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– Ormai la gente parla – disse Fenchurch quella sera, dopo che ebbero tirato su il violoncello.

– Non solo parla – disse Arthur – ma stampa anche, in grandi caratteri pimpanti sotto l’elenco dei premi per chi ha vinto il bingo. Ed è per quello che ho ritenuto opportune prendere questi.

– Le mostrò due biglietti aerei lunghi e stretti.

– Arthur! – esclamò lei, abbracciandolo. – Significa forse che sei riuscito a parlargli?

– Ho avuto una giornata di telefonate veramente sfiancante – disse lui. – Ho parlato con quasi tutte le redazioni di quasi tutti i giornali di Londra, e alla fine sono riuscito ad avere il suo numero di telefono.

– È evidente che ti sei dato molto da fare, povero caro. Sei fradicio di sudore.

– Non è sudore – disse stancamente Arthur. – È appena stato qui un fotografo. Io ho cercato di oppormi, ma… Be’, non importa.

L’essenziale è che mi sono effettivamente messo in contatto.

– Gli hai parlato?

– Ho parlato con sua moglie. Mi ha detto che in quel momento lui era di umore troppo strano per venire al telefono, e di provare a richiamare.

Si lasciò cadere pesantemente su una sedia, poi capì che gli mancava qualcosa e andò al frigorifero per prenderla.

– Vuoi niente da bere?

– Commetterei un omicidio pur di mandar giù qualcosa di liquido. Ho sempre la certezza che mi aspettano penose fatiche quando il mio professore di violoncello mi squadra per bene e dice: «Ah sì, mia cara, credo che oggi suoneremo un po’ di Ciaikovskij».

– Ho telefonato di nuovo – disse Arthur – e lei mi ha detto che suo marito si trovava a 3,2 anni luce dal telefono, e che dovevo richiamare.

– Ah.

– Ho richiamato. Ha detto che la situazione era migliorata. Suo marito si trovava adesso a soli 2,6 anni luce dal telefono, però la distanza era ancora troppo grande perché lei potesse raggiungerlo con la voce.

– Ma… non sarebbe forse il caso di parlare anche con qualcun altro? – disse Fenchurch, dubbiosa.

– Ho tentato, ma è andata ancora peggio – disse Arthur. – Ho parlato con un redattore di una rivista scientifica che conosce personalmente John Watson, e questo redattore ha detto che Watson non solo crede che le più stupide teorie che vanno per la maggiore ora un mese, ora l’altro, siano vere, ma sostiene anche di avere prove inconfutabili che le suffragano, prove fornitegli per lo più da angeli con la barba dorata, le ali verdi e gli zoccoli del dottor Scholl ai piedi.

Alle persone che dubitano che le sue visioni siano reali mostra trionfalmente gli zoccoli in questione. E più in là di lì non si va.

– Non pensavo che la situazione fosse così brutta – mormorò Fenchurch, rigirandosi svogliatamente tra le dita i biglietti.

– Ho richiamato la signora Watson – disse Arthur. – A proposito, si chiama, forse ti interesserà saperlo, Arcana Jill.

– Capisco.

– Sono lieto che tu capisca. Temevo che non avresti credulo a nessuna delle cose che ti ho appena detto, così quando ho chiamato per la quarta volta ho registrato la conversazione con la segreteria telefonica.

Si avvicinò alla segreteria telefonica e per un po’ armeggiò furiosamente con i tasti, perché la segreteria era quella consigliata caldamente dalla rivista Which? , ossia quella che è pressoché impossibile usare senza diventar matti.

– Ecco qui – disse alla fine, asciugandosi il sudore dalla fronte.

La voce era sottile e disturbata da crepitii per via del viaggio fino a un satellite geostazionario e ritorno, ma era anche deliziosamente calma.

– Sarà meglio che spieghi – disse la voce di Arcana Jill Watson – che il telefono in realtà si trova in una stanza in cui lui non entra mai.

Si trova nel Manicomio, capite. A Wonko l’Equilibrato non piace entrare nel Manicomio e così non ci entra. Credo sia meglio che lo sappiate perché forse questo vi risparmierà di telefonare. Se volete vedere mio marito, non c’è problema. Basta che entriate nell’esterno del Manicomio. Lui è disposto a parlare con la gente solo all’esterno del Manicomio.

La voce di Arthur, alquanto perplessa, disse: – Scusate, ma non capisco. Dov’è il Manicomio?

Dov’è il Manicomio? – disse Arcana Jill Watson. – Non avete mai letto le istruzioni su un pacchetto di stuzzicadenti?

La voce di Arthur, sul nastro, dovette ammettere che non le aveva mai lette.

– Sara meglio che lo facciate. Forse così vi chiarirete un po’ le idee. Forse così imparerete dov’è il Manicomio. Grazie.

La conversazione registrata si interruppe, e Arthur spense l’apparecchio.

– Be’, immagino che possiamo considerarlo un invito – disse, scrollando le spalle. – In ogni caso sono riuscito a ottenere l’indirizzo dal redattore della rivista scientifica.

Corrugando la fronte con aria pensierosa, Fenchurch alzò gli occhi a guardarlo, poi tornò a guardare i biglietti.

– Credi che ne valga la pena? – disse.

– Be’ – disse Arthur – tutti quelli con cui ho parlato, oltre a riconoscere all’unanimità che John Watson è pazzo furioso, hanno ammesso una cosa: che in effetti sa sui delfini più di chiunque altro al mondo.