GIULIO CESARE GIACOBBE
Alla ricerca delle coccole perdute
Una psicologia rivoluzionaria per il single e per la coppia
© 2004 Ponte alle Grazie srl - Milano isbn 88-7928-661-7
A mia figlia Dafne che ama il suo papà senza volerlo e soprattutto senza saperlo
La solitudine, l’insicurezza, l’incertezza, lo squilibrio, il disagio, il disadattamento, l’insoddisfazione, la sofferenza, la paura, l’angoscia, il panico, l’infelicità, oggi sono molto diffusi, nelle società ricche.
Perché?
Questi sono stati d’animo tipici dei bambini.
I bambini sono incapaci di sopravvivere, di affrontare le difficoltà da soli.
Hanno bisogno dell’assistenza continua dei genitori.
Per questo, soffrono continuamente di questi stati d’animo depressivi.
Ma come che questi stati d’animo depressivi sono presenti anche negli adulti?
Perché nelle società ricche gli adulti rimangono bambini.
Non crescono.
Non diventano adulti.
Gli crescono i peli sotto le ascelle e anche in altri posti ancora meno fini, ma rimangono bambini dentro.
Dentro, si sentono ancora bambini.
E si comportano come tali.
E quindi soffrono perché si sentono soli, abbandonati, non curati, non dilesi, non amati, non coccolati.
Nelle società ricche è molto difficile, diventare adulti.
Per diventare adulti bisogna infatti imparare ad affrontare da soli tutte le difficoltà della vita.
Bisogna imparare a sopravvivere.
E per farlo, bisogna lottare.
Ma chi, deve lottare per sopravvivere, nelle società ricche?
I nostri giovani rampolli di venti, trenta e persino quarantanni, tutti laureati, tutti disoccupati, tutti sposati in giovane età, passati dalla mamma alla moglie o dalla mamma al marito, quando mai hanno dovuto affrontare da soli le difficoltà della vita?
Quando mai hanno dovuto lottare per sopravvivere?
Quando mai hanno potuto diventare adulti?
Adulti sono i bambini extracomunitari di sedici, quattordici, persino dodici anni, che ci puliscono i vetri ai semafori, che ci vendono i fazzoletti di carta nelle strade, che ci vendono i fiori nei ristoranti.
Essi sono capaci di togliere le mutande ai nostri “bambini” trentenni e laureati senza nemmeno levargli i pantaloni e senza nemmeno che quelli se ne accorgano.
Sono adulti perché lottano per sopravvivere.
Sono adulti perché hanno imparato a sopravvivere.
Sanno ancora giocare, naturalmente.
Sono ancora bambini, quando possono.
Ma sono anche adulti, quando bisogna, cioè quasi sempre.
Ma cosa significa questo?
Deciditi, mi dirai tu, sono dunque bambini o adulti?
Tutt’e due, mia/o cara/o, tutt’e due!1
INTRODUZIONE
Eh, sì, perché noi non abbiamo una sola, ma diverse personalità.
A meno che non siamo dei poveri nevrotici.2
Ti sei mai accorto che tu ti comporti diversamente con i tuoi genitori (e magari diversamente con Tuno e con l’altro), con i tuoi amici, con i tuoi colleghi, con i tuoi superiori, con le autorità, con i bambini, con gli animali?
E che magari con la stessa persona ti comporti diversa-mente se sei in casa, in strada, in ufficio, al cinema, o a un ricevimento?
Per ogni contesto e per ogni persona tu hai un comportamento diverso.
Con alcune persone e in alcuni contesti ti senti superiore, con altri inferiore, con altri alla pari.
E questo accade indipendentemente dalla tua volontà, a volte persino dalla tua consapevolezza.
Perché?
Perché noi non abbiamo una sola personalità, ma molte.3 noi abbiamo non una sola ma molte personalità
Queste nostre molte personalità non sono altro che nostri adattamenti all'ambiente, più precisamente alle diverse situazioni ambientali.
Se ci troviamo di fronte ad una nuova situazione, noi proviamo ad usare un certo comportamento e se questo non ci dà i risultati voluti, noi ne prcviamo un altro, e poi eventualmente un altro ancora e così via, finché troviamo il comportamento per noi vincente.
Questo metodo istintivo di soluzione delle situazioni ambientali nuove, comune anche agli animali, si chiama comportamento per prova ed errore.
Esso viene usato anche nella ricerca scientifica.
V
E un metodo empirico, ma funziona.
Una volta trovato il comportamento vincente, o che comunque ci assicura un minimo di difesa o di controllo deli 'ambiente, esso viene da noi memorizzato ed associato con quella situazione, e sistematicamente usato tutte le volte che ci troviamo di fronte a quella situazione o ad una simile.
A volte non si tratta proprio di un comportamento vincente, ma soltanto di un comportamento a cui quella situazione ci obbliga, come nel caso in cui siamo vittime di un!aggressione e ci rocca subire e comunque ridurre al minimo le perdite.
In ogni caso noi siamo portati ad assumere automaticamente tale comportamento con quella situazione, spesso senza rendercene conto.
E se ce ne rendiamo conto, abbiamo una grande difficoltà, a cambiare comportamento.
Possiamo dire che ogni nostro comportamento adatti-vo alle diverse situazioni ambientali costituisce una perso-fi alita.
INTRODUZIONE
Quindi in ogni situazione noi viviamo automaticamente una personalità diversa.
In alcuni casi ci sentiamo dominanti, potenti, vincenti.
In altri, impotenti, passivi, dominati.
In altri ancora, capaci di trattare, di giocarci il nostro ruolo e la nostra posizione.
Le nostre personalità, senza che ce ne rendiamo conto e magari senza che lo vogliamo, dirigono automaticamente il nostro comportamento, le nostre reazioni, i nostri pensieri, le nostre emozioni e le nostre azioni.
Sono personalità che noi abbiamo visto assumere da altre persone in contesti analoghi e che abbiamo memorizzato, magari da bambini.
Quindi personalità molto radicate in noi, come tutte le memorizzazioni che effettuiamo da bambini, quando la nostra memoria è molto ricettiva.
Queste personalità risiedono nella nostra memoria e sono pronte a balzare in primo piano e divenire operative tutte le volte che ci troviamo in una situazione analoga a quella nella quale le abbiamo memorizzate.
Quindi sono le diverse situazioni ambientali ad attivare le nostre diverse personalità, magari senza che noi stessi ce ne rendiamo conto.
sono le diverse situazioni ambientali ad attivare le nostre diverse personalità
E sono le nostre diverse personalità a determinare il nostro comportamento, compreso il nostro pensiero e i nostri sentimenti.
Cioè sono le personalità dentro di noi, che dirigono la nostra vita.
sono h personalità dentro di noi, che dirigono la nostra vita
Spesso queste personalità si manifestano nella nostra mente cosciente sotto forma di immagini, o meglio di autoimmagini.
E rautoimmagine che abbiamo di noi stessi in quel momento, in quella situazione, che determina le nostre reazioni, i nostri pensieri, le nostre emozioni, i nostri comportamenti.4
Spesso noi non siamo coscienti delTautoimmagine che abbiamo di noi stessi in un dato momento, ma la nostra autoimmagine è sempre presente dentro di noi, nel nostro inconscio.
Perché ad ogni nostra personalità corrisponde una nostra autoimmagine.
ad ogni nostra personalità corrisponde una nosti'a autoimmagine
Possiamo infatti definire una personalità una nostra specifica autoimmagine la quale dà luogo ad un nostro specifico comportamento.
Fra tutte le personalità che sono memorizzate dentro di noi e che noi possiamo assumere, ce ne sono tre che sono fondamentali e che sono comuni a tutti noi e persino agli
INTRODUZIONE
animali: sono le personalità naturali del bambino, delYa-dulto e del genitore.5
Queste sono le personalità che noi assumiamo, o che dovremmo assumere, con imo sviluppo psìchico organico e completo nel corso del nostro sviluppo biologico.
Sono le personalità che noi usiamo, o che dovremmo usare, nelle diverse situazioni ambientali come nostre efficienti risposte adattive all'ambiente.
In questo saggio tratto di queste tre personalità naturali, della loro formazione, del loro sviluppo e della loro inibizione nevrotica, dimostrando come quest ultima costituisca la base di tutte le nevrosi non traumatiche.
Quindi da una parte mi rivolgo agli specialisti con la proposta di un nuovo indirizzo diagnostico e terapeutico che definisco evolutivo.
In questo senso questo è un trattato scientifico di psicoterapia evolutiva.
Dall’altra mi rivolgo alle persone comuni affinché pren-
3 Già Eric Berne ha colro la differenziazione comportamentale fondamentale nelle tre personalità del bambino {Cbild), dell "adulto (Adult.) e del genitore (Parent) e ha fondato su di essa una teoria della dinamica dei rapporti (transazioni) interpersonali che ha denominato «analisi transazionale», la quale ha avuto il merito di chiarire molti aspetti della comunicazione umana ed ha riscosso un notevole successo nell’ambito della cultura anglosassone, specie in campo aziendale (cfr. Tran saettami Analysis, 1961; trad. it. Analisi transazionale, Astrolabio, 1971). Il presente saggio, che accoglie come reale e fondamentale la differenziazione comportamentale evidenziata da Berne, si dedica tuttavia all’approfondimento dell’analisi della personalità individuale indipendentemente dai rappord interpersonali, già accennata ma non sviluppata da Berne, evidenziando come il mancato sviluppo delle tre personalità naturali costituisca la base della nevrosi.
dano coscienza e conducano a compimento la loro evoluzione psicologica personale.
In questo senso questo è un inattuale divulgativo di psicologia evolutiva.
Non gli ho però dato nessuno di questi due serissimi titoli ed ho mantenuto una forma colloquiale per arrivare al maggior numero possibile di persone, nella convinzione che è più vantaggioso per l’umanità che un libro venga letto da mille persone comuni che da due specialisti.
Se poi questi due specialisti si vorranno degnare di leggerlo e di metterlo in pratica avremo un cambiamento radicale della psicoterapia e finalmente la guarigione di una nevrosi diffusissima: la nevrosi ansioso-depresswa.b
6 Questo saggio non è il multato di una riflessione a tavolino, ma di una pratica clinica che si protrae da oltre dieci anni. La sua stessa genesi è avvenuta in ambito clinico, avendo io riscontrato che dietro le nevrosi più diffuse, e in particolare dietro la nevrosi ansioso-depressiva, vi è sistematicamente una personalità infantile e che lo sviluppo della personalità adulta porta sistematicamente all’eliminazione dei sintomi e alla soluzione della sindrome. Nel corso dei dieci anni in cui ho sperimentato la psicoterapia evolutiva qui esposta (utilizzando tecnicamente l’ipnosi suggestiva recentemente rilanciata dalla Programmazione Neurolinguistica ma già nota ed usata in Psicosintesi) ho ottenuto infatti sistematicamente guarigioni apparentemente “miracolose” ma in realtà semplicemente dovute al cambio della personalità, da quella debole e sede di tutte le paure del bambino a quella forte e sicura di sé dell’adulto, a quella capace di accettare ed amare del genitore.
Tutti i mammiferi percorrono nel corso della loro vita un’evoluzione naturale che presenta tre fasi: il cucciolo, r adulto, il genitore.
Il cucciolo è caratterizzato dalla non autosufficienza.
L’adulto è caratterizzato dall’autosufficienza.
Il genitore è caratterizzato dalla dedizione ai cuccioli.
La non autosufficienza procura al cucciolo uno stress, cioè uno stato di paura cronica.
Possiamo facilmente vederlo negli animali che teniamo con noi nelle nostre case: quando sono cuccioli, fuggono e si nascondono al minimo pericolo.
Lo stato di cucciolo è dunque caratterizzato da uno stato soggettivo di paura cronica, di bisogno di protezione, di dipendenza dal genitore.
In natura gli animali genitori insegnano ai loro cuccioli i comportamenti atti alla sopravvivenza, dopo di che li abbandonano e in tal modo i cuccioli diventano adulti.
L’autonomia nel procurarsi il cibo e nel sopravvivere ai pericoli ambientali pone fine nell’adulto allo stato cronico di paura caratteristico del cucciolo.
L’animale adulto avrà paura soltanto nei casi in cui la sua sopravvivenza è davvero posta in pericolo e saprà provvedervi da solo, senza l'aiuto dei genitori.
Avrà un suo territorio sul quale riuscirà ad istituire un controllo attraverso la competizione e la prevaricazione.
Sarà in definitiva autosufficiente.
L’attenzione e le energie dell’adulto sono tuttavia concentrate sulla propria sopravvivenza: egli non è disponibile a dedicarsi agli altri.
La presenza dei cuccioli mette in moto nell’animale adulto l'istinto di dedizione: oltre che alla propria sopravvivenza egli si dedica anche alla sopravvivenza dei cuccioli.
Assume così il comportamento del genitore.
Nei mammiferi, l’istinto di dedizione ai cuccioli è particolarmente forte nelle femmine}
Il comportamento di genitore presuppone comunque nell’adulto uno stato soggettivo di sicurezza di sé, ossia l’assunzione di un totale controllo del territorio e quindi uno stato di consolidamento del suo comportamento di adulto.
Nessun cucciolo è in grado di provvedere alla sopravvivenza di altri cuccioli, in quanto non è neppure in grado di provvedere alla sopravvivenza di se stesso.
Soltanto l’adulto, rafforzato nella sua capacità di auto-sufficienza e quindi nel suo ruolo di adulto, è capace di attivare il comportamento di genitore.
Una volta emancipati e quindi abbandonati i cuccioli, l’istinto di dedizione e quindi il comportamento di genitore viene meno e si ripristina il comportamento di adulto.
Le tre fasi dell’evoluzione naturale non sono irreversibili: esse costituiscono altrettanti modelli comportamentali che possono essere adottati a seconda delle circostanze.
Se animali adulti che fino a un momento prima avevano adottato un comportamento di adulti o di genitori si trovano in un ambiente protetto e si istituisce fra loro una condizione di gioco (ossia di simulazione di una situazione tipicamente adulta, come ad esempio la caccia o
lo scontro), essi sono capaci di assumere comportamenti tipici del cucciolo, come l’emulazione, l’obbedienza, la sottomissione.
Ciò avviene in particolare nei mammiferi che vivono in branco.
Se si trovano invece in un ambiente aggressivo, gli animali istituiscono fra loro una relazione di collaborazione o di competizione, ma comunque il modello comportamentale da essi assunto è quello di adulto.
Se un animale adulto si trova in presenza di un cuccio
lo bisognoso di aiuto, tende ad assumere il modello comportamentale di genitore.
Abbiamo dunque due
DATI NATURALI FONDAMENTALI
1 Gli animali seguono un’evoluzione naturale che va dallo stato di cucciolo
a quello di adulto, a quello di genitore.
2 Compiuta devoluzione naturale,
i comportamenti relativi a tali stati sono intercambiabili fra loro a seconda della situazione ambientale.
Abbiamo quindi
TRE MODELLI COMPORTAMENTALI NATURALI
1 CUCCIOLO
2 ADULTO
3 GENITORE
Da un’analisi di essi possiamo costruire il seguente schema.
modello |
stato soggettivo |
stato oggettivo |
CUCCIOLO |
paura, bisogno di protezione, dipendenza |
non autosufficienza |
ADULTO |
indipendenza, competizione, prevaricazione |
autosufficienza |
GENITORE |
sicurezza di sé, attenzione ai cuccioli |
dedizione |
Gli esseri umani seguono, al pari degli animali, questa evoluzione naturale.
Quindi possiamo dire che ognuno di noi ha dentro di sé queste tre distinte personalità, perché le ha viste intorno a sé nella propria infanzia e quindi le ha registrate nella propria memoria.
ognuno di noi ha dentro di sé un BAMBINO, un ADULTO, «« GENITORE
Deve soltanto imparare a viverli.
Negli animali le tre personalità naturali si attivano spontaneamente, semplicemente in presenza delle condizioni ambientali adatte.
Nell’essere umano, invece, a causa delTevoluzione della neocorteccia cerebrale che introduce nello psichismo umano la variabile dell’affettività, esse sono il risultato di unV-voluzione affettiva.
L’evoluzione affettiva si evidenzia nel comportamento. Vi sono tre diversi comportamenti fondamentali, che caratterizzano rispettivamente, negli esseri umani, il bambino, l’adulto e il genitore:
il bambino chiede Vadulto prende il genitore dà
Così vi sono ancora tre modalità di relazione sociale caratterizzanti ciascuna ogni singola modalità:
per il bambino: dipendenza per Vadulto: parità per il genitore: superiorità
Così ancora vi sono tre modi di rapportarsi alle coccole:
il bambino ha sempre bisogno che qualcuno gli faccia le coccole Vadulto si fa le coccole da solo e non ha bisogno di nessuno il genitore è Vunico capace di fare le coccole agli altri
Ma sarà bene esaminare in dettaglio le tre personalità evo-
lutive naturali dell’essere umano, per chiarirci bene di cosa stiamo parlando.
Ad esse sono dedicati i prossimi tre capitoli.
Il bambino è la persona più sfigata dell’universo.
E, tragicamente, lo sa.
Quando senti qualcuno che ti dice che è sfigato, che il mondo ce l’ha con lui, che lui è il più sfigato dell’universo, sappilo, ti sta parlando un bambino.5
Se ha meno di dodici anni, è normale.
Se ha più di dodici anni è preoccupante.
Se ne ha più di diciotto è tragico.
Se ne ha più di venti è un casino (una volta bastava avere quattordici, massimo sedici anni, per diventare un adulto, ma erano altri tempi: si era molto più poveri e a quattordici, massimo sedici anni si andava a lavorare).
Il problema è che il bambino è incapace di affrontare da solo la vita e le sue difficoltà, i suoi pericoli, i suoi ostacoli, le sue prove, le sue responsabilità.
E incapace di dominare l’ambiente che lo circonda.
il bambino è incapace di dominare l'ambiente
Perché è incapace di sopportare le frustrazioni che l’ambiente impone: le difficoltà, la fatica, la sconfitta, la perdita, il dolore.
il bambino è incapace di sopportare le frustrazioni
Perché non ha sicurezza in se stesso ed è convinto di non potercela fare.
il bambino non ha sicurezza in se stesso
Affida quindi sempre a qualeun’altro il problema del proprio benessere e della propria felicità.
Dipende sempre da qualcun altro.
il bambino dipende sempre da qualcun 'altro
Non importa chi sia quel qualcun’altro, ma una cosa è cena: deve essere sempre lo stesso e deve stare sempre a sua disposizione.
Cioè deve stare al suo servizio ventiquattr’ore su venti-quattro, trecentosessantacinque giorni all’anno.
Con una sola eccezione.
Quella degli anni bisestili, in cui pretendono trecento-sessantasei giorni.
Il bambino pretende infatti una dedizione esclusiva e assoluta.
il bambino pretende una dedizione esclusiva e assoluta
È quello che noi chiamiamo possesso affettivo.
Come si può vedere, la gelosia è una malattia infantile.
Ma c’è un problema: nessuno, nell’universo, è in grado di dedicare tutto il proprio tempo ad un bambino, per quanto carino, tenero, bisognoso sia.
Si dovrà pure mangiare, dormire, riposare, e fare tutte quelle piccole cose, anche schifose, che ci permettono di sopravvivere!
Persino le gatte, che sono fra tutte le madri dell’universo le più capaci di sacrificarsi, non ci riescono.6
Ogni tanto anche loro hanno bisogno di uno svago, di farsi un giro, e lasciano per un po’ i gattini incustoditi, ma' rimangono nelle vicinanze pronte ad intervenire in caso di pericolo.
Ma il bambino no, a lui non frega niente dei bisogni del genitore, a lui interessa soltanto sopravvivere e quindi pretende che il genitore sia sempre, senza eccezioni, al suo servizio.
Una pretesa legittima, bene inteso.
Soltanto con una tale pretesa, infatti, il bambino ha qualche probabilità di sopravvivere.
Immaginatevi un bambino di uno, due, tre, o anche quattro anni, nel bel mezzo di una giungla.
Se qualcuno non si occupa di lui ci lascia la pelle.
E per questo, che il bambino ha paura.
La paura è la dimensione costituzionale del bambino.
Ed egli vive, di paura.
il bambino vive di paura
Il bambino ha paura di tutto.
Perché sa di non essere in grado di affrontare le difficoltà, le minacce, i pericoli, sa di non essere in grado di sopravvivere senza l’aiuto di qualcuno.
Anzi, di un particolare qualcuno.
La sfiga del bambino è che egli non solo ha bisogno di qualcuno, ma non di un qualcuno qualsiasi, bensì di un qualcuno particolare: quello che lui conosce come suo genitore o facente funzione.
E nessuno può sostituire quel qualcuno particolare. Perché?
Perché soltanto di lui, il bambino si fida.
Soltanto da lui, il bambino sa di avere ricevuto le cure adeguate.
Da un altro, chissà?
Quindi lui vuole la presenza, l’assistenza, la protezione, le coccole, l’attenzione, la dedizione di quel qualcuno particolare e di nessun altro.
Un vero casino.
E proprio perché per un bambino la vita è un casino, egli si lamenta sempre, non è mai contento, vuole sempre una realtà diversa da quella che c’è, non accetta mai la realtà com’è perché non la sa gestire.
il bambino non accetta la realtà com’è e vuole sempre quello che non c’è
Aspetti positivi
La natura ha dotato il bambino di due armi, per obbligare il genitore di turno a mollare tutto e correre in suo aiuto.
La prima è un pianto al quale forse serpenti e scarafaggi sono indifferenti ma al quale qualsiasi femmina di umano non sa resistere (il maschio può essere messo fra i serpenti e gli scarafaggi).
H trapano del dentista al suo confronto è la Nonna di Beethoven.7
Quando una femmina di umano lo sente non sa se strozzarlo o cullarlo.
E qui il furbo infante sfodera la sua seconda più potente arma.
Ha un aspetto che farebbe intenerire anche Terminator, se fosse capace di sentimenti umani.
Piccolo, grassottello e con le guanciotte a pagnottella, gli occhiotti sgranati, la boccuccia spalancata, le braccine e le gambette a salsicciotto che si muovono a stantuffo come in un allenamento di body dance, rosso come un po-modorino per via del pianto, assomiglia troppo a Dumbo, per strozzarlo.
Cullarlo ci sembra senz’altro la soluzione migliore.
Anche perché l'operazione funziona.
Appena lo prendi in braccio, smette.
Non solo, ma ti guarda con quegli occhietti tirabaci e ti sorride felice.
A questo punto ti ha fregato.
Perché da quel momento in poi il prenderlo in braccio diventa un riflesso condizionato.
E lui si è salvato la pelle.
Il bambino ha inoltre dalla sua non soltanto le due armi di cui ho detto sopra, il trapano vocale e un corpicino che ti viene voglia di mangiarlo (e qualcuno se lo è anche mangiato, ma questa è un’altra storia), ma anche due comporta-menti particolari che ti tanno venire voglia di aiutarlo.
Il primo è che si fa piccino piccino.
Già lo è piccino piccino, fisicamente.
Ma lui si fa piccino piccino anche psicologicamente.
Ti guarda dal basso all’alto (è inevitabile che un bambino ti guardi dal basso all’alto, a meno che tu non ti sdrai per terra o non lo metta sulla tavola: ma che razza di mamma sei, se fai delle cose del genere?) con due occhietti imploranti che commuoverebbero anche la signora Thatcher (anche lei sarà stata mamma? mah!?).
Ecco la sua arma segreta (del bambino, non della signora Thatcher)!
L'umiltà*.
La capacità di sottomettersi!
il bambino è capace di sottomettersi
L’hai mai visto un cane quando si mette con la pancia all’aria?
(Come mai si mette con la pancia all’aria e non con il sedere? Riflettici.)
E il suo modo di sottomettersi, di dichiararsi sconfìtto, di farsi bambino.
Chi ce la fa a strozzare un bambino di due anni che ti ha appena gettato l’anello di fidanzamento nel cesso e ti guarda con due occhietti da bassotto e un sorriso da pa-perino e ti dice: «Pum! Anello cacca»?
D padre, più ragionevole, forse ce la farebbe, a strozzarlo, ma dato che l’anello non è il suo (e chi ha mai regalato un anello di fidanzamento ad un uomo?), se ne frega.
Risultato: ci hai rimesso un anello ma ci hai guadagnato un figlio. (Qualche madre snaturata pensa di averci perduto nel cambio, ma è appunto snaturata.)
La capacità di sottomissione ha degli importantissimi risultati comportamentali, utilissimi ed anzi indispensabili nei rapporti umani: la capacità di chiedere scusa, la capacità di chiedere perdono e la capacità di chiedere aiuto.
il bambino è capace dì chiedere scusa
il bambino è capace di chiedere perdono
il bambino è capace di chiedere aiuto
Chi non è capace di chiedere scusa, di chiedere perdono, di chiedere aiuto, cioè di farsi bambino quando la situazione lo richiede, non soltanto è un povero nevrotico, ma è anche povero come essere umano.
H secondo comportamento tipico del bambino, che ti fa venire voglia di tornare bambino anche tu, è il gioco.
il bambino è capace di giocare
Il bambino gioca sempre.
Ma cosa è il gioco?
Il gioco è la simulazione della realtà, ma di una realtà che il bambino è in grado di dominare e quindi di una realtà attenuata, edulcorata, sterilizzata, sdrammatizzata, resa innocua, e quindi priva di tensione.
Ma per il bambino il gioco non è finto.
Per il bambino il gioco è la realtà, perché è l’unica realtà nella quale egli riesce a sopravvivere.
Nell’altra, nella realtà vera, egli non sopravviverebbe.
Nella realtà del gioco, invece, dove è lui che stabilisce le regole adattate alle sue capacità, egli riesce a dominare, esattamente come gli adulti dominano la realtà vera.
Il gioco è la costruzione di un mondo fantastico dove il bambino, che non sa dominare il mondo reale, domina.
Ed ecco che allora il gioco diventa sogno, fuga, avventura, utopia, divinazione, trasformazione, rappresentazione visionaria del possibile.
Gioco è l’arte, gioco è la magia, gioco è la scoperta, gioco può diventare addirittura la nostra vita.4
Saper giocare, sapere diventare bambino con il gioco, è fondamentale, per l'adulto.
E Tarma segreta che lo sottrae alla tragedia della vita e gli permette di ridere, di scherzare, di celiare, di deridere la vita e le sue tragedie.
Chi non ha a sua disposizione questa arma segreta è perduto, è destinato ad essere sconfitto dalla tragedia della vita.
Cos’è un adulto?
Un adulto è un bambino che ha imparato a procurarsi il cibo da solo, a difendersi da solo, a sopravvivere da solo, a dominare da solo l'ambiente reale e non più soltanto quello del gioco.
Anzi, l’adulto non gioca più.
L’adulto non gioca mai.
Perché non vive più nell’ambiente del gioco ma nell’ambiente reale.
L’ambiente reale è il suo territorio.
E l’adulto domina il suo territorio.
Vadulto domina il suo territorio
Hai visto gli animali in natura?
Essi dominiino il loro territorio e non permettono a nessun animale della loro specie di penetrarvi.
Se qualcuno vi entra lo scacciano e se non se ne va lo uccidono.
La cinciallegra (allegra per noi, non per le altre cince), un uccellino che pesa meno di venti grammi, è uno degli animali più feroci del pianeta.
Se un’altra cincia dello stesso sesso (se è di sesso opposto se la fa) entra nel suo territorio, non pensa neppure a scacciarlo: lo uccide subito.
E per ucciderlo usa un sistema atroce.
Gli becca il cranio fino a forarglielo e da quel foro gli beve il cervello.
Carino, no?
Cinciallegra!
L’adulto è come la cinciallegra.
Ma non si beve il cervello dei suoi avversari, si limita ad ammazzarli.
Guai a chi invade il suo territorio!
Il suo territorio è sacro e solo lui deve dominarlo.
Questo significa libertà: non avere nessuno fra i piedi e nessuno che gli dice cosa deve fare.
Per l’adulto la sua libertà è sacra.
La libertà è il massimo dei suoi beni, è il suo valore prifnario.
la LIBERTA è il valore primario deWadulto
Come difende con le unghie e con i denti la propria libertà, così l’adulto ha un rispetto assoluto della libertà degli altri.
L’adulto non ri chiederà mai cosa cavolo fai quando non stai con lui (non gliene frega niente) o cosa cavolo hai da fare quando gli dici che hai un impegno e non puoi incontrarlo (gliene frega ancora meno di niente).
Ma guai se ti permetti di chiedere a lui cosa cavolo fa e cosa cavolo ha da fare quando ti dice che ha un impegno!
Sono cavoli suoi!
Se insisti ti mancia a quel paese e non lo vedi più.
Perché capisce che sei un maledetto bambino che attenti alla sua libertà.
L’adulto vive rigorosamente solo e non vuole nessuno fra i piedi: né mogli né mariti né figli né parenti né amici né animali né piante.
Tutte limitazioni alla sua libertà.
Che deve essere assoluta.
Perché?
Perché ormai lui ha raggiunto la più assoluta sicurezza in se stesso e quindi non ha più bisogno di nessuno, non vuole più nessuno fra i piedi.
L’adulto ha cioè trovato la sicurezza in se stesso.
Vadulto ha sicurezza in se stesso
È Tarzan, che abbandonato dai genitori (perché fortunatamente morti: fortunatamente per Tarzan, naturalmente, non per loro) ha imparato a sopravvivere da solo nella giungla, ha imparato da solo a lottare contro le belve, a procurarsi il cibo, a sopportare il caldo, il freddo, la fame, la sete, la stanchezza, l’insuccesso, la sconfitta, la solitudine, il dolore, la sofferenza.
L’adulto ha imparato a sopportare il disagio.
Vadtdto sopporta il disagio
Tarzan ha imparato a fare a meno dei genitori (per forza: sono morti).
Non dipende più da loro.
Anzi, non dipende più da nessuno.
Vadulto non dipende da nessuno
Non ha bisogno, come il bambino, dell’approvazione degli altri.
Vadulto non ha bisogno delVapprovazione degli altri
Se ne infischia.
Perché egli ha la sua, di approvazione.
Che è incondizionata, assoluta e totale.
Perché sa di essere ok.
L’adulto ha una stima illimitata di sé,
Vadulto ha una stima illimitata di sé
Sa che ormai è capace di arrangiarsi da solo in qualsiasi situazione.
Ha imparato a farsi le uova al tegamino, a lavarsi i denti e persino a pulirsi il culetto, da solo, per non parlare delle tigri, delle pantere e dei leoni.
Hai visto come gli salta addosso con il coltello fra i denti urlando il suo caratteristico e terrificante grido?
(Ma come fa, ad urlare e contemporaneamente tenere il coltello fra i denti? Misteri del cinema I)
Ha eliminato la paura.
Non che Tadulto non abbia più paura.
Ma ha paura di cose reali, ha solo paure reali.
Se gli viene addosso una tigre del Bengala prova paura eccome!
Se non avesse paura la tigre del Bengala se lo mangerebbe in un boccone.
E proprio la paura, che gli permette di fare un salto in lungo da record e fregare la colazione alla tigre (se si potesse mettere delle tigri del Bengala, o anche di altri posti, nelle piste di adetica, i record, non solo di salto in lungo, migliorerebbero notevolmente.)
L’adulto ha ancora paure reali ma non ha più paure immaginarie come il bambino.
Vadulto non ha paure i?mnaginarie
Non si immagina più che domani, uscendo di casa, potrebbe essere mangiato da una tigre del Bengala.
Il domani!
Ecco l’assillo del bambino, che l’adulto ha superato!
Il bambino vive con la paura del domani.
L’adulto no, la paura del domani non ce l’ha più. L’adulto ha imparato ad affrontare qualsiasi difficoltà, e quindi se ne infischia, del domani: le difficoltà del domani le affronterà come ha affrontato quelle di ieri e di oggi. Non ci pensa nemmeno.
Non pensa più al futuro ossessivamente come il bambino. Quindi non ha aspettative.
E quindi non ha nemmeno rifiuti, nei confronti della realtà.
Vadulto non ha né aspettative né rifiuti
L’adulto non pretende, come 0 bambino incapace di adattarsi alla realtà, che la realtà cambi per adattarsi alle sue
esigenze.
Non pretende che le persone cambino per diventare come piace a lui.
Il bambino non è in grado di affrontare la realtà e quindi pretende sempre una realtà diversa da quella che c’è, pretende sempre che il mondo si adatti a lui e non lui al mondo.
Povero pazzo!
Perché la realtà se ne infischia di lui e va inesorabilmente per la sua strada.
L’adulto invece ha imparato ad adattarsi lui alla realtà. L’accetta com’è e vi si adatta.
Ha imparato ad accettare la realtà com’è.
Vadulto accetta la realtà com }e e vi si adatta
Accetta tutto, situazioni, cose, persone.
E se li gode.
L’adulto si gode la vita.
Vadulto si gode la vita
Se proprio gli altri non gli piacciono, si limita a spostarsi altrove.
E un cacciatore che, se non trova la selvaggina che vuole lui, si sposta in un altro luogo capace di soddisfare il suo piacere.
Perché l’adulto è un cacciatore di piaceri.
Vadulto è un cacciatore di piaceri
L’adulto non ha bisogno, come il bambino, di possedere.
A lui interessa soltanto usare, godere.
aWadulto non intei'essa il possesso ma Vuso
Fra il possesso, necessario per dare un illusorio senso di sicurezza al bambino, e l’uso, più concreto, reale, di un’auto o di una donna, lui preferisce senz’altro averne l’uso, goderne, e basta.
v
E per questo, che l’adulto prende come amante la donna che il bambino ha preso come sposa-madre.
E molto più comodo: a lui il piacere, all’altro le rognate. Ma, come diceva la pubblicità, non chiede mai: «Un uomo (ma anche una donna) non deve chiedere mai». Quello che vuole se lo prende.
E non chiede scusa.
Vadulto non chiede mai: prende quello che vuole
Un’altra caratteristica dell’adulto, che manca al bambino, è la capacità del\amicizia.
Vadulto è capace di amicizia
Amicizia significa collaborazione, aiuto.
I Romani dicevano sodalitas.
E la solidarietà dei legionari impegnati nelle campagne di conquista.
E l’amicizia, la collaborazione dei soldati, dei compagni di viaggio, dei giocatori di una squadra di calcio, degli scalatori di montagne.
Non è assistenza, nutrizione, protezione.
E il bambino, che vuole assistenza, nutrizione, protezione. L’adulto non ne ha bisogno.
E come non li pretende non li dà.
L’adulto è però capace di solidarietà, di aiuto reciproco, di amicizia appunto.
Un rapporto alla pari.
Nessuno prevarica l’altro, nessuno pretende dall’altro, ma ognuno è pronto a darsi all’altro, se necessario.
Questa è l’amicizia.
E l’amicizia per l’adulto è sacra.
È Tanica relazione sociale che accetta e rispetta.
La relazione di sfruttamento del bambino e quella di dedizione del genitore non gli interessano, anzi le rifiuta perché non è disposto a praticarle.
Come si accorge che qualcuno pretende da lui assistenza, nutrizione, protezione, che il dare non è a due sensi ma a senso unico, che ha cioè a che fare con un bambino, scappa.
Perché l’adulto non è un genitore, non si dedica agli altri.
Collabora e basta.
«Uno per tutti e tutti per uno! »
Il discorso di quelli che rifiutano Tamicizia perché vogliono l’amore è un discorso da bambini.
Vogliono l’amore perché vogliono essere amati e non capiscono nemmeno cos’è, Tamicizia.
L’amicizia è una stima reciproca, un rispetto reciproco, una disponibilità reciproca ma nell’assoluta reciproca libertà.
Insieme quando si vuole o quando necessita ma ognuno per conto suo.
Perché è un rapporto basato sul piacere e non sul bisogno.
Un rapporto da adulti, appunto.
L’amico è quello che non senti anche per anni ma che rimane per te amico come il primo giorno.
L’amico, dice un detto popolare, è colui che conosci benissimo e nonostante questo continui ad essergli amico.
Perché l’amico si sceglie, non si subisce.
Il bambino si attacca al primo che capita perché è affamato di affetto.
L’adulto sceglie con cura i propri amici perché non ne ha bisogno ma se li gode.
Questo conferisce all’adulto una grande capacità di vita sociale.
Vadulto ha una gt'ande capacità di vita sociale
Anzi è la più sociale, delle tre personalità.
Perché Tamicizia è alla base, della vita sociale, è il suo tessuto connettivo.
E scilo l’adulto sa cos’è davvero Tamicizia ed è capace di nutrirla con costanza, fedeltà ed onestà per tutta la vita.
E per questo che le amicizie durano più dei matrimoni.
Aspetti negativi
Dalla descrizione di cui sopra sembrerebbe che l’adulto sia una creatura perfetta: autosufficiente, efficiente, dominante.
Come uno squalo.
Ma chi vorrebbe vivere con uno squalo?
L’adulto, come lo squalo (al quale davvero assomiglia) ha dei grossi difetti, dal punto di vista della convivenza sociale: non è capace di sottomissione, non sa giocare e soprattutto non vi aiuta nemmeno se state affondando nelle sabbie mobili, a meno che non abbia un tornaconto personale (tipo fregarvi il portafoglio dalla tasca della giacca).
Vadulto non e capace di sottomissione Vadulto non sa giocare Vadulto non si dedica agli altri
Cos’è un genitore?
Un genitore è un adulto che è diventato cosi bravo a procurarsi il cibo, a dominare l’ambiente che lo circonda, a difendersi dai pericoli, a evitare le minacce, a liberarsi dalle paure, a essere sicuro di se stesso, da potersi permettere il lusso di interessarsi agli altri, e in particolare ai bambini, e assisterli, proteggerli, nutrirli, difenderli, rassicurarli e coccolarli.
Il genitore è capace di dedicarsi agli altri.
il genitore è capace di dedicarsi agli altri
Lo stato di adulto non può dare una felicità permanente, perché l’autonomia non abolisce completamente la. paura per la propria sopravvivenza e quindi neppure lo stress, che se non è cronico come nel bambino, è tuttavia ancora presente, nell’adulto.
Soltanto nello stato genitoriale, la paura per la propria sopravvivenza è superata completamente dalla dedizione all’altro.
Nella dedizione all’altro la paura per la propria so-prawivenza è eliminata dalla convinzione di una capacità di difesa persino superiore al necessario in quanto estesa agli altri.
La capacità, o la convinzione di questa capacità, di difesa degli altri comporta l’eliminazione della paura degli altri.
il genitore non ha più paura degli altri
Infatti non si può avere paura degli altri quando si diventa capaci di difenderli.
Il superamento della paura degli altri, che proietta sempre un’immagine distorta degli altri, ci permette di vedere e di accettare gli altri come sono, quindi di stimarli e di diventare consapevoli delle loro sofferenze e provare compassione per loro.
L’accettazione degli altri come sono, accompagnata dalla stima e dalla compassione per la loro sofferenza, dà luogo a ciò che noi chiamiamo amore.
Vamore è accettazione, stima, compassione
Già il Buddha (V sec. a.C.) aveva capito che la compassione è A fondamento dell’amore e che il vero amore è soltanto l’amore univei'sale.
Parlando dell'amore, ci si riferisce di solito all amore fra genitori e figli, marito e moglie, parenti, amici. Dipendendo per natura dai concetti di “io" e “mio”, questo amore è imprigionato nell’attaccamento e nella discriminazione. La gente vuole amare soltanto i propri genitori, il proprio coniuge, i propri figli e nipoti, i propri parenti e i propri amici. Poiché è irretita nell1attaccamento, teme i mali a cui sono esposte le persone amate e se ne preoccupa prima che accadano. Poi, quando le disgrazie vengono, la sofferenza è tremenda. L'amore fondato sulla discriminazione genera il pregiudizio, ovvero indifferenza e persino ostilità nei confronti di coloro che escludiamo dal nostro amore. Attaccamento e discriminazione sono cause di sofferenza per noi stessi e per gli altri. In realtà, l'amore a cui tutti gli esseri aspirano è l'amore universale. Nell’amore universale vi è compassione e dedizione. Compassione e dedizione non sono limitate ai genitori, al coniuge, ai figli, ai parenti, agli amici, ma si allargano a tutta l’umanità e a tutti gli esseri. Compassione e dedizione non conoscono discriminazione fra mio e non mio. Senza discriminazione, non c’è attaccamento. Senza attaccamento, non c’è sofferenza. Compassione e dedizione alleviano la sofferenza e arrecano la felicità. Compassione e dedizione hanno come fine la felicità di tutti e non pretendono nulla in cambio. Senza di essi, senza l’amore universale, la vita è senza gioia. Con la compassione e la dedizione agli altri, con l’amore universale, la vita si colma di pace e di gioia.8
Il genitore, fra le tre personalità naturali, è l’unico capace di amore.
il genitore è l'unico capace di amore
Né l’adulto, né tanto meno il bambino, sono capaci di amore.
L’adulto è troppo occupato a sopravvivere e a dominare l’ambiente, per occuparsi degli altri e quindi per amare.
Il bambino non è nemmeno capace di amare se stesso, figuriamoci se è capace di amare gli altri.
L’amore che il genitore nutre e vive nei confronti degli altri è per Lui fonte di piacere.
l’amore è per il genitore fonte di piacere
Perché?
Perché sentirsi genitore, sentirsi in grado di aiutare, di nutrire, di difendere, lo fa sentire forte, superiore.
Il genitore si sente virtualmente simile alla divinità in quanto arbitro di vita e di morte di altri esseri viventi.
Ed infatti non a caso in molte religioni, e persino e soprattutto in quella cristiana, la divinità è rappresentata come genitore.
Gli animali genitori non collegano se stessi alla divinità, ma la loro convinzione di onnipotenza è chiaramente riscontrabile nella difesa ad oltranza che essi pongono in atto quando si tratta di difendere i propri cuccioli, anche se sono degli Yorkshire nani (non soltanto i cuccioli ma soprattutto, sfortunatamente, anche i genitori).
La personalità del genitore è infatti l'apice dellevoluzione psicologica naturale.
la personalità genitoriale costituisce l’apice delUevoluzione psicologica naturale
Aspetti negativi
Il genitore non ha aspetti negativi, se non quello, negativo dal solo punto di vista del bambino, di non dedicarsi a lui soltanto ma a tutti. Il vero genitore è colui che è genitore a tutti e non solo ai propri figli. Da questo si vede come i veri genitori sono pochissimi: basta andare a una partita di calcetto di bambini, dove i “genitori” tifano solo per i loro figli.
L'evoluzione psicologica naturale
I tre modelli comportamentali naturali - il bambino, l’adulto, il genitore - sono registrati nella nostra memoria sin dall’infanzia, perché sin dall’infanzia noi abbiamo memorizzato tali diversi comportamenti, che abbiamo osservato nelle persone intorno a noi.
Possiamo dire in senso figurato che dentro ognuno di noi esistono tre diverse personalità', il bambino, l'adulto, il genitore.
Queste personalità sono tuttavia presenti in noi «in nuce »: di esse noi abbiamo in memoria soltanto una traccia generale che deve essere strutturata con l'esperienza e il vissuto reale, in modo da costruire delle personalità vere e proprie, capaci di realizzare completamente il corrispondente modello comportamentale.
Questa costruzione, attuata per ognuna delle tre personalità naturali, ci permette di impadronirci della capacità di attivazione di essa in qualsiasi momento, il che consiste nella nostra identificazione completa e totale con essa.
La crescita psico-affetdva che va dal bambino all’adulto al genitore consiste nel passare da una condizione di dipendenza ad una condizione di autosufficienza ad una condizione di dedizione.
L’EVOLUZIONE PSICOLOGICA NATURALE
La materia in cui si realizza l’evoluzione è la capacità affettiva o, per dirla con il linguaggio comune, V amore.
Immagina un vaso vuoto di liquido, e immagina che questo liquido sia Vamore.
Il bambino è esattamente così: un vaso vuoto del liquido dell'amore.
Deve essere riempito.
Ha assolutamente bisogno di essere riempito d’amore.
E una sua necessità vitale.
Almeno quanto basta ad amare se stesso.
E proprio per questo, che un buon genitore dà amore al proprio figlio esprimendogli la sua stima e la sua ammirazione, costruendo nel proprio figlio quella fiducia e stima in se stesso, quell’amore per se stesso, che riempie il vuoto del vaso e rende il figlio non più bisognoso d’amore, ossia non più bambino.
Finalmente adulto.
L’adulto è un vaso riempito per buona parte del liquido dell’amore.
L'amore per se stesso.
E il primo passo, verso l’amore, ma è il passo più importante, senza il quale il cammino verso l’amore universale non può essere realizzato.
Gesù stesso ha detto Ama il prossimo tuo come te stesso.9
Infatti, poiché noi proiettiamo sempre sul mondo la nostra visione interiore, noi abbiamo con gli altri esattamente lo stesso rapporto che abbiamo con noi stessi.
Perché gli altri, per ognuno di noi, sono sempre una proiezione di noi stessi.
Hai notato, ad esempio, come i portatori di colpa (magari inconscia) sono sempre pronti ad incolparti di qualcosa?
Perché proiettano su di te il loro senso di colpa (conscio o inconscio).
L'EVOLUZIONE PSICOLOGICA NATURALE
Quindi, se noi ci sentiamo in colpa, non possiamo fare a meno di accusare gli altri.
Se noi ci odiamo, non possiamo fare a meno di odiare gli altri.
Se noi ci disprezziamo, non possiamo fare a meno di disprezzare gli altri.
Se noi ci a?niamo, non possiamo fare a meno di amare gli altri.
Per amare gli altri, quindi, dobbiamo necessariamente amare noi stessi.
Se noi amiamo noi stessi, noi siamo soddisfatti, siamo allegri, siamo gioiosi, siamo felici.
Siamo in grado di amare gli altri.
A mano a mano che la iiducia in noi stessi e la nostra sicurezza aumenta, a mano a mano che l’amore per noi stessi aumenta, il nostro vaso si riempie sempre più di amore, fino a traboccare.
E allora diventiamo genitori.
Il genitore è un vaso traboccante d’amore.
Ha amore per tutti, nessuno escluso.
Per il vero genitore, tutti sono suoi figli.
In condizioni naturali è l’esperienza di condizioni ambientali specifiche, la causa della strutturazione delle tre personalità naturali.
l'evoluzione psicologica naturale avviene attraverso l'esperienza di condizioni ambientali specifiche
La personalità infantile si struttura spontaneamente alla nostra nascita, per il semplice fatto che l’ambiente esterno è ostile rispetto a quello intrauterino.
L’ambiente intrauterino, infatti, è talmente favorevole e così poco differenziato che il feto si costruisce spontaneamente una personalità completamente appagata e quindi tendenzialmente onnipotente.
E per questo motivo, che nel bambino e nell’adulto permane una tendenza all’autismo (giochi ripetitivi e vizi alienanti): è un tentativo di ritorno, in presenza di un ambiente non soddisfacente, alTappagamento intrauterino.
Certamente il parto costituisce un trauma, non tanto per l’evento in sé (che anzi viene spesso rivissuto piacevolmente, specie in stato di coma: il famoso tunnel con la luce all’uscita e le persone che ci accolgono), quanto per il cambiamento radicale di ambiente, che da completamente appagante diviene disagevole e frustrante.
Esso provoca la creazione della personalità infantile, in-sicura e impaurita perché incapace di sopravvivere in un ambiente ostile.
L’EVOLUZIONE PSICOLOGICA NATURALE
Sarà ancora l’esperienza di condizioni ambientali specifiche t più che la crescita fisica, a strutturare la personalità adulta e quella genitoriale.
Occorrono tre condizioni ambientali specifiche, perché possa avvenire la
STRUTTURAZIONE DELLA PERSONALITÀ ADULTA
1 AFFETTO DEL GENITORE
2 MODELLO DI ADULTO
3 STATO DI ADULTO
La prima condizione è indispensabile al bambino per l’acquisizione della sicurezza e quindi della fiducia in se stesso, la quale gli fornisce la spinta e la motivazione che gli permettono di accedere alla seconda condizione.
La seconda condizione consiste ne\Tesperienza e nella memorizzazione del modello comportamentale dell’adulto, che è quello che dovrà poi essere attuato.
La terza condizione consiste nello stato esistenziale effettivo, definitivo e abituale di adulto e quindi nelTérpe’-rienza dell’effettivo controllo autonomo e indipendente dell’ambiente.
Questa terza condizione si realizza soltanto con Yallontanamento dai genitori.
Soltanto con l’allontanamento dai genitori, o meglio con il vissuto di uno stato di assoluta solitudine, infatti, si ha il passaggio dallo stato infantile allo stato adulto.
Lo stato esistenziale di adulto è quindi essenziale, al processo di strutturazione della personalità adulta, perché soltanto in esso, avviene l’identificazione definitiva del soggetto con la personalità adulta.
Occorrono due diverse condizioni ambientali specifiche, perché possa avvenire la
STRUTTURAZIONE DELLA PERSONALITÀ GENITORIALE 1 MODELLO DI GENITORE
La prima condizione consiste neW' esperienza e nella memorizzazione del modello comportamentale del genitore, che è quello che dovrà poi essere attuato.
La seconda condizione consiste nello stato esistenziale effettivo di genitore e quindi nel{'esperienza dell effettiva dedizione a soggetti bisognosi di aiuto e nella loro protezione.
In altri termini, nella reale esperienza della personalità genitoriale.
Come per la personalità adulta, l'esperienza della personalità genitoriale è essenziale al processo di strutturazione di questa personalità.
L'itinerario di evoluzione naturale che va dal bambino all’adulto al genitore è consequenziale e unidirezionale.
Esso non può essere sovvertito.
Occorre quindi sottolineare un
non si può essere genitori se prima non si è diventati adulti
Il processo di crescita psicologica segue infatti questa sequenza:
H processo
BAMBINO — GENITORE non è possibile
Infatti, la dedizione agli altri\ la caratteristica oggettiva della personalità genitoriale, presuppone uno stato oggettivo di autosufficienza e di controllo dell’ambiente, che sono caratteristiche dell 'adulto.
Come ho già detto e come è evidente a tutti, nessun bambino è in grado di provvedere alla sopravvivenza di altri bambini, in quanto non è neppure in grado di provvedere alla sopravvivenza di se stesso.
Lo sviluppo della personalità adulta
Lo sviluppo della personalità adulta è il primo passo fondamentale dell evoluzione psicologica naturale.
Ma come avviene lo sviluppo della personalità adulta?
Come avviene che un bambino diventa adulto?
0 meglio, come avviene che un individuo umano clie ha finora vissuto soltanto la sua personalità infantile sviluppa e impara a vivere la sua personalità adulta?
Esaminiamo la cosa con cura perché essa è di importanza vitale, per la nostra evoluzione psicologica e quindi per la nostra realizzazione e felicità come esseri umani.
Cosa avviene normalmente in natura negli animali, che produce il passaggio dalla fase infantile alla fase adulta?
Prendiamo i gatti.10
Finché non sono capaci di alimentarsi diversamente e devono costruire la loro prestanza fìsica, la mamma gatta li allatta.
E non fa come le nostre mamme, che smettono di allattare il loro bambino prima del tempo perché il pediatra gli ha detto che è meglio il latte artificiale.2
Finché ce n’hanno e finché i gattini ne vogliono, gliene danno,
Senza orario.
Praticamente in continuazione.
Chi ha visto crescere in modo naturale gatti in libertà, sa con quanta abnegazione, pazienza, imperturbabilità ed eroismo la mamma gatta allatta i propri cuccioli.
Rimane praticamente tutto il giorno e tutta la notte per circa due mesi distesa a terra su un fianco.
Come una matrona romana ad un banchetto al quale lei non partecipa ma è solo spettatrice.
Cioè proprio come un’autentica matrona romana.
Con le mammelle esposte in vetrina come le paste di una pasticceria.
Pronte ad essere assalite e divorate da una classe di scolari affamati e golosi scappati da scuola.
imposta ima vita che non ha nulla a che fare con quella che loro vivono in natura (caccia, lotta, difesa del territorio e sesso). Cosa ne dite? Seconda voi, i gatti che noi teniamo nelle nostre case sono gatti bambini o gatti adulti? Sono gatti normali o nevrotici? Provate ad osservare il comportamento dei gatti randagi che vivono nelle città o meglio nelle campagne e avrete la risposta.
2 Arriveremo anche al latte artificiale per gatti. Il mercato c’è. Se non ci siamo ancora arrivati è semplicemente perché ancora nessuno ci ha pensato. Chi volesse sfruttare l’idea, tenga conto del mio copyright: mi accontento di un 20% netto sugli utili.
Ma la mamma gatta non si limita ad allattare i suoi cuccioli.
In questa fase protegge anche i suoi cuccioli dai pericoli esterni.11
In questo modo i gattini non soltanto crescono nel corpo, ma si rafforzano anche psicologicamente in quanto, sentendosi difesi e protetti, rafforzano la loro sicurezza.
Quante mamme umane fanno la stessa cosa con i loro bambini?
Quante mamme umane danno ai loro bambini quella sicurezza non soltanto materiale ma soprattutto psicologica che permette ai loro figli di rafforzare il proprio lo e diventare adulti?
Invece di urlare impazzite ad ogni piccolo problema?
Per i cuccioli umani la sicurezza psicologica non deriva soltanto dalla sicurezza materiale ma soprattutto dalla sicurezza affettiva, dalY amore.
Quante mamme umane riempiono d'amore il vaso vuoto dei loro bambini con carezze e baci e sorrisi e dolci parole?
Ma soprattutto con apprezzamento del comportamento anche insufficiente e impacciato dei loro piccoli ometti e delle loro piccole donnine?
Quante invece si limitano, perché prese dal lavoro o stressate o perché altrimenti distratte, a cambiare loro i pannolini e dare loro da mangiare?
Questa è la prima tappa della nevrosi infantile.
Un bambino che non si è sentito amato, protetto, curato affettivamente durante la sua infanzia, si porterà dietro per tutta la vita una carenza affettiva devastante.
Essa lo renderà insicuro, impaurito, insoddisfatto.
Rimarrà ancorato a quella personalità infantile piena di paura e di insicurezza che non è stata sufficientemente protetta e rassicurata e che quindi egli non può superare.
E che non potrà mai più superare, per tutto il resto della sua vita.
Perché chi potrà dargli tutte quelle carezze che la sua mamma, quando ne aveva bisogno, non gli ha dato?
Chi potrà dargli tutti quei baci che la sua mamma, quando ne aveva bisogno, non gli ha dato?
Chi potrà fargli tutti quei sorrisi che la sua mamma, quando ne aveva bisogno, non gli ha fatto?
Chi potrà dirgli tutte quelle parole dolci che la sua mamma, quando ne aveva bisogno, non gli ha detto?
Darglieli adesso, che ha trenta o quarantanni, è come dargli dei pasticcini ammuffiti e stantii.
E naturale, che egli li mangi lo stesso.
Perché ha fame.
Ma non lo appagano.
Perché non sono quei buoni e fragranti pasticcini che voleva mangiare quando era piccolo dalle mani della sua mamma.
Soltanto quelli, erano davvero buoni e fragranti.
Perché era la sua vera mamma, a darglieli.
Soltanto allora, potevano appagarlo.
Quelli che gli danno adesso, che ha trenta o quarantanni, sono soltanto pasticcini ammuffiti e stantii che non
lo accontenteranno mai.
Perché il suo vaso non è stato riempito d’amore.
s.
E rimasto vuoto e assetato d’amore.
Egli quindi non ha a disposizione neppure l’amore per se stesso.
Non è neppure capace di stare bene con se stesso.
Soprattutto non è capace di dare a se stesso quell’amore che non ha mai ricevuto e che quindi continua a chiedere disperatamente alla mamma di turno, a tutte le mamme che gli capita di incontrare, qualunque sia la loro sembianza.
Si può capire, adesso, perché il nevrotico infantile è una continua, assillante, inesauribile, inesaudibile richiesta di attenzione, di cure, di protezione, di carezze, d’amore.
Finché non si deciderà a crescere, a costruire la stima in se stesso, a tarsi le coccole da solo, in una parola a diventare adulto, non risolverà il suo problema.
Ma la storia non finisce qui.
Quando i gattini sono diventati sufficientemente robusti da essere capaci di saltare e correre, prima ancora che abbia smesso di allattare, la mamma gatta comincia a fare delle cose che noi umani - ipocriti perché facciamo ben di peggio - giudichiamo terribili.
Ad esempio cattura un topo, gli spezza la spina dorsale affinché non corra troppo e non scappi (i gattini sono ancora inesperti e debbono imparare a cacciare in condizioni facilitate, ovviamente) e lo pone davanti ai gattini facendogli vedere come si fa a bloccarlo e a catturarlo, lasciandolo scappare per quel poco che il disgraziato può fare e poi balzandogli addosso e imprigionandolo fra le zampe.
Naturalmente la mamma gatta cattura un topolino più piccolo dei suoi gattini, affinché non li spaventi.12
La mamma gatta si propone in questo caso come esempio, come modello comportamentale.
I gattini, dapprima indifferenti a queste lezioni (esattamente come i nostri bambini alle nostre), piano piano prendono ad interessarsi al gioco (è così che la mamma gatta glielo presenta: un gioco, una simulazione della caccia che fanno gli adulti) e cominciano anche loro a provare il sano esercizio di balzare sul topolino e bloccarlo.
Una vera e propria scuola di caccia, a cui i gattini partecipano in gruppo sempre più interessati e appassionati, fino a gareggiare fra loro e a simulare fra loro quelle aggressioni, quegli agguati, quelle lotte corpo a corpo, quelle fughe, che fanno parte del comportamento principale dell’adulto: la caccia.
%
E penoso vedere come i poveri gatti nevrotici, prigionieri nelle nostre celle di cemento, continuino per tutta la vita, finché la vecchiaia li blocca con l’artrosi, l’arteriosclerosi e la demenza senile, a fare nei nostri salotti con le nostre tende e i nostri divani quei giochi di caccia che non hanno potuto fare da cuccioli sotto la guida della loro mamma, spinti dal loro istinto ma puntualmente rimproverati e puniti da noi umani sadici e crudeli che non solo li teniamo rinchiusi ma impediamo loro di vivere in modo naturale.
gna”, che la natura ha dotato di dimensioni atte ad introdursi entro qualsiasi anfratto, al fine di alimentarsi Essi, lo sa bene chi vive in campagna, penetrano entro qualsiasi nascondiglio e protezione, saccheggiando vivande e provviste, e non esiste difesa o barriera che li fermi. Sono piccolissimi. Praticamente dei nanetti. Ma non sono dei bambini. Sono degli adulti aggressivi e agguerriti. Magari dei maturi signori spesso incavolati. Ma comunque sempre cronicamente affamati (la fame cronica è una regola, in natura).
A quando i gatti-robot da tenerci nelle nostre case pulite e disinfettate latte per umani nevrotici e naturofobid?5
Quando i gattini hanno imparato finalmente a cacciare, per imitazione dell 'esempio di mamma gatta che gli ha fornito topolini sempre più grossi e sempre più vivaci, nonché lucertole, passeri e persino api, calabroni e mosche, essi si trovano anche a non avere più bisogno di essere allattati (ammirate la magnifica puntualità della natura, che fa coincidere il termine dell’apprendimento con il termine dell’allattamento), perché i loro dentini sono diventati forti e capaci di masticare anche cibi solidi.
Allora la madre li abbandona.
5 Hanno già fatto il cane, come sapete. Lo ha fatto la Sony, naturalmente. Fa tutto quello che fa un cane di casa nevrotico e rimbecillito, tranne le uniche cose naturali che i cani di casa erano ancora capaci di fare: la pipi e la cacca. La Sony con questo cane robot ha fregato
i fabbricanti di sacchetti e palette, nonché quelli di lettiere e di alimenti per cani. La robotica sta facendo passi da gigante. Prevedo fra non molto l'immissione nel mercato, non solo di gatti robot e uccellini robot (che sarebbe un’opera santa, perché ridarebbe la libertà a tanti poveri gatti e uccellini Imprigionati nelle nostre case), ma anche di mamme-robot che accarezzeranno, baceranno, sorrideranno e parleranno ai nostri figli con un'affettuosità, una dedizione, un’abnegazione, una pazienza, un‘imperturbabilità ed un eroismo che molte delle nostre mamme, arriviste e mascolinizzate, non hanno più. E secondo me anche questa sarebbe un’opera santa, con buona pace di quanti se ne scandalizzeranno. Perché è meglio una mamma-robot affettuosa e sempre presente che una mamma arrivista, assente o presente con malagrazia. D’altra parte le mamme-robot esistono già da oltre trentanni e nessuno ha gridato allo scandalo perché la gente è così stupida che neppure se ne è accorra: infarri intere generazioni di bambini sono state allevate e coccolate da fiabe su disco e cartoni animati televisivi, che altro non sono appunto che mamme-robot, sia pure limitate a funzioni specifiche.
Non hanno più bisogno di lei.
Adesso sono adulti.
Si dividono anche fra loro.
Ognuno di loro si trova un proprio territorio di caccia, che dominerà e difenderà con la propria abilità, la propria forza, la propria ferocia.
Questa, è la strada che la natura ha tracciato per la crescita biologica, per il passaggio dalla fase di cucciolo a quella di adulto.
Nella specie umana l’evoluzione naturale è complicata dalla presenza nel nostro cervello della neocorteccia, risultato dell'evoluzione biologica.
Lo ha detto anche Albert Einstein: « Dio non è cattivo, ma è complicato».
La neocorteccia attiva la funzione del pensiero e del-Pimmaginazione che danno luogo all’affettività, la quale soltanto apparentemente, è presente anche negli animali.13
Come ho già detto, nell’essere umano l’evoluzione biologica è soprattutto un 'evoluzione psicologica.
Infatti nell’essere umano non è sufficiente l’esempio di un modello comportamentale, perché avvenga il passaggio dalla fase infantile a quella adulta, come è invece sufficiente per gli altri animali,
Occorre che al cucciolo d’uomo sia fornita un’altra cosa, della quale gli animali possono fare a meno: Xaffetto?
La funzione dell’immaginazione permette di registrare nella memoria dell’essere umano Ximmagine dell’adulto che egli adotta come modello comportamentale capace di assicurargli la sopravvivenza.
Egli, attraverso l’altra sua funzione specifica, il pensie-
7 Lo so benissimo che a questo punto tutti i possessori di animali, e in particolare di gatu, visto che ho parlato specificamente di loro, se potessero mi salterebbero addosso e mi graffierebbero come fanno i loro cari protetti con il divano del soggiorno. Perché certo, Io so, essi sono pronti a giurare sulla Bibbia che i loro beniamini sono affettuosissimi, che la loro mamma gatta quando ha avuto i cuccioli (in casa, beninteso) ha prodigato loro amore e carezze e affettuosità che a loro la loro mamma non si è mai sognata di prodigargli. È proprio qui, l'incrinatura della loro commovente convinzione. Essi vedono nel gatto quella affettuosità di cui essi hanno un disperato bisogno e che sarebbero disposti a vedere anche in un coccodrillo o in un cercopiteco. In realtà la mamma gatta non dispendia ai suoi cuccioli l’affetto come lo viviamo noi umani, ma semplicemente le cure indirizzate alla loro sopravvivenza, come da programma genetico di conservazione della specie. Le leccate su e giù per il pelo che la mamma gatta prodiga ai suoi gattini, e che sono le stesse che ella prodiga a se stessa, non sono effusioni amorose ma semplicemente atti di normale igiene gattesca, volti a prevenire ed eliminare i parassiti. Un gatto (parlo sempre di gatti perché ho vissuto per vent’anni in campagna con gatti che vivevano all’aperto e quindi ho avuto modo di studiarli nel loro ambiente naturale) diventa adulto anche se non riceve le cure «affettuose» della mamma gatta, ma semplicemente se ha imparato a cacciare e a sopravvivere da solo in un ambiente naturale. Strappato invece alla mamma prima che questo avvenga, rimane un cucciolo - incapace di cacciare e quindi di sopravvivere da solo - per tutta la vita. Ed è così che noi ce lo teniamo nelle nostre prigioni di cemento, credendolo un gatto normale.
ro, si identifica allora con quell’immagine ed attua nei fatti quel modello comportamentale.
Negli animali l'attuazione del modello comportamentale adulto è invece il risultato di un istinto', essa è quindi automatica, quando vi siano le condizioni ambientali opportune.
Lo sviluppo delle funzioni del pensiero e dell’immaginazione ha permesso invece all’essere umano di rendere volontaria la funzione dell’attuazione del modello comportamentale adulto.
L’identificazione con rimmagine-modello dell’adulto che il bambino ha registrato nella propria memoria può avvenire tuttavia soltanto se il bambino ha fiducia nella propria capacità di identificazione con quel modello, ossia nella propria capacità di cambiamento della personalità.
E qui entra dunque in gioco Xaffettività, che diventa quindi un requisito indispensabile alla crescita psicologica dell’essere umano.
E infatti attraverso l’amore del genitore (in natura della madre), die il bambino acquista la fiducia in se stesso necessaria alla sua identificazione con un’immagine diversa da quella che egli ha di se stesso e quindi alla sua trasformazione in adulto.
Perché
l'amore non è difesa e nutrizione
La difesa e la nutrizione della prole costituiscono un programma genetico comune a tutti gli animali.
Ma
l'amore è accettazione, approvazione, stima, cioè rafforzamento dell'io
Vale la pena eli soffermarci su questo concetto, tanto importante anche per gli adulti.
V
E per questo, che essere amati dà tanto piacere: perché rafforza il nostro Io.
Ed è soltanto quando ha realizzato questo rafforzamento dell 7<9, cioè la fiducia in se slesso, che il bambino è in guado di cambiare la propria personalità e identificarsi con quéHìimmagine della personalità adulta che egli ha registrato nella propria memoria.
Perché la fiducia in se stesso è una caratteristica della personalità adulta.
Dunque
Vamore e quindi la stima del genitore è la condizione preliminare per lo sviluppo della personalità adulta
Ma prima di arrivare all’identificazione con la personalità adulta il bambino deve percorrere un lungo itinerario: deve procedere alla strutturazione di quella personalità dentro di sé, deve cioè sedimentarla completamente nella propria memoria, o, come si dice comunemente, interiorizzarla e assumerla come propria personalità predominante fino a identificarvi si e quindi fino a diventare effettivamente un adulto.
Il processo di strutturazione della personalità adulta è quindi un processo complesso. Lo esamineremo nel prossimo capitolo.
Questo saggio riprende l’usanza, già proposta dall’autore in Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita (Ponte alle Grazie, Milano, 2003), di rivolgersi sia agii uomini sia alle donne nella convinzione che è ora di finirla di rivolgere sempre i libri soltanto agli uomini. Maschilisti maledetti! Nota la sottigliezza: in questo libro prima c'è il femminile e poi il maschile. La rivincita delle donne!
La nevrosi è caratterizzata dall’unicità della personalità, ripetitiva e coatta: appunto la personalità nevrotica.
} La molteplicità delle personalità presenti in uno stesso individuo umano fu già posta in rilievo da William James nel 1890 (Principles ofPsy-chology) e poi ripresa nel secolo successivo (1965) da Roberto Assagioli, il fondatore della psicosintesi (cfr. Psychosynthesis. A manual of Principles and Tecbniques, 1965; trad. it. Prìncipiì e metodi della psicosintesi terapeutica, Astrolabio, 1973). Ancora recentemente (1979) Bandler e Grinder, i fondatori della Programmazione Neurolinguistica (pnl), hanno affermato chela personalità multipla è «un nuovo passo nell’evoluzione della specie umana» {Frogs into Princes. Neuro LinguisticProgramming, 1979; trad. it. La metamorfosi terapeutica, Astrolabio, 1980, pag. 173).
Questo fatto, indubbiamente fondamentale per la psicologia umana, era già stato scoperto nel III sec. a.C. da Patanjali, l’autore del trattato classico dello Yoga indiano, lo Yoga Sutra (cfr. il mio libro, La psicologia dello Yoga (lettura psicologica degli Yoga Suu'a di Patanjali), ECIG, Genova, 1994, pagg. 42-44).
Al primo depresso che incontrai nella mia pratica clinica, il quale mi disse di essere il più sfigato dell’universo, dissi: «Non è vero, c’è gente più sfortunata di lei ». Lui mi rispose incazzato: « Lei è un cretino! Non ha capito niente! » Aveva ragione: gii avevo negato la possibilità di sentirsi qualcuno almeno nella sfìga. Da allora, quando mi si presenta un depresso che ini dice di essere il più sfigato dell’universo, gli dico: «Ha ragione. Anzi, secondo me, il Padreterno ha creato l’universo al solo scopo di fregare lei ». È quella che si chiama « inflazione cognitiva». Funziona. Sistematicamente il depresso mi risponde che esagero e prende lui stesso a ridimensionare la sua visione pessimistica del mondo.
II gatto (o meglio, la gatta), l’animale ritenuto da noi il meno altruista, il più egoista, il più menefreghista, è capace di stare tre mesi praticamente immobile ad allattare i suoi cuccioli, con pochissime e brevissime fughe per mangiare e sgranchirsi le gambe. Ti sembra importante sottolineare che tutto questo riguarda le signore gatte e non i signori gatti, i quali, assolto il loro dovere (e piacere) di mettere le signore gatte nella condizione di cui sopra, spariscono per sempre?
Non ho mai capito perché Beethoven abbia dedicato una sinfonia a sua nonna invece che a sua mamma. Evidentemente era una merda (la mamma, non Beethoven), come il padre die lo ha obbligato a trascorrere l’infanzia a suonare il cembalo invece di giocare come tutti gli altri bambini, per poterlo esibire come bambino prodigio (a pagamento, naturalmente, che incassava regolarmente andandoselo poi a spendere in liquori e donnacce).
Tutte le visioni filosofiche di impronta idealistica hanno prospettato la vita come gioco cosmico, come proiezione mentale sostanzialmente inconsistente, come pura forma. Questa visione, forse non proprio fortissima sul piano scientifico, ha tuttavia una valenza psicoterapeutica notevole: la capacità di sdrammatizzare i colpi inferrici dalla vita stessa, di farci noi dominatori di una vita che ci opprime.
Thich Nhat Hanh, Old Path Wbite Clouds (1991); trad. it. Vita dì Siddhartha il Buddha, Ubaldini, 1992, pag. 189.
Gesù è stato un grande psicologo: non si può infatti amare gli altri se non si ama prima di rutto se stessi. Faccio notare en passant che noi psicologi siamo l’unica categoria professionale ad avere avuto il figlio di Dio come collega: nulla del genere è mai capitato ad idraulici, ragionieri o ginecologi. Vi siete mai chiesti perché?
Prendere i gatti è diffìcile, lo so, ma parlo di gatti perché rutti o quasi rutti hanno esperienza di gatti. Ma attenzione, quali gatti? I gatti che noi teniamo nelle nostre case non sono gatd normali. Sono gatti che sono stati strappati alla loro mamma prima che lei gli insegnasse a cacciare e che non hanno neppure imparato a cacciare da soli perché sono stati tolti dal loro ambiente naturale; in più gli viene dato un territorio che è meno di un centesimo del territorio che loro hanno in natura, gli viene data un’alimentazLone che non ha nulla a die fare con quella che loro hanno in natura (topi, passeri, lucertole ecc.) e gli viene
CItì non ha mai visto una mamma gatta che prende ad uno ad uno i suoi cuccioli addentandoli per la collottola e nasconderli in un posto sicuro, lontano da insidie e aggressioni? Chi non lo ha mai visto, può scrivermi: gli invierò ad un modico prezzo alcune fotografìe da me scattate alla mia gatta Minou mentre trasporta i suoi gattini in cantina dopo averli nascosti proditoriamente dentro il guardaroba in casa, dal quale è stata gentilmente sfrattata con tutta la sua famiglia.
La grandezza dei topi non è direttamente proporzionale alla loro età: ci sono delle specie di topi, detti comunemente “topi di campa-
La fedeltà dei cani al padrone umano non è una manifestazione di affettività, come molti proprietari di cani credono, ma semplicemente una manifestazione di dipendenza, sottomissione e fedeltà al capo branco, con il quale i poveri animali sono costretti a scambiare U padrone umano, dal quale in natura essi dipendono e per il quale essi hanno un istinto di obbedienza. Questo avviene per tutu gli animali mammiferi che vivono in branco, come cani, cavalli e rinoceronti. Ma provate a farvi coprire di leccate e sguardi languidi da un’iguana o da un coccodrillo. Per non parlare di pitoni e boa con stri et or. Eppure ci sono possessori di pitoni e boa constrictor pronti a giurare che sono creature tanto amorose e affettuose. Gli manca solo la parola (meno male).