Va', librettino!
«Mia moglie» disse Emmanuel Rubin con un fremito d'indignazione nella rada barbetta «ha comperato un altro toro».
I discorsi sulle donne e, in particolare sulle mogli, erano vietati alle riunioni mensili, esclusivamente maschili, dei Vedovi Neri, chiamati intenzionalmente così. Ma le abitudini sono dure a morire. Mario Gonzalo, che ci stava tracciando un rapido schizzo dell'ospite di quella sera, disse: «Nel tuo miniappartamento?»
«È un appartamento che va benissimo» disse Rubin indignato. «Soltanto, sembra piccolo. E non sembrerebbe così piccolo se lei non continuasse a portarci tori di legno, di porcellana, di terracotta, di bronzo e di feltro. Ne ha di tutte le dimensioni, da due centimetri a trenta. Li mette alle pareti, sugli scaffali, sul pavimento, li appende al soffitto…»
Avalon, dall'alto della sua imponenza, rigirò lentamente il bicchiere tra le dita e disse: «Ha bisogno di un simbolo di virilità, immagino».
«Pur avendo me?» disse Rubin.
«Avendo te» disse Gonzalo e prese l'aperitivo che gli veniva porto con sollecitudine da Henry. Poi si affrettò a raggiungere il suo posto per evitare la replica esplosiva di Rubin.
All'altro capo della tavola James Drake disse a Roger Halsted: «A, B…» e fece una lunga pausa.
«Cosa?» disse Halsted, corrugando la fronte.
«Aspetta e aspetta, niente C» disse Drake, tossendo per il fumo della sua stessa sigaretta, come faceva spesso.
Halsted era disgustato. «La prossima volta aspetterai ancora di più. Il mese scorso io c'ero, ma tu no».
«La famiglia!» si limitò a dire Drake. «Cos'è questa storia che stai riscrivendo l'Iliade in limerick?»
«Una poesiola per ogni libro» disse Halsted con orgoglio evidente. «Anche l'Odissea».
«Jeff Avalon mi ha recitato il limerick per il primo libro appena mi ha visto».
«Ho scritto anche quello per il secondo. Lo vuoi sentire?»
«No» disse Drake.
«Dice così:
Fallisce di Agamennone la strategia carente,
Il morale delle truppe è fatiscente,
Tersite si lamenta,
Odisseo lo spaventa,
Ed ecco delle navi l'elenco sorprendente».
Drake, impassibile, disse: «L'ultimo verso ha troppe sillabe».
«Non posso farci niente» disse Halsted, con insolito calore. «Non si può chiudere il secondo libro senza accennare alla descrizione delle navi. E poi la metrica è rispettata».
Drake scosse la testa. «Non tanto da soddisfare un purista.»
Thomas Trumbull, con un sorrisetto maligno, disse: «Spero che lei, Henry, abbia notato che sono arrivato presto oggi, pur non essendo l'anfitrione».
«L'ho notato, signor Trumbull» disse Henry, con un cortese sorriso.
«Il meno che lei possa fare è riconoscerlo pubblicamente dopo quanto ha detto di me l'altra volta».
«Lo riconosco, signore, ma sarebbe un errore dare pubblicità alla cosa. Darebbe l'impressione che per lei è stato difficile arrivare in orario e nessuno conterebbe che lei faccia altrettanto, la prossima volta. Se tutti lo ignoreremo sembrerà che tutti diamo per scontato che lei lo farà e così non dovrà preoccuparsi di farlo effettivamente».
«Mi dia il mio scotch e soda, Henry, e mi risparmi la dialettica».
In realtà l'anfitrione era Rubin e l'ospite era uno dei suoi editori, un signore dal viso tondo, con le gote lisce e un bonario sorriso. Si chiamava Ronald Klein.
Come la maggior parte degli ospiti, non riusciva a infilarsi nel carosello della conversazione e finì col gettarsi sull'unica persona conosciuta della tavolata.
«Manny» disse, «hai detto che Jane ha comperato un altro toro?»
«Esatto» disse Rubin. «Una mucca, in realtà, dato che è accovacciata su una falce di luna crescente, ma è difficile dirlo con sicurezza. Chi fa quegli oggetti entra raramente in dettagli anatomici precisi».
Avalon, che brandiva coltello e forchetta preparandosi a tagliare da esperto il vitello farcito, si fermò per dire: «La mania del collezionismo è una cosa che prende quasi tutte le persone danarose. Ha molti lati piacevoli, l'eccitazione della ricerca, l'estasi del possesso e poi la gioia della contemplazione. Si può collezionare qualunque cosa. Io stesso raccolgo francobolli».
«I francobolli» intervenne Rubin, «sono senz'altro la cosa peggiore da collezionare. Sono prodotti assolutamente artificiali. Nazioni formato tascabile emettono delle serie preparate apposta per incassare somme enormi. Un errore di incisione, di stampa e si creano dei falsi valori. Tutta la cosa è in mano ad affaristi e finanzieri. Se vuoi fare il collezionista, raccogli cose senza valore».
Gonzalo disse: «Un mio amico colleziona i libri che scrive. Finora ne ha pubblicati centodiciotto e sta attento a procurarsi le copie di ogni edizione, in tutte le lingue, rilegate o in brossura, in edizione di lusso o economiche. Ne ha una stanza piena e dice di essere il solo al mondo ad avere una collezione completa delle sue opere e che un giorno avrà un valore enorme».
«Dopo la sua morte» fece Drake, caustico.
«Credo che stia progettando di fingersi morto, vendere la collezione per un milione di dollari, risuscitare e continuare a scrivere sotto pseudonimo».
Klein si unì alla conversazione generale. «Ieri ho conosciuto un tipo» disse, «che colleziona bustine di fiammiferi».
«Le collezionavo anch'io da bambino» disse Gonzalo. «Le cercavo su tutti i marciapiedi e in tutti i vicoli…»
Ma Trumbull, che aveva mangiato in silenzio, cosa insolita per lui, improvvisamente gridò: «Accidenti, chiacchieroni che non siete altro, il nostro ospite ha detto qualcosa. Signor… Klein, che cosa aveva detto?»
Klein parve sorpreso. «Ho detto che ieri ho conosciuto un tale che colleziona bustine di fiammiferi».
«Potrebbe essere interessante» fece Halsted, amabile, «se…»
«Taci» ruggì Trumbull. «Voglio sentire di che cosa si tratta». Rivolse il viso rugoso e abbronzato verso Klein. «Come si chiama questo collezionista?»
«Non ricordo, mi spiace» disse Klein. «L'ho conosciuto appena ieri, a colazione, non l'avevo mai visto prima. Eravamo in sei a tavola e ha cominciato a parlare delle sue bustine di fiammiferi. Sentite, prima ho pensato che era matto, ma quando ha finito ho deciso di mettermi anch'io a far collezione».
«Aveva le basette brizzolate, un po' rossicce?» chiese Trumbull.
«Ma sì! Lo conosce?»
«Mmm» disse Trumbull. «Senti, Manny, so che l'anfitrione sei tu e non vorrei usurpare i tuoi diritti…»
«Ma stai per farlo» disse Rubin, «non è così?»
«No, accidenti, no» disse Trumbull con calore. «Te ne sto chiedendo il permesso. Avrei piacere che il nostro ospite ci dicesse tutto della colazione di ieri con il collezionista».
Rubin disse: «Vuoi dire invece di torchiarlo? Non torchiamo più nessuno!»
«Il racconto potrebbe essere importante».
Rubin ci pensò sopra, un po' contrariato, poi disse: «Benissimo, ma dopo il dessert… Che cosa abbiamo oggi per dessert, Henry?»
«Zabaglione, signore, in armonia con il menù all'italiana».
«Calorie, calorie» gemette Avalon.
Halsted fece tintinnare il cucchiaino mescolando lo zucchero nel caffè: se ne infischiava, lui, del perentorio giudizio di Rubin, secondo il quale chiunque aggiungeva qualcosa a un buon caffè era un barbaro. Disse: «Vogliamo compiacere Tom, adesso, e far raccontare dal nostro ospite la storia delle bustine di fiammiferi?»
Klein si guardò attorno e disse con una risatina: «Volentieri, ma non so se sia interessante…»
«Lo dico io che è interessante» disse Trumbull.
«Benissimo, non intendo contraddire. Per la verità, sono stato io a dare il via a tutta la faccenda. Eravamo al ristorante Il gallo e il toro, nella Cinquantatreesima Strada…»
«Una volta Jane ha voluto mangiare là» disse Rubin. «Niente di eccezionale».
Trumbull disse: «Ti strangolerei, Manny. Cos'è questo gran parlare di tua moglie, oggi? Se ne senti la mancanza, va' a casa».
«Sei l'unica persona che conosca, Tom, che farebbe sentire a chiunque la mancanza di qualsiasi moglie».
«La prego, signor Klein, continui» disse Trumbull.
Klein ricominciò. «Bene. Come ho detto, ho dato io lo spunto, accendendo una sigaretta mentre aspettavamo il menù. Ma mi sono subito sentito a disagio. Non so come sia, ma al giorno d'oggi si fuma molto meno a tavola. A questa tavola, ad esempio, il signor Drake è l'unico che fuma, e immagino non se ne preoccupi…»
«No» mormorò Drake.
«Io me ne sono preoccupato, invece, e ho spento la sigaretta dopo poche boccate. Ma ero imbarazzato e così mi sono messo a giocherellare con la bustina di fiammiferi, sapete, di quelle che si trovano su ogni tavolo di ristorante».
«Con la pubblicità del locale, sì» disse Drake.
«E questo individuo… Ecco, adesso ricordo: Ottiwell. Non conosco il nome di battesimo».
«Frederick» borbottò Trumbull, scarsamente soddisfatto.
«Allora lo conosce».
«Lo conosco, ma andiamo avanti».
«Continuavo a giocherellare con la bustina e Ottiwell allungò una mano e mi chiese di vederla. Gliela porsi. La guardò e disse qualcosa come “Mica tanto interessante. Disegno senza particolare fantasia. L'ho già.” O qualcosa del genere, non ricordo le parole esatte».
Halsted disse, pensoso: «Questo è un punto interessante, signor Klein. Lei, almeno, ricorda di non ricordare le parole esatte. In tutta la narrativa in prima persona chi racconta la storia ricorda sempre ogni parola detta dagli altri, e nell'ordine esatto. La cosa non mi ha mai convinto».
«Si tratta soltanto di una convenzione» disse Avalon, serio, sorseggiando il caffè. «Ma ammetto che vada meglio la terza persona. Quando si usa la prima persona, chi legge sa già che il narratore sopravviverà a tutti i pericoli mortali che incontrerà…»
«Una volta ho scritto un racconto in prima persona» disse Rubin, «in cui il narratore muore».
«Questo succede anche nella canzone El Paso» disse Gonzalo.
«Ne L'assassinio di Roger…» cominciò Avalon.
E Trumbull si alzò e batté forte il pugno sulla tavola. «Che Dio mi aiuti, branco di idioti, ucciderò il primo che parla. Perché non mi credete se vi dico che questa faccenda è importante?… Vada avanti, signor Klein».
Klein era decisamente a disagio. «Io l'importanza non la vedo, signor Trumbull. Non c'è nemmeno molto da raccontare. Questo Ottiwell si mise a parlarci di bustine di fiammiferi. A quanto pare, per gli appassionati sono tutto. Molti fattori diversi contribuiscono ad aumentarne il valore: non solo la bellezza e la rarità ma anche il fatto che i fiammiferi siano intatti e che la striscia per lo sfregamento non sia usata. Ha parlato di diversità di disegno, di posizione della striscia di tipo e numero delle scritte, del colore dell'interno dell'astuccio e così via. Ha continuato per un pezzo, e questo è tutto. A parte il fatto che ha reso la cosa tanto interessante che ne sono stato preso, come ho detto».
«L'ha invitata a casa sua per vedere la collezione?»
«No» disse Klein, «non mi ha invitato».
«Io ci sono stato» disse Trumbull, dopo di che si appoggiò allo schienale della sedia con l'aria di più profonda soddisfazione.
Seguì un silenzio e, mentre Henry distribuiva i bicchierini di brandy, Avalon disse, con una sfumatura di noia: «Se la pena di morte è stata abrogata, Tom, posso chiedere come è la casa di questo collezionista?»
Pareva che Trumbull tornasse da molto lontano. «Cosa? Oh… è una casa bizzarra. Ha cominciato la collezione da bambino. Che io sappia, ha raccolto i primi esemplari nei rigagnoli e nei vicoli, come ha fatto Gonzalo, ma a un certo punto la faccenda è diventata seria.
«Ottiwell è scapolo. Non lavora, non ne ha bisogno, ha ereditato un certo patrimonio e lo ha investito accortamente, quindi vive soltanto per quelle maledette bustine di fiammiferi. Credo che siano loro le padrone di casa e tengano lui come custode.
«Alle pareti ha in mostra gli esemplari pregiati: in cornice, prego credere. Tiene le bustine in cartelle, in scatole, dappertutto. Tutto l'interrato è occupato da schedari in cui sono catalogate per tipo e alfabeticamente. Stentereste a credere quante decine di migliaia di diverse bustine sono state fatte al mondo, e con quante scritte e caratteristiche: e credo che lui le abbia tutte.
«Ha delle bustine minuscole con due fiammiferi soltanto e altre lunghe mezzo metro che ne contengono centocinquanta. Ha fiammiferi a forma di bottiglia, di mazze di baseball e di birilli. Ha bustine senza dicitura né decorazione, e altre con il pentagramma. Maledizione, ha un raccoglitore intero di bustine pornografiche».
«Mi piacerebbe vederlo» disse Gonzalo
«Perché?» disse Trumbull. «È la stessa roba che si vede dappertutto, solo che sulla bustina di fiammiferi è più facile bruciarla e disfarsene».
«Hai l'istinto del censore» disse Gonzalo.
«Che vuoi fare? Giocare a ping-pong con le parole? Abbiamo una cosa seria da discutere».
«Cosa c'è di tanto serio in un mucchio di bustine di fiammiferi?» domandò Gonzalo.
«Ora ve lo dirò». Trumbull guardò uno per uno tutti i commensali. «Ascoltate, massa di sciocchi, quello che diciamo qui è sempre confidenziale».
«Lo sappiamo» disse seccamente Avalon. «Se qualcuno lo ha dimenticato, questo sei tu, altrimenti non ce l'avresti ricordato».
«Dovrebbe saperlo anche il signor Klein…»
Rubin lo interruppe subito. «Il signor Klein comprende perfettamente. Sa che qualunque cosa avvenga qui non deve mai essere riferita, in nessuna circostanza. Mi rendo garante per lui».
«Benissimo, d'accordo» disse Trumbull. «Ora vi riferirò, il più brevemente possibile. Che Dio mi aiuti. Non vi avrei detto nulla se non fosse stato per la colazione di ieri di cui ha parlato Klein. È una cosa che mi irrita. Ha lavorato dentro di me per mesi, per più di un anno, ormai. E dato che è venuta a galla…»
«Ascolta» lo interruppe Drake, reciso. «O ce lo dici o non ce lo dici».
Trumbull, stizzito, riattaccò: «Si tratta di una fuga di informazioni».
«Di che genere? Da dove?» disse Gonzalo.
«Lasciamo andare. Non dico che si tratti del governo, e neppure che c'entrino degli agenti stranieri, mi capite. Può darsi che si tratti di spionaggio industriale, o del furto del codice dei segni convenzionali della squadra di baseball di New York. Può darsi che qualcuno stia tentando degli imbrogli in un esame, come nel caso riferito da Drake un paio di mesi fa. Chiamiamola soltanto una fuga di informazioni, d'accordo?»
«D'accordo» disse Rubin. «E chi è coinvolto? Questo Ottiwell?»
«Ne siamo quasi sicuri».
«Allora arrestatelo».
«Non abbiamo prove. Non possiamo fare altro che sforzarci di bloccare qualsiasi informazione a lui diretta e non vogliamo fare nemmeno questo… non del tutto».
«E perché no?»
«Perché non si tratta di sapere chi è l'individuo, ma come lo fa. Se lo mettiamo dentro senza capire qual è il metodo usato, un altro prenderà il suo posto. Gente se ne trova, è il modus operandi che vogliamo».
«Avete un'idea del mezzo di trasmissione?» chiese Halsted socchiudendo le palpebre.
«Bustine di fiammiferi. Che altro può essere? Tutte le indicazioni in nostro possesso puntano su Ottiwell come autore della fuga di informazioni. E Ottiwell è quell'originale che fa collezione di bustine di fiammiferi. Deve esserci un nesso».
«Vuoi dire che si è messo a collezionare bustine di fiammiferi per potere…»
«No, ne ha fatto collezione tutta la vita, non c'è dubbio. Ci ha messo trent'anni a farsi la collezione. Ma quando è stato assoldato per trasmettere informazioni, ha escogitato un sistema che comporta l'uso delle bustine, visto che ne fa collezione».
«Che sistema?» intervenne Rubin, impaziente.
«È appunto questo che non so, ma esiste. In un certo senso, le bustine di fiammiferi servono perfettamente allo scopo. Portano delle scritte e se sono scelte con cura non è necessario modificarle. Prendiamo per esempio il ristorante in cui sei stato ieri, Klein, Il gallo e il toro. Sull'esterno delle bustine ci sarà sicuramente scritto Il gallo e il toro».
«Mi sembra logico, non ho guardato».
«Io ne sono certo. Allora, se si vuole annullare un messaggio precedente, si mette in una busta metà dell'involucro dei fiammiferi e la si spedisce per posta. Non significa forse che il messaggio precedente era soltanto un'esagerazione?»
Gonzalo disse: «Che sciocchezza! Sta' a sentire, Tom, se uno spedisce per posta una bustina per fiammiferi finisce per forza col farsi notare. Si ha immediatamente l'impressione che ci sia qualcosa di strano».
«Non però se c'è una ragione plausibile per spedire bustine di fiammiferi».
«Ad esempio?»
«I patiti collezionisti lo fanno. Tengono una regolare corrispondenza e se le scambiano. Uno ha bisogno di un gallo e di un toro per la sua collezione dedicata agli animali e in cambio manda uno dei suoi doppioni, l'immagine di una bella ragazza, mettiamo, a qualcuno che sta specializzandosi in quel genere».
«E Ottiwell fa degli scambi?» chiese Avalon.
«Certo».
«E non siete mai riusciti a intercettare qualcosa che abbia spedito?»
Trumbull prese un'aria sprezzante. «Ma certo, ci siamo riusciti. Molte volte. Abbiamo intercettato qualcosa, l'abbiamo passato per bene al setaccio e poi l'abbiamo inoltrata».
«E così facendo» disse Rubin, con lo sguardo perduto nel vuoto, «avete commesso un reato contro le poste degli Stati Uniti».
«Oh, per amor di Dio» sbottò Trumbull, «smettila di fare il somaro almeno per un quarto d'ora, Manny, tanto per fare una cosa nuova. Sapete che sono esperto di codici e cifrari. E sapete anche che sono consulente governativo. Naturalmente questa faccenda interessa il governo. Li interesserebbe anche se la fuga riguardasse solo dei pettegolezzi di corridoio. E non dico che sia qualcosa di più».
«Perché?» chiese Rubin. «Siamo già a questo punto, con la Grande Fraternizzazione?»
«È semplice, se ci pensate un momento. Ogni sistema indecifrabile per trasmettere informazioni – qualunque sia l'informazione – è estremamente pericoloso. Se funziona e viene usato per qualcosa che non ha il minimo d'importanza, può essere usato in seguito per qualcosa di vitale. Il governo vuole che nessun sistema per trasmettere informazioni resti segreto, a meno che lo controlli. Questo lo capirete».
«Benissimo» disse Drake, «quindi avete esaminato le bustine di fiammiferi spedite da quell'Ottiwell. Che cosa avete concluso?»
«Nulla» brontolò Trumbull. «Non siamo riusciti a cavarne nulla. Abbiamo quelle maledette pubblicità su ogni astuccio e non siamo giunti a nulla».
«Naturalmente avrete visto se le iniziali del testo pubblicitario formavano un messaggio, no?» intervenne Klein interessato.
«Lo avremmo fatto se il mittente fosse stato un ragazzino di sei anni, certo; in realtà, abbiamo lavorato con sottigliezza molto maggiore e non siamo arrivati a nulla».
«Bene» disse gravemente Avalon, «se non riuscite a trovare nulla in quanto è stampato sulle bustine che spedisce… forse si tratta di una falsa pista».
«Vuoi dire che forse le bustine non c'entrano affatto?»
«Appunto» disse Avalon, «potrebbe essere una direzione completamente sbagliata. Quest'uomo si occupa di bustine di fiammiferi ed è un collezionista in buona fede, in conseguenza cerca di rendere più importante possibile la sua collezione per attirare tutta l'attenzione che può. La mostra a chiunque voglia vederla… Com'è che l'hai vista, Tom?»
«Mi ha invitato, ho coltivato la sua amicizia».
«E lui ha corrisposto». disse Rubin «Ecco un uomo che merita quello che gli capita. Non coltivare la mia amicizia, Tom».
«Non l'ho mai fatto… Ascolta, Jeff, so cosa vuoi dire. Ieri ha parlato con Klein delle bustine, ne parlerebbe con chiunque. Mostrerebbe la collezione a chiunque disposto ad andare a casa sua. Ecco perché ho chiesto se ha invitato Klein. Dopo tutto quel parlare, quell'auto-pubblicità, quel richiamare l'attenzione, immagino che non vi sorprenderebbe se usasse un mezzo che non c'entra niente con le bustine di fiammiferi. Giusto?»
«Giusto» disse Avalon.
«Sbagliato» disse Trumbull. «Non ci credo, semplicemente. È davvero un patito collezionista. Non c'è altro nella sua vita. Non ha motivi ideologici per correre il tremendo rischio che sta correndo. Non è impegnato con la parte per cui lavora, sia essa nazionale, industriale o locale… e non sto dicendo quale sia. Non ha alcun interesse in quello. Si interessa solo delle bustine di fiammiferi. Ha escogitato un modo nuovo di usare quelle maledette bustine, ed è quella la sua soddisfazione».
«Ascolta» disse Drake, scuotendosi dalla sua assorta meditazione. «Quante bustine spedisce, per volta?»
«Chi può dirlo? Quando le abbiamo intercettate non erano mai più di otto. E non ne spedisce spesso, devo ammetterlo».
«Benissimo. Quante informazioni può trasmettere con qualche bustina? Non può usare le diciture come messaggi, letteralmente e direttamente. Se usasse il trucco di spedire una bustina per annullare un messaggio precedente se ne accorgerebbe anche il mio nipotino, per non parlare di te. Quindi dev'essere qualcosa di più sottile e può darsi che ogni bustina rappresenti una parola o forse solo una lettera dell'alfabeto. Che ne dici?»
«Ah, magnifico» disse Trumbull, indignato. «Che cosa credi che occorra in casi del genere? Una enciclopedia? Chiunque sia ad attendere informazioni, babbeo che sei, è già dentro il sistema, tanto per cominciare. Deve esserci un punto chiave, è questo che ci manca.
«Ad esempio, immaginiamo di essere al tempo della seconda guerra mondiale. La Germania ha subodorato che negli Stati Uniti si sta facendo qualcosa di grosso. Arriva un messaggio di due sole parole: “bomba atomica.” Di che cos'altro ha bisogno la Germania? D'accordo, in quel momento la bomba atomica non esiste ancora, ma qualsiasi tedesco con istruzione superiore capisce il significato di quelle due parole e qualsiasi fisico tedesco lo capisce ancora meglio. Poi arriva un secondo messaggio che dice: “Oak Ridge, Tenn.” In tutto, venti lettere nei due messaggi: e avrebbero potuto cambiare la storia del mondo».
«Vuoi dire che questo Ottiwell sta trasmettendo informazioni di quel genere?» chiese Gonzalo, sgomento.
«No! Ti ho già detto di no» chiese Trumbull, seccato. «Niente di così importante. Credete che ve ne parlerei, se no? Soltanto, il modus operandi potrebbe essere usato anche in altri casi e perciò dobbiamo decifrarlo, scoprirlo. Inoltre, ne va della mia reputazione. Dico che sta usando le bustine e non riesco a mostrare come. Credete che la cosa mi piaccia?»
Gonzalo disse: «Non può darsi che ci sia uno scritto segreto all'interno delle bustine?»
«Le abbiamo esaminate scrupolosamente. Nemmeno l'ombra. Ammesso che ci fosse, perché prendersi la briga di usare le bustine di fiammiferi? Potrebbero usare lettere comuni, che attirerebbero molto meno l'attenzione. È una questione di psicologia. Se Ottiwell decide di usare le bustine, deve usare un sistema adoperabile solo con le bustine e questo significa che si vale dei messaggi che portano già stampati… in un modo o in un altro».
Klein intervenne «E tutto questo solo per aver parlato della colazione di ieri. Avete un elenco delle bustine che ha spedito? Se ne avessimo una fotocopia, potremmo dargli una occhiata…»
«E scoprire il codice che io non ho scoperto? Esatto?» disse Trumbull. «A quanto pare, da quando Conan Doyle ha messo Sherlock Holmes contro i pasticcioni di Scotland Yard, l'idea che i professionisti non sono buoni a nulla si è fatta strada. Vi assicuro, se non ci riesco io…»
Avalon disse: «Be', che ne direste di Henry, allora?»
Henry, che aveva ascoltato con gran serietà, con un'espressione di interesse sul suo viso di sessantenne senza una ruga, sorrise appena e scosse la testa.
Ma Trumbull divenne serissimo. «Henry» disse. «Avevo dimenticato Henry. Hai ragione, Jeff. È il più in gamba, qua dentro, il che sarebbe un complimento, ordinariamente, se non foste un branco di imbecilli da concorso».
«Henry» continuò, «lei è un uomo onesto. Vede la disonestà del mondo e non l'ha macchiato con brame ladresche. È d'accordo su quello che ho detto? Crede che Ottiwell, se avesse deciso di fare quel genere di lavoro, lo avrebbe fatto soltanto usando le bustine con un sistema che le avrebbe rese utili in modo unico? Oppure no?»
«In verità, signor Trumbull» disse Henry, raccogliendo piatti rimasti, «sì, sono d'accordo con lei».
Trumbull sorrise. «Ecco uno che sa quello che dice».
«Perché è d'accordo con te» disse Rubin.
«Ma non sono del tutto d'accordo con il signor Trumbull, per essere esatti» disse Henry.
«Aha» disse Rubin. «Che ne dici, Tom?»
«Ciò che ho sempre detto» lo rimbeccò Trumbull. «Che quando taci dai il meglio di te».
«Posso… dire qualcosa?» disse Henry.
«Aspetti un momento» disse Rubin. «Sono ancora l'anfitrione e intendo avvalermene. Stabilisco io la procedura e decido che Henry faccia un breve discorso, mentre tutti noi ce ne staremo zitti. Parleremo solo per rispondere a Henry, se ci interroga, o per fare qualche domanda, purché pertinente. Mi riferisco particolarmente a Tom-Tom Rullo di Tamburo come candidato al silenzio».
«Grazie, signor Rubin» disse Henry. «Ascolto lor signori con il più grande interesse, in occasione delle loro riunioni mensili. È ovvio che tutti loro traggono enorme piacere, in modo innocente, a sferzarsi a vicenda con le parole. Tuttavia non possono sferzare allo stesso modo l'ospite e quindi hanno la tendenza ad ignorarlo e a trascurare di ascoltarlo quando parla».
«Abbiamo fatto questo?» chiese Avalon.
«Sì, e mi sembra, signor Avalon, che in conseguenza abbiano perduto un punto importantissimo di quanto ha detto. Dato che – ordinariamente – non spetta a me parlare, ascolto tutti con imparzialità, compreso l'ospite. E a quanto pare ho sentito ciò che il resto di loro non ha sentito. Signor Rubin, posso fare qualche domanda al signor Klein? Può darsi che le risposte non siano di alcun aiuto, ma c'è una piccola probabilità…»
«Ma certo» disse Rubin. «Avremmo dovuto in ogni caso cuocerlo a fuoco lento con le nostre domande. Cominci pure».
«Non sarà una cottura a fuoco lento» osservò a bassa voce Henry. «Signor Klein?»
«Sì, Henry» disse Klein, arrossendo leggermente, compiaciuto di essere il centro dell'attenzione
«Si tratta solo di questo, signor Klein. Quando ha cominciato a raccontare, piuttosto brevemente, la storia della colazione di ieri, ha detto qualcosa… e non so ripetere le parole esatte… come di aver avuto l'impressione che quella persona fosse matta, e che però aveva reso così interessante quanto riferiva che alla fine lei aveva deciso di cominciare a far collezione di bustine di fiammiferi».
«Esatto» disse Klein annuendo. «Una cosa un po' sciocca mi sembra. Non farò certo nulla di simile a quanto ha fatto lui. Non voglio dire lo spionaggio, voglio dire una collezione enorme come la sua…»
«Sì» disse Henry, «ma ho avuto l'impressione che lei avesse addirittura voglia di cominciare seduta stante la collezione. Ha forse preso una bustina del Gallo e Toro alla fine della colazione?»
«Esatto» disse Klein. «È un po' imbarazzante, ora che ci penso, ma l'ho presa».
«Da quale tavolo, signore?»
«Dal nostro».
«Vuol dire che ha preso la stessa bustina che aveva avuto in mano e che ha passato a Ottiwell? Era stata rimessa sul tavolo e lei l'ha presa?»
«Sì» disse Klein, improvvisamente sulla difensiva. «Nulla di male in questo, vero? Sono là per i clienti, no?»
«Ma certo, signore. Abbiamo bustine di fiammiferi anche a questo tavolo e tutti possono servirsene liberamente. Ma, signor Klein, che cosa ha fatto della bustina, dopo averla presa?»
Klein ci pensò su un momento. «Non lo so, è difficile ricordare. L'ho messa in una tasca della giacca, o del soprabito dopo averlo preso dall'attaccapanni».
«Ha fatto qualcosa con quella bustina quando è arrivato a casa?»
«No. Me ne sono completamente dimenticato. Non ho più pensato a questa faccenda delle bustine finché Manny Rubin ha parlato di sua moglie che colleziona tori».
«Ora non indossa la stessa giacca, vero?»
«No, ma ho lo stesso soprabito».
«Vuol vedere se ha la bustina in tasca al soprabito?»
Klein sparì nel guardaroba riservato ai Vedovi Neri.
«A che cosa vuole arrivare, Henry?» chiese Trumbull.
«Forse a nulla» disse Henry. «Conto su una probabilità molto tenue, e già si è verificata una combinazione abbastanza remota, stasera».
«Vale a dire?»
«Il signor Klein ha fatto colazione con una persona che si dà il caso, lei ha tenuto sotto sorveglianza; e il giorno dopo lei lo viene a sapere. È molto raro che si presentino due circostanze del genere, forse».
«Eccolo qua» disse allegramente Klein, che ritornava in quel momento tenendo qualcosa in mano. «L'ho trovata».
Gettò la bustina sul tavolo e tutti si alzarono a guardarla. C'era la scritta Gallo e Toro, in caratteri vecchiotti, e il disegnino della testa di un toro, con un gallo posato su una delle corna. Gonzalo allungò una mano.
«Prego, signor Gonzalo» disse Henry. «Nessuno dovrebbe toccarla, per ora… Signor Klein, è questa la bustina che era sul tavolo, quella che ha usato per accendere una sigaretta e che poi il signor Ottiwell ha adoperato per mostrare qualcosa a proposito del punto in cui si trova la striscia per accendere e così via?»
«Sì».
«Il signor Ottiwell l'ha messa sul tavolo e lei l'ha presa?»
«Sì».
«Ha notato per caso quanti fiammiferi conteneva la bustina quando lei ha acceso la sigaretta?»
Klein sembrò sorpreso. «Non lo so; non ci ho fatto caso».
«Lei, in ogni modo, ha strappato un fiammifero per accendere la sigaretta?»
«Certo».
«Cosicché, anche se fosse stata una bustina intatta, ora dovrebbe mancarne un fiammifero. Questa sembra una normale bustina di fiammiferi, di trenta fiammiferi, quindi ora non può contenere più di ventinove fiammiferi… forse meno».
«Penso di sì».
«E adesso quanti fiammiferi ci sono nella bustina? Vuol guardare, per favore?»
Klein esitò, poi aprì la bustina. La fissò per un po', poi disse: «È intatta, ci sono tutti i fiammiferi. Fatemeli contare… sì, sono trenta».
«Ma lei l'ha presa dal tavolo e ha creduto che fosse la bustina che aveva usato? Non l'ha forse presa da un altro tavolo?»
«No, no, era la nostra bustina. Almeno, ero convinto che lo fosse».
«Benissimo. Ora, signori, se vogliono guardarla facciano pure, prego. Come noteranno, sulla striscia di accensione non c'è nessun segno, non è stato acceso nessun fiammifero».
Trumbull disse: «Vuol dire che Ottiwell ha sostituito con questa bustina quella che era sul tavolo?»
«Ho pensato a questa possibilità appena lei ha detto che quella persona trasmette informazioni, signor Trumbull. Sono d'accordo con lei, signor Trumbull, nel ritenere che il signor Ottiwell lo avrebbe fatto per mezzo delle bustine di fiammiferi. Mi è sembrato corretto dal punto di vista psicologico. Ma credo anche, d'accordo con il signor Avalon, che avrebbe potuto essere usato un modo indiretto. Solo che il signor Avalon non ha visto affatto la eventuale sottigliezza del modo indiretto».
«Essendo troppo contorto io stesso per vedere chiaramente» sospirò Avalon, «capisco».
«Concentrandosi sulla sua collezione» disse Henry, «e sulle sue spedizioni e ricezioni di bustine di fiammiferi, l'ha tenuta fermamente inchiodata a quello, signor Trumbull. Eppure mi è parso che il signor Ottiwell non si interessasse alle sue bustine solo per la collezione. Ogni volta che si fosse recato in un ristorante decente, il che potrebbe avvenire spesso, avrebbe avuto una bustina a portata di mano. Anche se fosse stato assieme ad altri, gli sarebbe stato facile sostituire con un'altra bustina quella già sul tavolo. Uscito lui e il resto della compagnia, un complice l'avrebbe presa».
«Questa volta no» disse Rubin sardonico.
«No, questa volta no. Quando quel gruppo di persone è uscito non c'erano fiammiferi sul tavolo. E questo porta a considerazioni preoccupanti. È stato seguito, signor Klein?»
Klein sembrò allarmato. «No! Almeno… almeno… non lo so. Non ho notato nessuno».
«Nessun tentativo di borseggio?»
«No! Che io sappia, almeno».
«In questo caso, può darsi che non siano sicuri della persona che l'ha presa… Dopo tutto al tavolo ce n'erano altre quattro, oltre lei e Ottiwell; e potrebbe anche averla presa un cameriere. Oppure pensano che una bustina perduta possa esser meno dannosa di un tentativo di recupero. Oppure sto sbagliando dal principio alla fine».
Trumbull disse: «Non si preoccupi, Klein. Darò disposizioni perché tengano un occhio su di lei, per qualche tempo».
Poi continuò. «Capisco quello che vuol dire, Henry. In un dato ristorante, a un certo momento, ci sono dozzine di bustine di fiammiferi, tutte identiche. Ottiwell potrebbe averne preso facilmente una o due in una visita precedente… o, anche una dozzina, volendo… e le userebbe come sostitute. Chi se ne accorgerebbe? Chi se ne preoccuperebbe? E pensa che questa piccola bustina contenga l'informazione?»
«Mi sembra molto probabile» disse Henry.
«Va', librettino! Da questa mia solitudine… ti affido alle acque… Va' per la tua strada!» mormorò Halsted. «Sono versi di Robert Southey!»
«Ma la faccenda come funzionerebbe?» disse Trumbull ignorando i versi bisbigliati da Halsted. Stava rigirando tra le dita la bustina. «È esattamente come tutte le altre. C'è scritto Gallo e Toro, con indirizzo e numero di telefono. Dove sarebbe l'informazione, in confronto alle altre?»
«Bisogna guardare nel punto giusto» suggerì Henry.
«E sarebbe?» domandò Trumbull.
«Mi baso su quanto ha detto lei, signore» disse Henry. «Ha detto che il signor Ottiwell avrebbe certamente fatto uso della bustina in un modo connesso con le sue caratteristiche specifiche, uniche, ed io sono d'accordo. Ma che cosa ci può essere di unico, in riferimento al messaggio che quella bustina ha in sé? Quasi sempre si tratta di pubblicità, e di pubblicità se ne trova in molti altri posti, dalle scatole di fiocchi d'avena alle copertine dei periodici».
«E allora?»
«Una cosa sola è veramente unica in una bustina di fiammiferi… i fiammiferi che contiene. In quelle normali ce ne sono trenta, disposti secondo uno schema non certo complicato. Ma se osserviamo la base, vediamo che ci sono due pezzetti di cartone con quindici fiammiferi ciascuno. Contando da sinistra a destra, a cominciare dalla prima fila, diamo ad ogni fiammifero un numero preciso, inconfondibile, da uno a trenta».
«Sì» disse Trumbull, «ma ogni fiammifero è identico agli altri ed a quelli delle altre bustine della stessa specie. I fiammiferi di questa particolare bustina sono assolutamente normali».
«Ma non è detto che restino sempre uguali, signore. Supponiamo di strapparne via uno… uno qualunque. Ci sarebbero trenta modi diversi di strapparlo. Se ne prendiamo due, o tre, ce ne sono molti altri ancora».
«Ma qui non ne manca neppure uno».
«Faccio per dire. Strappare i fiammiferi sarebbe un modo estremamente grezzo per determinare una differenza. Supponiamo che i fiammiferi abbiano dei forellini fatti con uno spillo o piccoli segni, o una gocciolina di colore fluorescente sulla capocchia che diventi visibile alla luce ultravioletta. Con trenta fiammiferi, quante possibili varianti abbiamo, contrassegnandone un numero qualsiasi, da zero a trenta?»
«Glielo dico subito» interruppe Halsted. «Due elevato alla trentesima potenza, che equivale a… oh, a qualcosa di più di un miliardo, dico miliardo e non milione. E se si segna o no il lembo della strisciolina che si trova esattamente dietro ai fiammiferi, si arriva ai due miliardi».
«Bene» riprese Henry, «se è possibile dare a una determinata bustina di fiammiferi un numero qualsiasi da zero a due miliardi, si possono mettere in codice molte informazioni, forse».
«Per l'equivalente di sei parole, senza nessuna difficoltà» disse Trumbull con aria pensosa. «Maledizione!» gridò saltando in piedi. «Datemi quella roba, devo andare, adesso».
Andò di corsa in guardaroba, tornò infilandosi in fretta e furia il soprabito e gridando: «Prenda la sua roba, Klein; lei deve venire con me. Mi serve una sua dichiarazione e sarà più al sicuro».
Henry disse: «Potrei anche essere completamente in errore, signore».
«Al diavolo! Lei ha ragione, so che ha ragione. La cosa concorda con alcuni particolari che non conoscete… Henry, cosa ne direbbe di occuparsi di cose del genere? Intendo dire, professionalmente».
«Ohe!» gridò Rubin, «non azzardarti a portarci via Henry!»
«Non abbia timore, signor Rubin»disse Henry a bassa voce, «qui è molto più emozionante».
(Titolo originale: Go Little Book)
Questo racconto, in versione un po' più breve, è apparso per la prima volta nel numero di dicembre 1972 dell'Ellery Queen's Mystery Magazine, con il titolo Il collezionista di bustine di fiammiferi. Ancora una volta, considero pedestre il titolo usato dalla rivista.
Lascio a voi il giudizio. La frase Va', Librettino! è l'inizio di un verso di Chaucer e di un poema di Robert Southey. Quel verso di Southey è stato messo in satira con molta efficacia da Lord Byron, quindi ha un significato nella storia della letteratura inglese. Inoltre, esprime perfettamente l'essenziale del racconto in cui ai piccoli librettini (di fiammiferi) viene affidato il compito di trasmettere informazioni.
Che cosa ne dite, dunque? Non ho l'obbligo, verso l'umanità, di cambiare Il collezionista di bustine di fiammiferi per tornare a Va', librettino!?
Certo che ce l'ho.
A proposito, quando ho scritto il racconto ho calcolato mentalmente il valore di 230 (vale a dire, 30 due moltiplicati in successione), per pura presunzione. Naturalmente ho ottenuto un risultato inesatto, il che mi sta bene. Una signorina chiamata Mildred L. Stover mi ha scritto una lettera con il calcolo accurato del valore, moltiplicazione per moltiplicazione e qui correggo l'errore. Se vi interessa, 230 = 1.073.741.824. Grazie, signorina Stover.