ANAIS NIN
IL DELTA DI VENERE
TRADUZIONE DI DELFINA VEZZOLI.
TITOLO ORIGINALE:
DELTA OF VINUS.
SCRITTO NEL 1969.
PER I TASCABILI BOMPIANI
1990.
Racconti erotici.
SCANSIONE DI SERENELLA DE ROSA
ROMA MARZO 2000 .
CONVERSIONE ED ADATTAMENTO PER MICROSOFT WORD DI: GABRIELE BATTAGLIA
L'AVVENTURIERO UNGHERESE.
Il libero, inafferrabile avventuriero, che saltava da un ramo d'oro all'altro, per poco non cadde in una trappola, una trappola di amore umano, quando una sera incontrò la ballerina brasiliana Anita al teatro Peruviano. I suoi occhi allungati non si chiudevano come quelli delle altre donne, ma come gli occhi delle tigri, dei puma e dei leopardi, con le palpebre che si socchiudevano pigre e lente, e verso il naso sembravano quasi uniti da una sottile sutura, che li faceva sembrare piccoli, e con uno sguardo lascivo e obliquo simile a quello che lascia cadere una donna che non vuol vedere cosa vien fatto al suo corpo. Tutto questo le dava l'aria di una donna che sta facendo l'amore, e ciò eccitò il Barone non appena la vide. Quando andò a farle visita nel camerino, la ballerina si stava vestendo in mezzo a una profusione di fiori e, per la gioia degli ammiratori che le sedevano intorno, si stava
imbellettando il sesso con il rossetto, senza permettere a nessuno di fare un solo gesto verso di lei. - Quando entrò il Barone, si limitò ad alzare la testa e a sorridergli. Aveva un piede su un tavolino e l'elaborato vestito brasiliano sollevato; senza batter ciglio ricominciò a dipingersi il sesso con le mani ingioiellate, ridendo dell'eccitazione degli uomini che le stavano intorno. Il suo sesso era come un gigantesco fiore di serra, il più grande che il Barone avesse mai visto, e i peli intorno erano folti e ricciuti, neri come il carbone. E queste labbra le imbellettava come fossero una bocca, in modo elaborato, fino a farle assomigliare a camelie rosso sangue, che, aperte a forza, mostravano il bocciolo interno ancor chiuso, una gemma del fiore più pallida, con la pelle più chiara. Il Barone non riuscì a persuaderla a cenare con lui.
La sua apparizione in scena non era che un preludio al suo lavoro in teatro. Ad essa seguiva la prestazione per la quale era famosa in tutto il Sud America, quando i palchi del teatro, profondi, scuri e seminascosti dalle tendine, si riempivano degli uomini dell'alta società di tutto il mondo. Le donne non venivano portate a questo spettacolo di varietà d'alta classe. Anita si era cambiata di nuovo da capo a piedi mettendo il vestito arricciato con tante sottogonne che usava in scena per le sue canzoni brasiliane, ma questa volta non portava lo scialle.
Il vestito era senza spalline, e i suoi seni ricchi e abbondanti, compressi dal corpetto aderente, traboccavano dall'abito, offrendosi all'occhio in una quasi totale nudità. Con questo abito, mentre il resto dello spettacolo continuava, faceva il giro dei palchi. Qui, a richiesta, si inginocchiava davanti a un uomo, gli sbottonava i pantaloni, gli prendeva il pene tra le mani ingioiellate, e con una delicatezza di tocco una perizia, una leggerezza che poche donne avevano, lo succhiava finchŠ l'uomo era soddisfatto. Le sue mani erano altrettanto attive della bocca. La titillazione faceva quasi svenire dal piacere gli uomini. L'elasticità delle sue mani, la varietà dei ritmi, il cambiamento dalla presa salda della mano sull'intero pene al tocco più lieve sulla punta, dal massaggio fermo di tutte le parti, al leggero solletico intorno ai peli: e tutto ciò fatto da una donna voluttuosa di eccezionale bellezza, mentre l'attenzione del pubblico era rivolta alla scena. Vedere il proprio pene entrare in quella bocca magnifica tra il balenio dei denti, mentre i seni si sollevavano, dava agli uomini un piacere per il quale pagavano generosamente. La sua presenza in scena li preparava per la sua apparizione nei palchi. Anita li provocava con la bocca, gli occhi, i seni. Inoltre, soddisfare il proprio piacere in mezzo alla musica, con le canzoni e le luci di scena, in un palco scuro e semivelato sopra il resto del pubblico costituiva una forma di divertimento eccezionalmente piccante. Il Barone quasi si innamorò di Anita e rimase con lei più a lungo che con qualsiasi altra donna. Lei lo amò e gli diede due figlie. Ma dopo qualche anno il Barone era di nuovo uccel di bosco. L'abitudine era troppo forte: l'abitudine alla libertà e al cambiamento. Andò a Roma e prese una suite al Grand Hotel. Questa suite era adiacente a quella occupata dall'Ambasciatore spagnolo che vi abitava con la moglie e due bambine. Il Barone affascinò anche loro. La moglie dell'Ambasciatore lo ammirava, era delizioso con le figlie, e alla fine i rapporti con la famiglia divennero così amichevoli che le bambine, cui non venivano offerti molti svaghi nell'albergo, presero l'abitudine, quando si alzavano il mattino, di andare a trovare il Barone per svegliarlo con risate e scherzi nei quali non potevano indulgere con i ben più solenni genitori. Una delle bambine aveva dieci anni, l'altra dodici. Erano entrambe bellissime, con grandi occhi neri e vellutati, lunghi capelli serici, e una carnagione dorata. Portavano vestitini bianchi corti e calzine bianche. Con strilli e risa, le due ragazzine entravano di corsa nella stanza del Barone e si buttavano per gioco sul suo lettone. Lui le stuzzicava e le coccolava. Come molti uomini, il Barone si svegliava con il pene in condizioni di particolare sensibilità. In realtà, era in uno stato assai vulnerabile, e non gli restava il tempo di alzarsi e calmare la sua condizione urinando. Prima che potesse farlo, le due ragazzine avevano già attraversato di corsa il pavimento lucido e si erano gettate su di lui, e sul suo pene prominente, che la spessa trapunta azzurra nascondeva a malapena. Le due bambine non si preoccupavano affatto se le loro gonne si sollevavano e le loro gambe snelle da ballerine si accavallavano sul suo pene che stava ritto sotto la coperta. Ridendo, si rotolavano su di lui, gli si sedevano sopra, lo trattavano come un cavallo, si sedevano a cavalcioni su di lui, e lo spingevano in giù, incitandolo a far ondeggiare il letto col movimento del suo corpo. In più lo baciavano, gli tiravano i capelli e chiacchieravano infantilmente. La delizia del Barone nell'essere trattato a questo modo cresceva fino a trasformarsi in una vera tortura.
Una volta, una delle bambine era sdraiata supina su di lui e il Barone per soddisfare il proprio piacere non aveva che da strusciarsi lievemente contro di lei. E lo fece come se per gioco volesse spingerla pian piano giù dal letto. Le disse: "Sono sicuro che cascherai se spingo così." "Non cascherò," rispose la bambina, aggrappandosi a lui attraverso le coperte mentre il Barone la spingeva come se volesse farla rotolare sulla sponda del letto. Ridendo, egli spinse in alto il corpo della bambina, ma questa gli rimase attaccata, strusciandogli contro le gambette, le mutandine, tutto quanto, nello sforzo di non scivolar giù mentre lui continuava le sue buffonerie e loro ridevano. La seconda bambina, volendo pareggiare le forze del gioco, gli si sedette sopra a cavalcioni davanti all'altra e ora, con il peso di tutte e due, poteva muoversi ancor più violentemente. Il suo pene, nascosto nella spessa trapunta, si sollevò sempre più tra quelle gambette, e fu così che egli venne, con una intensità che aveva sperimentato raramente, arrendendosi in una battaglia che le bambine avevano vinto in un modo che non avrebbero mai sospettato. Un'altra volta, quando vennero a giocare con lui, mise le mani sotto la coperta. Poi sollevò la trapunta con l'indice e le sfidò a prenderlo. Così, impazienti, esse cominciarono a dar la caccia al dito che appariva e scompariva in diversi punti del letto e lo catturarono con una presa ferma. Dopo un po', non era più il dito, ma il pene che le bambine ignare afferravano e, cercando di liberarlo, il Barone le incitava a stringerlo più forte che mai. Poi scompariva del tutto sotto le coperte e, preso in mano il pene, lo sollevava perché le bambine lo catturassero. Fingeva di essere un animale, cercava di prenderle e di morderle, a volte piuttosto vicino a dove voleva, e le Bambine si divertivano un mondo. Con l"'animale" giocavano anche a Nascondino. L"'animale" balzava su di loro da qualche angolo nascosto.
Il Barone si nascondeva sul fondo dell'armadio e si copriva con i vestiti. Una delle bambine apriva l'armadio ed egli riusciva a guardarla Da sotto il vestito; la prendeva e la mordeva giocosamente sulle cosce.
I giochi erano così accalorati, e così grande la confusione della Battaglia e l'abbandono delle bambine, che molto spesso la mano del Barone andava dove voleva lui. Alla fine il Barone se ne andò di nuovo, ma i suoi balzi da trapezista da una fortuna all'altra peggiorarono quando la sua ricerca del piacere sessuale divenne più forte di quella del denaro e del potere. Era come se la forza del suo desiderio per le donne non fosse più sotto controllo. Non vedeva l'ora di liberarsi delle mogli per continuare la sua ricerca di sensazioni nuove in giro per il mondo. Un giorno venne a sapere che la ballerina brasiliana che aveva amato era morta per una dose eccessiva di oppio. Le loro due figlie avevano raggiunto rispettivamente l'età di quindici e sedici anni e volevano che il padre si occupasse di loro. Egli le mandò a prendere. A quell'epoca viveva a New York con una moglie da cui aveva avuto un figlio. La donna non era contenta all'idea che arrivassero le due ragazze. Era preoccupata per il figlio, che aveva solo quattordici anni.
Dopo tutte le sue prodezze, il Barone ora voleva una casa e una tregua a difficoltà e intrighi. Aveva una donna che gli piaceva abbastanza e tre figli. L'idea di rivedere le figlie lo interessava e dunque le ricevette con grandi dimostrazioni di affetto. Una era bella, l'altra meno, ma era piccante. Erano cresciute spartendo la vita della madre per cui non erano né represse né pudiche. La bellezza del padre le impressionò.
Questi, d'altro canto, si ricordò dei suoi giochi con le due ragazzine a Roma, solo che le figlie erano più grandi, il che rendeva la situazione ancor più . invitante. Alle ragazze venne dato un letto matrimoniale e, più tardi, mentre stavano ancora parlando del viaggio e dell'incontro col padre, questi entrò in camera per augurare loro la buonanotte. Si allungò di fianco alle figlie e le baciò, ed esse ricambiarono i baci.
Ma, mentre le baciava, fece scivolare le mani lungo i loro corpi, che poteva sentire attraverso le camicie da notte. Le carezze piacquero alle fanciulle: "Come siete belle, tutte e due," disse il Barone. "Sono proprio fiero di voi. Non posso lasciarvi dormire da sole. E' da tanto che non vi vedo!" Tenendosele paternamente accanto, con le due teste sulle sue spalle, accarezzandole protettivo, le lasciò addormentare al suo fianco. I loro corpi giovani, con i piccoli seni appena formati, lo turbarono al punto che non riuscì a dormire. Coccolò l'una e poi l'altra, con movimenti felini, in modo da non disturbarle, ma dopo un po' il suo desiderio si fece così violento che svegliò una delle figlie e approfittò di lei. Anche l'altra non gli sfuggì. Le due ragazze cercarono di resistergli e piansero un po', ma ne avevano viste tante quando vivevano con la madre, che non si ribellarono. Ma questo non doveva essere un semplice caso di incesto, perché la furia sessuale del Barone non faceva che aumentare ed era diventata un'ossessione.
Soddisfare il suo desiderio non lo liberava né lo calmava. Era come uno stimolante. Dopo le figlie, andava dalla moglie e prendeva anche lei.
Temendo che le figlie lo abbandonassero, o che scappassero di casa, le spiava e le teneva praticamente prigioniere. La moglie lo scoprì e gli fece delle scenatacce. Ma il Barone ormai era come pazzo. Non si curava più dei suoi vestiti, della sua eleganza, delle sue avventure, della sua fortuna. Restava a casa e pensava solo al momento in cui avrebbe preso le figlie insieme. Aveva insegnato loro tutte le carezze possibili e immaginabili. Avevano imparato a baciarsi tra di loro in sua presenza finché lui era abbastanza eccitato da possederle. Ma la sua ossessione e i suoi eccessi cominciarono a divenire insopportabili. La moglie lo abbandonò. Una notte, dopo aver lasciato le figlie, si aggirava nell'appartamento, ancora preda del desiderio, e di febbrili fantasie erotiche. Aveva sfinito le figlie che ora stavano dormendo, ma il desiderio lo tormentava di nuovo. Ne era accecato. Aprì la porta della stanza del figlio. Il ragazzo dormiva tranquillo, sdraiato sul dorso, con la bocca leggermente aperta. Il Barone lo guardò affascinato. Il pene duro continuava a tormentarlo. Andò a prendere uno sgabello e lo mise vicino al letto, vi si inginocchiò e mise il pene in bocca al figlio. Il ragazzo si svegliò mezzo soffocato e reagì picchiando il padre. Anche le ragazze si svegliarono. La ribellione contro la follia del padre montò, e tutti abbandonarono l'ormai non più giovane e frenetico Barone.