RIMASI IMMOBILE
UN MOMENTO DI TROPPO

PASSI PESANTI RISUONARONO ALLE MIE SPALLE. Balzai in avanti per fuggire, ma ormai era troppo tardi. Il calpestio si avvicinò. Una presa ferrea mi serrò il polso. Cominciai a urlare, ma una mano d’acciaio mi tappò la bocca. Una voce profonda, molto vicina al mio orecchio, ringhiò: «Se provi a muoverti o a gridare ti ammazzo».

Per il terrore mi si gelò il sangue nelle vene. Rimasi con gli occhi sgranati, fissando l’oscurità. Non ero capace di muovermi, riuscivo a malapena a respirare. Mentre me ne stavo lì ad ansimare, la presa attorno al mio polso si allentò e mi sentii avvinghiare le braccia e i fianchi. La mia schiena premeva contro un petto così solido che avrei potuto scambiarlo per un muro di pietra. La mano si spostò dalla mia bocca, ma all’improvviso, prima che le mie labbra tremanti potessero emettere alcun suono, nella tenue luce notturna notai un bagliore d’acciaio. Lunga, affusolata come un frammento di ghiaccio. Era la lama di un coltello.