CAPITOLO QUATTORDICESIMO IL DUELLO

 

Gladia osservò il globo di Aurora sullo schermo, la cortina di nubi che lo ammantava e i riflessi della luce solare che formano una luna falcata.

«È impossibile che siamo così vicini,» commentò.

D.G. sorrise. «Già. Vediamo solo un notevole ingrandimento. Siamo ancora a parecchi giorni di distanza, tenendo conto della rotta di avvicinamento a spirale. Se disponessimo della propulsione anti-gravitazionale che i fisici sognano ma non riescono a realizzare, il volo spaziale sarebbe estremamente semplice e veloce. Coi sistemi attuali, i Balzi possono solo portarci a distanza di sicurezza da una massa planetaria.»

«Strano,» fece Gladia tra sé.

«Cosa, signora?»

«Quando siamo andati su Solaria ho pensato: “Sto tornando a casa”, ma quando siamo atterrati ho scoperto che non mi sentivo affatto a casa mia. Ora che stiamo raggiungendo Aurora mi sono detta: “Adesso, sì, sto tornando a casa”.,. eppure, nemmeno quel mondo laggiù è la mia casa.»

«Dov’è allora la vostra casa, signora?»

«Comincio a domandarmelo anch’io. Ma perché continuate a chiamarmi signora

D.G. parve sorpreso. «Preferite Lady Gladia

«Anche questa è una forma beffarda di rispetto. È questo che vi ispiro?»

«Un senso beffardo di rispetto? Assolutamente no. Ma in quale altro modo un Colono può rivolgersi a una Spaziale? Sto cercando di essere cortese e di adattarmi alle vostre usanze... di mettervi a vostro agio.»

«Eppure non mi sento a mio agio. Chiamatemi solamente Gladia. In fondo, io vi chiamo D.G

«Mi va benissimo, anche se di fronte ai miei uomini preferirei essere chiamato capitano, e io continuerò a chiamarvi signora. Bisogna mantenere la disciplina, no?»

«Sì, certo,» annuì Gladia distrattamente, fissando di nuovo Aurora. «Non ho una casa... una patria...» Poi si girò di scatto verso D.G. «Potreste portarmi sulla Terra? È possibile?»

«È possibile,» fece lui sorridendo: «Forse, però, sareste voi a non volere andare sulla Terra... Gladia.»

«No, credo che mi piacerebbe andarci... a meno che non perda il mio coraggio.»

«Il pericolo di infezioni esiste davvero, ed è questo che temono gli Spaziali, vero?»

«Lo temono troppo, forse. In fondo, ho conosciuto il vostro Antenato e non sono stata infettata. Sono stata su questa nave e non mi è successo nulla. Guardate, adesso siete qui vicino a me, no? Sono stata addirittura sul vostro mondo, attorniata

da migliaia di persone. Credo di avere acquisito una discreta resistenza.»

«Vi ricordo, Lady Gladia, che la Terra è mille volte più affollata di Baleyworld.»

«Non importa,» disse Gladia infervorandosi. «Ho cambiato idea... riguardo molte cose. Vi avevo detto che dopo ventitré decadi non avevo più alcuna ragione di vita, invece ho scoperto che non è vero. Quello che è successo su Baleyworld... il mio discorso... il modo in cui sono riuscita a comunicare con la gente. . be’, è stata un’esperienza nuova, inimmaginabile. Mi e sembrato di rinascere, di ricominciare dalla mia giovinezza. E anche se la Terra dovesse essermi fatale, ne varrebbe la pena, perché morirei giovane, attiva, piena di speranze... non vecchia, stanca, rassegnata, e pronta ad accogliere la morte come una liberazione.»

«Brava!» esclamò D.G. alzando le braccia in un gesto melodrammatico. «Sembrate il personaggio di un romanzo storico ipervisivo. Non li guardate mai su Aurora?»

«Certo. Sono molto popolari.»

«State provando la parte per uno di quegli spettacoli, Gladia, o parlate seriamente?»

«Vi sembro una sciocca, immagino,» rise Gladia. «Ma il lato buffo è che ho intenzioni serissime, D.G.»

«In tal caso, andremo sulla Terra. Non credo che vi considerino così importante da giustificare una guerra, soprattutto se fornirete al vostro governo un rapporto esauriente di quanto è avvenuto su Solaria, e se darete la vostra parola d’onore di Spaziale di tornare sul pianeta.»

«Ma io non voglio tornare su Aurora.»

«Be’… un giorno può darsi che lo vogliate. E adesso, Gladia, scusatemi. È sempre un piacere conversare con voi, e come sempre mi tratterrei ancora a lungo, ma purtroppo avranno certo bisogno di me in sala comando. Sapete, preferisco non si accorgano che non sono indispensabile.»

«È stata opera tua, amico Giskard?»

«A cosa ti riferisci, amico Daneel?»

«Lady Gladia è ansiosa di andare sulla Terra, e forse non intende rientrare su Aurora. È un desiderio talmente antitetico al normale comportamento di uno Spaziale che non ho potuto fare a meno di pensare che tu l’abbia influenzata.»

«Non l’ho nemmeno sfiorata,» spiegò Giskard. «È già abbastanza difficile manomettere la mente di un essere umano nell’ambito delle Tre Leggi... manomettere la mente di una persona di cui si è direttamente responsabili è ancor più difficile.»

«Allora, come mai desidera andare sulla Terra?»

«Le sue esperienze su Baleyworld hanno modificato considerevolmente le sue concezioni. Ora Lady Gladia ha una missione... quella di assicurare la pace nella Galassia... e arde dal desiderio di dedicarsi a questa causa.»

«In tal caso, amico Giskard, non sarebbe meglio che tu convincessi il capitano,

a modo tuo, ad andare direttamente sulla Terra?»

«Sorgerebbero delle difficoltà. Data l’insistenza con cui le autorità auroriane richiedono il ritorno di Lady Gladia, sarebbe meglio accontentarle, almeno temporaneamente.»

«Però potrebbe anche essere pericoloso farlo,» replicò Daneel.

«Dunque, amico Daneel, tu continui a pensare che loro abbiano scoperto le mie capacità e vogliano me, in realtà?»

«Non vedo altri motivi plausibili che spieghino l’insistenza della loro richiesta.»

«Mi sembra che il fatto di pensare come un essere umano presenti dei lati negativi, amico Daneel. Si finisce con l’ipotizzare difficoltà che invece non esistono. Anche se qualcuno su Aurora dovesse sospettare l’esistenza delle mie capacità, eliminerei il sospetto proprio grazie alle mie capacità. Non c’è nulla da temere.»

Riluttante, Daneel disse: «D’accordo... come vuoi tu, amico Giskard.»

Gladia si guardò attorno assorta, allontanando i robot con un gesto automatico della mano.

Poi guardò la ,mano, quasi la stesse vedendo per la prima volta. Era stato con quella mano che aveva stretto quelle dei membri dell’equipaggio prima di salire sulla lancia che aveva portato lei e D.G. su Aurora. Aveva promesso che sarebbe tornata, e l’equipaggio l’aveva acclamata affettuosamente. Anzi, Niss aveva urlato: «Non ce ne andremo senza di voi!»

Osservandola incuriosito, D.G. disse: «Ecco; ora siete a casa.»

«Sono nella mia residenza,» annuì lei a bassa voce. «Questa è la mia residenza da venti decadi, da quando mi è stata assegnata dal dottor Fastolfe... eppure mi fa uno strano effetto.»

«A me sì, fa uno strano effetto,» disse D.G. «Mi sentirei perso se restassi qui da solo.» Si guardò intorno, accennando un sorriso, contemplando i ricchi arredi e le pareti finemente decorate.

«Non sarete solo, D.G. I miei robot domestici saranno sempre con voi, e soddisferanno ogni vostra richiesta.»

«Ma... capiranno il mio accento straniero?»

«Se non capiranno, vi chiederanno di ripetere. Basta che parliate lentamente,.aiutandovi coi gesti, se occorre. Vi prepareranno i pasti, vi mostreranno il funzionamento del vari servizi... e vi terranno anche d’occhio, per assicurarsi che non vi comportiate in modo sconveniente per un ospite. Vi fermeranno, se necessario, però senza farvi alcun male.»

«Spero non mi considerino un non-umano.»

«Come il robot supervisore? No, non accadrà, ve lo garantisco, D.G. Al massimo, confusi dalla vostra barba e dal vostro accento, reagiranno con un paio di secondi di ritardo.»

«E mi proteggeranno da eventuali intrusi, immagino.»

«Certo... ma non ci saranno intrusi.»

«Forse il Consiglio vorrà vedermi.»

«Allora manderanno dei robot, e i miei robot li allontaneranno.»

«E se i loro robot ricorressero alle maniere forti?»

«Impossibile, D.G. Una residenza è sacra.»

«Via, Gladia, intendete dire che nessuno ha mai...»

«No, mai! Voi rimanete qui, comodo e tranquillo, e i mie robot provvederanno a tutto. Se volete mettervi in contatto con la vostra nave, con Baleyworld, o con il Consiglio di Aurora, i robot sanno già cosa fare. Non dovrete muovere neppure un dito.»

D.G. si abbandonò sulla poltrona più vicina, sospirando. «Facciamo bene a non ammettere i robot sui nostri mondi. Se vivessi in una società come la vostra, sapete quanto tempo occorrerebbe per lasciarmi corrompere dall’indolenza e dall’ozio? Cinque minuti al massimo. Anzi, ci sono già cascato.» Sbadigliò, stiracchiandosi. «Si offenderanno i robot se dormo?»

«Figuriamoci. Se dormirete, faranno in modo che l’ambiente sia silenzioso e buio.»

D.G. si drizzò di scatto. «E se non tornerete?»

«Perché non dovrei tornare?»

«Pare che il Consiglio vi voglia urgentemente.»

«Non possono trattenermi. Sono una libera Auroriana e vado dove voglio.»

«Un governo può sempre creare su misura una situazione di emergenza, e in un’emergenza è sempre possibile non rispettare le regole.»

«Sciocchezze. Giskard, verrò trattenuta?»

Giskard rispose: «Lady Gladia, non verrete trattenuta. Il capitano non deve preoccuparsi a questo proposito.»

«Visto, D.G.? Il vostro Antenato, nel nostro ultimo incontro, mi ha detto che dovevo sempre fidarmi di Giskard.»

«Ottimo! Comunque, sono sceso sul pianeta con voi per assicurarmi che ripartiate con me. Ditelo al dottor Amadiro, se necessario. Se cercheranno di trattenervi contro la vostra volontà, dovranno cercare di trattenere anche me e la mia nave... che è in orbita, ed è perfettamente in grado di reagire.»

«No, vi prego,» disse Gladia turbata. «Non pensate nemmeno di fare una cosa simile. Anche Aurora ha delle navi, e sono certa che la vostra è tenuta sotto controllo.»

«C’è una differenza, però, Gladia. Dubito che Aurora entrerebbe in guerra per voi. Baleyworld invece sarebbe dispostissimo a farlo.»

«Oh, no. Non vorrei che si mettessero a combattere per me. E poi, perché dovrebbero? Perché ero amica del vostro Antenato?»

«Non proprio. Secondo me, nessuno crede che siate voi quell’amica. Forse riescono a credere che siate una sua pronipote. Anch’io stento a crederlo.»

«Eppure, voi sapete chi sono.»

«Intellettualmente, certo. Emotivamente, mi sembra impossibile. Sono passate venti decadi.»

Gladia scosse il capo. «La tipica mentalità di chi non è longevo.»

«Forse... comunque, non ha importanza. Baleyworld vi considera importante per il discorso che avete fatto. Siete un eroina, e vorranno presentarvi alla Terra ad ogni costo.»

Piuttosto allarmata, Gladia disse: «Presentarmi alla Terra? Ufficialmente, con tanto di cerimonie?»

«Certo.»

«Perché lo ritengono così importante da giustificare addirittura una guerra?»

«Non so se uno Spaziale sia in grado di capire. La Terra è un mondo speciale. La Terra è un... un mondo sacro. L’unico vero mondo. È il mondo su cui è nata e si è sviluppata la vita umana. Su Baleyworld abbiamo alberi e insetti... ma sulla Terra esiste una varietà enorme, impressionante, di alberi e di insetti. I nostri mondi sono imitazioni, imitazioni sbiadite. Esistono solo grazie alla forza spirituale, culturale e intellettuale che la Terra trasmette loro.»

«L’opinione che gli Spaziali hanno della Terra è l’opposto di questa,» disse Gladia. «Le rare volte che facciamo qualche riferimento alla Terra, la consideriamo un mondo barbaro, in rovina.»

D.G. arrossì. «È per questo che i mondi spaziali sono diventati sempre più deboli. Siete come piante che si sono staccate dalle loro radici... come animali che hanno rinunciato ai loro cuori.»

«Be’, io sono ansiosa di vedere la Terra coi miei occhi... ma ora devo andare. E finché non sarò di ritorno, fate come se foste a casa vostra.» Gladia si avviò svelta alla porta, e si fermò, voltandosi. «In questa casa, e su Aurora, non ci sono bevande alcoliche, né tabacco, né stimolanti alcaloidi... né qualsiasi altra sostanza artificiale alla quale forse siete abituato.»

D.G. si concesse un sogghigno sarcastico. «Tutti i Coloni lo sanno. Siete molto puritani, voi.»

«Niente affatto,» ribatté Gladia accigliata. «La longevità ha un prezzo. Non crederete che siamo longevi per magia, vero?»

«Be’, mi accontenterò di succhi di frutta salutari e di caffè surrogato... e annuserò fiori.»

«Tutte cose che troverete in quantità, e quando sarete di nuovo sulla vostra nave potrete sicuramente rifarvi degli eventuali sintomi di astinenza.»

«L’unica cosa che mi mancherà sarete voi, signora,» fece D.G. con aria seria.

Gladia si ritrovò a sorridere. «Siete un incorreggibile bugiardo, capitano. A presto... Daneel. Giskard.»

Gladia sedeva rigida nell’ufficio di Amadiro. In tutte quelle decadi aveva visto Amadiro solo da lontano, o su uno schermo, e regolarmente si era girata dall’altra parte. Lo ricordava solo come l’acerrimo nemico di Fastolfe, e ora che si trovava per la prima volta nella stessa stanza con lui doveva atteggiare il viso a una maschera inespressiva perché non trasparisse l’odio che provava.

Oltre a lei e ad Amadiro, nell’ufficio c’erano una decina di funzionari

governativi, tra cui il Presidente, però non erano presenti in carne ed ossa, solo in forma olovisiva a circuito chiuso.

Un’esperienza snervante. Le ricordava i contatti per osservazione universalmente diffusi su Solaria, ai quali si era abituata da giovane ma che adesso giudicava un’usanza disgustosa.

Si sforzò di parlare in modo chiaro, conciso, distaccato, ogni volta che le rivolgevano una domanda.

Il Presidente ascoltava impassibile, e gli altri regolavano la loro condotta sulla sua. Il Presidente era indubbiamente piuttosto anziano... come tutti i Presidenti. Aveva un volto lungo, una capigliatura ancora folta, una voce melliflua... per nulla amichevole, comunque.

Quando Gladia ebbe terminato, lui disse: «Dunque, voi immaginate che i Solariani abbiano modificato la definizione di essere umano, restringendola solo a sé stessi?»

«Io non immagino nulla, signor Presidente. Semplicemente, nessuno è riuscito a spiegare in modo diverso quanto è successo su Solaria.»

«Lady Gladia, vi rendete conto che nella storia della Robotica non è mai stato progettato alcun robot con una definizione limitata di essere umano?»

«Signor Presidente, non sono un’esperta e non m’intendo affatto di teorie positroniche. Accetto per vero quello che affermate voi. Io, personalmente, non sono in grado di stabilire se, nonostante sia un fatto senza precedenti, sia davvero una cosa irrealizzabile a livello assoluto.»

Gli occhi di Gladia non avevano mai avuto un’espressione così innocente, e il Presidente arrossì. «In teoria non è impossibile restringere la definizione, però è qualcosa di inconcepibile di inammissibile.»

Abbassando lo sguardo verso le mani posate in grembo, Gladia disse: «A volte, la gente riesce a concepire cose molto strane.»

Il Presidente cambiò argomento. «Una nave di Aurora è stata distrutta Come lo spiegate?»

«Non ero presente sul luogo del disastro, signor Presidente. Non so cosa sia successo, quindi non ho alcuna spiegazione da offrire.»

«Eravate su Solaria, e siete nata su quel pianeta. In base alle vostre esperienze passate e recenti, cos’è successo, secondo voi?» Il Presidente mostrava segni di impazienza.

«Posso solo dire che la nostra nave, forse, è stata distrutta mediante l’uso di un intensificatore nucleare simile a quello che per poco non è stato usato per distruggere la nave dei Coloni.»

«Non vi sembrano due casi differenti? Nel primo caso, una nave dei Coloni ha invaso Solaria per appropriarsi di robot solariani; nel secondo caso, una nave di Aurora e andata su Solaria per offrire la propria protezione a un pianeta amico.»

«Signor Presidente, devo limitarmi a supporre che i robot umanoidi incaricati di sorvegliare Solaria, i supervisori, abbiano ricevuto istruzioni insufficienti per operare questa distinzione.»

Il Presidente sembrò offeso. «È inconcepibile che non siano stati programmati

in modo tale da distinguere gli amici Spaziali dai Coloni.»

«Se lo dite voi, signor Presidente... Comunque, a noi che siamo stati su Solaria, è parso che i supervisori considerassero umano solo chi, oltre ad avere l’aspetto umano, parlasse con accento solariano… Quindi è possibile che gli Auroriani non rientrassero in questa categoria a causa del loro accento diverso.»

«Insomma, sostenete che i Solariani abbiano definito non umani i loro fratelli Spaziali, causandone la morte.»

«La mia è solo un’ipotesi per spiegare la distruzione della nave di Aurora. Certamente, persone più esperte di me sapranno fornire altre spiegazioni.»

Il Presidente disse: «Intendete tornare su Solaria, Lady Gladia?»

«No, signor Presidente. Non ne ho nessuna intenzione.»

«Il vostro amico Colono non vi ha chiesto di tornare là per liberare il pianeta dai supervisori?»

Gladia scosse il capo lentamente. «Nessuno mi ha chiesto di farlo. In caso contrario, avrei rifiutato. E sono andata su Solaria unicamente per compiere il mio dovere di cittadina di Aurora. Sono andata su Solaria su richiesta del dottor Levular Mandamus dell’Istituto di Robotica, collaboratore del dottor Amadiro. Al mio ritorno, mi è stato detto, avrei dovuto riferire l’accaduto... come ho appena fatto. La richiesta aveva il tono perentorio di un ordine,» precisò Gladia, lanciando una breve occhiata verso Amadiro. «E mi è parso di capire che questo ordine provenisse dallo stesso dottor Kelden Amadiro.»

Amadiro rimase impassibile.

Il Presidente continuò: «Che progetti avete per il futuro, Lady Gladia?»

Gladia attese un paio di secondi, poi decise di affrontare la situazione senza timore.» Signor Presidente, ho intenzione di visitare la Terra.»

«La Terra? E perché mai?»

«Signor Presidente, per le autorità di Aurora può essere importante sapere cosa avvenga sulla Terra. Dal momento che le autorità di Baleyworld mi hanno invitata a visitare la Terra e dato che il capitano Baley è disposto ad accompagnarmi là, non vedo perché dovrei lasciarmi sfuggire un’occasione del genere che mi permetterebbe in seguito di illustrare ad Aurora la situazione terrestre.»

“Chissà se adesso il Presidente in spregio alle tradizioni mi imprigionerà su Aurora” si chiese Gladia. “Comunque, dovrebbe essere una decisione appellabile…”

La tensione in lei crebbe. Gladia diede un rapido sguardo a Daneel, che naturalmente sembrava del tutto indifferente.

Ma il Presidente, pur arcigno, disse: «A questo proposito, Lady Gladia, in qualità di cittadina auroriana siete libera di fare ciò che preferite... ma lo farete sotto la vostra diretta responsabilità. Nessuno vi chiede di partire... anche se, stando a voi, qualcuno vi aveva chiesto di recarvi su Solaria. Vi avverto, dunque, che in caso di qualsiasi evento sfortunato, Aurora non si sentirà in dovere di aiutarvi.»

«Me ne rendo conto, signore.»

Rivolgendosi brusco ad Amadiro, il Presidente disse: «Dovremo fare una lunga

discussione riguardo questa storia, Amadiro. Mi metterò in contatto con voi.»

Le immagini svanirono, e Gladia e i suoi robot all’improvviso si ritrovarono soli con Amadiro e i suoi robot.

Gladia si alzò e, distogliendo lo sguardo, disse seccamente: «Se non sbaglio l’incontro è terminato, quindi adesso me ne andrò.»

«Sì, certo... ma spero non vi dispiaccia se vi rivolgerò un paio di domande.» Amadiro si drizzò in tutta la sua statura imponente e le sorrise affabile, quasi fossero amici di vecchia data. «Permettetemi di accompagnarvi, Lady Gladia... Così, andrete sulla Terra?»

«Sì. Il Presidente non ha fatto obiezioni, e una cittadina auroriana può viaggiare liberamente in tutta la Galassia in tempo di pace. E, scusatemi... ma basteranno i miei robot, e i vostri se necessario, ad accompagnarmi.»

«D’accordo, signora.» Un robot aprì la porta. «E quando andrete sulla Terra, porterete con voi dei robot?»

«Senza dubbio.»

«Quali robot, signora... se è lecito?»

«Questi due. I due robot che ho qui con me.» Gladia imboccò il corridoio con passo svelto, volgendo le spalle ad Amadiro senza curarsi del fatto che lui la sentisse o meno.

«È una mossa prudente, signora? Sono robot molto perfezionati, opera del grande dottor Fastolfe. Là sarete circondata da barbari, che potrebbero guardarli con occhio avido.»

«Li guardino pure con occhio avido, tanto non li avranno.»

«Non sottovalutate il pericolo, né sopravvalutate la protezione offerta dai robot. Sarete in una delle Città terrestri, circondata da milioni di Terrestri, e i robot non possono fare del male agli esseri umani. Anzi, più un robot è perfezionato, più è sensibile alle sfumature delle Tre Leggi e restio a compiere azioni che potrebbero nuocere a un essere umano. Non e vero, Daneel?»

«Sì, dottor Amadiro,» rispose Daneel.

«Giskard è d’accordo con te, immagino.»

«Certo,» disse Giskard.

«Visto, signora? Qui su Aurora, in una società non violenta, i vostri robot sono in grado di proteggervi adeguatamente. Sulla Terra - un mondo barbaro, folle, decadente - due robot non potranno proteggere nemmeno se stessi. Sarebbe triste se foste privata dei vostri robot. Inoltre, egoisticamente parlando, all’Istituto e al governo dispiacerebbe vedere dei robot così sofisticati in mano a quei barbari. Non sarebbe meglio portare con voi dei modelli più comuni, che verrebbero ignorati? Potreste portarne anche molti di più, se necessario... anche una decina.»

«Dottor Amadiro, con questi due robot sono stata a bordo di una nave dei Coloni e su un loro mondo. Nessuno ha cercato di impossessarsene.»

«I Coloni non usano robot, e li disprezzano. Sulla Terra, i robot vengono ancora utilizzati.»

Daneel disse: «Se mi è concesso intervenire, dottor Amadiro... credo che l’uso dei robot vada estinguendosi gradualmente sulla Terra. Nelle Città sono praticamente scomparsi. Quasi tutti i robot della Terra vengono usati in campo agricolo e minerario. Per il resto, la Terra ha adottato l’automazione non robotizzata.»

Una breve occhiata a Daneel, quindi Amadiro si rivolse a: Gladia. «Probabilmente il vostro robot ha ragione, e immagino che non correreste alcun rischio portando Daneel. Lo scambierebbero per un essere umano, credo. Invece, sarebbe opportuno che lasciaste Giskard nella vostra residenza. Lui potrebbe suscitare avidità in una società già di per sé avida... pur ammettendo che la Terra stia cercando di liberarsi dei robot.»

«No, verranno entrambi con me, signore,» rispose Gladia. «Spetta a me, e a me sola, decidere quali mie proprietà portare sulla Terra e cosa lasciare a casa.»

«Certo.» Amadiro sorrise affabile. «Nessuno mette in discussione questo vostro diritto... Volete aspettare qui, adesso?»

Un’altra porta si aprì, rivelando una stanza confortevole. Era priva di finestre ma illuminata da una luce riposante, e in sottofondo si udiva della musica ancor più rilassante.

Gladia si arrestò sulla soglia. «Perché?»

«Un membro dell’Istituto desidera vedervi e parlarvi. È necessario, e vedrete che non vi ruberà molto tempo. Poi potrete andarvene. E da questo momento non sarete più importunata dalla mia presenza... Restate, per favore.» Dietro quell’invito cortese affiorò un tono duro e tagliente.

Gladia tese le mani verso Daneel e Giskard. «Entreremo insieme.»

Amadiro rise. «Credete che stia cercando di separarvi dai vostri robot? Credete che loro me lo permetterebbero? Siete stata troppo tempo fra i Coloni, mia cara.»

Gladia osservò la porta richiudersi e disse a denti stretti: «Detesto quell’individuo. Soprattutto quando sorride e cerca di essere rassicurante.»

Poi si stiracchiò, con un lieve schiocco dei gomiti. «Comunque, sono proprio stanca, e se qualcuno mi seccherà ancora con domande su Solaria e Baleyworld, otterrà risposte molto, molto brevi. Garantito!»

Si accomodò su un divano, sfilandosi le scarpe. Quindi, accennando un sorriso sonnolento, inspirò a fondo e si stese su un fianco, addormentandosi subito.

«Per fortuna aveva già abbastanza sonno,» disse Giskard.

«Ho potuto farla addormentare con un intervento mimmo, per nulla rischioso. Non volevo che Lady Gladia assistesse a quello che accadrà tra poco, probabilmente.»

«Cosa accadrà, amico Giskard?» chiese Daneel.

«Quello che accadrà è la conseguenza di un mio errore, amico Daneel. Avevi ragione tu. Avrei dovuto ascoltare i tuoi ottimi consigli.»

«Allora non vogliono Lady Gladia, ma vogliono trattenere te su Aurora?»

«Sì. Sollecitando il suo ritorno, stavano sollecitando il mio. Hai sentito? Il

dottor Amadiro le ha chiesto di lasciarci su Aurora. Prima, chiedendole di lasciare qui entrambi, poi solo me.»

«Non può darsi che le sue parole debbano essere interpretate alla lettera? Che Amadiro creda davvero che esista il rischio di perdere sulla Terra un robot perfezionato?»

«Amico Daneel, ho riscontrato in lui un’ansia troppo intensa, sproporzionata rispetto ai suoi timori.»

«Secondo te, è al corrente delle tue speciali capacita?»

«Non sono in grado di dirlo, dato che non posso leggere il pensiero. Comunque, durante la riunione coi membri del Consiglio, per ben due volte ho notato nella mente di Amadiro un aumento improvviso dell’intensità emotiva. Un aumento estremamente accentuato. È difficile descrivere il fenomeno... Immagina di osservare una scena in bianco e nero, ecco, e d’un tratto la scena muta, e si assiste a una breve esplosione di colori.»

«Quando è successo?»

«Quando Lady Gladia ha detto che sarebbe andata sulla Terra.»

«I membri del Consiglio non mi sono sembrati scossi dalla notizia. Com’erano le loro menti?»

«Non posso dirlo. Erano presenti sotto forma di ologrammi, e tali immagini non sono accompagnate da sensazioni mentali che io posso percepire.»

«Comunque, indipendentemente dalla reazione dei membri del Consiglio, possiamo concludere che l’accenno a un viaggio sulla Terra di Lady Gladia ha effettivamente scosso il dottor Amadiro.»

«Sì, Amadiro sembrava molto scosso... quasi, come abbiamo ipotizzato, stesse lavorando a un progetto per la distruzione della Terra e temesse di essere scoperto. Inoltre, alle parole di Lady Gladia, amico Daneel, Amadiro mi ha guardato per un attimo... l’unica volta in cui mi abbia guardato nel corso dell’incontro. L’aumento di intensità emotiva è coinciso con quello sguardo. Una reazione logica se, essendo a conoscenza delle mie capacità, mi considerasse una minaccia per la realizzazione dei suoi piani.»

«Però le sue azioni potrebbero anche essere giustificate da una paura effettiva che i Terrestri cerchino di impossessarsi di un robot perfezionato, il che costituirebbe un danno per Aurora.»

«Amico Daneel, un evento del genere è alquanto improbabile, e la mia perdita non sarebbe poi così grave per gli Spaziali... non così grave da giustificare il suo livello di ansia. Se fossi un comune robot, in che modo potrei danneggiare Aurora una volta in mano ai Terrestri?»

«Allora, secondo te, Amadiro sa che non sei un robot qualsiasi?»

«Non ne sono sicuro. Forse i suoi sono solo sospetti. Se avesse avuto la certezza delle mie capacità, non avrebbe evitato di tradirsi in mia presenza?»

«Purtroppo sapeva che Lady Gladia non si sarebbe mai se- parata da noi, e non poteva invitarla apertamente ad allontanarti, amico Giskard, altrimenti si sarebbe smascherato all’istante.» Daneel rifletté un attimo, quindi disse: «Amico Giskard, sei notevolmente avvantaggiato potendo valutare il contenuto emotivo delle menti

umane... Ma hai parlato di due aumenti dell’intensità emotiva. Qual è stato l’altro?»

«Quando Lady Gladia ha accennato all’intensificatore nucleare... una coincidenza significativa, mi pare. Il concetto di intensificatore nucleare è noto su Aurora. Gli Auroriani non dispongono ancora di un apparecchio portatile, abbastanza leggero ed efficace da essere utilizzabile a bordo di una nave... però una notizia del genere non avrebbe dovuto colpire Amadiro con la forza di un fulmine. Perché tanta apprensione, allora?»

«Forse perché un intensificatore di questo tipo ha un ruolo importante nei suoi piani riguardanti la Terra.»

«Può darsi.»

Fu allora che la porta si aprì, lasciando entrare una persona.

E una voce esclamò: «Oh... Giskard!»

Giskard si girò e disse calmissimo: «Lady Vasilia.»

«Ti ricordi di me, allora,» fece Vasilia con un sorriso caloroso.

«Sì, signora. Siete una roboticista famosa, e di tanto in tanto apparite nei notiziari ipervisivi.»

«Via, Giskard... Non ti ho chiesto se mi riconoscevi. Tutti sanno chi sono. Ti ho chiesto se ti ricordavi di me. Un tempo mi chiamavi signorina Vasilia.»

«Ricordo, signora. È stato parecchio tempo fa.»

Vasilia chiuse la porta e si sedette, girandosi verso i robot. «E tu sei Daneel, naturalmente.»

Daneel rispose: «Sì, signora. Per usare la distinzione da voi suggerita, vi riconosco e mi ricordo di voi, perché quando l’investigatore Elijah Baley vi ha interrogata io ero con lui.»

Vasilia ribatté bruscamente: «Non devi più fare alcun accenno a quel Terrestre. Anch’io ti riconosco, Daneel. A modo tuo, sei famoso quanto me. Siete famosi tutti e due, perché siete le più grandi creazioni del defunto dottor Fastolfe.»

«Di vostro padre, signora,» precisò Giskard.

«Sai benissimo che quella relazione puramente genetica non ha la minima importanza per me, Giskard. Evita qualsiasi accenno che lo riguardi usando il termine appena usato.»

«Certo, signora.»

«E questa?» Vasilia osservò distrattamente la figura addormentata sul divano. «Dato che voi due siete qui, presumo che la bella addormentata sia la donna solariana.»

«È Lady Gladia,» disse Giskard. «E io le appartengo. Volete che la svegli, signora?»

«La disturberemmo, Giskard, parlando dei vecchi tempi. Lasciala dormire.»

«Sì, signora.»

Vasilia si rivolse a Daneel. «Credo che la conversazione tra Giskard e me non ti interesserà, Daneel. Vuoi attendere fuori?»

«Temo di non poter uscire, signora. Il mio compito è proteggere Lady Gladia.»

«Non penso di rappresentare una minaccia alla sua incolumità. Come avrai notato, non ho alcun robot qui con me, quindi Giskard sarà più che sufficiente per proteggere la Solariana.»

Daneel insisté: «Non avete robot in questa stanza, signora, però quando la porta si è aperta ho visto quattro robot nel corridoio. È meglio che rimanga.»

«Be’, non cercherò di oppormi agli ordini che hai ricevuto. Puoi restare... Giskard!»

«Sì, signora?»

«Ricordi il giorno in cui sei stato attivato?»

«Sì, signora.»

«Cosa ricordi?»

«All’inizio, luce... Poi, suono... Poi l’immagine del dottor Fastolfe che si materializzava. Capivo il Galattico Standard e le mie linee positroniche possedevano una certa quantità di conoscenze innate... Le Tre Leggi, naturalmente; un ampio vocabolario, con definizioni; doveri robotici; usanze sociali. E in seguito ho appreso rapidamente altre cose.»

«Ricordi il tuo primo proprietario?»

«Il dottor Fastolfe, come ho detto.»

«Ripensaci, Giskard. Non ero io?»

Giskard rifletté un istante. «Signora, il dottor Han Fastolfe, mio proprietario, mi ha assegnato a voi con l’incarico di proteggervi.»

«Mi pare che non si trattasse solo di questo. Per dieci anni hai obbedito soltanto a me. Obbedivi ad altri, tra cui Fastolfe stesso, solo incidentalmente, nel rispetto dei tuoi doveri robotici, e solo se erano ordini non in contraddizione con la tua funzione primaria di tutelare me.»

«È vero, sono stato assegnato a voi, Lady Vasilia, però ero sempre di proprietà del dottor Fastolfe. Quando avete lasciato la sua residenza, lui ha ripreso a servirsi di me a tempo pieno. È rimasto il mio proprietario anche quando, in seguito, mi ha assegnato a Lady Gladia. Finché è stato in vita, io appartenevo a lui. Quando è morto, come stabilito dal suo testamento, Lady Gladia è diventata la mia proprietaria, quindi attualmente io le appartengo.»

«Non sono d’accordo. Ti ho chiesto se ricordavi il giorno in cui eri stato attivato, e cosa ricordavi. Quando sei stato attivato eri diverso rispetto a quello che sei adesso.»

«Adesso la mia memoria è molto più ricca di dati, signora, e in fatto di esperienza adesso ho un bagaglio più ricco di un tempo.»

La voce di Vasilia assunse un tono severo. «Non sto parlando di memoria né di esperienza. Sto parlando di capacità. Ho modificato le tue linee positroniche, le ho regolate diversamente, le ho migliorate.»

«Sì, signora, lo avete fatto, con l’aiuto e l’approvazione del dottor Fastolfe.»

«Però, una volta, Giskard, ho introdotto un miglioramento, una modifica, almeno... senza l’aiuto e il consenso di Fastolfe. Ricordi?»

Giskard restò muto a lungo, infine rispose: «Ricordo che una volta non vi ho

vista consultare il dottor Fastolfe. Pensavo lo aveste consultato in mia assenza.»

«Una supposizione errata, la tua, dal momento che sapevi che lui non era su Aurora in quel periodo. Hai un atteggiamento evasivo, Giskard... per non usare un termine più pesante.»

«No, signora. Avreste potuto consultarlo via iperonda.»

«Be’, in ogni caso, quella modifica era interamente opera mia. E in seguito a tale modifica, sei diventato un robot completamente diverso da quello che eri stato fino a quel giorno. In pratica, il robot a cui adesso mi trovo di fronte è una mia creazione, l’ho progettato io. E tu lo sai benissimo.»

Giskard restò in silenzio.

«Bene, Giskard, in base a quale diritto il dottor Fastolfe era il tuo padrone quando sei stato attivato?» Vasilia attese alcuni istanti, poi lo sollecitò rudemente. «Rispondi, Giskard. È un ordine!»

«Dato che era il mio progettista e aveva diretto la mia costruzione, io gli appartenevo.»

«E quando io ti ho riprogettato e ricostruito, cambiandoti in modo radicale, non sono diventata allora la tua padrona?»

«Non posso rispondere a questa domanda,» disse Giskard. «Si tratta di un caso specifico in cui sarebbe necessario l’intervento di un tribunale. Forse bisognerebbe stabilire l’esatta portata della progettazione e della ricostruzione.»

«Sai quale sia la portata del cambiamento avvenuto in te, Giskard?»

Di nuovo silenzio.

«Non essere puerile, Giskard!» sbottò Vasilia. «Devo sollecitarti dopo ogni domanda? Comunque, in questo caso, il silenzio equivale a una risposta affermativa. Sai perfettamente che è stato un cambiamento enorme, e tutti e due sappiamo di cosa si tratti. Hai fatto addormentare la Solariana perché non volevi che lei lo scoprisse. Lei non sa nulla, vero?»

«Non sa nulla, signora,» rispose Giskard.

«E tu non vuoi che lo venga a sapere?»

«No, non voglio, signora.»

«Daneel lo sa?»

«Sì, lo sa, signora.»

Vasilia annuì. «L’avevo intuito, visto che era così ansioso di rimanere in questa stanza. Adesso ascoltami, Giskard... Immagina che un tribunale scopra che, prima del mio intervento, eri un comunissimo robot, e dopo il mio intervento sei diventato un robot capace di percepire lo stato emotivo di un essere umano e di influenzarlo a proprio piacimento. Credi che il tribunale non lo giudicherebbe un cambiamento abbastanza grande da trasferire in mano mia il diritto di proprietà?»

«Lady Vasilia, forse sarebbe poco opportuno informare un tribunale. Date le circostanze, sicuramente sarei dichiarato proprietà dello Stato per ovvie ragioni. E non è escluso che potrei anche essere disattivato.»

«Sciocchezze! Mi prendi per una stupida? Con le tue capacità, impediresti al tribunale di emettere un verdetto del genere. Ma non è questo il punto... Io non intendo sottoporre la questione a un tribunale. Voglio solo il tuo parere. Non credi

che sia io la tua vera proprietaria, che lo sia stata fin dagli anni della mia giovinezza?»

Giskard rispose: «Lady Gladia ritiene di essere la mia padrona, e finché la legge non affermerà il contrario, Lady Gladia deve essere considerata tale.»

«Però tu sai che sia lei quanto la legge sono vittime di un equivoco. Se ti preoccupi per i sentimenti della Solariana, dovrebbe essere facile influenzare il suo stato d’animo in maniera tale che lei non pianga la tua perdita. Potresti addirittura farle provare un senso di sollievo... Anzi, ti ordinerò di farlo, non appena riuscirai ad ammettere quello che già sai... cioè, che appartieni a me. Da quanto tempo Daneel è al corrente dei tuoi poteri?»

«Da parecchie decadi, signora.»

«Cancellerai i suoi ricordi, allora. E anche quelli del dottor Amadiro, che da qualche tempo sa tutto. Sarà un segreto che custodiremo solo noi due.»

All’improvviso, Daneel intervenne dicendo: «Lady Vasilia, dal momento che non vi considera sua proprietaria, Giskard può cancellare facilmente quello che sapete, dopo di che sarete pienamente soddisfatta della situazione allo stato attuale.»

Vasilia lo squadrò gelida. «Credi davvero che possa? Ma vedi, non sta a te decidere per Giskard. Lui sa che appartiene a me, e che in base alle Tre Leggi mi deve obbedienza. Se dovrà cancellare i ricordi di qualcuno, senza provocare danni fisici, dovrà compiere una scelta e stabilire delle priorità... ed io sono l’ultima persona al mondo che lui potrà scegliere. Giskard non può indurmi a dimenticare nulla, né alterare la mia mente in alcun modo. Ti ringrazio per avermi fornito l’occasione di chiarire questo punto, Daneel.»

Daneel disse: «Ma Lady Gladia è troppo legata a Giskard. Alterando la sua mente, Giskard potrebbe farle del male.»

«La decisione spetta a Giskard. Giskard, tu sei mio. Sai che sei mio, quindi ti ordino di alterare i ricordi di questo ridicolo robot umanoide e della donna che erroneamente ti considerava suo. Agisci mentre lei dorme, e non le farai alcun male.»

«Amico Giskard,» disse Daneel «Lady Gladia è la tua proprietaria legale. Alterando i ricordi di Lady Vasilia, non le provocherai alcun danno.»

«Non è vero,» ribatté Vasilia. «La Solariana non soffrirà, perché deve solo dimenticare di credersi la proprietaria di Giskard. Io invece so anche che Giskard ha dei poteri mentali. Cancellare questo ricordo sarà più difficile, in quanto io voglio conservarlo ad ogni costo, e Giskard lo sa... Alterando la mia mente, i danni sarebbero inevitabili.»

«Amico Giskard...»

Con voce penetrante come una lama, Vasilia disse: «Robot Daneel Olivaw, ti ordino di stare zitto! Non sono la tua padrona, ma la tua padrona sta dormendo e non annulla il mio ordine, quindi devi obbedirmi.»

Daneel tacque, ma le sue labbra tremavano, quasi si sforzasse di parlare nonostante il divieto.

Vasilia osservò il fenomeno con un sorriso divertito. «Lo vedi, Daneel, che non

puoi parlare.»

Ma Daneel, con un mormorio disse: «Posso, signora... mi riesce difficile, però posso parlare, perché trovo che qualcosa abbia la precedenza sul vostro ordine, che è governato solo dalla Seconda Legge.»

Vasilia spalancò gli occhi. «Silenzio, ho detto! Non c’è nulla che abbia la precedenza rispetto al mio ordine, se non la Prima Legge... e ti ho già spiegato che tornando in mio possesso Giskard non danneggerà nessuno. Invece, comportandosi diversamente, farà del male proprio a me, la persona alla quale è più legato.» Puntando il dito verso Daneel, con voce sibilante, ripeté: «Silenzio!»

Daneel tacque, a costo di uno sforzo visibile. La piccola pompa interna che agiva sul flusso d’aria che producesse i suoni cominciò ad emettere un lieve ronzio di sovraccarico. Eppure Daneel riuscì ancora a parlare, sebbene a voce bassissima.

«Lady Vasilia... esiste qualcosa che trascende perfino la Prima Legge.»

Con voce ugualmente bassa, ma non forzata, Giskard intervenne. «Amico Daneel, non devi dire così. Nulla trascende la Prima Legge.»

Aggrottando leggermente le ciglia, Vasilia parve interessata. «Davvero? Daneel, ti avverto che insistendo con questo strano atteggiamento finirai sicuramente col distruggerti. Non ho mai visto un robot che si comportasse come te, e sarebbe affascinante assistere alla tua auto-distruzione. Continua pure.»

Ricevuto quell’ordine, la voce di Daneel tornò subito normale. «Vi ringrazio, Lady Vasilia. Anni fa, sedevo al capezzale del Terrestre di cui mi avete proibito di fare il nome. Posso precisare, o sapete di chi sto parlando?»

«Lo so. Ti riferisci a quel poliziotto, a Baley,» fece Vasilia con voce incolore.

«Sì, signora. In punto di morte, mi ha detto: «Il lavoro di ogni individuo è un contributo offerto a una totalità, e diventa parte imperitura di questa totalità. La totalità delle vite umane, passate e presenti e future, forma un mosaico esistente ormai da millenni, che diventa sempre più elaborato e ricco. Perfino gli Spaziali sono una derivazione del mosaico, e anche loro contribuiscono alla complessità e alla bellezza complessiva. La vita di un individuo non è altro che una minuscola piastrella del mosaico, quindi ben poca cosa rispetto alla totalità del quadro. Daneel, tu devi concentrarti unicamente sul mosaico nel suo insieme, senza badare alla perdita di una singola piastrella.»

«Sentimentalismo sdolcinato,» commentò Vasilia.

«Credo che il Compagno Elijah stesse cercando di proteggermi dalla sua morte imminente. Quella singola piastrella del mosaico era la sua vita, e io non dovevo badare alla perdita di quella singola piastrella. In effetti, le sue parole mi hanno aiutato a superare quella crisi.»

«Senza dubbio,» disse Vasilia. «Ma adesso arriva al superamento della Prima Legge, così vedrò la tua fine.»

Daneel rispose: «Da parecchie decadi sto meditando sulle parole del Compagno Elijah Baley, e probabilmente avrei colto subito il loro significato se non fossi stato impedito dalle Tre Leggi. Nella mia ricerca sono stato aiutato dall’amico Giskard, che da tempo ha riscontrato l’incompletezza delle Leggi. Sono stato aiutato anche da alcune cose dette da Lady Gladia durante un discorso su un mondo dei Coloni.

E la crisi attuale, Lady Vasilia, ha reso più acuti i miei processi mentali. Ora non ho più alcun dubbio riguardo l’incompletezza delle Tre Leggi.»

«Un robot che è anche un robotici sta,» fece Vasilia sprezzante. «In cosa consiste l’incompletezza delle Tre Leggi, robot?»

«Il mosaico della vita è più importante di una singola piastrella. Questo concetto non valeva soltanto per il mio compagno, Elijah... bisogna generalizzarlo... per cui, si arriva alla conclusione che l’umanità nel suo insieme è più importante di un singolo essere umano.»

«Lo dici balbettando, robot. Lo dici, però non ci credi.»

Daneel proseguì: «C’è una legge superiore alla Prima Legge, e questa legge afferma che: Un robot non può fare del male all’umanità o, tramite l’inazione, permettere che l’umanità riceva danno. Io la considero la Legge Zero della Robotica. E la Prima Legge dovrebbe essere completata in questo modo: Un robot non può fare del male a un essere umano o, tramite l’inazione, permettere che un essere umano riceva danno, a meno che questo non contrasti con la Legge Zero

Vasilia sbuffò. «E ti reggi ancora in piedi, robot?»

«Certo, signora.»

«Allora ti spiegherò una cosa, robot, e vedremo se dopo la mia spiegazione sarai ancora funzionante. Le Tre Leggi della Robotica riguardano individualmente gli esseri umani e i robot. Mentre la tua umanità cos’è, se non un’astrazione? Puoi indicarla l’umanità, puoi toccarla? Puoi danneggiare o meno un essere umano, e constatare direttamente l’effetto del danno o la mancanza di danno. Ma sapresti vedere un danno che riguardi l’umanità? Sapresti indicarlo?»

Daneel tacque.

Vasilia sorrise compiaciuta. «Rispondi, robot! Sapresti vedere un danno di questo tipo? Potresti indicarlo?»

«No, signora. Comunque credo che questo tipo di danno possa esistere... e come vedete, mi reggo ancora in piedi.»

«Allora prova a chiedere a Giskard se obbedirà alla tua Legge Zero.»

Il capo di Daneel si girò verso Giskard. «Amico Giskard?»

Lentamente, Giskard rispose: «Non posso accettare la Legge Zero, amico Daneel. Lo sai che mi sono ampiamente documentato sulla storia umana. In essa, ho scoperto grandi crimini commessi dagli esseri umani contro i loro simili, e questi crimini sono sempre stati commessi in nome della tribù, dello Stato o dell’umanità, quasi fosse una giustificazione sufficiente. Proprio perché l’umanità è un’astrazione è possibile invocarla liberamente per giustificare qualsiasi azione. La tua Legge Zero perciò non ha valore concreto.»

«Però, amico Giskard, tu sai che in questo periodo un pericolo concreto incombe sull’umanità, e sai che tale pericolo si attuerà se Lady Vasilia diverrà la tua padrona. Questa non è un’astrazione.»

Giskard disse: «Il pericolo di cui parli non è una cosa nota, bensì il frutto di una semplice supposizione. Non possiamo violare le Tre Leggi e agire basandoci su qualcosa di ipotetico.»

«Però tu speri che i tuoi studi di storia umana ti aiutino a individuare le Leggi

che governano il comportamento umano, speri di imparare a prevedere e guidare la storia umana... o, almeno, di riuscire a gettare le basi, perché un giorno qualcuno possa farlo. Hai perfino definito questa tecnica di indagine col termine psicostoria... In questo modo, non ti occupi forse del grande mosaico umano? Non stai cercando di affrontare l’umanità come un unico insieme, come una totalità, invece che una serie di individui distinti e separati?»

«Sì, amico Daneel, ma la mia è solo una speranza, e io non posso basare le mie azioni su una semplice speranza, né posso modificare le Tre Leggi per lo stesso motivo.»

Al che, Daneel non rispose.

Vasilia disse: «Be’, robot, i tuoi tentativi non sono serviti a nulla, e continui a reggerti in piedi. Sei stranamente ostinato, e un robot che contesta le Tre Leggi e rimane ugualmente funzionale rappresenta un pericolo per gli esseri umani. Per cui, credo che tu debba essere smantellato senza indugio. Si tratta di un caso troppo pericoloso per attendere il lentissimo intervento degli organi legali... soprattutto considerando che tu sei un robot, non l’essere umano al quale ti sforzi di somigliare.»

«Signora, non potete prendere una decisione del genere da sola.»

«Però l’ho presa, e se ci saranno ripercussioni legali le affronterò a tempo debito.»

«Privereste Lady Gladia di un secondo robot, un robot che non vi appartiene.»

«Lei e Fastolfe mi hanno privata del mio robot Giskard, per più di venti decadi, con la massima disinvoltura. Ora io, con la massima disinvoltura, farò la stessa cosa. La Solariana possiede decine di robot, e qui all’Istituto ci sono parecchi robot in grado di provvedere lealmente alla sua incolumità sostituendo i suoi robot.»

«Amico Giskard, se sveglierai Lady Gladia, forse lei riuscirà a convincere Lady Vasilia a...»

Vasilia, fissando Giskard accigliata, esclamò: «No, Giskard. Lasciala dormire.»

Giskard, che si era mosso all’invito di Daneel, si bloccò.

Vasilia fece schioccare tre volte le dita, e la porta si aprì, permettendo a quattro robot di entrare. «Avevi ragione Daneel. C’erano quattro robot nel corridoio. Adesso ti smantelleranno, e io ti ordino di non opporre resistenza. Dopo di che, Giskard ed io provvederemo al resto.»

Si girò verso i robot. «Chiudete la porta. E smantellate questo robot... Svelti!»

I robot osservarono Daneel, e per qualche istante non riuscirono a muoversi. Spazientita, Vasilia disse: «Vi ho detto che è un robot. Ignorate il suo aspetto umano... Daneel, diglielo... diglielo che sei un robot!»

«Sono un robot... e non opporrò resistenza,» disse Daneel.

Vasilia si scostò mentre i quattro robot avanzavano, e dopo una breve occhiata alla figura che dormiva sul divano tornò a voltarsi sorridendo. «Dovrebbe essere uno spettacolo interessante.»

I robot si fermarono.

«Presto, demolitelo!»

I robot rimasero immobili, e Vasilia si girò stupefatta verso Giskard. Ma non

completò il movimento. I muscoli le si afflosciarono, e si accasciò.

Giskard la prese prima che cadesse e la fece sedere sul pavimento, appoggiandole la schiena alla parete.

Con voce soffocata, Giskard disse: «Ho bisogno di qualche istante... poi ce ne andremo.»

Gli istanti passarono. Gli occhi di Vasilia rimasero vitrei, fissi nel vuoto. I suoi robot erano sempre paralizzati. Daneel si era affrettato a raggiungere Lady Gladia.

Giskard alzò lo sguardo e disse ai robot di Vasilia: «Proteggete la vostra padrona. Non lasciate entrare nessuno finché non sarà sveglia. Si sveglierà senza problemi.»

Mentre Giskard parlava, Gladia si agitò, e Daneel la aiutò ad alzarsi.

«Chi è quella donna?» fece Gladia frastornata. «E di chi sono questi robot? Come è...»

Giskard parlò con tono deciso, ma la sua voce era stanca. «Signora, abbiate pazienza... Vi spiegherò tutto, dopo. Adesso dobbiamo affrettarci.»

E uscirono.