GIOVANNI ANTONIO SOGLIANI

 

Pittore Fiorentino

 

 

Spesse volte veggiamo nelle scienze delle lettere e nelle arti ingegnose manuali, quelli che sono maninconici essere piú assidui a gli studii, e con frequentazione d'una certa pazienzia sopportar meglio i pesi delle fatiche. E rari sono coloro che abbino tale umore, che in tal professione non rieschino ancora eccellenti; come fece Giovanni Antonio Sogliani pittor fiorentino, il quale, nel vederlo, pareva il freddo e la maninconia del mondo. E poté quello umor talmente in lui, che da le cose dell'arte in fuori, pochi altri pensieri si dava, eccetto che delle cure familiari, nelle quali egli sopportava grandissima passione, quantunque avesse assai onesto modo da ripararsi. Stette in sua gioventú con Lorenzo di Credi all'arte della pittura, e con esso lui visse con tanta dili|genzia osservandolo sempre, che veramente divenne bonissimo pittore e mostrò in ogni sua azzione di essergli fidelissimo discepolo, come fece conoscere nelle sue prime pitture nella chiesa dell'Osservanza su 'l poggio di San Miniato. Nella quale fece una tavola di ritratto, simile a quella che Lorenzo aveva fatta nelle monache di Santa Chiara, dentrovi la Natività di Cristo, non manco buona che quella di Lorenzo. Cosí in un pilastro, che in chiesa di San Michele in Orto si vede, per l'Arte de' Vinattieri, un San Martino a olio, figurato da vescovo, il quale gli diede nome di bonissimo maestro. Ebbe Giovanni Antonio di continuo in venerazione l'opere e la maniera di fra' Bartolomeo di San Marco, e fortemente a esse cercò nel colorito d'accostarsi. Fece per Madonna Alfonsina, moglie di Piero de' Medici, una tavola posta nella chiesa di Camaldoli di Fiorenza, dentrovi Santo Arcadio crocifisso et altri martiri con le croci in braccio, e due ginocchioni; nella quale sono alcuni fanciulli che portano loro le palme, che di colorito sono bellissimi e di grazia. Fece molti quadri per le case de' cittadini, et ancora dipinse a Taddeo Taddei un Crocifisso con due figure su 'l canto della casa loro a fresco in un tabernacolo. Lavorò nel refettorio della badia di Fiorenza un Crocifisso et altre figure a fresco, e dipinse in San Girolamo, San Francesco e Santa Lisabetta di quello ordine, Regina di Ungheria. Fece alla Compagnia del Ceppo un segno da portare a processione, nel quale dipinse la Visitazione di Nostra Donna e San Niccolò. Lavorò una tavola a San Iacopo sopra Arno, dentrovi la Trinità con infiniti angeli, e da basso Santa Maria Maddalena e Santa Caterina con San Iacopo Apostolo; tutte di bonissimo colorito tirate e con diligenzia finite. Nel castello d'Anghiari fece a olio | un Cenacolo di Cristo con XII Apostoli, di grandezza quanto il vivo, et insieme la Lavazione de' piedi fatta loro da Cristo; la quale opera in quel paese è tenuta in gran venerazione. Lavorò alla Osservanza ancora, dove e' fece l'altra tavola, due figure per farvi la tavola poi, che fu San Giovanni e Santo Antonio da Padova.

 

 

 

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Avvenne che l'opera di Pisa destinò fare al coro alcuni quadri che trattassero de le figure del Sacramento, dove Giovanni Antonio fece il Sacrificio di Noè dopo il diluvio, che fu tenuto cosa lodata e bella. Similmente vi fece poi quel di Caino e quel di Abel. Ne seguitò in concorrenza Domenico Beccafumi da Siena, perché mirabilissimi piú di questi di disegno e d'invenzione gli fece. Simile i quattro Evangelisti, con altri del Soddoma da Vercelli e d'altri pittori men buoni. Fece ancora per la chiesa quattro tavole, dove mostrò diligenza et amore, per le quali in concorrenza ne fecero fare di miglioramento una a Domenico sanese sopradetto e due ne condusse Giorgio Vasari aretino, ch'a principio dell'entrata delle quattro porte fece. Perch'egli nel convento de' frati di San Marco fece ancora in fresco un cenacolo di frati, ch'è quando San Domenico si mette a tavola, e senza che vi sia pane, fatta l'orazione vengono due angeli in terra che ne portano loro. E sopra vi fece un Crocifisso con l'arcivescovo Santo Antonino ginocchioni e Santa Caterina sanese di quello ordine, veramente pittura con molta diligenzia e con pulitezza lavorata, venendo questo da la pazienzia e da l'amore che portò a tale arte. Fece ancora a Giovanni Serristori una tavola della Concezzione di Nostra Donna, quando Agostino, Ambruogio e Bernardo disputano de 'l peccato originale sopra il corpo del morto Adamo, dove figurò angeli e | fanciulli, con infiniti motti a proposito di quella; la quale imperfetta rimase nella morte di Giovanni, et egli all'ultimo della sua vita la finí e la consegnò a Messer Alamanno Salviati, erede delle cose di Giovanni. Pose in essa bellissime fatiche e massimamente in alcune teste di vecchi, le quali non potrebbono star meglio.

 

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Fece Giovanni Antonio molte altre cose, le quali andorono in Francia et in diversi paesi, e non accade farne menzione, essendosi ragionato de le principali opere sue. Fu persona che viveva con religione e, di continuo a' fatti suoi badando, non diede mai né noia né impaccio a veruno. Perché egli stanco dell'arte e mal complessionato, né molto desideroso di far troppo, aveva per ascendente la tardità nell'operare. Era scrupolosissimo in ogni cosa, e se avesse voluto lavorare quanto gli sarebbe stato dato, grandissime ricchezze avrebbe lasciato. Perché la maniera sua molto piacque allo universale, faccendo egli arie pietose e devote, secondo l'uso de gli ipocriti. Era già venuto alla età di LII anni, né poteva sentir ragionare di cavare una pietra che aveva, generata nella vesica, che ne sentiva grandissimo dolore e si veniva meno. Per il che questo male lo strinse sí forte che, non potendo piú reggere a tanto intrinseco tormento, rese l'anima a Dio l'anno MDXLIIII. |

 

 

 

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