Un altro racconto del decennio posteriore a Io, Robot era insolito per il fatto di essere il primo che non parlava né di Susan Calvin né del duo Powell-Donovan. Era Se Saremo Uniti, che apparve nel numero del feb­braio 1957 di Infinity Science Fiction.

Era insolito anche per un'altra ragione. Un paio d'anni dopo la sua apparizione, ricevetti una richiesta di ristamparlo e (dato che so prendere facilmente una cantonata) io risposi: " Certo! " Quando finalmente ricevetti il numero della rivista con il racconto ristam­pato, saltò fuori che era una di quelle riviste che cele­brano la divina forma femminile senza veli.

Il cielo sa che non ho alcuna obiezione contro la divina forma femminile, ma l'accaduto mi ha lasciato con una domanda senza risposta. Non soltanto Se Saremo Uniti non ha niente a che fare con il sesso, ma non ha nemmeno personaggi femminili. Allora, perché la rivi­sta lo ha voluto?

Forse, mi dico io, perché pensavano che fosse un buon racconto. Può darsi che sia cosi. Almeno, lo spero.


Se Saremo Uniti

Titolo originale: Let's Get Together (1956)

 

Da un secolo si viveva in una specie di pace, e tutti si erano dimenticati che potesse esistere anche qualcos'altro. Non avrebbero nemmeno saputo come reagire se avessero scoperto che in effetti stava per scoppiare una specie di guerra.

E certo Elias Lynn, capo del Dipartimento di Robotica, non sapeva come fosse giusto reagire, quando alla fine lo scoprì. Il Dipartimento di Robotica aveva la sua sede a Cheyenne, dato che ormai da un secolo si tendeva al decentramento. E lì a Cheyenne, nel suo ufficio, Lynn stava fissando con aria dubbiosa il giovane funzionario della Sicurezza che era appena arrivato da Washington con la notizia.

Elias Lynn era un uomo corpulento, non bello ma in qualche modo affascinante, con occhi celesti un po' sporgenti. Erano occhi che di solito mettevano a disagio la gente, ma il funzionario della Sicurezza appariva disinvolto.

Lynn pensò che la reazione più sensata era di rimanere increduli. E in effetti, per la miseria, si sentiva proprio incredulo. No, non era possibile che fosse vero!

Si appoggiò allo schienale della sedia e disse: «Quanto possiamo esser sicuri di questa informazione?».

Il funzionario della Sicurezza, che presentandosi come Ralph G. Breckenridge aveva mostrato le credenziali, aveva quella certa aria mite tipica dei giovani: labbra carnose, guance piene che arrossivano facilmente, occhi ingenui. I suoi abiti non erano adatti al clima di Cheyenne, ma lo erano all'aria condizionata di cui si faceva ampio uso a Washington, dove il Dipartimento della Sicurezza, nonostante il decentramento, aveva ancora la sua sede.

Breckenridge arrossì e disse: «Possiamo esser sicuri al cento per cento».

«Voialtri sapete tutto di Loro, immagino» disse Lynn, senza riuscire a celare una sfumatura di sarcasmo e senza accorgersi di avere sottolineato leggermente la parola "loro", come fosse stata scritta in corsivo. Ormai usare quel termine per riferirsi al nemico era un'abitudine culturale sia di quella generazione sia della generazione precedente. Nessuno diceva più "l'Est" o "i rossi" o "i sovietici" o "i russi". Si sarebbe creata troppa confusione, dal momento che alcuni di Loro non erano dell'Est e nemmeno rossi o sovietici o soprattutto russi. Era molto più semplice e anche molto più corretto servirsi di due pronomi: "Noi" e "Loro".

Chi viaggiava aveva riferito spesso che Loro facevano la stessa cosa, naturalmente al contrario. Da quelle parti Loro erano (nella debita lingua) "Noi" e Noi eravamo "Loro".

Ma nessuno ormai faceva più caso a queste distinzioni. Si usavano per comodità, senza problemi e senza quasi l'ombra di un sentimento d'odio. All'inizio era stata definita "guerra fredda", poi era diventato soltanto un gioco anche abbastanza spassionato, con regole sottintese e una certa correttezza di fondo.

«Perché mai Loro dovrebbero voler sconvolgere l'equilibrio della situazione?» disse Lynn, brusco.

Si alzò e fissò una carta geografica del mondo appesa alla parete. La carta era divisa in due regioni attraverso diverse sfumature di colore dei contorni: una porzione irregolare, sulla sinistra, aveva il contorno verde chiaro, mentre una porzione più piccola ma altrettanto irregolare, sulla destra, l'aveva rosa pallido. Noi e Loro.

La mappa in un secolo non era cambiata molto. La perdita di Formosa e l'acquisizione della Germania dell'est, circa ottant'anni prima, avevano rappresentato l'ultimo mutamento importante nell'equilibrio territoriale.

C'era stato però anche un altro cambiamento significativo: quello dei colori. Due generazioni prima, il Loro territorio sulla mappa era di un rosso acceso, minaccioso, il nostro invece di un bianco puro, immacolato. Adesso le sfumature di colore erano assai più neutre. Lynn aveva visto le Loro carte geografiche e aveva constatato che anche là erano passati alle sfumature pastello.

«Non ha senso che vogliano sconvolgere l'equilibrio» disse.

«Ma lo stanno facendo» disse Breckenridge, «e sarà meglio che vi abituiate all'idea. Certo, signore, capisco che non è piacevole pensare che Loro siano tanto più avanti di noi nella robotica.»

I suoi occhi conservarono l'espressione ingenua, ma le parole pungenti colpirono nel segno, e Lynn rabbrividì.

Certo, se le cose stavano veramente così si spiegava perché il capo del Dipartimento di Robotica avesse appreso la notizia così tardi e per giunta da un funzionario della Sicurezza. Lynn aveva perso prestigio agli occhi del governo; se il suo Dipartimento era rimasto tanto indietro, i politici sarebbero stati ben poco teneri con lui.

«Anche ammesso che quel che dite sia vero» osservò stancamente, «Loro non sono poi tanto avanti rispetto a noi, visto che siamo in grado di costruire robot umanoidi.»

«E l'abbiamo fatto, signore?»

«Sì, certo. Abbiamo costruito alcuni modelli a scopo sperimentale.»

«I Loro primi modelli sperimentali risalgono a dieci anni fa. In dieci anni i progressi possono essere notevoli.»

Lynn era turbato. Si chiese se la propria incredulità riguardo all'intera faccenda non derivasse solo dall'orgoglio ferito e dalla paura di perdere il posto e la reputazione. Era imbarazzato all'idea che fosse quella la vera ragione del suo scetticismo, e tuttavia si sentiva spinto a perseverare in esso.

«Sentite, giovanotto» disse, «l'equilibrio creatosi tra Noi e Loro non è mai stato perfetto in ogni particolare. Loro sono sempre stati più avanti in certi settori, e Noi in altri. Se in questo momento ci superano nel campo della robotica, è perché alla robotica si sono evidentemente applicati più di Noi. Ciò significa che in altre discipline siamo invece Noi ad avere la supremazia. Magari siamo in vantaggio nel settore dell'iperatomica, o nello studio dei campi di forza.»

Lynn sentì una fitta d'angoscia davanti alla sua stessa affermazione a proposito dell'equilibrio imperfetto. Che ci fosse un equilibrio imperfetto era abbastanza vero, ma proprio quello era il punto critico capace di minacciare l'esistenza dell'umanità. Il mondo non era in pericolo finché le due parti in causa erano ugualmente potenti, finché dunque sussisteva una situazione di stallo. Se le piccole differenze a favore ora dell'una ora dell'altra fossero diventate all'improvviso troppo grandi, allora...

Quasi all'inizio di quella che era stata la guerra fredda le due potenze avevano messo a punto armi termonucleari, e così l'ipotesi di una guerra era diventata inammissibile. La concorrenza si era spostata dal campo militare a quello economico e psicologico, e lì era rimasta.

Ma ciascuna delle due parti aveva sempre cercato attivamente di infrangere l'equilibrio, di inventare il modo per parare ogni possibile stoccata e di inventare un tipo di stoccata che non potesse essere parata in alcun modo; di trovare la strada, insomma, per rendere di nuovo possibile una guerra. Non perché l'una o l'altra delle potenze in causa fossero così ansiose di impegnarsi nella guerra, ma perché entrambe temevano che fosse l'avversario a fare per primo la scoperta decisiva.

Per cent'anni avevano continuato a mantenersi in parità, e per cent'anni era durata la pace. Intanto, grazie alle ricerche continue e intensive, si erano riportati notevoli successi nella messa a punto dei campi di forza, nello sfruttamento dell'energia solare, nella robotica e nel controllo degli insetti. Entrambe le potenze avevano anche fatto qualche progresso nel settore della mentalica, la disciplina che aveva come oggetto lo studio della biochimica e della biofisica del pensiero. Ed entrambe avevano avamposti sulla Luna e su Marte. L'umanità, sotto la spinta della competizione, stava facendo passi da gigante.

Tutte e due le potenze, inoltre, erano state costrette a instaurare regimi che davano spazio a ideali umanitari, perché se ne avessero scelto uno crudele e tirannico avrebbero corso il rischio di procurare proseliti al nemico.

Non era possibile che quell'equilibrio fosse sul punto di rompersi e di dar luogo a una guerra.

«Voglio consultare uno dei miei uomini» disse Lynn. «Voglio sentire la sua opinione.»

«È degno di fiducia?»

«Dio santo, esiste un membro del Dipartimento di Robotica che non sia stato controllato, sorvegliato, schedato da voi della Sicurezza?» disse Lynn con disgusto. «Sì che è degno di fiducia, garantisco io per lui. Se non ci si può fidare di un uomo come Humphrey Carl Lazlo, allora non saremo mai in grado di fronteggiare l'attacco che secondo voi Loro stanno per sferrare, e questo anche ammesso che riuscissimo a organizzarci nella maniera più efficace.»

«Ho sentito parlare di Lazlo» disse Breckenridge.

«Bene. Ha la vostra approvazione?»

«Sì.»

«Allora lo farò entrare e gli chiederò se ritiene possibile che i robot possano invadere gli Stati Uniti.»

«Le cose non stanno esattamente così» spiegò Breckenridge, in bel modo. «Non avete ancora afferrato il concetto. Chiederete a Lazlo se ritiene fondata l'ipotesi che i robot abbiano già invaso gli Stati Uniti.»

 

Lazlo, nipote di un ungherese che era riuscito a superare quella che un tempo si chiamava Cortina di Ferro, grazie a queste sue origini aveva la piacevole sensazione di essere al di sopra di ogni sospetto. Era un uomo robusto, con una calvizie incipiente e un'espressione battagliera dipinta sul viso camuso, però parlava con limpido accento di Harvard e i suoi modi erano fin troppo garbati.

Per Lynn, che da anni ormai si occupava di questioni amministrative e non seguiva più le varie fasi di evoluzione della robotica, Lazlo rappresentava un punto di riferimento prezioso, capace di riempire ogni sua lacuna. Bastava la sola presenza di quell'uomo a farlo sentire meglio.

«Che cosa ne pensate?» disse Lynn.

«Se la notizia fosse vera, Loro sarebbero infinitamente più avanti di noi nel campo della robotica» rispose Lazlo, corrugando la fronte. «Ma mi pare incredibile. È incredibile che siano in grado di costruire umanoidi non distinguibili dall'uomo nemmeno a distanza ravvicinata. Avrebbero dovuto fare progressi enormi anche nel settore della robo-mentalica.»

«Voi siete coinvolto personalmente in questa storia» disse freddo Breckenridge. «Provate a lasciare da parte il vostro orgoglio professionale e ditemi perché ritenete impossibile che Loro siano tanto più avanti di Noi.»

Lazlo scrollò le spalle. «Vi assicuro che conosco bene tutti i Loro testi di robotica. So con buona approssimazione a che punto sono in questo campo.»

«In realtà sapete con buona approssimazione a che punto vogliono che voi li crediate» lo corresse Breckenridge. «Siete mai stato nella Loro zona?»

«No» disse secco Lazlo.

«E voi, dottor Lynn?»

«No, nemmeno io» disse Lynn.

«Qualche nostro esperto di robotica ha mai visitato la Loro zona, negli ultimi venticinque anni?» disse Breckenridge con l'aria sicura di chi conosceva la risposta.

Per qualche secondo nella stanza calò un silenzio carico di riflessione.

«In effetti» disse alla fine Lazlo con un'espressione scoraggiata dipinta sul viso largo, «è da un pezzo che Loro non tengono convegni di robotica.»

«Da venticinque anni» disse Breckenridge. «Non è significativo?»

«Forse» disse Lazlo, riluttante. «Ma c'è un'altra cosa che mi preoccupa. Loro non sono mai venuti ai Nostri convegni di robotica. Per lo meno a nessuno che io ricordi.»

«Erano stati invitati?» chiese Breckenridge.

«Certo» si affrettò a rispondere Lazlo, conservando la sua aria preoccupata.

«Si sono rifiutati di partecipare anche ad altri congressi di argomento scientifico indetti da Noi?» domandò Breckenridge.

«Non lo so.» Lazlo, cominciò a camminare su e giù per la stanza. «Non direi, però. A voi risulta che ci siano stati altri rifiuti, capo?»

«No» disse Lynn.

«Io penso che abbiano evitato di partecipare ai Nostri convegni perché non volevano poi dover ricambiare l'invito, o perché temevano che qualcuno dei Loro uomini parlasse troppo...»

Era molto probabile che così fosse realmente. Lynn, scoraggiato, cominciò a convincersi che dopotutto il funzionario della Sicurezza poteva avere ragione.

Perché mai, se no, le due parti in causa avrebbero smesso di scambiarsi opinioni sull'argomento robotica? Fin dall'epoca di Eisenhower e Kruscev c'era sempre stato un contatto continuo e proficuo tra ricercatori: i Loro scienziati venivano in visita da Noi, e un ugual numero di scienziati Nostri andava in visita da Loro. C'erano molti buoni motivi che giustificavano quell'abitudine: innanzitutto il fatto, riconosciuto onestamente da tutti, che la scienza superava per il suo stesso carattere le barriere nazionali, poi l'innato e insopprimibile desiderio dell'uomo di comunicare su basi amichevoli, e infine il desiderio di confrontare le proprie opinioni magari un po' invecchiate con altre più originali e interessanti, capaci di portare una ventata di rinnovamento.

Gli stessi governi erano ansiosi di alimentare quello scambio. Partivano infatti dal presupposto che raccogliendo il massimo di informazioni possibile e rilasciandone un minimo potessero rafforzare la propria posizione.

Ma nel caso della robotica la faccenda era andata diversamente.

Che non ci fossero stati più scambi in quel campo era sembrato un particolare troppo insignificante per essere fonte di preoccupazione. E dire che si trattava di un particolare noto a tutti da tempo. Lynn pensò, cupo: Ci siamo lasciati andare all'autocompiacimento.

Poiché l'altra parte non aveva denunciato ufficialmente alcun progresso nel settore robotica, si era ceduto alla tentazione di credersi superiori e di starsene con le mani in mano ad assaporare la vittoria. Come mai nessuno aveva pensato alla possibilità, o addirittura alla probabilità, che Loro tenessero in serbo per il momento giusto una carta migliore, un asso di briscola?

«Cosa facciamo, allora?» disse Lazlo, scosso. Era chiaro che nel frattempo era giunto alle stesse conclusioni di Lynn.

«Che cosa, già...» gli fece eco Lynn. Era talmente inorridito dalla constatazione della realtà, che non riusciva a pensare a una via d'uscita. Da qualche parte negli Stati Uniti c'erano dieci robot umanoidi ciascuno dei quali portava con sé un frammento di bomba CT.

CT! Il culmine dell'orrore, in materia di bombe, era rappresentato da quelle due iniziali. CT! Conversione totale. L'immensa energia solare non era più un termine di paragone. La conversione totale faceva apparire il Sole come una candelina da quattro soldi.

Dieci robot umanoidi che presi separatamente sarebbero stati innocui potevano, col semplice atto di unirsi insieme, superare la massa critica e...

Lynn si alzò in piedi faticosamente. Le sue occhiaie scure, che conferivano al viso sgraziato un'espressione truce che non lasciava presagire niente di buono, erano più accentuate che mai. «Dovremo escogitare il modo per distinguere i robot dagli esseri umani. E poi dovremo anche trovarli, questi robot.»

«In quanto tempo?» mormorò Lazlo.

«Entro cinque minuti dal momento in cui si troveranno insieme» ringhiò Lynn. «E non so quando questo accadrà.»

Breckenridge annuì. «Sono lieto che abbiate capito, signore. Adesso dovrete venire con me a Washington per mettervi a rapporto, sapete.»

Lynn alzò le sopracciglia. «D'accordo» disse.

Probabilmente, pensò, se avesse tardato ancora un po' a lasciarsi convincere sarebbe stato rimpiazzato su due piedi da un altro, e sarebbe toccato a quell'altro, adesso, andare a Washington per mettersi a rapporto. D'un tratto Lynn rimpianse sinceramente che questo non fosse successo.

 

Sedute intorno a un tavolo nei sotterranei di una fortezza vicino a Washington c'erano cinque persone: il primo assistente del Presidente, il ministro della Scienza, il ministro della Sicurezza, e infine Lynn e Breckenridge.

Jeffreys, l'assistente del Presidente, era un uomo che dava nell'occhio. Di bell'aspetto, con i capelli bianchi e giusto un lieve doppiomento, in politica era serio, prudente e riservato come ogni assistente del Presidente dovrebbe essere.

Parlò con acume. «A mio avviso» disse, «sono tre i problemi che dobbiamo affrontare. Il primo è: quando si riuniranno i dieci umanoidi? Il secondo è: dove lo faranno? E il terzo: come possiamo impedire loro di trovarsi insieme?»

Amberley, il ministro della Scienza, annuì energicamente. Prima di essere nominato ministro era stato preside della Facoltà di ingegneria della Northwestern University. Era un tipo magro, con il viso spigoloso, e di temperamento molto irascibile. Stava tracciando con l'indice dei cerchi sul tavolo.

«Per quanto riguarda il primo punto» osservò «credo che i robot non si riuniranno tanto presto.»

«Come fate a dirlo?» chiese Lynn, brusco.

«Sono negli Stati Uniti da almeno un mese. Almeno così affermano al Ministero della Sicurezza.»

Lynn si girò istintivamente a guardare Breckenridge, e il ministro della Sicurezza, Macalaster, notò l'occhiata. «La notizia è attendibile» disse Macalaster. «Non lasciatevi trarre in inganno dall'aspetto giovanile di Breckenridge, dottor Lynn. La sua aria inesperta ce lo rende ancora più prezioso. In realtà ha trentaquattro anni ed è con noi da dieci. È stato a Mosca quasi un anno, e se non fosse stato per lui, non avremmo mai saputo del terribile pericolo che ci minaccia. Così invece sappiamo, e conosciamo praticamente tutti i particolari.»

«Tranne quelli più importanti» disse Lynn.

Macalaster accennò un sorriso gelido. Il suo mento pronunciato e i suoi occhi troppo vicini erano ben noti al pubblico, ma di lui come persona si sapeva poco o niente. «Siamo esseri umani, dottor Lynn, per forza di cose limitati. L'agente Breckenridge ha fatto un ottimo lavoro.»

«Ammettiamo pure di avere a disposizione un certo lasso di tempo» intervenne Jeffreys. «Se fosse stata necessaria un'azione istantanea, non programmata, l'avrebbero già intrapresa. È più probabile che stiano aspettando un momento preciso. Se sapessimo qual è il luogo dove devono incontrarsi, forse capiremmo anche qual è il momento stabilito.»

«Se hanno deciso» proseguì, «di impiegare una bomba CT contro un particolare obiettivo, è presumibile che la scelta sia caduta su un obiettivo importante. Magari una grande città. Così ci danneggerebbero al massimo. D'altra parte, una metropoli è l'unico bersaglio degno di una tal bomba. Credo che le città candidate alla distruzione siano quattro: Washington in quanto centro amministrativo, New York in quanto centro finanziario, Detroit e Pittsburgh in quanto massimi centri industriali.»

«Secondo me hanno scelto New York» disse Macalaster. «L'amministrazione e l'industria sono così decentrate, ormai, che la distruzione di una particolare città non impedirebbe una rappresaglia istantanea.»

«Allora perché proprio New York?» chiese Amberley, il ministro della Scienza, con un tono forse più brusco di quello che avesse inteso usare. «Anche la finanza è stata decentrata.»

«Per demoralizzarci. È facile che vogliano annientare la nostra capacità di resistere, che mirino a farci capitolare sferrando subito all'inizio un attacco terribile. Il maggior numero di vittime si avrebbe nell'area metropolitana di New York...»

«Un piano abbastanza spietato» mormorò Lynn.

«Già» disse Macalaster, «ma sarebbero capaci di metterlo in atto, se fossero sicuri di ottenere così la vittoria definitiva in un colpo solo. Del resto anche Noi, se...»

«Proviamo a pensare al peggio» lo interruppe Jeffreys. «Immaginiamo che New York venga distrutta durante uno dei mesi invernali, magari subito dopo una grave bufera, quando le comunicazioni non funzionano bene e il blocco dei servizi pubblici e dei rifornimenti alimentari nelle zone periferiche può causare gravi danni. Che cosa faremmo, in tal caso, per fermarli?»

«Cercare dieci uomini in mezzo a duecentoventi milioni di persone è come cercare un ago minuscolo in un pagliaio gigantesco» si limitò a dire Amberley.

Jeffreys scosse la testa. «Non si tratta di dieci uomini, ma di dieci umanoidi.»

«Non fa differenza» disse Amberley. «Non sappiamo se un umanoide si possa distinguere a prima vista da un essere umano. Probabilmente no.» Guardò Lynn, e anche gli altri fecero altrettanto.

«Noi, a Cheyenne» disse Lynn, scoraggiato, «non siamo riusciti a costruire un solo robot che potesse essere scambiato per un essere umano alla luce piena del giorno.»

«Loro invece ci sono riusciti» disse Macalaster, «e non solo per quanto riguarda l'aspetto fisico. Di questo siamo sicuri. Hanno fatto tali progressi nella mentalica, che sono ormai in grado di riprodurre lo schema microelettronico del cervello sui circuiti positronici dei robot.»

Lynn lo guardò sbigottito. «Intendete dire che Loro possono creare la copia perfetta di un essere umano, completa di personalità e di memoria?»

«Sì.»

«Possono produrre la copia di particolari esseri umani che già esistono al mondo?»

«Esattamente.»

«Anche a queste conclusioni siete giunti grazie alle scoperte di Breckenridge?»

«Sì. Le prove che abbiamo sono inconfutabili.»

Lynn chinò un attimo la testa, riflettendo. Poi disse: «Diamo per scontato allora che negli Stati Uniti ci siano questi dieci umanoidi. Loro però avrebbero dovuto disporre degli originali. Bisogna escludere che fossero orientali, perché si sarebbero riconosciuti troppo facilmente. Saranno stati dunque europei, dell'Europa dell'Est, naturalmente. Ma come avrebbero potuto farli entrare nel nostro Paese? Con la rete radar fittissima che c'è in ogni punto dei vari confini è impossibile pensare che siano riusciti a introdurre nella Nostra zona dei robot, o anche degli esseri umani a nostra insaputa».

«No, non è impossibile» disse Macalaster. «Ci sono certe persone che possono infiltrarsi attraverso i confini; non è contro la legge. Pensate agli uomini d'affari, ai piloti, o anche ai turisti. Naturalmente sono sorvegliati, da entrambe le parti. Tuttavia dieci di queste persone avrebbero potuto essere rapite e usate come modelli per gli umanoidi. I quali umanoidi ci sarebbero stati restituiti al posto degli originali. Poiché non abbiamo mai sospettato che Loro fossero così avanti nella robo-mentalica, è logico che una simile sostituzione possa essere passata inosservata. Nel caso poi che gli originali fossero stati americani, le loro copie non avrebbero avuto alcuna difficoltà ad entrare nel nostro Paese. È tutto molto semplice.»

«E nemmeno gli amici e i familiari della gente sostituita avrebbero potuto notare la differenza?»

«Probabilmente no. Credetemi, ci siamo preoccupati di esaminare tutti i casi di persone che avevano avuto un improvviso attacco di amnesia o subito strani cambiamenti della personalità. Avremo controllato migliaia di uomini e donne.»

Amberley, il ministro della Scienza, si guardò pensieroso la punta delle dita. «Credo che data la situazione siano inutili i provvedimenti ordinari. Il contrattacco deve venire dal Dipartimento di Robotica, e io conto su chi è a capo di questo Dipartimento.»

Ancora una volta tutti si girarono a guardare con ansia Lynn.

Lynn era sempre più amareggiato. Pensò che l'idea espressa da Amberley rappresentava il punto culminante della riunione, lo scopo stesso per cui questa era stata convocata. Nessuno aveva detto niente che non fosse già stato detto prima, ne era sicuro. Non era stata proposta alcuna soluzione, né erano stati avanzati suggerimenti interessanti. Quella consultazione aveva tutta l'aria di essere formale, di essere lo stratagemma escogitato da un gruppo di persone che paventavano la sconfitta e desideravano scaricare definitivamente ogni responsabilità su qualcun altro.

In fondo, però, era un atteggiamento abbastanza giustificato. Era nella robotica che Noi avevamo segnato il passo. E Lynn non era solo Elias Lynn, punto e basta. Era Lynn del Dipartimento di Robotica, e aveva responsabilità precise.

«Farò quello che posso» disse.

 

Passò una notte insonne ed era stanco nel corpo e nell'anima quando, la mattina dopo, chiese e ottenne di parlare di nuovo con Jeffreys, l'assistente del Presidente. C'erano anche Breckenridge e Lynn, che pure avrebbe preferito un colloquio confidenziale, capì che la presenza del funzionario della Sicurezza era giustificata dalla situazione. Chiaramente Breckenridge, grazie al lavoro svolto, aveva guadagnato molto prestigio agli occhi del governo, e non c'era da stupirsene.

«Signore» disse Lynn, «ho la netta sensazione che stiamo facendo il gioco del nemico.»

«In che senso?»

«Penso che, sebbene la gente a volte mostri segni d'impazienza e i legislatori trovino conveniente incoraggiarli, il governo riconosca in fondo che l'equilibrio attuale è positivo. E lo riconoscono indubbiamente anche Loro. Perché dovrebbero stupidamente infrangere l'equilibrio mondiale con questi dieci umanoidi forniti ciascuno di un frammento di bomba CT?»

«L'annientamento di quindici milioni di persone sarebbe un grave danno per Noi e una grossa vittoria per Loro.»

«Ma dal punto di vista della politica mondiale la vittoria non sarebbe poi così schiacciante. Non ci demoralizzerebbe al punto da indurci alla resa, né ci paralizzerebbe tanto da toglierci ogni speranza di riprenderci. Otterrebbe solo il risultato di scatenare quella terribile guerra planetaria che per un secolo entrambe le parti in causa sono riuscite a impedire. E in tal caso Loro ci costringerebbero semplicemente a combattere con una città in meno. Non mi sembra un obiettivo sensato.»

«Che cosa volete insinuare?» disse Jeffreys, gelido. «Che Loro non hanno introdotto dieci umanoidi nel nostro Paese? Che i robot non portano con sé un frammento di bomba CT?»

«Non dico questo. I robot saranno anche qui negli Stati Uniti, ma forse per una ragione più valida, non per far scoppiare una bomba a New York nel bel mezzo dell'inverno.»

«E quale sarebbe, questa ragione?»

«Forse la distruzione fisica che gli umanoidi, riunendosi, causerebbero non è la cosa peggiore che possa succederci. Non è molto più grave il senso di impotenza morale e intellettuale che ci deriva dal solo saperli qui? Ho il più assoluto rispetto per le opinioni dell'agente Breckenridge, ma non avete considerato l'eventualità che Loro vogliano che scopriamo l'esistenza dei robot, e che questi non siano destinati a riunirsi, bensì a restare separati, in modo da causarci preoccupazioni costanti?»

«Perché restando divisi ci darebbero preoccupazioni costanti?»

«Ditemi, che misure avete preso contro gli umanoidi? Immagino che quelli della Sicurezza stiano controllando gli schedari di tutti i cittadini che hanno superato il confine o che vi si sono avvicinati abbastanza da rendere plausibile l'ipotesi di un rapimento. So da Macalaster che stanno anche seguendo tutti i casi psichiatrici sospetti. Cos'altro si è fatto?»

«Nei punti nevralgici delle grandi città sono stati installati piccoli congegni a raggi X» disse Jeffreys. «Negli stadi, per esempio...»

«Dove dieci umanoidi potrebbero infiltrarsi in mezzo a centomila spettatori di una partita di calcio o di polo aereo?»

«Esattamente.»

«E nelle chiese e nelle sale da concerto?»

«Da qualche parte bisognerà pure cominciare. Non possiamo fare tutto in una volta.»

«Specie considerato che si deve evitare di scatenare il panico tra la gente» disse Lynn. «Non è così? Sarebbe un guaio se i cittadini scoprissero che da un momento all'altro una particolare città può saltare in aria con tutto il suo contenuto umano.»

«Be', certo, è ovvio. Dove volete arrivare?»

«A questo» disse Lynn, con foga. «Al fatto che i nostri sforzi si concentreranno sempre più su quell'impresa difficilissima che Amberley ha definito ieri "cercare un ago minuscolo in un pagliaio gigantesco". Saremo imprigionati in un circolo vizioso, e intanto Loro aumenteranno la propria supremazia nel campo della robotica, finché noi non saremo più in grado di raggiungerli e dovremo arrenderci senza poter compiere almeno la più piccola delle rappresaglie.

«Pensate anche a un'altra cosa» proseguì Lynn. «Poiché le contromisure che stiamo prendendo coinvolgono un numero crescente di individui, la notizia prima o poi trapelerà, e sempre più persone cominceranno a chiedersi che cosa stiamo facendo per difenderci. E allora... Allora il panico potrebbe danneggiarci più di qualsiasi bomba CT.»

«Dio santo, amico» disse irritato l'assistente del Presidente, «a questo punto che cosa dovremmo fare, secondo voi?»

«Niente» disse Lynn. «Fargli capire che abbiamo scoperto che bluffano. Continuare a vivere come abbiamo sempre vissuto, perché quasi sicuramente Loro non oseranno infrangere l'equilibrio per avere il vantaggio iniziale di una nostra città distrutta.»

«Impossibile!» disse Jeffreys. «Assolutamente impossibile. La salvezza di tutti Noi dipende in gran parte da me e non agire è l'unica cosa che non posso permettermi. Convengo magari con voi che piazzare congegni a raggi X negli stadi sia un rimedio estremamente superficiale e quindi inefficace, ma queste misure vanno prese lo stesso perché la gente, in seguito, non giunga all'amara conclusione che abbiamo offerto al nemico il paese su di un piatto d'argento per il puro gusto di seguire un ragionamento capzioso che incoraggia all'inerzia. Vi dirò anzi che la nostra contromossa sarà molto energica.»

«In che senso?»

Jeffreys lanciò un'occhiata a Breckenridge. Il giovane funzionario della Sicurezza, che fino allora era rimasto tranquillamente in silenzio, disse: «È assurdo affermare che in futuro l'equilibrio mondiale potrebbe essere infranto: in realtà è già stato infranto. Non ha molta importanza che questi umanoidi esplodano o meno. Forse sono veramente, come dite voi, uno specchietto per le allodole destinato a distrarci. Resta il fatto però che nella robotica siamo indietro di venticinque anni rispetto a Loro, e questo può esserci fatale. Se scoppiasse una guerra potremmo scoprire che Loro hanno molte altre carte vincenti e in tal caso ci troveremmo in gravi difficoltà. L'unica soluzione possibile è concentrare subito, ora, tutti i nostri sforzi su un programma intensivo di ricerche nel settore robotica. E il primo problema è trovare gli umanoidi. Chiamatelo corso accelerato di robotica, se volete, oppure piano per impedire la morte di quindici milioni di uomini, donne e bambini».

Lynn scosse la testa, scettico. «Non potete fare questo. Dareste al nemico un grosso vantaggio. Loro non aspettano altro che di attirarci in un vicolo cieco per poter essere liberi di progredire in tutti gli altri campi.»

«Questa è solo la vostra opinione» disse Jeffreys, spazientito. «Breckenridge ha avanzato la sua proposta seguendo la via gerarchica e ha ricevuto l'approvazione del governo. Così inizieremo subito con un convegno interdisciplinare.»

«Interdisciplinare?»

«Sì» disse Breckenridge. «Abbiamo steso un elenco degli scienziati più importanti che operano nelle varie branche della scienza. Si troveranno tutti quanti a Cheyenne. Vi sarà un solo comma nell'ordine del giorno: come far progredire la robotica. E il principale corollario sarà: come mettere a punto un congegno ricevente abbastanza sofisticato da distinguere, attraverso l'analisi dei campi elettromagnetici della corteccia cerebrale, il cervello protoplasmico di un essere umano dal cervello positronico di un umanoide.»

«Speravamo che accettaste di fare da coordinatore del convegno» disse Jeffreys.

«Sento parlare della cosa per la prima volta adesso.»

«Non abbiamo avuto il tempo di consultarvi, signore. Accettate l'incarico, allora?»

Lynn accennò un sorriso. Era di nuovo una questione di responsabilità. Come al solito il responsabile doveva essere Lynn, del Dipartimento di Robotica. Ma in realtà, pensò, a tirare le fila sarebbe stato Breckenridge. D'altra parte com'era possibile rifiutare l'incarico?

«D'accordo» disse.

 

Breckenridge e Lynn tornarono insieme a Cheyenne, dove quella sera Lazlo ascoltò con cupa diffidenza il resoconto degli eventi fattogli da Lynn stesso.

«Mentre eravate via, capo» disse Lazlo, «ho dato inizio alle procedure di collaudo di cinque modelli sperimentali di strutture umanoidi. I nostri tecnici lavorano dodici ore al giorno, dandosi il cambio in tre turni. Se dovremo organizzare un convegno, saremo invasi da un nugolo di persone e con tutte le formalità burocratiche cui ci toccherà adempiere il lavoro si fermerà.»

«Sarà una pausa temporanea» disse Breckenridge, «e i vantaggi supereranno di gran lunga gli svantaggi.»

Lazlo aggrottò la fronte. «Avere intorno una squadra di astrofisici e geochimici non ci aiuterà a fare un solo passo avanti nel campo della robotica.»

«L'opinione di specialisti di altre discipline può essere preziosa.»

«Ne siete sicuro? Come possiamo sapere se esiste veramente il modo di captare le onde cerebrali? E, anche ammesso che esistesse, come potremmo riuscire a distinguere la struttura delle onde umane da quella degli umanoidi? In ogni caso, chi ha avviato questo progetto?»

«Io» disse Breckenridge.

«Voi? Siete un esperto di robotica?»

Il giovane funzionario della Sicurezza disse, calmo: «Ho studiato robotica».

«Ma essere esperti è un'altra cosa.»

«Ho potuto consultare testi di robotica russi... scritti in russo, naturalmente. Materiale top secret infinitamente più avanzato del nostro.»

«Ci ha in pugno, Lazlo» disse Lynn, scoraggiato.

«È stato sulla base di quel materiale» proseguì Breckenridge, «che ho suggerito la linea d'azione poi adottata. È quasi certo che riproducendo lo schema elettromagnetico di un particolare cervello protoplasmico su un dato cervello positronico non si possa ottenere un duplicato esatto. Innanzitutto, anche il più complesso cervello positronico abbastanza piccolo da venire inserito in un cranio della misura di quello umano è sempre enormemente meno complesso del cervello umano. Non può quindi captare tutte le sfumature che capta quest'ultimo. Penso che di ciò potremmo approfittare in qualche modo...»

Lazlo, suo malgrado, apparve colpito dal discorso di Breckenridge, e Lynn accennò un sorriso amaro. Era logico considerare un'intrusione la presenza di Breckenridge e l'arrivo di parecchie centinaia di scienziati che con la robotica non avevano nulla a che fare, ma il problema, in sé, risultava affascinante. Se non altro, almeno quella era una consolazione.

L'idea gli venne così, con naturalezza.

Lynn se ne stava seduto da solo nel suo ufficio; non aveva altro da fare, adesso che la sua posizione di direttore era diventata puramente nominale. Forse furono proprio la tranquillità e la solitudine a ispirarlo, lasciandogli tutto il tempo per riflettere e per pensare ai brillanti scienziati di mezzo mondo in viaggio verso Cheyenne.

Era stato Breckenridge a incaricarsi di organizzare i preparativi, e l'aveva fatto con fredda efficienza. Il suo tono era apparso stranamente sicuro quando aveva detto: «Se saremo uniti li batteremo».

Se saremo uniti.

L'idea venne a Lynn con tanta naturalezza, che chi lo avesse visto in quel momento avrebbe notato solo un battere di palpebre in più, nient'altro.

Fece quanto doveva fare con un incredibile distacco, che lo fece restare calmo anche se, in cuor suo, sentiva che avrebbe avuto ogni buona ragione per impazzire.

Andò a cercare Breckenridge nel suo alloggio improvvisato. Breckenridge era da solo e appariva accigliato. «Qualcosa che non va signore?» disse.

«Credo che vada tutto bene» disse Lynn, stancamente. «Ho fatto decretare la legge marziale.»

«Cosa?!»

«Come capo di un Dipartimento posso farlo, se sono convinto che la situazione giustifichi un tale provvedimento. Nella mia sezione posso comportarmi come un dittatore. È uno dei vantaggi del decentramento.»

«Voi revocherete immediatamente quell'ordine» disse Breckenridge, facendo un passo avanti. «Quando a Washington riceveranno la notizia, sarete rovinato.»

«Sono rovinato comunque. Credete che non mi sia accorto che mi è stato assegnato il ruolo di peggior "cattivo" della storia americana? Dell'uomo che ha permesso a Loro di infrangere l'equilibrio esistente? Non ho niente da perdere... e forse molto da guadagnare.»

Uscì in una risata un po' folle. «Che magnifico bersaglio sarebbe il Dipartimento di Robotica, eh, Breckenridge? Poche migliaia di uomini da far fuori con una bomba CT capace di polverizzare trecento miglia quadrate in un microsecondo. Ma tra quelle poche migliaia di uomini ci sarebbero cinquecento dei nostri più illustri scienziati. Saremmo così costretti a combattere una guerra senza poter disporre dei nostri cervelli migliori, oppure ad arrenderci. E credo che non avremmo altra scelta che arrenderci.»

«Ma è un'ipotesi assurda. Mi state a sentire, Lynn? Non capite che è assurdo? Come potrebbero gli umanoidi superare le nostre barriere di sicurezza? Come potrebbero riunirsi?»

«Ma si stanno già riunendo! Noi in questo momento li aiutiamo a farlo, gli ordiniamo di farlo. I nostri scienziati vanno spesso in visita nella Loro zona, Breckenridge, ci vanno regolarmente. Siete stato voi a sottolineare quanto fosse strano che nessun esperto di robotica, invece, si fosse recato da Loro negli ultimi venticinque anni. Bene, dieci dei nostri scienziati si trovano ancora laggiù, mentre al loro posto stanno arrivando qui a Cheyenne dieci umanoidi.»

«È un'idea ridicola.»

«Credo invece sia molto ragionevole, Breckenridge. Ma il piano poteva funzionare solo a patto che noi venissimo a sapere della presenza dei robot in America e ci preoccupassimo innanzitutto di indire un convegno. Non è una curiosa coincidenza che siate stato voi a informarci dell'esistenza degli umanoidi e a proporre il convegno e a suggerire l'ordine del giorno? E che siate sempre voi a mettere in piedi adesso tutta la pantomima e a conoscere esattamente il nome degli scienziati invitati? Siete sicuro che siano stati inclusi i dieci che vi stanno a cuore?»

«Dottor Lynn!» gridò Breckenridge, offeso, e fece l'atto di slanciarsi avanti.

«Non muovetevi» disse Lynn. «Ho con me un disintegratore. Aspetteremo che gli scienziati arrivino qui uno per uno. Uno per uno li esamineremo ai raggi X. Uno per uno li sottoporremo al controllo della radioattività. Neanche due soli di loro potranno stare insieme, finché non saranno stati debitamente ispezionati. E se tutti e cinquecento risulteranno umani, vi consegnerò il mio disintegratore e mi arrenderò a voi. Ma credo che troveremo i dieci robot. Sedetevi, Breckenridge.»

Si sedettero entrambi.

«Aspettiamo pure» disse Lynn. «Quando sarò stanco, Lazlo mi darà il cambio. Aspettiamo.»

Il professor Manuelo Jimenez, dell'Istituto di Studi Superiori di Buenos Aires, esplose mentre il jet stratosferico su cui viaggiava sorvolava la Valle del Rio delle Amazzoni a cinquemila metri di quota. Fu una semplice esplosione chimica, ma bastò per distruggere l'aereo.

Il dottor Herman Liebowitz esplose su una monorotaia, uccidendo venti persone e ferendone altre cento.

In maniera analoga il dottor Auguste Marin, dell'Institut Nucléonique di Montreal, e altri sette scienziati morirono durante momenti diversi del loro viaggio verso Cheyenne.

 

Pallido e balbettante, Lazlo piombò nell'ufficio portando la notizia. Erano solo due ore che Lynn stava seduto in faccia a Breckenridge, con il disintegratore in mano.

«Credevo deste i numeri, capo» disse Lazlo, «invece avevate ragione. Erano davvero umanoidi. È chiaro che lo erano.» Si girò verso Breckenridge e lo guardò con occhi pieni di odio. «Solo che sono stati avvertiti. Li ha avvertiti lui, così adesso non ne resta neanche uno intatto. Nemmeno uno da poter esaminare.»

«Cristo!» gridò Lynn, e per la rabbia puntò istintivamente il disintegratore contro Breckenridge e fece fuoco. Il collo del funzionario della Sicurezza si polverizzò. Il torso rovinò in terra. La testa cadde con un tonfo sordo e rotolò malamente sul pavimento.

«Non avevo capito» mormorò Lynn, con un gemito. «Credevo fosse solo un traditore.»

Lazlo rimase immobile, a bocca aperta, e per qualche secondo non riuscì a spiccicare parola.

«Certo che li ha avvertiti» disse Lynn, accalorato. «Ma come avrebbe potuto farlo stando seduto in quella sedia, se non avesse avuta incorporata dentro una ricetrasmittente? Capite, Lazlo? Breckenridge era stato a Mosca. E il vero Breckenridge è ancora là. Dio santo, erano in undici.»

Lazlo emise un suono inarticolato, poi disse: «Ma perché non è esploso anche lui?».

«Evidentemente voleva essere sicuro che gli altri avessero ricevuto il messaggio e si fossero autodistrutti, evitando di finire così nelle nostre mani. Dio santo, quando siete arrivato con la notizia e ho intuito la verità, ho premuto il grilletto più in fretta che potevo. Dio solo sa di quanti secondi l'ho preceduto.»

«Se non altro, adesso ne abbiamo uno da esaminare» disse Lazlo, scosso. Si chinò a toccare il liquido viscoso che gocciolava fuori dal busto nel punto dove c'erano i resti maciullati del collo.

Non era sangue, ma olio di macchina multigrade.