Jonathan

Un pomeriggio d’aprile, alcuni mesi prima che Erich morisse, io e Bobby lo portammo a un laghetto che conoscevamo, nel folto dei boschi. Dovemmo percorrere in macchina quindici chilometri per arrivare a quel cerchio di scintillante acqua nero notte circondato da pini. In quella stagione, era tutto a nostra disposizione. “La prima nuotata dell’anno,” disse Bobby scendendo dall’auto. “Per noi è una tradizione.”

“Bello,” disse Erich. Era diventato fragile. Gli facevano male le gambe e aveva difficoltà a camminare – la malattia si diffondeva in lui più in fretta che nella maggior parte dei casi. Durante l’inverno la sua faccia era cambiata. Gli occhi sembravano leggermente più grandi, le mascelle più quadrate. Credo che cominciasse a emergere la forma del suo cranio.

“Non siamo più usciti dalla scorsa estate,” dissi. Bobby e io aiutammo Erich a percorrere il breve sentiero che conduceva attraverso un pendio a quella mezzaluna di terra e di aghi di pino che fungeva da spiaggia. Il lago era innaturalmente fermo – era troppo presto per le api o le libellule o i riflessi delle foglie. Meno di un mese prima frammenti di neve perduravano ancora luminosi nell’ombra. Adesso i tronchi degli alberi erano umidi e vivi come pelli d’animali e il sole era tiepido ma di una bianchezza invernale, ancora restio a darsi quei colori più intensi che avrebbe assunto in maggio. Il laghetto rifletteva un’unica nuvola a forma di sigaro che si stendeva dall’una all’altra riva. Restammo in piedi sulla stretta spiaggia e Bobby fece rimbalzare una pietra sulla superficie dell’acqua, liscia e calma come ardesia.

“D’estate venite qua a nuotare?”

“Mm-hm. C’è una gran folla allora, è la Coney Island locale. Un vero spettacolo. Bambini, cani e ottantenni che nuotano nudi.”

Erich annuì solennemente. Mi dispiaceva di aver accennato a una stagione futura, che lui forse non avrebbe visto. Dovevo ancora abituarmi a quelle particolari regole di cortesia che si applicano ai malati. Era come ospitare un parente povero, quando i tuoi affari vanno ancora a gonfie vele. Solo attraverso quella dimessa presenza ti rendi conto di quanto si sia stretto il rapporto fra la tua ricchezza e tutto quello che fai e dici.

“Allora adesso andiamo in acqua?” domandò.

“È gelata,” disse Bobby.

“Tu hai detto che era la prima nuotata della stagione. Che era una tradizione.”

“Per modo di dire,” gli dissi. “Siamo qui solo per presentare i nostri omaggi. Ci vuole ancora almeno un mese perché si scaldi.”

Sebbene avessi dato per scontato che Erich fosse venuto solo per cortesia, compresi quanto in realtà desiderasse fare una nuotata. Non poteva fidarsi delle stagioni – quando l’acqua sarebbe stata più calda, lui forse non sarebbe stato più in grado di camminare. E anche se ce l’avesse fatta, era troppo inibito per mostrare il proprio corpo sciupato alle folle di estranei che avrebbero cominciato ad affluire al lago una volta iniziata la stagione dei bagni.

“Lo vuoi veramente?” gli chiesi.

“Sì,” rispose, in un tono d’insistenza puerile.

“Sarebbe la giornata ideale per beccarsi la polmonite,” disse Bobby.

“Facciamola,” dissi. “Vieni, l’acqua va bene. Non c’è più stato ghiaccio almeno da tre settimane.”

“Tu sei pazzo,” disse Bobby.

“È un dato di fatto. Su, Erich. Andiamo.”

“Non potete. È troppo fredda.”

Cominciai a svestirmi, e lo stesso fece Erich. Nel nostro spogliarci non c’era nulla di aggraziato o di elegante – non c’era ombra di sesso. O forse era sepolto in profondità, come avviene fra giocatori di baseball prima di una partita, un amore del proprio fisico così generoso e illimitato da estendersi anche ad altri corpi, semplicemente perché sono presenti e più o meno simili. Mentre Bobby insisteva sulla nostra follia, ci sbarazzammo di giacche e stivali, gettandoli per terra. Ci spogliammo nudi in quella luce bianca e tiepida. Alla fine Bobby si arrese e cominciò anche lui a svestirsi, non volendo essere escluso da uno sbaglio che non aveva potuto impedire.

Mentre lui si toglieva i vestiti di dosso, Erich e io rimanemmo in piedi, nudi, di fronte all’acqua. Eravamo troppo timidi per guardarci direttamente, ma io vidi abbastanza di lui standogli di fianco. Braccia e gambe erano piene di protuberanze alle giunture cosparse di macchioline violacee. Anche petto e addome erano disseminati di chiazze, simili a vecchi tatuaggi ormai assimilati alla pelle. Dovetti fare uno sforzo per vincere la ripugnanza, non solo perché il suo corpo era così cambiato ma perché, era così evidente il suo intrecciarsi con la malattia. In jeans e camicia sembrava malato ma normale, nudo era come la malattia incarnata. Come se la sua umanità fosse stata erosa e sostituita da qualcos’altro.

Allungai un braccio e gli presi una mano, per proteggere entrambi. Facendo questo, mi resi conto di ciò che significava il mio gesto. Provavo pietà per lui, un’anima spaventata e impreparata ad affrontare la propria mortalità quanto lo sarei stato io se la malattia avesse cominciato ad agire su di me adesso, in quel momento. Mi bruciava la faccia.

“Pronto?” dissi.

“Pronto.”

Entrammo in acqua insieme mentre Bobby si stava ancora sfilando i jeans. La prima impressione fu di calore – uno strato di acqua temperata galleggiava alla superficie. Ma quando ci spingemmo oltre l’acqua divenne di un freddo paralizzante.

“Oh,” esclamò Erich, quando gli lambì le caviglie.

“Forse non è stata una gran buona idea, dopo tutto,” dissi. “Voglio dire che potrebbe non farti bene.”

“No. Andiamo ancora un po’ avanti. Io voglio be’, lo voglio e basta.”

“D’accordo.” Gli tenevo ancora la mano. Era la prima volta che mi sentivo in intimità con lui benché ci conoscessimo da anni e avessimo fatto l’amore centinaia di volte. Procedemmo con cautela, a piccoli passi sul fondo sabbioso. Ogni nuovo lembo di pelle che esponevamo all’acqua era una sofferenza. Perfino la sabbia sotto i nostri piedi pareva ghiaccio tritato.

Bobby ci si avvicinò sguazzando. “Pazzi! Pazzi da legare. Erich, ti concedo ancora due minuti e poi ti porto fuori.”

Parlava sul serio. Se necessario, avrebbe sollevato Erich di peso e lo avrebbe portato alla spiaggia. Da quando eravamo ragazzi, si era sempre assunto il compito di salvare gli sconsiderati dall’acqua gelata.

Tuttavia avevamo ancora due minuti, e continuammo ad avanzare. L’acqua era limpida – reticolati di luce tremolavano sui nostri piedi nudi e pesciolini sfrecciavano lontano da noi, visibili solo per le loro ombre che passavano rasente al fondo. Lanciai un’occhiata a Bobby, solenne e determinato come un piroscafo. Era l’immagine inversa di Erich; il tempo lo aveva ingrossato. Il suo ventre era adesso largo e protuberante, e il piccolo medaglione color rame che formavano i peli del suo petto si era oscurato e allargato, ramificandosi sulle spalle e lungo la schiena. Io invece stavo perdendo i capelli – l’attaccatura era salita di almeno quattro dita rispetto a dieci anni prima. Sulla nuca sentivo con le punte delle dita un ruvido cerchio dove crescevano più radi.

“È bello,” disse Erich. “Voglio dire che è una bellissima sensazione.”

Non era una bella sensazione. Era una tortura. Ma pensavo d’aver capito – era una sensazione forte, poiché veniva dal mondo esterno anziché da quello interiore. Stava congedandosi da un certo tipo di sofferenza.

“Ma voi state tremando,” disse Bobby.

“Ancora un minuto. Poi usciremo.”

“D’accordo. Un minuto esatto.”

Restammo insieme nell’acqua, guardando la fila ininterrotta degli alberi sull’altra sponda. Tutto qui quel che successe. Bobby e io portammo Erich a fare quello che, di fatto, risultò essere il suo ultimo bagno e ci inoltrammo nell’acqua solo fino alle ginocchia. Ma mentre ero lì mi accadde una cosa. Non so se riesco a spiegarla. Qualcosa si ruppe. Fino ad allora avevo vissuto per il futuro, in uno stato permanente d’attesa, e questo processo si arrestò all’improvviso quando mi trovai nudo con Bobby ed Erich in un tratto non molto profondo d’acqua gelata. Mio padre era morto ed era possibile che anch’io stessi morendo. Mia madre aveva una nuova pettinatura, un’azienda e un giovane amante; una nuova vita che le andava meglio della vecchia. Non avevo generato figli ma ne amavo una come se fossi stato suo padre – sapevo di cosa parlavo. Non direi che ero felice. Non era così semplice. Ero soltanto presente, forse per la prima volta nella mia vita d’adulto. Non c’era nulla di straordinario in quel momento. Ma lo avevo, lo avevo completamente. Mi abitava. Mi resi conto che se fossi morto presto avrei comunque avuto questa connessione con la mia vita, i suoi errori e i suoi ridicoli successi. L’occasione di essere uno dei tre uomini nudi in piedi in una piccola massa d’acqua limpida. Non sarei morto inappagato, poiché ero stato qui, proprio qui e in nessun altro luogo. Non parlai. Bobby annunciò che il minuto era scaduto, e riportammo Erich sulla spiaggia.