VII

Seguirono minuti di gran confusione mentre Chanthawar organizzava la caccia e impartiva ordini a proposito. Alla fine si rivolse a Langley. – Farò mettere a soqquadro questa baracca, naturalmente, ma non pensi che i rapitori siano ancora qui. I robots non sono condizionati in modo da osservare chi va e viene, non importa in quali condizioni, quindi non potremo avere informazioni, né mi aspetto di rintracciare l'impiegato che ha aiutato i rapitori nel loro lavoro. Però, ho messo l'organizzazione in allarme e sarà fatta un'inchiesta. Le indagini inizieranno entro mezz'ora e la dimora di Brannoch è già sotto controllo.

– Brannoch? – esclamò Langley, come confuso.

– Ma certo! Chi altri, se no? Non avrei mai creduto che disponesse di un'organizzazione tanto efficiente sulla Terra. Certo non porteranno i suoi amici direttamente a casa sua. Devono avere un nascondiglio in qualche luogo nei livelli bassi. È difficile trovarlo, fra quindici milioni di comuni.

Un poliziotto giunse di corsa, recando una piccola scatola metallica che Chanthawar afferrò. – Toglietevi quelle maschere. Questo è un rintracciatore olfattivo elettronico. Cercheremo di seguire le tracce di tutte le maschere artificiali. Odori ben distinti, sappiatelo. Non credo che i rapitori si siano tolte le maschere nella casa dei sogni e forse qualcuno avrà potuto osservarli quando sono usciti. Venga con noi. Potrebbe esserci utile.

Un gruppo d'uomini vestiti di nero, armati e silenziosi li circondò.

Chanthawar si diresse all'uscita principale e in lui si poteva scorgere un qualche cosa del segugio lanciato sulle orme della preda; l'esteta, l'edonista, il filosofo casuale soccombeva ad altri istinti in quella caccia all'uomo. Una luce si accese sulla macchina. – Una traccia! Benissimo! – mormorò. – Purché non svanisca troppo in fretta. Maledizione, perché devono ventilare così bene i livelli bassi? – E Chanthawar si mise a un trotto discreto, seguito da tutti i suoi uomini. La folla si fendeva per lasciarli passare.

Langley era troppo sconvolto per pensare. Tutto accadeva troppo in fretta perché potesse comprendere e le droghe della casa dei sogni lo tenevano ancora sotto la loro influenza rendendo irreale ai suoi occhi quanto lo circondava.

Scesero un declivio e intanto Chanthawar controllava tutte le uscite con la sua scatola. Il rombo delle macchine era più forte, quasi frenetico.

Langley scosse la testa come per liberarsela dal peso che l'opprimeva, come per padroneggiarsi. Era come un sogno; lo portavano come se fosse stato privo di volontà in mezzo a neri fantasmi.

Doveva andarsene, dovevano lasciarlo in pace perché potesse pensare da solo. Era un pensiero ossessivo ormai che cancellava ogni, altra idea dalla sua mente. Era in un incubo e voleva destarsi. Si sentiva madido di sudore, anelante.

La luce lampeggiò debolmente. – Da questa parte – gridò Chanthanwar, uscendo da un portone. – La traccia si affievolisce, ma forse...

Le guardie lo seguirono di corsa; Langley rimase indietro lasciandosi distanziare sino a quando imboccò la scala che scendeva al livello inferiore.

Era una brutta sezione, scarsamente illuminata e maleodorante. Le strade erano quasi deserte, le pareti forate da usci chiusi, rifiuti e immondizie ovunque. Il frastuono delle macchine riempiva l'aria. Camminò in fretta, svoltando più volte e cercando di nascondersi.

La mente gli si snebbiava lentamente. Un vecchio vestito di cenci sporchi, seduto a gambe incrociate nel vano di un uscio, lo fissava con gli occhi cisposi. Una donna sporca scivolò accanto a lui sorridendogli con una bocca ornata di denti guasti, poi se ne andò vedendo che non le badava. Un uomo giovane e forte, indolentemente appoggiato alla parete, non lo perse di vista un istante. Quelli erano i bassifondi, la più vecchia sezione, povera e negletta, l'ultimo rifugio di tutti i falliti. Là fuggivano tutti coloro che la vita superba dei livelli alti aveva annientato, là finivano tutte le vite che erano senza importanza per il Technon.

Langley si fermò. Una mano furtiva emerse da un vano e si protese verso la borsa che teneva alla cintura. Langley colpì poi udì i piedi nudi del fanciullo fuggire in un vicolo.

Ho fatto una bestialità, pensò Langley. Potrebbero farmi la pelle per un quattrino, quaggiù. Meglio trovare un poliziotto e farmi accompagnare fuori di qui, subito.

S'incamminò a caso. Un mendicante senza gambe gli chiese l'elemosina, ma Langley non osò tirar fuori la borsa per non far vedere il denaro che conteneva. Era possibile farsi ricrescere le gambe, ma era un processo costoso. Due straccioni lo seguivano in distanza. Ma dove diavolo era un poliziotto? Possibile che nessuno si curasse di sapere cosa succedeva laggiù?

Un essere strano, munito di quattro gambe e con due braccia che gli sporgevano dal torace, apparve svoltando un angolo. Langley lo interrogò.

– Da dove si sale? Mi sono smarrito. Dov'è l'elevatore più vicino?

L'essere lo guardò con sguardo atono e continuò per la sua strada. Etie Town, la sezione riservata ai visitatori di altre razze, doveva essere nei paraggi. Là sarebbe stato più al sicuro, ma molti dei compartimenti dovevano essere chiusi. Langley prese per la strada dalla quale era venuto lo strano individuo che aveva interrogato. I due che lo seguivano si affrettavano ora, riducendo la distanza.

Da un uscio aperto veniva rumor di musica cacofonica. C'era un bar affollato, ma non era il genere di locale dove avrebbe potuto rivolgersi per aiuto. Con lo svaporare degli effetti delle droghe, Langley comprese di trovarsi in una brutta situazione.

Due uomini emersero da un passaggio. Erano robusti, troppo ben vestiti per essere due comuni. Uno di essi s'inchinò.

– Posso esserle d'aiuto, signore?

Langley si fermò, sentendosi bagnato di sudor freddo. – Sì – rispose immediatamente.

– Sì, grazie. Come posso fare per uscire da questa sezione?

– Straniero, signore? – I due uomini si unirono a lui, uno da ciascun lato.

– Le faremo da guida. Da questa parte.

– Troppo gentili! Cosa state facendo quaggiù? – chiese Langley.

– Curiosiamo in giro, signore.

Il loro linguaggio era troppo forbito, troppo cortese. Questi non sono comuni più di quanto lo sia io! Pensò Langley. Non importa. Poi, ad alta voce: – Non... non voglio importunarvi. Basterà che mi indichiate l'uscita.

– Oh no, signore! Sarebbe pericoloso. Non è un buon quartiere questo per venirci soli.

Una mano pesante gli cadde sulla spalla.

– No! – Langley si fermò di botto.

– Dobbiamo insistere, temo. – Uno spintone esperto e Langley venne quasi rovesciato. – Si troverà benissimo, non tema signore. Solo si rilassi; non c'è pericolo.

La figura imponente di uno schiavo poliziotto apparve in quell'istante. – Lasciatemi andare! – urlò Langley. – Lasciatemi andare, oppure...

Una mano gli scivolò lungo il collo, con discrezione; tuttavia la stretta lo fece contorcere per il dolore. Quando si riprese, il poliziotto era scomparso. Docilmente, seguì i due in un elevatore. Mi hanno seguito, pensò. Non so a quale limite abissale possa giungere la stupidità di un individuo, ma questa notte ho fatto del mio meglio per trovare il fondo.

Tre uomini parvero materializzarsi dal nulla. Erano vestiti in abiti grigi della società commerciale. – Ah, dunque l'avete trovato! Grazie a voi – esclamò uno dei tre.

– Questo cos'è? – volle sapere uno dei due compagni di Langley. – Chi siete? Cosa volete?

– Desideriamo vedere il nostro buon capitano a casa sua – rispose uno dei tre, sorridendo, mentre una pistola scaturiva nelle sue mani all'improvviso.

– Ciò è illegale... Quell'arma...

– È possibile. Tuttavia, vi assicuriamo che sarete proprio morti fra poco, se non... Sì, questo è meglio. Si degni di seguirci, capitano, la prego.

Langley entrò nell'elevatore dietro i suoi nuovi custodi. Gli sconosciuti non fiatavano, ma pareva conoscessero ogni angolo di quella zona. Il loro progresso verso l'alto era rapido. Langley cercò di rilassarsi.

Ora si trovava ancora nella parte superiore della città, con le sue torri, le luci che scintillavano come diamanti nella notte. L'aria era tiepida e pura.

Langley respirò a pieni polmoni. Una torre massiccia, ottagonale si ergeva presso l'uscita dall'elevatore; la sua forma era diversa da quella degli edifici, sobri e monotoni, creati dal Technon. Una luce intensa ne illuminava la sommità, venendo da un'insegna a caratteri enormi che diceva: COMPAGNIA COMMERCIALE. Saliti su una strada mobile, i quattro vennero condotti ad un ingresso a mezza altezza della torre.

Mentre scendevano dal nastro mobile, un aereo si abbassò su di loro senza il minimo rumore. Una voce, amplificata, venne dalla macchina: – Fermi dove siete. Polizia.

La polizia! Langley si sentì piegare le ginocchia. Avrebbe dovuto saperlo che Canthawar non avrebbe mancato di far sorvegliare quel luogo. Doveva aver dato l'allarme quando lui era scomparso. L'organizzazione era efficiente ed era salvo, ora.

I tre mercanti rimasero immobili, le facce che parevano intagliate nel legno. Un uscio si dilatò e un altro uomo uscì dall'edificio mentre dall'aereo scendevano cinque schiavi vestiti di nero e un ufficiale di polizia. L'uomo uscito dalla torre era Goltam Valti che rimase in attesa con gli altri, fregandosi le mani.

L'ufficiale s'inchinò leggermente. – Buona sera, signore. Sono lieto di vedere che avete ritrovato il capitano. Meritate un elogio.

– Grazie a lei, signore – s'inchinò Goltam Valti. – È stato molto cortese accorrere qui, da parte vostra. Ma la vostra assistenza non è richiesta.

– Vi libereremo dal fastidio di condurre a casa il capitano – rispose il poliziotto.

– Oh, signore! Certo mi consentirete di offrire la mia povera ospitalità a questo sfortunato straniero. È una regola severa della società: un ospite non deve mai andarsene se non è stato prima trattato convenientemente.

– Spiacente, signore, ma in questo caso il capitano deve far a meno della vostra ospitalità. – Nella luce incerta, la voce dell'ufficiale suonava decisa.

– Più tardi, forse . Ma ora il capitano deve seguirci. Ho ricevuto degli ordini.

Valti s'inchinò. – La comprendo, signore, e il cuore mi sanguina all'idea di venire in conflitto con l'eccellenza sua, ma povero, inerme e vecchio verme come sono, devo tuttavia rammentarle, mio signore, e ciò contro ogni mio desiderio, e solo per continuare nelle amichevoli relazioni che intercorrono fra noi, che lei con i suoi uomini è al di fuori della sua giurisdizione. Secondo il trattato segnato a suo tempo sulla luna, la mia società ha diritti extraterritoriali. Onorevole signore, la prego di non insistere per non costringermi a chiedere i passaporti.

L'ufficiale si irrigidì. – Le ho detto che ho degli ordini – rispose.

Il fisico corpulento del commerciante si stagliò enorme contro il cielo buio. La voce rimase calma. – Signore, lei mi commuove, ma sia tanto gentile da rammentare che questo edificio è fortificato ed armato. Una dozzina di pezzi da fuoco sono puntati su di voi e io devo far rispettare le leggi. Il capitano verrà a ristorarsi con me; dopo, sarà rimandato al suo alloggio, ma ora è poco gentile tenerlo qui nell'umidità della sera. Buona notte, signore. – E Valti prese Langley per un braccio e lo condusse verso l'ingresso. Gli altri tre uomini li seguirono all'interno e la porta si richiuse alle loro spalle.

– Penso – esclamò lo spaziale – che quello che voglio io sia di poca importanza.

– Non speravo di poter conferire con lei tanto presto, capitano – rispose Valti. – Né, io credo, le rincrescerà di scambiare quattro chiacchiere con me mentre berremo una coppa di buon vino corretto. Si guasta un poco nel trasporto e il suo fine palato lo noterà certo, ma anche così ha molti punti di superiorità.

Intanto avevano attraversato una vasta sala ed ora un uscio si apriva dinanzi a loro. – Il mio studio, capitano – avvertì Valti, inchinandosi. – Entri, la prego.

Era una sala vasta, dal soffitto basso, illuminata da una luce discreta.

Scaffali in gran numero erano alle pareti. Le poltrone erano di modello antico, ma confortevoli e la scrivania era grande, ricoperta di carte. Odor di tabacco forte regnava nella stanza.

Una creatura delle dimensioni di una scimmia, col muso provvisto di un naso ad uncino e due occhi straordinariamente luminosi entrò nella stanza, recando un vassoio. Langley sedette e accettò una coppa di vino caldo con le spezie e un piatto con alcune focacce. Valti bevve senza risparmio. – Ah!

Fa proprio bene a queste vecchie ossa reumatizzate. Temo che la medicina non riuscirà mai a curare efficacemente il corpo umano che sa trovare le vie migliori per rovinarsi. Ma un buon vino; un buon vino, signore e una bella fanciulla con le dolci colline del mio mondo, sono la medicina migliore che sia mai stata scoperta. Sigari? Thakt, servi il signore.

L'essere scimmiesco si arrampicò grottescamente sulla scrivania e porse una scatola. I due uomini presero un sigaro ciascuno e Langley lo trovò ottimo.

– Ebbene...

Dopo le ultime due ore, Langley si sentiva esausto. Era tanto stanco che non sentiva nemmeno più la forza di reagire. – Ebbene, signor Valti, per cosa è stato fatto tanto baccano?

Il commerciante si sdraiò sulla poltrona ed espirò il fumo azzurrognolo.

– Gli eventi stanno incominciando a muovere con rapidità importuna – rispose con tutta calma. – Sono lieto di questa occasione che mi consente di intrattenermi con lei.

– Quei poliziotti sembravano ansiosi proprio per questo.

– Certo – rispose Valti con un lampo negli occhi porcini. – Ma occorrerà loro qualche tempo prima di far funzionare quel groviglio che chiamano cervello e decidere di attaccarmi. Per quel tempo, lei sarà di ritorno perché io non la tratterrò a lungo. Il nostro buon Chanthawar certo non sopporterebbe questo affronto, ma per fortuna, ora, è impegnato altrove.

– Sì. Sta ricercando i miei amici – rispose Langley, sentendosi nuovamente triste al ricordo. – Sapeva lei che erano stati rapiti?

– Sì. Ho i miei uomini in seno alle forze solari e so, più o meno, tutto quanto è accaduto questa notte.

– Dove sono? Come stanno? Un'espressione impenetrabile velò i lineamenti di Valti.

– Sono molto in pensiero per loro, capitano. Probabilmente, sono nelle mani di Lord Brannoch. Potrebbero anche venir rilasciati, non so... – Valti sospirò. – Non ho spie nella sua organizzazione, né lui ne ha nella mia...

spero.

– È certo che Brannoch...

– Chi altri? Chanthawar non aveva alcuna necessità di inscenare questo rapimento; poteva farvi arrestare in ogni momento e nessuna delle altre potenze straniere hanno interesse a questa faccenda. Si sa che Brannoch è il capo dei servizi di spionaggio centauriani su questo sistema, anche se sino ad ora ha potuto tenersi apparentemente al di fuori di tutto e nessuno potrebbe accusarlo per espellerlo. No, le sole potenze che contino su questa parte della galassia, sono il sistema centauriano, quello solare e la società commerciale.

– E perché avrebbe dovuto catturarli, Brannoch? – chiese Langley, lentamente.

– Non è ovvio? Lo straniero, Saris Hronna, credo sia il suo nome. I suoi amici potrebbero sapere dove trovarlo. Lei non comprende che razza di febbre abbia suscitato in noi. Lei è stato seguito ogni minuto dagli agenti delle tre potenze. Anch'io ho accarezzato l'idea di farla rapire, ma la nostra società è troppo pacifica, e rifugge da queste cose. Ma appena seppi cos'era successo, mandai cento agenti con l'ordine di rintracciarla.

– Già. Mi hanno sottratto ad altri due individui. Centauriani, credo.

– Naturale. Non credo però che Brannoch assalirà questa fortezza, specie fino a quando spererà di ottenere le informazioni che desidera dai suoi amici. Crede che parleranno?

– Dipende – rispose Langley, guardando dubbioso il suo interlocutore e aspirando profondamente dal sigaro. – Io non credo, comunque. Non sono mai stati molto intimi con Saris. Io lo ero; eravamo soliti conversale per ore, ma nemmeno io posso vantarmi di conoscerlo a fondo.

– Ah, bene! – Valti sorbì rumorosamente un sorso di vino, sempre impassibile. – Sa perché è tanto importante?

– Lo credo. Dal punto di vista militare, le sue facoltà di controllare le macchine elettroniche sarebbero di importanza incredibile. Tuttavia, sono sorpreso di vedere che non abbiate sviluppato una macchina che possa ottenere gli stessi effetti.

– La scienza è morta molto tempo fa. Io che ho visto mondi ancora in pieno progresso, anche se ben lontani dall'aver raggiunto il nostro livello tecnico, conosco la differenza che esiste fra una scienza morta e una vivente. Lo spirito d'indagine venne meno molto tempo addietro.

Valti tacque, fissando Langley di sotto le ciglia abbassate. – Certo ci sono molte risorse per far parlare un uomo. Non la tortura; niente di tanto crudele. Ma le droghe sciolgono la lingua Chanthawar ha esitato ad usarle con voi. Dopotutto, se non sapete dove si trova Saris, il procedimento potrebbe causare un blocco della vostra memoria impedendovi di pensare ulteriormente al problema. Ora, però, potrebbe essere alla disperazione e deciso anche a questo. Lo farebbe immediatamente se immaginasse che sapete, o avete appreso qualcosa. Sapete nulla?

– Perché dovrei dirlo a lei?

Valti si mostrò paziente. – Perché la sola società può dare fiducia, anche se venisse in possesso di un'arma potentissima.

– Una sola parte è degna di fiducia – rispose Langley, brusco. – È un ritornello che ho udito molte volte ancora.

– Pensi – continuò Valti con voce spassionata. – Quella solare è una civiltà ormai pietrificata, solo interessata nel mantenimento dello status quo. I centauriani appaiono ancora in piena espansione, ma in realtà hanno raggiunto un punto morto, mentalmente. Se vincessero, sarebbe un'orgia di distruzione e di sangue alla quale seguirebbe la ricostruzione basata sui canoni soliti e tutto si ridurrebbe ad un cambiamento di padrone. Se uno dei due sistemi sospetterà che l'altro ha catturato Saris, attaccherà immediatamente, iniziando la guerra più spaventosa di tutta la storia che ha già annoverato guerre tanto distruttive che lei nemmeno può immaginare. I piccoli stati non sono migliori, e se fossero in grado di fare come i grandi, se ne avessero i mezzi, insomma lo farebbero senza esitare.

– Va bene – rispose Langley. – Forse lei ha ragione. Ma quali meriti ha la sua preziosa società? Chi dice che siete una razza di... – Poi si interruppe, comprendendo che nella nuova lingua mancavano le parole per rendere l'idea di demoni e di angeli. Alla fine terminò: – Perché meriterebbe qualche cosa più degli altri?

– Non abbiamo alcun interesse ad imperialismi di sorta. Ci contentiamo di commerciare fra le stelle...

– Probabilmente, scorticando tutti quelli coi quali venite a contatto.

– Be'! Un mercante onesto deve pur vivere. Ma non abbiamo alcun pianeta, né ci teniamo ad averne. Nostra patria è lo spazio e non uccidiamo, se non siamo costretti a difenderci. Quando possiamo, evitiamo di combattere, ritirandoci semplicemente. C'è tanto posto nell'universo, e una rapida fuga ci permette di perdere un nemico consentendoci di sopravvivergli. Siamo un popolo a sé, con la nostra storia, le nostre leggi, le nostre tradizioni... La sola potenza umana e veramente neutrale di tutta la galassia.

– Ma dica tutto – rispose Langley. – Per ora non ho che la sua parola.

Avrete certo un governo centrale, qualcuno che prenda decisioni, che coordini le vostre azioni. Chi sono? Dove sono?

– Sarò del tutto sincero, capitano. Non lo so.

– Eh?

– Nessuno lo sa. Ogni nave è in grado di svolgere il proprio traffico senza interferenze. Forniamo i nostri dati agli uffici planetari, paghiamo le nostre tasse. Dove finisca il denaro e le nostre informazioni, non so, né lo sanno gli impiegati a terra. Vi è una catena di comunicazioni, una società a struttura cellulare che sarebbe impossibile rintracciare sino alla sommità attraverso decine di anni-luce di spazio. Io rivesto una carica importante, essendo a capo degli uffici solari in questo momento e sono in grado di prendere decisioni importanti. Tuttavia ricevo ordini speciali, ogni tanto, attraverso un circuito sigillato. Uno dei nostri capi almeno, deve trovarsi qui sulla Terra, ma chi sia, dove sia, non lo so davvero.

– E come può questo... governo indurvi ad obbedire?

– Obbediamo. La disciplina sulle navi è potente, anche per chi, come me, è nato su un pianeta anziché nello spazio. I riti, i giuramenti, le condizioni, se più le piace... Non conosco di un solo caso in cui un ordine sia stato deliberatamente trasgredito. Tuttavia siamo un popolo libero. Non c'è schiavitù, né aristocrazia fra noi.

– Eccezion fatta dei vostri capi – ribatté Langley. – Come potete sapere che ciò che fanno è nel vostro interesse?

– Non deve vedere niente di sinistro nel nostro sistema di sicurezza, capitano. Se i nostri capi fossero conosciuti, sarebbero troppo esposti alle minacce dei nostri nemici. Stando così le cose, le promozioni comportano la scomparsa dell'individuo promosso, forse un mutamento dei connotati per via chirurgica. Io accetterei volentieri l'offerta, se mi venisse fatta.

– Sotto i nostri capi, come li chiama lei, la società ha prosperato in questi mille anni, ed ora è una forza con cui bisogna fare i conti. Ha visto in che modo ho messo a posto quell'ufficiale della polizia?

Valti sospirò e venne al punto che più premeva a tutti e due. – Sino a questo momento non ho ancora ricevuto ordini diretti riguardanti Saris. Se mi avessero detto di tenerla prigioniero, sia pur certo che lei non uscirebbe di qui. Ma oggi come oggi, ho ancora ampia libertà di movimento.

La mia offerta è la seguente: Vi sono diversi mezzi spaziali celati qua e là sulla Terra e lei può andarsene sempre, quando lo desidera, via dalla Terra, a vivere su un pianeta dove nessuno verrà a trovarla, sepolto nello spazio tanto lontano che nessuno si sognerebbe di venire sin là, anche se sapesse dove si è rifugiato. Se lei mi aiuterà a rintracciare Saris, io vi porterò lontano tutti e due e farò del mio meglio per liberare i suoi due amici. Studieremo Saris, ma non gli faremo alcun male e, se lo vorrà, potrà tornare, a suo tempo, sul suo pianeta. Lei potrà entrare nella nostra società, o potrà stabilirsi su qualche pianeta colonizzato dalla razza umana, al di fuori dei sistemi solare e centauriano. Vi sono molti pianeti veramente piacevoli e dalle culture quanto mai varie, luoghi in cui le sembrerà di essere sul suo mondo, come a casa sua era abituato a sentirsi, prima che ne partisse. Il premio in denaro che le daremmo le permetterebbe un ottimo inizio.

Non credo che la Terra com'è oggi le sia gradita, capitano. Non credo nemmeno che le sorrida l'idea di esser causa di una guerra in queste condizioni. Credo proprio che la sua scelta migliore sia quella di accettare la mia offerta.

Langley fissò lo sguardo a terra. Si sentiva sopraffatto e avrebbe voluto solo tornare nel suo tempo, nella sua casa, con Peggy accanto, e dimenticare tutto.

– Non so – mormorò. – Come posso sapere che lei non abbia mentito? – Poi, quasi spinto dall'istinto di conservazione: – E se vuol saperlo non so nemmeno dove si trovi Saris. Dubito che mi sarebbe possibile rintracciarlo, anche se lo volessi.

Valti si limitò a fissarlo scetticamente, ma tacque.

– Mi occorre tempo per riflettere – si scusò Langley. – Lasci che ci dorma sopra.

– Se lo desidera! – Valti si alzò e si mise a frugare in un cassetto. – Ma ricordi: Brannoch o Chanthawar le toglieranno ben presto ogni possibilità di scelta. La sua decisione, se intende essere libero di decidere, dev'essere immediata.

Presa una scatola dal cassetto, Valti gliela mostrò. – Questo è un comunicatore la cui frequenza varia continuamente, a casaccio e può essere ascoltato solo da uno strumento sintonizzato come questo. Se vorrà comunicare con me, prema questo pulsante e mi chiami. Non occorre tenerlo vicino alla bocca. Potrebbe anche consentirle di venir liberato nel caso venisse preso prigioniero da uomini armati, ma sia discreto nell'usarlo. Qui... Lo tenga attaccato alla pelle, sotto le vesti. Rimane aderente da solo ed è trasparente agli ordinari raggi-spia.

Langley si alzò. – Grazie. È gentile da parte sua lasciarmi andare. – Poi fra sé: Oppure è solo un trucco per confondermi?

– È nulla, capitano.

Valti s'incamminò verso lo spiazzo sul quale, proprio allora, atterrava un mezzo armato della polizia. – Credo che attendano per riportarla a casa.

Buonanotte, capitano.

– Buonanotte – rispose Langley.