F come fasullo

La riunione dei Vedovi Neri era turbata, ma solo in parte, dall'agitazione di James Drake.

Peccato che questa volta fosse andata così, perché la cena era insolitamente gustosa, anche se il Ristorante Milano curava sempre ogni mese, con particolare attenzione, il suo gruppo speciale. E se il vitello – cordon bleu – avesse avuto bisogno di un ultimo tocco di splendore, questo era dato dall'impeccabile servizio di Henry, che dal nulla faceva apparire in tavola le portate senza che nessuno dei presenti se ne accorgesse.

Thomas Trumbull era l'anfitrione di turno, e lo faceva con una brutalità alla quale nessuno pareva badare; una brutalità aggravata dal fatto che non aveva ritenuto scortese, come anfitrione, arrivare precipitosamente appena un minuto prima che finisse il secondo giro degli aperitivi (tre per Rubin, che sopportava molto bene l'alcool).

Trumbull, valendosi del privilegio di anfitrione, aveva portato un ospite da torturare a fuoco lento. L'ospite era alto quasi quanto Geoffrey Avalon, il socio del club che esercitava la professione di avvocato. Era smilzo quasi quanto Geoffrey Avalon ma, rasato con cura com'era, non aveva la sua solennità. Infatti aveva il viso rotondo e le gote paffute, così contrastanti con il resto che davano l'impressione di essere il risultato di un trapianto di testa. Si chiamava Arnold Stacey.

«Arnold Stacey, dottore in filosofia» lo aveva presentato Trumbull.

«Ah» fece Avalon, con il tono di eccezionalità che dava automaticamente alle più banali affermazioni. «dottor dottor Stacey».

«Dottore dottore?» mormorò Stacey, schiudendo le labbra come per prepararsi a sorridere a una facezia imminente.

«È regola dei Vedovi Neri» disse impaziente Trumbull, «che tutti i soci siano “dottori” in forza dell'appartenenza al club. Un dottore per altro titolo è…»

«Un dottore dottore» finì per lui Stacey, e sorrise.

«Si può tener conto anche del dottorato onorario» disse Rubin con un brillare dei denti spaziati su una barba tanto rada quanto quella di Avalon era folta e ricciuta, «ma allora dovrei esser chiamato dottore dottore dottore…»

Mario Gonzalo saliva le scale proprio in quel momento, portando con sé un debole sentore di trementina come se venisse direttamente dal suo studio d'artista. (Secondo Trumbull questa conclusione non era lecita, e Gonzalo si metteva una goccia di trementina dietro le orecchie prima di ogni impegno mondano).

Gonzalo sentì la dichiarazione di Emmanuel Rubin prima ancora di arrivare in cima alle scale. «Quali dottorati onorari hai mai avuto, Manny? Sono dottorati disonorati, scommetto».

Rubin si raggelò, come sempre quando lo attaccavano senza preavviso ma si trattava soltanto della breve pausa necessaria per raccogliere le forze. Disse: «Posso elencarteli. Si dà il caso che nel 1938, appena quindicenne, fossi predicatore del “risveglio mistico” e ricevessi il titolo in dottore in teologia da…»

«No! per amor di Dio» disse Trumbull, «risparmiaci l'elenco, ti crediamo sulla parola».

«Non sei in forma, Mario» fece Avalon con affabilità stereotipata. «Lo sai che non si può mai cogliere in fallo Rubin quando si mette a parlare della sua giovinezza».

«Certo» disse Gonzalo, «ed è per questo che i suoi racconti sono sempre così noiosi. Sono solo autobiografia, niente poesia».

«Ho scritto dei versi» cominciò Rubin e, a questo punto, entrò Drake.

Di solito arrivava per primo: questa volta era l'ultimo.

«Il treno ha fatto ritardo» disse calmo, sfilandosi il soprabito. Siccome veniva dal New Jersey ci si meravigliava piuttosto che non arrivasse più spesso in ritardo.

«Presentatemi all'ospite» aggiunse Drake, girandosi a prendere l'aperitivo che gli porgeva Henry. Naturalmente Henry conosceva le sue preferenze.

Avalon disse: «Dottor dottor Arnold Stacey… dottor dottor James Drake».

«Benvenuto» disse Drake, levando il bicchiere nel saluto. «Di che natura è il dottorato meno importante, dottor Stacey?»

«Laurea in chimica, dottore dottore. Ma mi chiami Arnold».

I baffetti brizzolati di Drake parvero rizzarsi. «Idem» disse, «anche io sono laureato in chimica».

Si guardarono circospetti per un attimo, poi Drake disse: «Esercita nell'industria? Per lo Stato? Nell'università?»

«Insegno. Assistente all'Università di Berry».

«Dove?»

«All'Università di Berry. Non è molto grande. È nel…»

«Lo so dov'è» disse Drake, «ci ho lavorato dopo la laurea ma parecchio prima di lei. Si è laureato a Berry prima di insegnare alla facoltà?»

«No, io…»

«Sediamoci, per amor di Dio» ruggì Trumbull. «Qui si beve sempre di più e si mangia sempre di meno». Era in piedi vicino al posto dell'ospite, con il bicchiere alzato, guardando in cagnesco gli altri. «Sedete! Sedete!» Poi intonò cantilenando il rituale brindisi al Vecchio Re Cole mentre Gonzalo batteva leggermente il tempo con un panino che spezzò e imburrò subito dopo l'ultima sillaba.

«Che cos'è?» disse all'improvviso Rubin, fissando costernato il suo piatto.

«Paté de la maison, signore» risposte Henry, sommesso

«Me l'immaginavo. Fegato tritato. Maledizione! Mi dica Henry, uomo patologicamente onesto. È commestibile?»

«La cosa è del tutto soggettiva, signore. Dipende dal gusto personale del convitato».

Avalon batté un pugno sulla tavola. «Mozione d'ordine! Mi oppongo all'uso da parte di Manny dell'espressione “patologicamente onesto.” Violazione di riservatezza!»

Rubin arrossì leggermente. «Piantala, Jeff. Non sto violando nessuna riservatezza. Si dà il caso che sia questa la mia opinione su Henry, del tutto indipendentemente dalla storia del mese scorso».

«La decisione al presidente!» disse Avalon ostinato.

Trumbull disse: «Tacete tutti e due. La decisione della presidenza è che Henry può essere considerato da tutti i Vedovi Neri un raro fenomeno di uomo completamente onesto. Le motivazioni non sono necessarie. Possiamo ritenerla cosa di dominio pubblico».

Henry abbozzò un sorriso di cortesia. «Devo portar via il paté, signore?»

«Lei lo mangerebbe, Henry?» domandò Rubin.

«Con piacere, signore».

«Allora lo mangerò anch'io». E lo fece, con tutti i segni di una nausea appena controllata.

Trumbull si chinò verso Drake e gli disse a voce bassa (secondo lui): «Che diavolo è che ti preoccupa?»

Drake ebbe un leggero sobbalzo: «Nulla» disse. «Tu di che cosa ti preoccupi?»

«Mi preoccupo di te» disse Trumbull. «In vita mia non ho mai visto un panino sminuzzato a quel modo».

Dopo di che la conversazione divenne generale, accentrandosi specialmente sulla dolorosa convinzione di Rubin che l'onestà non avesse nessuna possibilità di sopravvivere e che tutte le forze della selezione naturale concorressero a eliminarla come caratteristica umana. Sostenne bene la sua tesi finché Gonzalo gli domandò se attribuiva il suo successo di scrittore («qualunque esso sia» disse Gonzalo) al plagio letterario.

Quando Rubin ribatté ostinato a quella tesi e cercò di provare, con ragionamento stringato, che il plagio era fondamentalmente diverso da ogni altra forma di disonestà e poteva essere discusso a parte, fu subissato dalle urla.

Poi tra la portata principale e il dessert Drake andò alla toilette e Trumbull lo seguì.

Trumbull disse: «Conosci questo Stacey, Jim?»

Drake scosse la testa. «No. Affatto».

«Che cos'è allora che non va? Ammetto che non sei un altoparlante vivente come Rubin, ma non hai detto una parola per tutta la cena, maledizione. E non fai che guardare Stacey».

Drake disse: «Fammi un favore, Tom. Lascia che lo interroghi io, dopo cena».

Trumbull si strinse nelle spalle. «D'accordo».

Dopo il caffè Trumbull disse: «È venuto il momento di cucinare l'ospite. In circostanze ordinarie spetterebbe a me cominciare, quale unico possessore, a questa tavola, di una mente logica. Ma per questa volta passo la mano al dottor dottor Drake, perché è della stessa setta professionale del nostro stimato ospite».

«Dottor dottor Stacey»attaccò gravemente Drake, «come giustifica la sua esistenza?»

«La giustifico sempre meno, man mano che il tempo procede» disse Stacey imperturbato.

«Che diavolo significa?» intervenne Trumbull.

«Sono io che faccio le domande» disse Drake con fermezza insolita.

«Non ho difficoltà a rispondere» disse Stacey. «Visto che le università versano di anno in anno in guai sempre più gravi e io non faccio nulla in proposito, la mia funzione di complemento dell'università appare sempre meno giustificabile, ecco tutto».

Drake ignorò la risposta e disse: «Lei insegna nella scuola in cui mi sono laureato. Ha mai sentito parlare di me?»

Stacey esitò. «Spiacente, Jim. I chimici di cui non ho mai sentito parlare sono un'infinità. Senza offesa».

«Non sono permaloso. Nemmeno io ho sentito mai parlare di lei. Voglio dire: ha mai sentito parlare di me quale studente dell'università di Berry?»

«No, mai».

«Non mi sorprende. Ma a Berry c'era un altro studente, ai tempi miei. Stava per laurearsi. Si chiamava Faron, F-A-R-O-N; Lance Faron. Ne ha mai sentito parlare?»

«Lance Faron?» fece Stacey, aggrottando la fronte.

«Forse Lance era il diminutivo di Lancelot, Lancelot Faron. Non so. Lo chiamavano sempre Lance».

Stacey scosse la testa. «No, questo nome non mi è familiare».

Drake disse: «Ma ha sentito parlare di David St. George?»

«Del professor David St. George? Certo. Morì l'anno in cui mi iscrissi alla facoltà. Non posso dire di averlo conosciuto, ma ne ho sentito parlare, certo».

Trumbull disse: «Che il diavolo mi porti, Jim, che razza di domande sono? È forse la settimana della goliardia?»

Drake, che pareva assorto in meditazione, si scosse e disse: «Aspetta, Tom. Ho uno scopo e non voglio fare domande. Prima voglio raccontare una storia. Dio mio, ci ho pensato per anni e non ve ne avrei mai parlato, se il nostro ospite…»

«Voto a favore della storia» gridò Gonzalo.

«A patto» disse Avalon, «che questo non costituisca un precedente».

«È la presidenza a decidere sui precedenti» lo rimbeccò subito Trumbull. «Continua, Drake. Solo non metterci tutta la notte, per amor di Dio».

«La storia è abbastanza semplice» cominciò Drake, «e riguarda Lance Faron, questo è il suo vero nome, ed io sto per diffamarlo, quindi devi capire, Arnold, che quello che si dirà tra queste mura è strettamente confidenziale».

«Mi è stato già spiegato» disse Stacey.

«Va' avanti»gridò Trumbull, «ci metterai tutta la notte, lo so».

Drake riattaccò: «Il fatto è che non credo che Lance abbia mai avuto intenzione di diventare chimico. Era di famiglia abbastanza ricca… Basti dire che per il suo corso aveva fatto corredare il laboratorio di un pavimento di sughero, a sue spese».

«Perché un pavimento di sughero?» volle sapere Gonzalo.

«Non lo domanderesti se avessi fatto cadere una volta una provetta su un pavimento di mattonelle» disse Drake. «Prima si era diplomato in chimica tanto per avere un pezzo di carta. Poi proseguì gli studi nello stesso campo perché in Europa si stava combattendo la seconda guerra mondiale. Cominciava la chiamata alle armi – eravamo nel 1940 – e il certificato di iscrizione all'università gli serviva ottimamente per la commissione di leva. E infatti Lance, che io sappia, non andò mai sotto le armi. Ma era una cosa perfettamente legittima. Nemmeno io ho mai indossato l'uniforme e non sto accusando nessuno».

Avalon, che era stato ufficiale, aggrottò la fronte ma confermò: «Perfettamente legittimo».

Drake disse: «Lance non la prendeva sul serio… La chimica, voglio dire. Non era portato per la materia e non si dava da fare in modo particolare. Si accontentava di strappare la sufficienza ed era pressappoco quello che meritava. In questo non c'era nulla di male, secondo me. Era quanto gli bastava per strappare il “master's degree,” il titolo che si ottiene dopo il primo anno e che per un chimico non conta molto. La media però non era sufficiente per essere ammesso al secondo anno.

«Questo era il punto. Tutti noi, che allora studiavamo per la laurea, eravamo convinti che non sarebbe andato oltre il “master's degree.” Poi avrebbe trovato un impiego qualunque nel settore. Tanto per non perdere l'esenzione dal servizio militare, e pensavamo che il padre gli sarebbe stato utile per questo…»

«Eravate gelosi di lui?» domandò Rubin. «Perché i tipi di quel genere…»

«Non eravamo gelosi di lui» disse Drake. «Certo, invidiavamo la sua situazione. Diavolo, a quei tempi non c'era ancora la pioggia di borse di studio statali che c'è oggi. Ogni semestre rivivevo l'ansioso dramma intitolato “Riuscirò a Scovare i Soldi per la Tassa Scolastica o me Ne Dovrò Andare?” A ognuno di noi sarebbe piaciuto essere ricco. Ma Lance era un tipo simpatico. Non faceva sfoggio della sua situazione di privilegio, e quando eravamo al verde ci prestava qualche dollaro, senza ostentazione. E non aveva difficoltà a riconoscere di non essere una cima.

«Lo aiutavamo, perfino. Gus Blue gli dava ripetizioni di chimica organica, a pagamento. Naturalmente, non aveva troppi scrupoli. Una volta, per esempio, che avrebbe dovuto fare in laboratorio la sintesi di un preparato, noi sapevamo che aveva comperato un campione da una casa di prodotti chimici e lo aveva presentato come suo. Almeno, ne eravamo abbastanza sicuri, ma non ce ne importava».

Rubin disse: «E come mai? Era una disonestà, no?»

«Ma non ne ricavava un gran vantaggio» disse Drake, seccato. «Era un altro “appena sufficiente,” nel migliore dei casi. Ma ne ho parlato per dire che tutti noi lo sapevamo capace».

«Vuoi dire che voialtri non ne sareste stati capaci?» intervenne Stacey, con un'ombra di cinismo nella voce.

Drake alzò le sopracciglia, poi le abbassò di nuovo. «Non garantirei per nessuno, in un caso di autentica emergenza. Il fatto è che non ne avevamo bisogno. Eravamo tutti capaci, più o meno, di farcela senza rischiare sotterfugi. E nessuno di noi ne rischiò, che io sappia. Io certo non lo feci.

«Ma venne il momento in cui Lance decise di continuare fino alla laurea. Fu a una delle nostre riunioni di studenti. Cominciavano a offrirci impieghi nell'industria bellica e all'università c'erano diversi reclutatori. L'impiego significava guadagno e l'assoluta sicurezza della esenzione dalla chiamata alle armi. Ma la laurea per noi voleva dir molto e ci chiedevamo se poi saremmo tornati a studiare, dopo aver lasciato l'università per una ragione o per l'altra.

«Qualcuno (non io) disse che avrebbe voluto essere nei panni di Lance. Lance non aveva problemi del genere. Si sarebbe impiegato.

«“Non lo so,” disse Lance, forse solo per fare il bastian contrario. “Credo che me ne resterò qui e continuerò fino alla laurea.”

«Forse scherzava. Ne sono certo, anzi. Lo credemmo tutti, in ogni modo, e ci mettemmo a ridere. Ma siccome eravamo tutti un po' brilli, la risata si trasformò in un assurdo attacco di ilarità generale. Quando uno di noi accennava a calmarsi, incontrava lo sguardo di un altro e riattaccava. Non era una cosa buffa, affatto, ma noi ridevamo fin quasi a soffocarci. E Lance arrossiva e impallidiva.

«Ricordo che provai a dirgli: “Lance, non stiamo ridendo di te,” ma non ce la feci, e continuai a farfugliare, mezzo soffocato. E Lance ci piantò in asso.

«Poi decise di continuare davvero fino alla laurea. Non ne parlò ma firmò tutti i documenti necessari e pareva che dovesse accontentarsi di questo. Dopo un certo tempo tutto tornò come prima. Lance si mostrava cordiale con tutti».

«Gli dissi: “Ascoltami, Lance, avrai una delusione. Non puoi essere ammesso al lavoro di ricerca, con quella media. Non è assolutamente possibile.”

«Mi rispose: “Perché no? Ho parlato con la commissione. Ho detto che sceglierò una tesina di ricerca in chimica cinetica con St. George e che prenderò il massimo. Ho detto che farò vedere di cosa sono capace.”

«Per me, era una cosa assolutamente insensata, ancor più ridicola della dichiarazione di cui avevamo riso tanto. Avreste dovuto conoscere St. George. Tu sai cosa voglio dire, Arnold».

Stacey annuì. «Era duro, il suo corso di chimica cinetica. Uno o due dei ragazzi più brillanti arrivavano sì e no al massimo. Gli altri dovevano accontentarsi della sufficienza».

Drake si strinse nelle spalle. «Ci sono professori che vanno fieri di cose del genere, e St. George era una specie di Capitano Bligh della facoltà. Ma era un buon chimico, forse il migliore che Berry abbia mai avuto. È stato il solo, di quell'università, a farsi una certa fama a livello nazionale, dopo la guerra. Se Lance fosse stato ammesso al suo corso e avesse ottenuto un buon punteggio, la cosa avrebbe senza dubbio fatto colpo. Anche con voti scadenti nelle altre materie, a suo favore si sarebbe potuto dire: “Certo, non ha lavorato molto perché non era necessario, ma quando si è messo d'impegno ha dato prova di una capacità sorprendente.”

«Scegliemmo insieme chimica cinetica, lui ed io, e da quel momento non feci altro che correre, sudare e sbuffare per ogni giorno del corso. Ma Lance, che era seduto accanto a me, non smise mai di sorridere. Prendeva appunti con diligenza e so che li studiava, perché quando lo trovavo in biblioteca lavorava sempre sulla chimica cinetica. St. George non interrogava, si basava solo sulla discussione della ricerca e sull'esame finale, che durava la bellezza di tre ore.

«Nell'ultima settimana del corso non faceva lezione e così gli studenti ne approfittavano per raccogliere le forze prima dell'ultima prova. Lance continuava a sorridere. Il suo lavoro, negli altri corsi, era stato del suo solito livello, ma non se ne preoccupava. Quando gli chiedevamo: “Come va con la cinetica, Lance?” ci rispondeva: “Niente paura!” ed era allegro, accidenti a lui.

«E arrivò il giorno dell'esame finale…» Drake fece una pausa e strinse le labbra.

«E allora?» disse Trumbull.

Drake, a voce un po' più bassa, continuò: «Lance Faron lo superò. Fece di più, anzi. Prese il massimo. Nessuno c'era mai riuscito, con St. George, prima, e dubito che ci sia riuscito dopo».

«Non ho mai sentito che sia accaduto, recentemente» disse Stacey.

«Tu quanto prendesti?» chiese Gonzalo.

«Ottantadue» disse Drake. «Ed eccettuato il voto di Lance fu il migliore. Eccettuato quello di Lance».

«Che ne è stato di quel tipo?» chiese Avalon.

«Continuò per la laurea, naturalmente. La facoltà non ebbe difficoltà ad ammetterlo e lo stesso St. George intervenne ad appoggiarlo».

«Poi andai via» continuò Drake. «Durante la guerra lavorai sulla separazione degli isotopi e poi mi trasferii nel Wisconsin per le ricerche di specializzazione. Ma ogni tanto avevo notizie di Lance da qualche vecchio amico. Come ultima cosa seppi che era nel Maryland dove dirigeva un laboratorio di sua proprietà. Ricordo di aver visto il suo nome, circa dieci anni fa, sul Chemical Abstracts, che pubblicò un suo lavoro. Una cosa mediocre, tipica di Lance».

«È ancora ricco?» volle sapere Trumbull.

«Penso di sì».

Trumbull si appoggiò allo schienale della sedia. «Se questa è la tua storia, Jim, che diavolo è che non ti va giù?»

Drake guardò i presenti, uno dopo l'altro. Poi picchiò sulla tavola un pugno che fece rimbalzare e tintinnare le tazzine del caffè. «Perché ha imbrogliato, accidenti a lui. Il suo esame non è stato regolare e la sua laurea ha svalutato la mia… e anche la tua» aggiunse, rivolto a Stacey.

Stacey mormorò: «Un dottore fasullo».

«Cosa?» disse Drake con una certa violenza.

«Niente» disse Stacey, «pensavo a un collega che lavorava in un istituto medico in cui gli studenti consideravano la laurea in medicina l'unica legittima dell'universo. Per loro Dottore in Filosofia significava Dottore Fasullo».

Drake sbuffò.

«Effettivamente» cominciò Rubin col tipico tono polemico che riusciva a mettere anche in un semplice avverbio, «se tu…»

«Bene» interloquì Avalon dall'alto della sua statura imponente, «ascolta, Jim, se ha imbrogliato, come ha fatto a farla franca?»

«L'ha fatta franca perché nulla indicava che avesse imbrogliato».

«Hai mai pensato» disse Gonzalo, «che forse non ha imbrogliato? Forse era vero che, se si impegnava, aveva delle capacità sorprendenti».

«No» disse Drake, con un altro pugno sulla tavola tale da far saltare le tazzine. «È impossibile. Non ha mai dato prova di capacità prima e non ne ha mai dato prova dopo. E poi per tutto il corso ha continuato a sfoggiare una tale sicurezza… Una sicurezza che poteva significare soltanto che aveva un piano infallibile per ottenere il massimo».

Trumbull aggiunse, grave: «Benissimo, diciamo pure che l'avesse. Ha preso la laurea ma non ha avuto un grande successo. A quanto dici, si è rintanato in provincia e non combina un gran che. Sai benissimo, Jim, che un'infinità di gente riesce a farsi una posizione senza avere un filo di cervello. E non è detto che imbroglino. E allora? Perché diventare matto per questo tizio in particolare, abbia imbrogliato o meno? Vuoi sapere perché ti tormenti, Jim? Ti rode il non sapere come ha fatto. Se riuscissi a capirlo dimenticheresti l'intera faccenda ecco tutto».

Henry interruppe: «Ancora del brandy, signori?»

Cinque piccoli, fragili bicchieri si sollevarono, Avalon, che misurava le spese con il contagocce, lasciò il suo dov'era.

Drake disse: «Benissimo allora, Tom, dimmelo tu. Come ha fatto? Sei tu l'esperto in cifrari».

«Ma qui non si tratta di un cifrario. Non lo so. Forse… forse è riuscito a farsi fare la prova scritta da un altro e l'ha presentata come sua».

«Con la calligrafia di un altro?» fece Drake beffardo. «D'altra parte l'avevo pensato anch'io, lo avevamo pensato tutti. Non crederai che solo io abbia immaginato che Lance avesse imbrogliato, vero? Lo pensavamo tutti. Quando sul quadro è comparso quel voto, dopo aver ripreso fiato – e ci volle un po' di tempo – gli chiedemmo di mostrarci la sua prova scritta. Non ebbe difficoltà a farcela esaminare. Era quasi perfetta, ed era scritta con la sua calligrafia e con il suo tipico giro di frasi. Non mi lasciai impressionare dai pochi errori e pensai che li avesse buttati lì proprio per non fare un lavoro immacolato».

«Benissimo» disse Gonzalo, «qualcun altro ha fatto il lavoro e il vostro amico lo ha ricopiato con parole sue».

«Impossibile. Nell'aula non c'era nessun altro oltre agli studenti e all'assistente di St. George. L'assistente aprì le buste sigillate delle prove solo prima che l'esame cominciasse. Nessuno avrebbe potuto fare un lavoro per Lance e un altro per sé, anche supponendo che nessuno se ne accorgesse. Inoltre, nessuno di noi sarebbe stato capace di preparare un compito da massimo dei voti».

Avalon disse: «Sarà stato impossibile farlo sul posto. Ma supponiamo che qualcuno sia riuscito ad avere una copia delle domande con un buon margine di tempo e abbia trovato le risposte giuste sui libri di testo. Non avrebbe potuto fare così, Lance?»

«No, escluso» ribatté Drake, deciso. «Non dici nulla cui non si sia pensato, allora, te lo assicuro. Una decina di anni prima all'università c'era stato uno scandalo per un imbroglio e tutta la procedura degli esami era diventata più severa. St. George la seguiva alla lettera. Preparava le domande e le consegnava alla segretaria il giorno prima dell'esame. La segretaria ciclostilava lo stretto numero di copie necessarie in presenza di St. George. Lui le correggeva, poi distruggeva la matrice e l'originale. I fogli con le domande, chiusi in un plico sigillato, venivano messi nella cassaforte della scuola. Poco prima dell'esame si apriva la cassaforte e l'assistente di St. George prendeva in consegna i fogli. Nessuna possibilità che Lance vedesse le domande».

«Forse non allora» disse Avalon. «Ma anche se il professore faceva ciclostilare le domande il giorno prima dell'esame, da quanto tempo le aveva pronte? Poteva aver usato una serie di domande adoperate in un precedente…»

«No» lo interruppe Drake, «abbiamo studiato attentamente tutti i saggi preparati da St. George come materia del corso che precede l'esame finale. Ci hai preso per degli idioti? Niente ripetizioni».

«Bene. Ma anche se preparava una prova completamente nuova, avrebbe potuto prepararla all'inizio del semestre, per quanto ne sapevate voi. Magari Lance ebbe occasione di vedere le domande nella prima parte del semestre. È molto più facile preparare le risposte a un certo numero di domande che cercare di imparare l'intera materia d'esame».

«Secondo me sei sulla strada giusta, Jeff» disse Gonzalo.

«È su una strada che non porta a nulla» disse Drake, «perché St. George non si regolava così. Ogni domanda dell'esame finale verteva su un argomento particolare in cui uno degli studenti aveva grossolanamente sbagliato durante le lezioni. Una di queste domande, la più insidiosa, riguardava un punto in cui avevo sbagliato io nell'ultima settimana di lezioni. Avevo fatto notare quello che mi era sembrato un errore in una derivata a St. George… be', lasciamo perdere. Il fatto è che il tema d'esame veniva preparato dopo le ultime lezioni.

Arnold Stacey intervenne: «St. George faceva sempre così. Se lo faceva, aiutava moltissimo gli studenti».

«Vuoi dire che c'era da aspettarsi che le domande riguardassero gli errori fatti nella fase della ricerca?»

«Di più. Gli studenti potevano deliberatamente sbagliare sugli argomenti che conoscevano bene per indurlo a insistere su quelli».

Drake disse: «Non so che rispondere. Non ho frequentato i suoi corsi precedenti, quindi non so se aveva sempre seguito lo stesso sistema».

«Gli studenti degli anni precedenti vi avrebbero passato la notizia, no? Almeno se erano come quelli di adesso».

«Certo, lo avrebbero fatto» ammise Drake, «ma non lo hanno fatto. Quell'anno St. George si regolò a quel modo».

«Dimmi, Jim» disse Gonzalo, «come se l'era cavata Lance durante il corso?»

«Se n'era stato tranquillo, senza mai rischiare. Del resto lo avevamo dato tutti per scontato, che avrebbe fatto così, e la cosa non ci sorprese».

«E la segretaria? Lance non avrebbe potuto convincerla a fargli sapere prima le domande?»

«Non conosci la segretaria» disse Drake, deciso. «E poi non avrebbe potuto. Insomma, Drake non poté né corrompere la segretaria né scassinare la cassaforte né ricorrere ad altri trucchi. Dalla natura delle domande potemmo stabilire che erano state formulate una settimana prima dell'esame e in quell'ultima settimana Lance non poteva far niente».

«Ne sei sicuro?» chiese Trumbull.

«Ci puoi scommettere! La sua sicurezza ci esasperava. Eravamo tutti verdi per la paura di esser bocciati e lui sorrideva. Continuava a sorridere! Il giorno dell'ultima lezione fui io a dire: “Ruberà il foglio delle domande.” Tutti gli altri furono d'accordo con me, così decidemmo di… di… be', lo tenemmo d'occhio».

«Vuoi dire che non lo perdeste mai di vista?» chiese Avalon. «Di notte facevate la guardia a turno? Lo seguivate in gabinetto?»

«Quasi. Era compagno di stanza di Burroughs, che aveva il sonno leggero e giurava di accorgersi ogni volta che Lance si voltava nel letto».

«Magari gli dette un sonnifero, una notte» disse Rubin.

«È possibile. Ma Burroughs non crede, e nessun altro lo crede. Lance non fece proprio niente di sospetto, non parve nemmeno seccato di quella sorveglianza».

«Sapeva di essere sorvegliato?» disse Rubin.

«Probabilmente. Ogni volta che andava in un posto sogghignava e diceva: “Chi mi accompagna?”»

«Dove andava?»

«Nei soliti posti. Mangiava, beveva, dormiva, andava in gabinetto. Andava a studiare nella biblioteca della scuola o in camera sua. Andava all'ufficio postale, alla banca, dal calzolaio. Lo seguivamo in tutti i suoi andirivieni su e giù per la strada principale di Berry. D'altra parte…»

«D'altra parte cosa?» disse Trumbull.

«D'altra parte, anche se si fosse impossessato del foglio con le domande, avrebbe potuto farlo solo negli ultimissimi giorni prima dell'esame, forse solo la notte prima. Trattandosi di Lance, avrebbe dovuto sudare sette camicie per preparare le risposte, avrebbe dovuto faticare giorni e giorni sui testi. Se fosse stato in grado di rispondere dopo aver dato un'occhiata alle domande, non avrebbe avuto bisogno di imbrogliare».

«Mi sembra, Jim, che tu ti sia cacciato in un vicolo cieco» fece Rubin, sardonico. «Il tuo uomo non ha avuto modo di imbrogliare».

«La questione è tutta qui» gridò Drake. «Deve aver imbrogliato e lo ha fatto con tanta abilità che nessuno ha potuto coglierlo in fallo. Nessuno ha nemmeno potuto immaginare come. Tom ha ragione. E questo che mi deprime».

A questo punto Henry tossì e disse: «Permettono una parola, signori?»

Le facce si sollevarono tutte insieme, come se un invisibile burattinaio avesse tirato le cordicelle. «Sì, Henry» disse Trumbull.

«Mi sembra, signori, che tutti loro conoscono anche troppo bene le piccole disonestà per poterle individuare».

«Ma come, Henry, lei mi ferisce crudelmente» disse Avalon con un sorriso. Ma aggrottò le sopracciglia scure.

«Non intendo mancare di rispetto, signori, ma il signor Rubin ha sostenuto che la disonestà vale qualcosa. Il signor Trumbull crede che al dottor Drake secchi solo il fatto che l'imbroglio sia stato tanto raffinato da sfuggire a ogni esame, ma non che ci sia stato un imbroglio. E forse tutti loro sono d'accordo».

Gonzalo disse: «Se capisco bene, vuol dire, Henry, che lei è così onesto da essere più sensibile di noi alla disonestà. E quindi è più capace di individuarla».

Henry disse: «Sono incline a pensarlo, signore, considerato che nessuno di loro ha accennato a una lampante incongruenza nella storia del dottor Drake, che a mio avviso spiega tutto».

«E sarebbe?» chiese Drake.

«Ma il comportamento del professor St. George, signore. Abbiamo un professore che si compiace di bocciare molti studenti e non ce n'è nessuno che prenda mai il massimo all'esame finale. E poi uno studente senz'altro mediocre – e ho sentito che tutti nella scuola, professori e studenti, erano al corrente di questa mediocrità – prende il massimo e non solo il professore è d'accordo ma lo sostiene di fronte alla commissione. Avrebbe dovuto essere il primo a sospettare la disonestà ed esserne il più indignato».

Seguì un silenzio. Stacey era meditabondo.

Drake disse: «Forse non ammetteva di poter essere ingannato. Capisce cosa voglio dire».

Henry disse: «Lei sta cercando delle scuse, signore. In qualsiasi circostanza in cui un professore fa delle domande e uno studente risponde, si presume che se vi è stata disonestà questa sia sempre da parte dello studente. Perché? E se fosse stato disonesto il professore?»

Drake disse: «Che cosa ne avrebbe ricavato?»

«Che cosa si ricava di solito? Denaro, credo, signore. La situazione da lei descritta è quella di uno studente in ottime condizioni economiche e di un professore con lo stipendio di quando ancora non esistevano le sovvenzioni statali. Supponiamo che lo studente abbia offerto qualche migliaio di dollari…»

«A che scopo? Per avere un voto immeritato? Abbiamo visto il lavoro scritto di Lance, ed era regolare. Per fargli vedere le domande prima? Non gli sarebbe servito a nulla».

«Guardi alla cosa dal punto di vista opposto. Supponiamo che lo studente abbia offerto quelle migliaia di dollari perché gli fosse consentito di fornire le domande al professore».

Di nuovo il burattinaio in azione e un coro di «Cosa?» in toni svariati.

«Supponiamo, signore» continuò Henry, paziente, «che sia stato il signor Lance Faron a scrivere le domande, una dopo l'altra, durante il semestre, perfezionandole man mano che il tempo passava. Ha scelto punti interessanti discussi in aula, senza mai parlare durante le discussioni per ascoltare meglio. Via via che il semestre passava le perfezionava, lavorandoci sodo. Come ha detto il signor Avalon, è più facile mettere a punto pochi argomenti specifici che imparare tutta la materia del corso. Ha incluso una domanda presa dalle lezioni dell'ultima settimana e così, senza volere, vi ha dato la certezza che tutte le domande d'esame fossero state scelte nell'ultima settimana. Questo significa anche che ha preparato una prova d'esame del tutto diversa dal consueto assortimento di St. George. Gli esami precedenti dello stesso corso non vertevano sui punti deboli rivelati dagli studenti. Né lo hanno fatto i successivi, a giudicare dalla sorpresa del dottor Stacey. Poi, alla fine del corso, completate le domande d'esame, le ha spedite per posta al professore».

«Per posta?» disse Gonzalo.

«Mi sembra che il dottor Drake abbia detto che il giovinotto andava all'ufficio postale. Potrebbe averle spedite. Il professor St. George riceveva le domande, forse accompagnate da un pagamento parziale, in discreti biglietti di piccolo taglio. Poi le riscrisse con la sua calligrafia, o a macchina, e le passò alla segretaria. E da lì in avanti tutto fu normale. E, naturalmente, in seguito il professore dovette sostenere lo studente fino in fondo».

«Perché no?» disse Gonzalo, entusiasta. «Buon Dio, la cosa sta in piedi».

Drake disse lentamente: «Devo ammettere che si tratta di una possibilità sfuggita a tutti noi… Ma, naturalmente, non lo sapremo mai».

Intervenne Stacey ad alta voce. «Non ho quasi pronunciato una parola in tutta la sera, eppure mi era stato detto che sarei stato torchiato».

«Mi dispiace» disse Trumbull. «Questo sciocco di Drake è venuto fuori con la sua storia perché tu vieni da Berry».

«E allora, visto che vengo da Berry, lasciatemi aggiungere qualcosa. Il professor St. George è morto l'anno in cui andai là e non l'ho conosciuto. Ma conosco molti che lo hanno conosciuto e ho sentito parecchie storie sul suo conto».

«Vuoi dire che era risaputo che fosse disonesto?»

«Nessuno ha detto questo. Ma si sapeva che era poco scrupoloso ed ho sentito anche spiacevoli insinuazioni sul suo modo di manovrare i sussidi statali per ricavarne qualcosa. Ammetto che quando ho sentito la tua storia su Lance, Jim, non ho pensato che St. George vi fosse implicato proprio in quel modo. Ma ora, dopo che Henry si è dato la pena di pensare l'impensabile dall'altezza della sua onestà, bene, credo che abbia ragione».

Trumbull disse: «Allora questo è quanto. Jim, puoi dimenticare tutta la faccenda, dopo trent'anni».

«Solo che…» Drake ebbe un mezzo sorriso, poi scoppiò a ridere. «Io sono disonesto perché non posso fare a meno di pensare che se Lance aveva sempre conosciuto le domande avrebbe anche potuto passare un suggerimento o due a noi altri, quel bastardo!»

«Dopo che tutti avevano riso di lui, signore?» chiese Henry cominciando a sparecchiare.


(Titolo originale: Ph as in Phony)

 

Questo racconto è apparso la prima volta nel numero di luglio 1972 dell'Ellery Queen's Mystery Magazine con il titolo Il Dottor Fasullo.

Il motivo del cambiamento di titolo era chiaro. L'EQMM pubblica una serie di eccellenti racconti di Lawrence Treat con titoli come O come Omicidio, A come Assassino e così via. Naturalmente la rivista ha voluto riservare quel genere di titoli al signor Treat.

Spero tuttavia che al signor Treat non dispiacerà se nel presente libro ritorno a F come Fasullo, dato che mi sembra perfetto. Prometto che non userò più questo tipo di titolo.

A proposito: questo racconto mi ha fatto scivolare in una vanità di un genere per me insolito (altri generi mi sono abituali). Un certo professor Porter dell'Università dell'Oregon mi ha scritto per far notare alcune improprietà del racconto in relazione alla qualificazione per le ricerche di laurea. Ha aggiunto un “dottore” alla sua firma per indicare di essere qualificato per discutere l'argomento.

E lo era, perché aveva perfettamente ragione ed ho modificato la presente versione del racconto in base alle sue obiezioni. Rispondendo alla sua lettera, tuttavia, ero così preoccupato di non fargli pensare che io non fossi qualificato da decidermi a mettere anch'io un “dottore” dopo la firma. Il titolo era legittimo: l'ho ottenuto in chimica all'Università di Columbia nel 1948. Ma credo sia la prima volta che l'ho usato, a parte le comunicazioni scolastiche ufficiali.