CAPITOLO QUINTO IL PIANETA ABBANDONATO

 

Per la quinta volta in vita sua, Gladia si trovava a bordo di un’astronave. Non ricordava con precisione quanto tempo addietro lei e Santirix fossero andati assieme sul mondo di Euterpe per vederne le famose e incomparabili foreste pluviali, ancor più belle sotto il chiarore romantico del suo luminoso satellite, Gemstone.

La foresta era in effetti verde e lussureggiante, con gli alberi piantati in file ordinate e la fauna attentamente selezionata, così da fornire colore e vivacità evitando invece creature velenose o altrimenti sgradevoli.

Il satellite, con un diametro di 150 chilometri, era abbastanza prossimo a Euterpe da risplendere con l’intensità di una gemma. Era così vicino al pianeta che lo si vedeva quasi sfrecciare nel cielo da ovest ad est superando il moto rotatorio più lento del pianeta. Si accendeva sorgendo verso lo zenit, e si spegneva a mano a mano che calava verso l’orizzonte. La prima notte lo si osservava affascinati, la seconda notte con attrazione minore, la terza con una vaga insoddisfazione... sempre che il cielo in quelle notti fosse limpido, fenomeno piuttosto insolito.

I nativi di Euterpe non guardavano mai il satellite, anche se naturalmente ne parlavano m termini entusiastici ai turisti.

Complessivamente, Gladia aveva apprezzato quel viaggio, ma ciò che ricordava con maggior piacere era la gioia del ritorno su Aurora e la decisione di non viaggiare mai più, a meno che non fosse proprio necessario. (Ora che ci pensava, dovevano essere passate almeno otto decadi.)

Per un po’ aveva vissuto nell’inquietante timore che il marito insistesse per compiere un nuovo viaggio, ma lui non ne aveva mai parlato. Forse aveva preso la stessa decisione della moglie, e a sua volta temeva che potesse essere Gladia a chiedergli di partire.

II fatto che non amassero particolarmente viaggiare non li distingueva dalla massa. Gli Auroriani, e gli Spaziali in genere, erano tendenzialmente tipi sedentari. I loro mondi, le loro residenze, erano troppo comodi. Tutto sommato, il massimo del piacere era essere accuditi dai robot, robot che conoscevano ogni segnale del padrone, che sapevano interpretare i suoi desideri e le sue manie anche senza ricevere ordini verbali.

Gladia si agitò, a disagio. D.G. si riferiva a questo quando parlava di decadenza di una società robotica?

Ma adesso eccola di nuovo nello spazio, dopo tanto tempo. E a bordo di una nave terrestre, per giunta.

Non che avesse visto molto della nave, però quel poco che aveva intravisto di sfuggita la turbava. Nient’altro che linee rette, angoli e superfici lisce. Apparentemente, tutto quel che non era spartano era stato eliminato, quasi non dovesse esistere che la funzionalità. Pur non sapendo quali fossero di preciso le caratteristiche funzionali dei vari oggetti sulla nave, Gladia si rendeva conto che