parte della gente detesta la nostra baldanza. E naturale che gli abbiano affidato una guida graziosa, piccolina di statura e che ispira pensieri di protezione. Non potranno detestare te.
— Le donne potranno — disse Mikki.
— Sì, ma tu hai soprattutto uomini. Per quanto riguarda i miei, è vero, sono solo cinque, ma vengono da cinque Mondi diversi. Ognuno è un caso a sé, ognuno vorrà concentrarsi su qualcosa di particolare che non andrà bene agli altri, e ho il sospetto che siano tutt'e cinque dei vip. Sapete, di quelli che si aspettano sempre un trattamento speciale e che è impossibile accontentare. — Si mise a sedere e si concesse un sospiro malinconico. — Se uno di voi vuol fare cambio…
— Io no — disse Hannes. — I miei piccoli Mu hanno bisogno di me.
— Anche i miei Alpha — disse Robaire. — Non posso affidarli a qualcuno che non sa distinguere un pallone da una mazza da golf.
Mikki, per ultima, disse: — Non ho mai detto di voler fare cambio. Vorrei solo che le spartizioni fossero fatte con più equità.
Elaine annuì e andò nel suo mini-ufficio, appena sufficiente a contenere una scrivania, e, stavolta, anche Benjo Strammer. La aspettava. Era un uomo dai capelli bianchi e ondulati, e la guardava con interesse dagli occhi infossati. — Li hai messi a tacere con molta diplomazia, Elaine.
Lei disse: — Pensavo che ti saresti messo a origliare.
— Dovevo. Ero un po' perplesso perché, vedi, la lista non l'ho preparata io. Mi è stata consegnata così.
— Allora dobbiamo prenderla com'è. Non resta altro.
Benjo chiese: — Perché, Elaine?
— Perché cosa?
— Perché mi hanno mandato la lista già pronta?
— Non te l'hanno detto?
Benjo scosse la testa: — No.
— In tal caso non vorranno che tu lo sappia.
— D'accordo, ma tu? Sai niente?
— Non dovresti nemmeno chiedermelo, se hai capito che non intendono metterti al corrente. Ascolta, di qualunque cosa si tratti, dev'essere qualcosa di delicato. La nave è in orario?
— Sta attraccando adesso.
— Va bene, allora. Puoi fare in modo che i miei cinque turisti siano staccati dagli altri con la massima discrezione e fatti entrare per primi? Credo che dovrò dare loro un'occhiata, prima di cominciare. Cerca di capire, sarà una rogna; come ho detto agli altri credo che siano cinque VIP, e non voglio fare una figuraccia.
Benjo parve risentito: — Sarebbe meglio, Elaine, se anch'io venissi informato di cosa bolle in pentola. Se si ostinano a tenermi nel buio, non rispondo di eventuali errori.
— Se dipendesse da me, Benjo, sapresti tutto. Credimi se ti dico che preferirei non occuparmi di tutta questa storia. Vuoi farlo tu?
— L'hanno affidata a te, è compito tuo. Va bene, se proprio vuoi ricevere quei cinque signori in pompa magna vieni nel mio ufficio. Questo non è abbastanza grande. Per quanto riguarda me, non appena avranno messo piede qui dentro andrò a farmi una passeggiata intorno al Mondo.
Era una sua abitudine: una passeggiata intorno al Mondo ti tiene in forma, diceva. Elaine si guardò il ventre piatto e pensò che forse, fra qualche anno, avrebbe dovuto cominciare anche lei a fare le passeggiate. Per tenersi in forma.
4
Elaine sedeva su un angolo della scrivania di Benjo, l'angolo più vicino alla porta, con le braccia incrociate sul petto e una gamba dondolante. Si era rifiutata di riflettere sul problema la sera prima, dicendosi (e a ragione) che una volta cominciato a pensarci non sarebbe riuscita a chiudere occhio. Non era proprio il caso: oggi aveva bisogno di tutte le sue energie.
D'altra parte il momento cruciale era arrivato, e non c'erano scuse per rimandare qualche riflessione.
Problema: cinque persone, ciascuna proveniente da un Mondo diverso, nascondevano forse un sabotatore (forse: poteva anche non essere così!) Il terrorista era un terrestre che fingeva di essere un cittadino dei Mondi. Posto che il terrestre conoscesse bene il suo lavoro, esisteva il modo di smascherarlo? C'era qualche caratteristica, nei cittadini dei Mondi, che lui non potesse imitare?
Il guaio era, pensò Elaine, che i Mondi Orbitali avevano copiato scrupolosamente le condizioni di vita terrestri, ognuno di essi ruotava a una tale velocità da produrre una gravità di tipo terrestre, e quindi sotto quest'aspetto l'infiltrato si sarebbe sentito come a casa sua.
Ovviamente nei raggi di colle-, gamento la gravità scemava, e questo per un uomo della Terra avrebbe costituito un problema; purtroppo ben pochi cittadini dei Mondi passavano il loro tempo nelle regioni a bassa gravità, ed eventuali goffaggini in ambienti di questo tipo non avrebbero costituito una prova.
L'atmosfera-tipo dei Mondi aveva la stessa quantità di ossigeno di quella terrestre, ma molto meno azoto: come conseguenza era molto meno densa. La cosa, tuttavia, non faceva una gran differenza, e i visitatori ci si abituavano immediatamente. Del resto era comprensibile, perché in alcune regioni della Terra esisteva un'atmosfera anche più strana di quella dei Mondi: per esempio sulla vetta delle montagne, dove c'era meno pressione e meno ossigeno.
I Mondi Orbitali erano molto più piccoli del pianeta-madre, ma questo che importanza aveva? Non si godevano panorami immensi e l'effetto-orizzonte era diverso, ma anche a questo il terrestre medio si abituava con facilità. L'impostore, ammesso che ce ne fosse uno, aveva trascorso sicuramente un lungo periodo su un Mondo Orbitale e si era abituato alle sue particolarità.
Ovviamente su Gamma si sarebbe sentito spaesato, a meno che non ci fosse già stato in altre occasioni; ma anche così, era normale che un visitatore degli Altri Mondi non conoscesse le abitudini locali. Se poi l'impostore aveva già visitato Gamma, ne sapeva certo quanto bastava. Elaine non aveva segreti da nascondere: qualunque cosa avesse raccontato ai suoi ascoltatori, probabilmente l'avevano già letta sugli opuscoli di viaggio prima di attraccare.
Bene, allora, concentriamoci sui Mondi da cui questi cinque signori provengono. I cittadini di Mondi diversi parlavano con un accento peculiare, e le abitudini e il comportamento sociale differivano a seconda dei casi. Sarebbe riuscito, il terrestre, a imitare perfettamente queste attitudini? O si sarebbe tradito?
Elaine abbassò gli occhi sul modulo giornaliero, per studiarsi i cinque casi.
I Mondi di provenienza, in ordine di anzianità, erano Delta, Epsilon, Theta, Iota e Kappa. Lei era stata su tutti e aveva letto molto materiale che li riguardava. Faceva parte del suo lavoro. Non è possibile capire un turista se non si capisce la società che lo ha formato, e per una guida capire i suoi clienti è essenziale.
Delta era un Mondo abbastanza noioso di gente che lavorava sodo e parlava con la cantilena, e anche quando si esprimevano nel dialetto di Gamma non smettevano di cantilenare. Di solito erano robusti e di carnagione chiara, ma quella era solo la tendenza generale. Sui Mondi c'era gente alta, bassa, bionda e bruna. Non si poteva giudicare dall'aspetto fisico.
Epsilon era il più affollato, con una popolazione fatta per lo più di uomini minuti e una forte percentuale di orientali (caratteristica, questa, che era in comune con la maggior parte dei Mondi).
Cinque dei sei Settori di Theta erano dedicati all'agricoltura, invece dei soliti tre. Era l'unico dei Mondi Orbitali che praticasse intensamente l'allevamento del bestiame, invece che basarsi su forme di vita meno ingombranti. Fra parentesi, delle Cinque Sinfonie composte sui Mondi Orbitali ed entrate a far parte del repertorio delle orchestre della Terra, tre erano state scritte su Theta.
Elaine si soffermò a riflettere un momento. No, impossibile credere che tutti i thetani avessero l'orecchio musicale. Il novantacinque per cento della popolazione, probabilmente, ignorava tutto della musica: quella non poteva costituire una prova.
Iota era il grande esportatore d'energia. Tutti i Mondi sfruttavano come fonte principale l'energia solare, che veniva assorbita da una grande centrale (molto più grande della colonia in sé) e convertita in microonde. Una parte di questa ricchezza andava ad alimentare le necessità della colonia, e la parte eccedente veniva irradiata sulla Terra. Iota aveva la centrale più grande e le attrezzature più adatte per irraggiare microonde sul pianeta-madre. Era logico, quindi, che agli occhi dei terrestri quel Mondo avesse un'importanza particolare.
Questo significava anche che Iota era il Mondo più favorevole alla Terra e il meno interessato all'unione. Non era probabile che il più fido alleato di un agente terrestre fosse proprio uno iolano? E d'altra parte, non era anche la cosa più ovvia? Un agente che si rispetti non sceglie mai la copertura più evidente.
Elaine pensò che non c'era alcun modo di stabilirlo.
Quanto a Kappa, era un gran centro di divertimenti la cui cultura rappresentava un mistero. Era senz'altro il mondo più attraente che avesse visitato, ma doveva stare attenta a non farsi fuorviare dai suoi pregiudizi e a non concentrarsi ossessivamente sul suo rappresentante.
Come si faceva a distinguere un kappano autentico da uno finto? O un tethano da uno pseudo-tethano? Era un bel problema.
Il guaio era che la popolazione della Terra non era affatto omogenea, e una qualsiasi delle razze dei Mondi poteva essere facilmente imitata da questo o quel tipo di terrestre.
Ma un momento, rifletti, si disse Elaine: l'agente, chiunque fosse, era contrario all'indipendenza e all'unione dei Mondi Orbitali. Avrebbe mascherato quest'ovvia tendenza fingendosi a tutti i costi nemico della Terra? O si sarebbe reso conto che un'ostentazione del genere era comunque pericolosa? Se, d'altronde, il sabotatore non sapeva di essere sospettato (e anche questo era un punto da chiarire) non si sarebbe preoccupato né di fingere ostilità al suo pianeta né di mostrarsi a tutti i costi prudente.
Aveva un senso tendergli una trappola psicologica? Se le forze dell'indipendenza e dell'unione facevano affidamento sul valore emotivo del Tricentenario, poteva servire spingere il discorso in quella direzione? L'agente si sarebbe mostrato insofferente alla sola menzione della fatidica data? Avrebbe manifestato sentimenti anti americani?
Come escludere, d'altra parte, che sentimenti del genere potessero nascere in un qualsiasi cittadino dei Mondi, indipendentemente dalla sua partecipazione a un piano di sabotaggio?
Elaine aveva l'impressione che la sua mente si muovesse in cerchio, e che ogni volta il cerchio rimpicciolisse. Quale criterio poteva usare per distinguere il vero dal falso? Ne esisteva uno? Ricordò le parole di Janos: "Non puoi permetterti di sbagliare".
Stava quasi per cedere alla disperazione (che è sempre un lusso) quando Benjo infilò la testa nella porta e disse: — I tuoi turisti sono qui. Spero che vada tutto bene… e addio.
Elaine si chiese se l'addio non contenesse una nota sinistra. Ma i turisti erano alla porta: assunse un'espressione dignitosa e cercò di mettere ordine nei suoi pensieri.
5
Erano in fila davanti a lei; Elaine parlò lentamente, e, sperò, con grazia.
— Mi chiamo Elaine — cominciò. — Se preferite chiamarmi per cognome, è Metro. Su Gamma non abbiamo titoli e l'uso del nome di battesimo è comune, ma voi potete esprimervi come preferite.
L'uomo di Delta aveva già uno sguardo di disapprovazione: era un tipo alto e dalle spalle larghe, e sembrava ancora più alto per via dell'imponente cappello (che non s'era tolto) e della palandrana grigia che gli scendeva a mezza coscia. Aveva stivali che facevano rumore e mani ossute, bianche intomo alle nocche.
Disse bruscamente, e con l'inevitabile cantilena: — Quanti anni avete?
Si chiamava Sando Sanssen, e da quello che sapeva dei costumi deltani Elaine doveva rivolgersi a lui per cognome. — Ho ventiquattro anni, signor Sanssen.
— E ne sapete abbastanza, di questo Mondo, per esserci utile?
Tipica sfacciataggine deltana… o faceva parte del copione? Lei non aveva fatto niente che potesse irritarlo.
Sorrise, e rispose di ottimo umore: — Spero di saperne abbastanza. Ho una certa esperienza del mio lavoro, e il mio governo ha completa fiducia in me: anzi, mi ha incaricata di mostrarvi tutti gli aspetti della vita di Gamma che vi interesserà conoscere.
Ravon Jee Andor di Kappa attirò l'attenzione di Elaine: era un uomo di altezza media e i capelli, pettinati con estrema cura, erano quasi biondi, il che non si accordava con la carnagione e gli occhi scuri. Probabilmente erano ossigenati. I vestiti erano pieni di fronzoli, ma aveva un profumo penetrante che ad Elaine piacque. (Tutto era smaccatamente kappano: troppo smaccatamente?)
Aveva la tendenza a pronunciare larghe le vocali, cosa che fu evidente non appena disse: — Visto che così generosamente vi offrite di venire incontro ai nostri desideri, vi dirò che voi stessa rappresentate un aspetto della vita su Gamma che merita i più seri approfondimenti.
Per un cittadino di Kappa questo era un complimento: un po' ornato, magari, ma pur sempre un complimento.
Nel rispondergli Elaine adottò la stessa forma cerimoniosa, limitandosi però a pronunciare solo i primi due nomi, come voleva il costume kappano: — Mi dispiace, Ravon Jee, ma al momento questo è impossibile. Forse il tempo ci offrirà l'opportunità che cerchiamo.
— Piantatela di fare moine, ragazza! — scattò la terza turista, una signora che rispondeva al nome di Medjim Nabellan e veniva da Theta. La ricca carnagione nera (la maggior parte dei thetani erano neri) era sormontata da una favolosa chioma crespa in parte nascosta da un cappello a falde larghe, tenuto fermo sotto il mento da un semplice elastico. Indossava abiti a strisce sgargianti e tendeva a mangiarsi le "r". — Piantatela e non perdete tempo con quelle chilometriche frasi kappane.
L'uomo di Kappa s'inchinò sardonicamente e non perse il sorriso.
Elaine si fermò a riflettere un momento. Non c'era ragione perché l'agente non dovesse essere un nero, una donna o tutt'e due. L'impazienza di cui aveva fatto sfoggio poteva derivare dall'irresistibile tensione di chi deve sabotare un Mondo e vede pericoli nel minimo ritardo.
— Credo che sia stupido formare un gruppo con gente che viene da Mondi diversi — disse Yve Abdaraman di Iota, l'altra donna del gruppo.
Aveva un modo di parlare così strascicato che sembrava una sonnambula.
Era un'attraente moretta piuttosto giovane e piccolina, e per sottolineare il colore dei suoi capelli indossava un vestito fatto di tante sfumature di marrone. — Se litigheremo o ci pesteremo i piedi tutto il tempo, diventerà un soggiorno insopportabile!
— Spero proprio che non lo faremo, Yve — disse Elaine (su Iota avevano l'abitudine di chiamarsi per nome, proprio come su Gamma). — Appena mi direte quello che desiderate vedere…
— Innanzi tutto muoviamoci — disse Wu Kyshee di Epsilon. — Vi diremo tutto strada facendo, o perderemo altro tempo. — Era basso e grassoccio, e gli occhi erano quelli tipici dell'orientale. Indossava una specie di tunica che arrivava fino a terra e aveva la pronuncia blesa.
Ecco un altro impaziente, pensò Elaine.
— Dal momento che ci troviamo in una delle sezioni residenziali, possiamo metterci subito in cammino e arrivare all'università. Lì troveremo alcuni interessanti esempi dell'architettura di Gamma.
Li condusse educatamente fuori dell'ufficio, e intanto la sua mente vorticava. Tutti sembravano sospettabili, ma nessuno lo era abbastanza.
Se ci fosse stato un elemento, un fattore che valesse solo sui Mondi Orbitali e non sulla Terra, un qualcosa di sottile e convincente che un impostore non riuscisse a capire e che lo tradisse… Ma che cosa poteva essere? Un fatto connesso alle dimensioni del Mondo, o altro?
Doveva concentrarsi sul suo lavoro, ora. — Questo è l'edificio centrale dell'Università di Gamma, costruito quattro anni fa. L'illusione di curvatura è tale da… — Parlava meccanicamente, ma la sua mente viaggiava in tutt'altra direzione… tuttavia il concetto che aveva appena esposto, l'illusione di curvatura, rimase nei suoi pensieri e sembrò in un certo senso guidarli…
Avevano percorso un bel tratto nel quartiere residenziale del Settore, fra le case dagli stili contrastanti e i prati verdi divisi da sottili steccati che non avevano il compito di separare, ma piuttosto di differenziare. In quella zona non Merano i palazzi che si potevano trovare negli altri due Settori d'abitazione.
Elaine disse: — Stiamo per arrivare al portello a tenuta d'aria che separa questa zona dal Settore agricolo.
— Vedo che i portelli li tenete aperti — disse Sanssen. — Non è pericoloso? — Pronunciò quest'ultima parola in modo tanto insolito per un abitante di Gamma che Elaine la capì a stento (ma era proprio il modo in cui parlavano i deltani).
Lei rispose: — In realtà, no. Qualunque vibrazione, da quella prodotta dall'impatto di un meteorite a quella di un'eventuale esplosione interna, provoca l'immediata chiusura dei portelli stagni. In questo modo i sei Settori sono completamente isolati l'uno dall'altro. E naturalmente i portelli vengono chiusi la notte, per evitare che la luce del sole filtri nei settori residenziali. In quelli agricoli, come sapete, è mantenuta costantemente.
— Ma che succederebbe — chiese Ravon Jee, con un sorriso, — se il meteorite colpisse proprio le chiusure dei portelli?
— È un'evenienza abbastanza remota. Comunque non sarebbe fatale, perché i comandi della colonia (quelli che regolano la chiusura dei portelli e tutti gli altri) sono duplici e dislocati in aree diverse. Per qualunque emergenza c'è sempre un'apparecchiatura di riserva.
Si fermò per assicurarsi che tutti e cinque gli ospiti la stessero seguendo.
Si trattava soltanto di salire dei gradini e scenderne degli altri: sei su e sei giù. La particolarità, tuttavia, era che i gradini seguivano la curva del toro e piegavano gentilmente. I terrestri, a volte, trovavano buffo seguire quella sorta di spirale, che li teneva in una strana posizione obliqua rispetto agli altri.
Benché Elaine guardasse attentamente i piedi dei cinque, nessuno le sembrò esitare o fare un passo falso.
E nessuno mostrò la minima curiosità.
Elaine sospirò fra sé e sé. Il terrestre, chiunque fosse, era ben addestrato. Ma c'era veramente un terrestre?
7
Ravon Jee Andor le era stato alle costole per tutto l'attraversamento del Settore agricolo. Sembrava non provare il minimo interesse per ciò che vedeva, e quando entrarono nel Centro di Riciclaggio fece qualche passo indietro, disgustato.
— Non pretenderete che vi segua lì dentro? I rifiuti animali non sono il mio ideale.
Elaine cercò di reprimere il fremito d'esultanza che le attraversava il corpo. — Di sicuro anche su Kappa i rifiuti vengono riciclati — disse, pronta. (Nemmeno un terrestre sarebbe stato felice di visitare il Riciclaggio.)
— Non in mia presenza! — ribatté Ravon Jee. — Vi confesserò che ignoro tutto di questi procedimenti… Andiamo, ragazza mia, vi aspetterò qui fuori. Che ci vada il nostro amico deltano, lui ha gli stivali! E la signora di Theta, così pratica di fattorie, e il resto del gruppo.
Elaine scuoté la testa: — Apprezzo il vostro altruismo, ma non posso lasciarvi solo. Temo che il mio governo non approverebbe. Venite, vi terrò la mano. Così va bene?
Era il genere di proposta che un kappano non rifiuta mai da una donna. Ravon Jee, che pure aveva un'aria terrea, borbottò: — In cambio della vostra mano, deliziosa creatura, attraverserei un fiume di sterco alto fino al ginocchio! — (Elaine, dal canto suo, era persuasa che non l'avrebbe mai fatto.)
Si tenne vicina a lui mentre attraversavano i corridoi antisettici. Gran parte del processo di riciclaggio avveniva in macchine nascoste alla vista e in modo del tutto automatico. Ravon Jee faceva un sacco di smorfie, ma in realtà vi era solo un leggerissimo odore.
Sanssen guardava tutto con gli occhi sgranati, le manone intrecciate dietro la schiena. Wu Kyshee, privo di espressione, prendeva appunti, ed Elaine riuscì a passargli alle spalle e a vedere quello che stava scrivendo. Era in dialetto epsiloniano, e in quella fonna non le era comprensibile.
Ravon Jee, che le teneva sempre la mano, disse: — Presumo che per voi tutto questo sia essenziale.
— Lo è — confermò la ragazza.
— Ed è una cosa che fanno anche sulla Terra, solo su più vasta scala.
L'ultimo commento lo lasciò freddo. — Un gentiluomo di Kappa — disse — preferisce ignorare certe cose.
Elaine gli chiese: — Qual è la vostra attività su Kappa?
— Sono un critico teatrale. Sono qui per scrivere un articolo sul teatro di Gamma che uscirà sul nostro quotidiano.
— E andrete anche sulla Terra, per vedere il festival del Tricentenario? — (In realtà era un festival di sua invenzione.)
— Il cosa, mia cara? — Il viso di Ravon Jee non tradiva la minima espressione.
— Il Tricentenario americano — ripetè lei.
Lui si tenne sul vago: — Non so… Ma dov'è il vostro teatro?
(La domanda lo aveva turbato? Non sapeva davvero niente del Tricentenario?)
Elaine rispose: — È nel Settore Quattro, dall'altra parte del Mondo. — Stava per fare il solito gesto verso l'alto, ma si trattenne.
Ravon Jee alzò gli occhi un istante, come è abitudine fra gli abitanti dei Mondi, e disse con un pizzico d'insofferenza: — Spero che prima o poi ci arriveremo.
Interessante, pensò Elaine. Che sia questa la chiave?
Medjim Nabellan disse bruscamente: — Guida, ditemi un po', come mai nel Settore agricolo non vedo bestiame?
— Ne abbiamo un po', ma non qui. Il bestiame grosso, a nostro avviso, è poco economico. Polli e conigli producono più proteine e più in fretta.
— Bum! Si vede che non sapete come si alleva una bella vacca. I vostri metodi d'accoppiamento sono certamente superati.
Elaine disse, conciliante: — Sono sicura che il nostro Ufficio dell'Agricoltura vi ascolterebbe con immenso interesse.
— Lo spero. Sono venuta qui proprio per questo, e ora che ho visto i vostri ridicoli sistemi non intendo perdere altro tempo. Portatemi direttamente all'Ufficio.
Elaine disse: — Temo che avrò delle noie se insistete a lasciare il gruppo. Il mio governo penserà che vi abbia offesa.
— Sciocchezze — disse la Nabellan, cupa, col naso camuso che le fremeva. — Dove trovo l'Ufficio?
— È dall'altra parte del Mondo — disse Elaine. Stavolta fece il gesto col pollice, e la Nabellan guardò in su. — Se ve ne andate ora, tutto il gruppo si sfalderà. Vi prego, rimanete.
Medjim Nabellan disse qualcosa fra i denti, ma non fece il gesto di allontanarsi.
Con la sua piacevole voce da guida, Elaine disse: — I Settori agricoli sono bagnati dalla luce del sole senza soluzione di continuità. Nei tre Settori residenziali, invece, abbiamo sedici ore di luce e otto di oscurità.
Wu Kyshee chiese: — Su Gamma dormite tutti contemporaneamente?
— No, si capisce. Dormiamo quando vogliamo. Alcuni di noi svolgono lavori che li impegnano nelle ore "notturne".
— In tal caso, perché non permettere a ogni residenza di amministrare le proprie ore di luce? Che inutile conformismo! — E prese altri appunti nel suo taccuino.
Yve Abdaraman disse, con la sua vocetta sottile di soprano: — Dato che Epsilon è l'unico Mondo senza divisione standard del "giorno" e della "notte", dovete essere voi i suonati. L'intervallo notturno riduce il consumo d'energia e mantiene fresca la temperatura.
— Nientè affatto — disse Wu Kyshee. — Se volete insinuare che Epsilon è troppo caldo, vi sbagliate. L'alternarsi del ciclo giorno-notte non è che un inutile retaggio della Terra.
Elaine si sentì fremere: un attacco alla Terra? Disse, gioviale: — Non credo che dobbiamo sottovalutare il retaggio della Terra. Il Tricentenario cade proprio quest'anno, e una tradizione di libertà… — le parole le si smorzarono poco a poco, perché nessuno mostrava segni d'interesse. Yve le scoccò un'occhiata d'impazienza e poi si volse all'epsiloniano. — Sono stata su Epsilon — disse — e l'ho trovato caldo.
— L'avrete certo trovato troppo flessibile e libertario per i vostri gusti — ribatté acido Wu Kyshee.
— Per favore — intervenne Elaine — volete seguirmi, ora? Abbiamo un lungo tragitto da fare per arrivare sull'altro lato del Mondo. — Fece il gesto col pollice e i due litiganti, automaticamente alzarono gli occhi. Lei continuò: — Dobbiamo congiungerci agli altri gruppi.
Mentre si affrettavano sui gradini, Yve disse: — Il Centro di Riciclaggio deve avere un reparto computerizzato. Sarebbe di grande aiuto alla mia missione se potessi visitarlo.
— Sono sicura di potervi procurare un permesso — disse Elaine. — Il nostro governo è molto aperto.
(La sua missione? Era un lapsus o un segno di completa innocenza? Era una donnina alta poco più di un metro e sessanta, ma cosa le avrebbe impedito di…)
Sando Sanssen si guardava intorno con impazienza. — Ehi, signorina Metro, quanto ne abbia: mo ancora?
— Arriveremo presto, signor Sanssen. C'è qualcosa che volete vedere in particolare?
— La centrale energetica. Sono un ingegnere elettrico, io, e non m'interessano i campi di grano o le vasche di pesci.
— Non sono sicura — disse Elaine, cercando di non suonare offensiva — che il cuore della colonia sia aperto ai turisti…
— Non sono un turista — rispose Sanssen, calcando l'accento. — Sono un rappresentante ufficiale del mio governo.
— Sì, certo. Ora imboccheremo un raggio di collegamento che ci porterà alla zona ospedaliera. Gamma è orgogliosa delle sue attrezzature sanitarie e saremmo felici di potervele mostrare. Nel frattemix, chiederò il permesso di entrare nella centrale energetica.
Sanssen annuì, ma non sembrava addolcito.
9
C'era un reparto ospedaliero in ogni raggio, sei in tutto. Questo si trovava più in alto degli altri perché vi si svolgevano ricerche biomediche che avevano bisogno di bassa gravità.
I cinque turisti sembravano tutti a proprio agio nelle condizioni di attrazione ridotta, ma questo non significava granché. Medjim Nabellan una volta incespicò, ma poteva trattarsi di una coincidenza. Sanssen, a un certo punto, sembrò irritato di ritrovarsi più in alto di quello che pensava e venne giù con un urtone, ma non cadde. Perfino Elaine si distrasse e fece un passo gigantesco.
— Credo che le ricerche che stiamo svolgendo in questo reparto interessino tutti. Si tratta di studi che non è possibile compiere sulla Terra a causa dell'eccessiva gravità. So bene che tutti i Mondi fanno ricerche in questo campo, ma nessuno si è spinto lontano quanto Gamma. Ora entreremo nei laboratori e gli addetti vi spiegheranno i vari problemi e risponderanno alle vostre domande… Oh voi, signor Sanssen.
— Sì?
— Volevo dirvi che ci troviamo a soli quattrocento metri dal "mozzo" di Gamma, dove sorge la centrale energetica. Ora cercherò di procurarvi il permesso d'ingresso… — Erano soli, in quel momento, perché gli altri erano spariti nei meandri del reparto-ospedale. — L'autorizzazione deve darmela il Centro governativo, che si trova sull'altro lato del Mondo. — Fece il familiare gesto col pollice, e il cuore le batté forte: la chiavedoveva essere questa!
Non riuscì a impedire che i suoi occhi mandassero un lampo di trionfo: Sanssen se ne accorse e capì l'errore che aveva fatto. La maschera cadde improvvisamente, e senza un'ombra di accento deltano il sabotatore disse: — Un momento, signorina. — Poi si avventò su di lei.
Elaine lo scansò con un gesto impercettibile, come fanno a volte i toreri quando il toro dà la carica, ma non riuscì a trovare la voce per chiamare aiuto. Il terrestre l'avrebbe uccisa? Avrebbe rischiato di seminare un cadavere sulla sua strada? Probabilmente era disposto a tutto: prima ammazzare Elaine, poi precipitarsi a fare quello che andava fatto. Niente poteva frapporsi fra lui e la sua missione.
Si avventò di nuovo verso di lei, ma mise un piede in fallo a causa della bassa gravità. Elaine lo scansò di nuovo e compì un'elegante piroetta in punta di piedi: a differenza dell'uomo, lei era perfettamente abituata alla mancanza di peso. Il terrestre la mancò anche più vistosamente di prima.
Adesso l'assassino si tolse il cappello, si sbottonò la palandrana e si liberò anche di quella. Era un tipo forte e muscoloso, dalla faccia cupa. Aveva pochi minuti per liquidare quell'importuna ragazza prima che arrivasse qualcuno, e sembrava deciso a sfruttarli al meglio.
Ora Elaine avrebbe potuto gridare, ma non osò sprecare il fiato. Si limitò a tenere gli occhi puntati su di lui, mentre l'uomo studiava le sue mosse e si preparava allo scatto. Stavolta non avrebbe sottovalutato la bassa gravità.
Venne verso di lei a passettini, ma Elaine continuò a spostarsi e fissarlo. Cambiò direzione e descrisse un lungo arco in avanti, portandosi alle spalle dell'uomo, poi colpì. Il terrestre stava per cadere, ma si riprese e si frappose nuovamente fra lei e la porta.
Elaine si tuffò disperatamente verso la porta, ma fu troppo lenta: il terrestre l'afferrò per un braccio.
Rimasero immobili per un attimo, poi le labbra dell'uomo si atteggiarono a un sorriso spietato ed Elaine si sentì attirare verso di lui. Emise un grido soffocato e tentò di scalciare, ma lui parò agevolmente il colpo. Lei si dibatté con tutte le forze, ma non riuscì a liberarsi.
… Poi un braccio nero passò intorno alla gola del terrestre, rischiando di soffocarlo. L'uomo fece un gesto convulso ed Elaine fu libera.
— Grazie — sussurrò con un filo di voce.
Medjim Nabellan aveva un'espressione ancora più scura della sua pelle. — Quest'animale deltano vi ha…
— Non è un deltano — disse Elaine, respirando a pieni polmoni. Dette un'occhiata alle facce che la circondavano e disse: — Per favore, chiamate la polizia. E voi, Nabellan, non lo mollate.
— Niente paura — rispose la nera — a meno che uno di voi non voglia darmi il cambio un momento. Gli spezzo il collo, signorina?
— No, per favore — disse Elaine. — Ne abbiamo bisogno vivo.
10
Si trovava di nuovo nell'ufficio di Janos, due giorni dopo il primo incontro.
Il Presidente aveva un'espressione gioviale e serena, e disse: — Davvero, Elaine, non poteva andare meglio. Era proprio l'uomo che cercavamo. Su Delta dicono di non averlo mai sentito nominare, e che sia vero o no, adesso saranno costretti a sostenere la causa dell'unione. Anche Medjim Nabellan ci è stata utile: abbiamo enfatizzato la parte che ha avuto nel tuo salvataggio, e adesso Theta è tutta dalla nostra parte. Il governo terrestre è imbarazzato e i festeggiamenti del Tricentenario americano cadono fra poco. Gli imprevisti ci sono sempre, ma direi che avremo la nostra indipendenza prima che il magico 2076 sia finito. Ora raccontami come hai fatto, Elaine. In che modo si è tradito quell'uomo?
Elaine rispose: — Dovevo pensare a qualcosa che distinguesse nettamente la Terra da un Mondo Orbitale. A un certo punto mi sono detta che il principale elemento differenziatore fra un posto come Gamma e un pianeta come la Terra è la curvatura del mondo. I terrestri vivono sulla superficie esterna di un grande pianeta che curva dolcemente verso il basso. Sui Mondi Orbitali, al contrario, viviamo sulla superficieinterna di un ambiente che curva verso l'alto. Sulla Terra Taltro lato del mondo' si trova sempre in basso. Se un terrestre ne dovesse parlare, dovrebbe indicare in giù o astenersi dal fare qualsiasi gesto. È certo che a nessuno di loro verrebbe in mente di indicare l'alto. Nei Mondi Orbitali, al contrario, 'l'altra faccia del mondo' si trova in alto, e i cittadini fanno un caratteristico gesto col pollice per indicare questo fatto. A volte alzano gli occhi. È una cosa abituale che facciamo tutti.
"Così ho deciso di mettere alla prova i miei turisti. Avrei parlato con ciascuno di loro dell'altro lato del mondo, e nel farlo avrei indicato il basso; la cosa non ha affatto impressionato i quattro innocenti, che hanno comunque alzato gli occhi automaticamente. Mi è bastata un'occhiata per capire che erano cittadini dei Mondi. Quando ho provato con Sanssen, i suoi occhi hanno seguito il mio dito: ha guardato in basso e ho capito che era un terrestre. Si è ripreso subito, ma ormai s'era tradito."
Janos annuì. — Io stesso non avrei saputo pensare a un trabocchetto così ingegnoso. Sarai ricompensata generosamente.
Elaine disse: — Grazie, ma l'indipendenza e l'unione sono per noi doni più che sufficienti, non è vero?
Titolo originale: To Tell at a Glance (1976)