La valutazione dello stato di salute e nutrizionale del runner
In un ambulatorio medico di Nutrizione clinica e sportiva, come il nostro Centro di Endocrinologia Nutrizione e Sport, affluiscono pazienti, atleti ma anche atleti/pazienti, sia amatoriali sia top level.
Il metodo di valutazione, quando si parla di nutrizione e supplementazione dello sport, secondo la nostra opinione non può essere differenziato in base alle capacità prestative – non sarebbe né rispettoso né etico verso la persona che si rivolge a noi – ma il podista amatoriale che magari ha un sovrappeso e una tiroidite deve ricevere la stessa valutazione medica e nutrizionale di un maratoneta capace di correre una maratona intorno alle 2 ore (ormai, come sappiamo, il limite si è recentemente spinto anche sotto le due ore).
Visita Medica e Nutrizionale
Come mi diceva sempre mio nonno medico: «Se fai una buona anamnesi hai fatto il 90% della diagnosi». Il colloquio preliminare con il nostro podista è dunque fondamentale, non è raro e anzi è sempre più frequente che arrivi in studio un runner cinquantenne che magari ha iniziato a correre per dimagrire e poi diventato “dipendente” dalla corsa e in sei mesi vuole prepararsi per la maratona di New York. Magari non ha neanche mai fatto gare e non ha nemmeno il certificato di idoneità agonistica. Che facciamo, allora? Gli prescriviamo l’erba magica dell’Isola di Pasqua o il pranzo di recupero gourmet pubblicato su Instagram il giorno prima? Come se nessuno dovesse preoccuparsi di andare al lavoro o di gestire una famiglia. Oppure telefoniamo al nostro coach di fiducia e gli chiediamo di stendere una tabella completa di ripetute, lunghi, lunghissimi eccetera?
No, non si lavora così. Prima di stendere un piano nutrizionale, anche se mirato alla performance sportiva, si dovrebbe vistare una persona, individuare i suoi fattori di rischio metabolici e cardiovascolari, capire se dietro un «da qualche settimana sono stanco e non riesco a correre come vorrei» ci può essere ipotiroidismo o mononucleosi, oppure se in caso di eccessiva magrezza il problema è un comportamento alimentare fortemente restrittivo oppure una triade dell’atleta.
Dunque la nostra impostazione è molto semplice e si basa su questi punti:
- Anamnesi medica
- Anamnesi nutrizionale
- Ecografia tiroidea
- Ecografia addome (se necessaria)
- Esami ematochimici
- Esami ormonali su sangue e saliva
- Esami per valutare una disbiosi Intestinale
- Eventuali test valutativi
- Test del Consumo Massimo di Ossigeno (VO2max)
- Hand Grip Test
- Test isometrico di forza degli arti inferiori in posizione eretta
Anamnesi Clinica
L’anamnesi clinica è fondamentale e parte dall’anamnesi familiare. In particolare andremo a valutare una familiarità per diabete, malattie della tiroide, per sovrappeso e obesità, per ipertensione arteriosa, per alterazioni del metabolismo lipidico (ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia), si valuteranno inoltre la presenza di tumori ricorrenti in famiglia, ad esempio dell’intestino, del seno o dell’utero nella donna e della prostata nell’uomo. Particolare attenzione, secondo la nostra opinione, andrà posta alla presenza in famiglia di persone affette da disturbi del tono dell’umore e/o disturbi alimentari, di persone affette da malattia celiaca o di allergie o intolleranze alimentari scientificamente valutate.
Dall’anamnesi familiare si passa all’anamnesi fisiologica, valutando, nel caso di una podista, la regolarità del ciclo mestruale (ritmo, durata e quantità di flusso), in quanto un’amenorrea perdurante da qualche mese insieme a un comportamento alimentare restrittivo e a una magrezza eccessiva può indirizzarci verso il sospetto di un disturbo alimentare e la richiesta di una consulenza psichiatrica per la diagnosi (non psicologica, perché per guidare ci vuole la patente e le diagnosi sono sempre di competenza medica). La quantità e la durata del flusso sono da valutare principalmente in funzione di una possibile loro compartecipazione a un quadro di anemia carenziale, che naturalmente influirebbe in maniera negativa sulla performance atletica.
Altro aspetto da valutare sarà l’intestino: capiremo se il nostro podista è stitico o evacua regolarmente, se le feci hanno una consistenza normale, dura (indice di mancanza di idratazione o dieta povera di fibre) o molle (indice di infiammazione intestinale), se soffre di emorroidi e ha sanguinamento durante la defecazione. Importantissima la valutazione della diuresi, sia per la quantità di urina emessa sia per la frequenza (nell’uomo, una minzione frequente ma scarsa è sintomo di problemi prostatici) e il colore delle urine. Ne parleremo meglio in seguito, ma urine di colore scuro e maleodoranti sono sinonimi di una idratazione non adeguata e in questo caso bisogna insistere sulla rieducazione del paziente.
Dopo si passa all’anamnesi patologica remota, vale a dire la presenza in passato di patologie di una certa rilevanza e interventi chirurgici. Il podista che abbiamo di fronte potrebbe aver subito un intervento per menisco oppure per rottura del legamento crociato, avuto malattie infettive ricorrenti dell’apparato respiratorio (non dimentichiamoci che il runner, dopo aver corso lunghe distanze sia in gara sia in allenamento, è soggetto alle URTI, Upper Respiratory Tract Infection, ovvero alle infezioni delle alte vie respiratorie), asma bronchiale che è sempre di natura allergica e può incrociarsi con allergie alimentari.
Infine si passa all’anamnesi patologica prossima, che ci serve per valutare il motivo della visita: un’astenia che impedisce la normale attività di corsa, un sovrappeso o addirittura uno stato di obesità iniziale, delle anomalie agli esami ematochimici della funzione tiroidea, un’anemia oppure un’alterazione de profilo glicemico o lipidico oppure semplicemente la richiesta di un piano nutrizionale per correre meglio.
Anamnesi Nutrizionale
La stesura di un piano nutrizionale in un atleta amatoriale oppure di élite non può prescindere da un’attenta anamnesi nutrizionale per valutare le abitudini alimentari dell’atleta, sia nei giorni di riposo sia di allenamento e/o gara. Fondamentale a questo proposito sarà valutare gli orari di allenamento, la loro frequenza ma anche la tipologia di lavoro svolta, dalla corsa lenta per la base aerobica alle ripetute sia in pianura sia in salita, fino ai lunghi e ai lunghissimi se il nostro atleta sta preparando una maratona oppure una ultramaratona. Sarà differente gestire un atleta che fa un lavoro di ufficio vicino a casa rispetto a un manager che viaggia continuamente anche all’estero, cambiando con frequenza fuso orario e ritagliandosi una corsa alle sei di mattina dopo essere atterrato a mezzanotte senza aver cenato; in questo caso la scelta più saggia sarebbe riposarsi… ma avete mai provato a parlare di riposo con un podista?
Detto questo, sarà fondamentale capire i gusti del nostro runner: se preferisce una colazione salata o dolce, se ha l’abitudine di allenarsi a digiuno e cosa mangia dopo l’allenamento, se cura l’idratazione prima durante e dopo l’allenamento, ma anche nelle giornate di riposo, se fa uso di integratori e dove li acquista (noi da sempre sconsigliamo il fai-da-te).
Saranno da valutare poi gli errori alimentari e ne parleremo in un capitolo a parte: dall’uso/abuso di alcol all’eccesso di carboidrati allo spuntino dopo cena a volte ipercalorico giustificato dal fatto che l’allenamento è avvenuto nella tarda serata, e così via.
Importantissimo sarà informarsi sulla qualità e quantità del pasto di recupero post gara e su come si alimenta il nostro podista nei giorni di riposo, dove le necessità energetiche – specie se fa un lavoro sedentario – calano drasticamente.
Da non trascurare eventuali esigenze religiose: con un atleta di fede musulmana si dovrà tenere conto, per esempio, del periodo del Ramadan.
Nel caso poi di atleti che seguano un regime alimentare vegetariano o vegano sarà importante studiare un piano di intervento nutrizionale e di supplementazione che metta nelle condizioni di coltivare appieno la passione per la corsa e di essere performante, in caso di atleta professionista.
In questa fase si valuta anche la presenza di eventuali intolleranze e/o allergie ad alcuni cibi: se l’atleta riferirà che mangiando un determinato alimento ha avuto una modificazione dell’alvo oppure un’eruzione cutanea o una sensazione di gonfiore al palato sarà opportuno eseguire dei test scientificamente provato oppure avviarlo a una consulenza immunologica.
Caso semplice e nemmeno tanto infrequente: «Sono alcune mattine che quando bevo il latte vado subito in bagno». Se c’è il sospetto di intolleranza al lattosio, va eseguito a scopo diagnostico un Breath Test per lattosio ed eventualmente, se il problema non si risolve, una consulenza gastroenterologica.
Esami Ematochimici
Gli esami ematochimici nel running non si discostano molto da quelli eseguiti per una valutazione generale dello stato di salute di una qualsiasi persona. Dovremo valutare bene il metabolismo glucidico, lipidico, l’emocromo, la funzionalità renale ed epatica, lo stato della funzione tiroidea e anche gli ormoni, che nello sport indicano in maniera diretta e indiretta sovraffaticamento e/o overtraining, come il testosterone e il cortisolo, che nel nostro centro non analizziamo sul sangue, ma sulla saliva.
Questi gli esami ematochimici più importanti:
Emocromo. È l’esame del sangue più eseguito. Serve per valutare l’emoglobina, che è la molecola che nel sangue trasporta l’ossigeno all’interno dei globuli rossi e se bassa influisce in maniera negativa su ogni attività fisica e l’ematocrito, vale a dire la percentuale dei globuli rossi nel sangue. Si valuteranno poi, oltre ai globuli rossi, i globuli bianchi, detti leucociti, che sono poi composti da varie frazioni. Queste comprendono: basofili, eosinofili, linfociti, monociti e neutrofili, che rappresentano l’esercito immunitario capace di difenderci dalle infezioni e dalle neoplasie, ma a volte anche capace di attaccare i nostri organi e di provocare le cosiddette malattie autoimmuni. Tra queste, io che sono un endocrinologo non posso non citare la tiroidite cosiddetta di Hashimoto, una patologia autoimmune della tiroide scoperta molti anni fa dal medico giapponese Hashimoto e che nella sua evoluzione verso l’ipotiroidismo comporta una conseguente sindrome cronica da affaticamento che poco si concilia con l’attività fisica, a volte anche leggera.
Con l’emocromo valuteremo anche le piastrine, che sono le cellule responsabili della coagulazione del sangue. Come tutte le cose della natura sono positive se in giusta quantità, ma possono diventare negative se si aggregano senza motivo dando luogo a fenomeni di trombosi, oppure se diminuiscono causando sanguinamenti anche subdoli (pensiamo a delle ecchimosi ricorrenti che il runner ci può far notare dicendo di non aver però subito traumi) o vere e proprie emorragie, sempre però in stati patologici.
L’emoglobina, che abbiamo già nominato, è una proteina che consente il trasporto dell’ossigeno dai polmoni ai tessuti e che nel suo viaggio inverso porterà con sé l’anidride carbonica che poi espireremo durante la corsa.
Parametri come la VES, o velocità di eritrosedimentazione, e la PCR (proteina C reattiva) potranno essere indicativi di uno stato infettivo o di malattie di altro genere, ma sono in genere parametri molto generici che possono spesso generare falsi allarmismi.
Sempre come indice indiretto di infiammazione può essere valutato il fibrinogeno, un cofattore importante della coagulazione del sangue.
Metabolismo Glucidico
A causa di abitudini alimentari errate o di scorretti stile di vita (correre un’ora dopo un’intera giornata alla scrivania ci rende semplicemente dei sedentari attivi e non degli atleti!) non è raro trovare valori di glicemia ai limiti alti o fuori dai limiti della norma. La glicemia elevata, come sappiamo, permette la diagnosi di diabete ed è un parametro molto ma molto importante nel valutare lo stato di salute. Rappresenta la concentrazione di glucosio nel sangue, zucchero che deriva sia dalla sua diretta assunzione sia dal metabolismo del glicogeno, degli aminoacidi e dei grassi. La valutazione di questo parametro a livello nutrizionale deve essere a 360 gradi e non solo mirata verso i carboidrati; ad esempio, un’alimentazione eccessivamente ricca di proteine contenenti leucina (proteine ad alto valore biologico, come la carne o il latte di mucca) potrebbe indirettamente innalzare i valori glicemici. Ma la valutazione del metabolismo glucidico non può fermarsi qui: sarà importante considerare anche il livello basale di insulina, se elevato può essere indice indiretto di insulinoresistenza, nonché, se siamo in presenza di un soggetto in sovrappeso con familiarità per diabete, il valore della cosiddetta emoglobina glicosilata, un indice indiretto del comportamento della glicemia nelle settimane passate.
Per ciò che concerne l’insulinoresistenza, che è una situazione che spesso si nasconde dietro l’aumento di peso, in alcuni casi possiamo richiedere la curva da carico glucidico con valutazione sui prelievi, che devono avere un tempo di 180 minuti con intervallo di 30 minuti tra un prelievo e l’altro, e l’indice Homa ‒ o Homa Index ‒ derivante da un’equazione basata sui valori di glicemia e insulina basale: Homa index = (glicemia x insulinemia) / 22,5 (dove la glicemia è espressa in mmol/L e l’insulina in mU/L). Homa Index per i soggetti non insulinoresistenti varia tra 0,23 e 2,5.
Funzione Epatica
La valutazione del metabolismo epatico viene eseguita tramite il dosaggio delle transaminasi e delle gamma GT. Un’alterazione di questi parametri può essere spia di eventuali problematiche epatiche, ma anche cardiache e muscolari. Non dobbiamo comunque allarmarci per una eventuale loro alterazione dopo un carico allenante intenso: si potrà cercare di ripristinare i valori di normalità con integratori o supplementi detossificanti, oltre ad accorgimenti nutrizionali come l’astensione dal bere alcol.
Funzione Renale
Per analizzare in prima istanza la funzione renale si fa riferimento alla creatinina, una componente del sangue che viene eliminata con l’urina. Segnala la funzionalità del rene: se la presenza di creatinina nel sangue è troppo elevata significa che i reni non riescono a farla passare nelle urine, quindi non svolgono bene il loro lavoro.
La creatinina nello sportivo, a nostro modestissimo parere, non può essere valutata come in un soggetto sedentario, come del resto molti parametri ematici. Può alterarsi durante l’attività sportiva, per la massa muscolare più evidente o anche per una non corretta idratazione.
Certamente in soggetti predisposti anche una dieta ricca di proteine può portare a una elevazione dei valori di creatinina, ma attenzione anche a valutare gli effetti secondari di alcune malattie come l’iperglicemia con diabete ancora non presente o uno stato ipertensivo a volte trascurato.
Acido urico
L’acido urico, o uricemia, è indice indiretto di un’alterazione del metabolismo proteico. Non è sempre, o non solo, legato a un’eccesiva introduzione di carne, ma nel caso dello sportivo può essere indice indiretto di un quadro di stress ossidativo spesso legato all’attività sportiva stessa.
Metabolismo lipidico
La valutazione del metabolismo lipidico viene effettuata tramite la valutazione del colesterolo e delle sue frazioni e dei trigliceridi. Il colesterolo totale è un grasso fondamentale nella struttura delle membrane cellulari del nostro organismo: da esso derivano tuti gli ormoni steroidei, cortisolo, testosterone ed estrogeni, dunque non è affatto un elemento di poco conto. Può avere origine alimentare, ma la maggior parte è fabbricata dal fegato a partire da una vasta gamma di sostanze. È un valore che troviamo spesso alterato in soggetti con alterazioni della glicemia e dell’insulina.
Si divide in due frazioni principali:
Colesterolo HDL (High Density Lipoproteins) il cosiddetto colesterolo buono, che sembra avere un effetto protettivo nei confronti della formazione delle placche di aterosclerosi.
Colesterolo LDL (Low Density Lipoproteins) che aumenta il rischio di sviluppo di aterosclerosi.
CPK (Creatinfosfochinasi)
La CPK, nota anche come CK (creatinchinasi) è un enzima endocellulare presente nei muscoli scheletrici, nel cuore, nel cervello, nei polmoni e nel siero.
Contribuisce in modo fondamentale allo scambio di fosfati tra la creatina e l’ATP (adenosintrifosfato, la benzina dei nostri muscoli) svolgendo così un ruolo basilare nel metabolismo energetico muscolare. Nel caso della sua valutazione nello sport, un suo valore elevato è legato a un danno muscolare. È abbastanza frequente e di non eccessiva preoccupazione per ciò che concerne lo stato di salute dell’atleta, ma se il dosaggio risulta in valori molto elevati è da prendere in considerazione una modificazione dei piani di allenamento, della nutrizione e della supplementazione, onde prevenire eventuali infortuni. Certamente dobbiamo tener conto che può essere un marker di alcune condizioni patologiche neurologiche e muscolari (gli atleti non sono immuni solo perché fanno sport…) dunque il riscontro di valori elevati di CPK magri in atleti in detraining o a riposo associati ad astenia e alterazioni dei test antropometrici (BIVA e DEXA) e dei test di forza devono essere valutati a livello specialistico neurologico e muscolare.
Metabolismo del Ferro
La sideremia indica la quantità di ferro presente nel sangue, o meglio quella frazione legata alla transferrina, la molecola di trasporto del minerale nel torrente ematico. Il ferro è fondamentale per il trasporto dell’ossigeno nel sangue in quanto lo lega all’intero dell’emoglobina.
La valutazione si completa con il dosaggio di altri due parametri:
La ferritina, che indica la situazione delle riserve di ferro dell’organismo: un valore basso è ritenuto l’indicatore più precoce di un impoverimento dei depositi dell’oligoelemento.
La transferrina, che è la proteina deputata a trasportare il ferro all’interno dell’organismo dal fegato e dall’intestino ai tessuti che ne hanno bisogno.
La valutazione di questi parametri, assieme magari alla valutazione dei folati e delle vitamine B6 e B12, ci darà un’indicazione sullo stato di ossigenazione ematica e tissutale del nostro podista, oltre a permetterci di intervenire con una supplementazione mirata ove fossero presenti delle carenze.
Valutazione della Funzione Tiroidea
Dal punto di vista ematochimico, altro punto secondo noi fondamentale è la funzione tiroidea. Questa piccola ghiandola endocrina a forma di farfalla del peso di circa 20 g presiede infatti tutte le funzioni metaboliche del nostro organismo influendo sul peso, sulla temperatura corporea, sulla funzione cardiaca, sulla “salute muscolare” e chi più ne ha più ne metta.
Le linee guida sostengono che basta valutare il TSH per definire se un soggetto ha una funzione tiroidea normale o alterata: se il TSH sarà basso o indosabile si avrà una situazione di tendenza funzionale all’ipertiroidismo, se sarà francamente elevato verso l’ipotiroidismo.
Io ritengo che soprattutto nello sport la valutazione del solo TSH dia un’immagine parziale della reale funzione tiroidea. Penso sia importante dosare sia l’FT4, l’ormone principale della tiroide, sia l’FT3, l’ormone che è prodotto in minima quantità dalla tiroide e deriva per gran parte della sua concentrazione dalla conversione di FT4 in FT3 a livello dei tessuti mediante la perdita di un atomo di iodio.
È stato ampiamente dimostrato come in una corsa di lunga durata si abbia inizialmente un aumento del TSH e di FT4 e FT3, dunque come se la tiroide si preparasse a sostenere un importante lavoro funzionale; poi con il passare dei chilometri si assiste a una diminuzione di FT3, che è il vero ormone attivo della ghiandola sui tessuti bersaglio, con aumento di un ormone inattivo, la reverse T3 o rT3, che è caratteristica di tutti quegli stati fisiopatologici in cui l’organismo ha bisogno di “riposo”: dalla stanchezza psicofisica ai tumori agli stati di anoressia. Dunque in uno sportivo il notare un TSH ai limiti alti della norma con FT4 e FT3 bassi è indice di qualcosa che non va. Attenzione dunque a quando non siete performanti nell’allenamento ma anche nella corsetta mattutina, se avete più freddo dell’amico che corre con voi, se vi stancate prima di lui, se magari da qualche tempo avete una stitichezza inspiegabile mentre prima la vostra funzione intestinale era assolutamente normale... In questi casi, fatevi prescrivere gli esami della funzione tiroidea.
Sempre nell’inquadramento endocrinologico, soprattutto se all’anamnesi familiare si è riscontrata la presenza di tireopatie nel gentilizio, può essere opportuno dosare gli anticorpi antitiroidei (cioè gli Ab antiperossidasi o AbTPO e gli Ab antitireoglobulina o AbTg) caratteristici – quando sono positivi – delle tireopatie autoimmuni. In particolare, come detto precedentemente della tiroidite di Hashimoto con conseguente ipotiroidismo, la loro positività è altrettanto importante, magari con una funzione tiroidea conservata. In questi casi possiamo cercare di modulare il processo infiammatorio con un’adeguata integrazione di oligoelementi, in particolare selenio e zinco, e una serie di adeguati consigli nutrizionali.
Se poi abbiamo una sintomatologia caratteristica per ipertiroidismo con tachicardia, dimagrimento ed eccessiva sudorazione a riposo e magari vediamo un TSH indosabile con ormoni tiroidei (FT4 e FT3) ai limiti alti o fuori dai range di normalità, possiamo dosare gli Ab antirecettori del TSH e confermare la diagnosi della più classica delle forme di ipertiroidismo, vale a dire la malattia di Basedow, che se non ben curata potrà sottoporre il nostro atleta a una sequela di fastidiosi sintomi con arresto anche prolungato dell’attività.
La funzione tiroidea però non può essere valutata solo con gli esami ematochimici, ma sarà indispensabile anche una valutazione ecografica del collo per valutare la presenza o meno di noduli, che possono associarsi agli stati funzionali sia di normalità (eutiroidismo) sia di ipertiroidismo e ipotiroidismo. Questa valutazione può servire anche per la diagnosi precoce del tumore tiroideo, una patologia con un comportamento spesso benigno, ma comunque una neoplasia la cui diagnosi precoce è fondamentale per una buona prognosi.
In sintesi, potremmo dire che una valutazione adeguata della tiroide deve comprendere: dosaggio ematochimico di FT4, FT3, TSH, Ab antireoglobulina, Ab antitireoperossidasi, eventualmente Ab antirecettore del TSH ed ecografia tiroidea.
Valutazione degli ormoni anabolici e catabolici (testosterone e cortisolo)
Un’attività di endurance come il podismo crea le premesse per un’anomala secrezione degli ormoni gonadici e cortisosurrenalici. Negli ultramaratoneti maschi ad esempio è stata evidenziata una vera e propria patologia, detta ipogonadismo dell’ultramaratoneta, caratterizzata da bassi livelli di testosterone e deficit muscolare, mentre nella donna è dimostrato come un’attività di endurance protratta nel tempo e per lunghi periodi possa in soggetti predisposti condurre a possibili anomalie del ciclo mestruale, sino anche alla sua scomparsa; se all’amenorrea si associano osteopenia /osteoporosi e disturbi dell’alimentazione si configura il quadro della Triade dell’atleta.
In genere si è sempre legato il concetto di sovrallenamento (overeaching) e di fatica cronica propria da sovrallenamento (overtraining) alla diminuzione del rapporto tra due ormoni: uno ad azione prettamente anabolica, il testosterone, e uno ad azione prettamente catabolica, il cortisolo. Il loro dosaggio nel sangue è però fuorviante, in quanto individua la frazione ormonale legata alle proteine di trasporto che poi non sono altro che delle globuline secrete nel fegato. Non dà informazioni sulla parte dell’ormone biologicamente attiva, ed essendo essi marker di uno stato di atletizzazione, la loro ripetizione su sangue con frequenza temporale sottoporrebbe l’atleta a continui e fastidiosi prelievi ematici, che è meglio evitare soprattutto nei giorni/settimane che precedono una gara di lunga distanza.
Nel mio studio si valutano il testosterone e il cortisolo su saliva, un dosaggio rapido che se eseguito con precisone e valutato insieme allo staff tecnico può prevenire sia le sindromi da sovrallenamento sia eventuali infortuni: se un atleta è affaticato, il suo gesto atletico non sarà performante e dunque la probabilità di infortunarsi aumenterà sensibilmente.
Stress Ossidativo
I radicali dell’ossigeno (ROS) sono prodotti fisiologicamente durante i normali processi metabolici e la loro potenziale azione dannosa sulle membrane cellulari viene “tamponata” da un complesso sistema antiossidante messo in atto dal nostro organismo.
Nell’attività sportiva si ha indubbiamente un’aumentata produzione di citochine infiammatorie e di radicali liberi legati ai processi metabolici indotti dallo sforzo fisico, cui non sempre si contrappone una “risposta antiossidante”. Quando l’equilibrio tra fattori pro-ossidanti e fattori antiossidanti viene alterato a favore dei primi si crea una situazione fisiopatologica di stress ossidativo, che può influire sia sulla performance sia sulla predisposizione agli infortuni di natura muscolare. La valutazione dello stress ossidativo non è semplice e pochi sono i test sui liquidi biologici ‒ soprattutto ematici, urinari ma anche salivari ‒ che possono dare informazioni utili a questi fini. La valutazione dei radicali liberi nel sangue (dROMs) e delle capacità antiossidanti (Oxy Test) deve essere a nostro avviso interpretata in senso dinamico, con prelievi programmati durante la stagione, per identificare eventuali fenomeni di adattamento dei sistemi di ossidazione e antiossidazione che spesso avviengono all’inizio della ripresa dell’attività agonistica e rendono inutile l’utilizzo ormai usuale di prodotti multivitaminici ad azione antiossidante come la vitamina C.
Sempre nella valutazione generale dello stato infiammatorio possono esser utili il dosaggio delle interleuchine (IL3-IL6), del tumor necrosis factor (TNF), della troponina (marker precoce di danno muscolare), dell’omocisteina oltre ai marker ematochimici generali. Esistono poi dei marker precoci di danno da stress ossidativo che non sono ancora entrati nell’arsenale diagnostico di routine: io non ritengo che siano molto utili nell’atleta amatoriale, ma in ogni caso la loro interpretazione necessita di grande esperienza.
Vi sono dei test che molti “venderanno” al nostro runner con la promessa di aiutarlo nella performance, dai test genetici sull’allenamento e la performance a quelli sulla nutrigenomica, ma va detto chiaramente che spesso dietro si nasconde una logica commerciale che nulla ha a che vedere con la salute e la gioia di correre.
Altri esami ematochimici e urinari
Altri esami ematochimici possono essere di aiuto nella valutazione del nostro podista: il dosaggio degli elettroliti nel sangue, sodio, potassio e cloro (che però sinceramente non troviamo quasi mai alterato), la valutazione del rischio di celiachia mediante l’esecuzione delle IgA totali e delle IgA transglutaminasi, eventuali analisi riferibili al dosaggio delle IgE verso alcuni gruppi di alimenti o test per intolleranze alimentari di cui parleremo nel capitolo specifico.
Un semplice esame delle urine è utile per una valutazione, seppur indiretta, della flora microbica intestinale o microbioma intestinale: tramite la valutazione della disbiosi urinaria si valuta la presenza di due sostanze, lo scatolo e l’indicano, emesse dai batteri a componente anaerobica. Ci darà informazioni anche sullo stato di idratazione, attraverso l’osmolarità urinaria, e sull’eventuale presenza di zuccheri e/o proteine, indici indiretti di anomalie della funzione renale e del metabolismo glucidico.
Test per l’atleta performante e infortunato, dal consumo massimo di ossigeno ai test di forza
Quando l’atleta lamenta una diminuzione della capacità prestativa, una stanchezza ingiustificata, la mancanza di forza o una difficoltà respiratoria all’incremento dell’intensità dello sforzo, è necessario valutare con il medico sportivo eventuali anomalie per mezzo dei test di idoneità a livello cardiaco. La nostra équipe ha la fortuna di avvalersi da qualche anno della collaborazione di Luca Gatteschi, fraterno amico, grande esperto di medicina sportiva e di calcio, campione del mondo a Berlino nel 2006, runner per passione, socio fondatore e consigliere della Società Italiana di Nutrizione dello Sport e del Benessere SINSeB e coautore di questo libro per ciò che concerne il capitolo sugli infortuni del podista. Quando però sospettiamo una diminuita capacità prestativa di origine cardiopolmonare o una patologia asmatica da sforzo il nostro punto di riferimento è il test cardiopolmonare per il consumo massimo di ossigeno con la stima della VO2max effettuato dal dottor Adriano Di Paco, medico chirurgo specialista in pneumologia, con cui andremo a valutare sia le capacità aerobiche sia anaerobiche, la velocità di soglia del nostro atleta ma anche il potenziale deficit sotto sforzo con conseguente sospetto di asma da sforzo. In questo caso la presenza e refertazione del test di uno specialista in pneumologia come Di Paco, tra l’altro consulente di centinaia di atleti top level e di squadre come la Juventus, il Napoli, il Milan e il Chelsea, ci offe ogni garanzia in tal senso.
Per quanto riguarda invece la valutazione della componente aerobica e della forza e la stesura di piani di allenamento personalizzati, abbiamo ormai una consolidata collaborazione con il top della preparazione fisica del runner, in Italia e non solo: Fulvio Massini, cui affidiamo i nostri atleti orami da una decina di anni. Fulvio ha una sua metodica di valutazione sia funzionale, con test specifici per la componente aerobica e anaerobica come il test di Conconi, sia sulla forza muscolare. Insomma, se un podista è debole, Fulvio se ne accorge immediatamente. Oltre ai principi scientifici che da sempre guidano la sua arte ‒ che è quella di insegnare a correre e amare la corsa come dice lui ‒ ci affidiamo a un test innovativo che è stato messo a punto alla Sampdoria dall’amico e fortissimo preparatore Stefano Rapetti, già collaboratore di Mourinho e Giampaolo, con il dottor Cigni, fisioterapista pisano. Consiste nell’effettuare un test isometrico di forza in posizione eretta tramite uno speciale strumento che permette di valutare l’effettiva forza degli arti inferiori, il picco massimale della stessa ed eventuali differenze tra muscoli anteriori (estensori) e posteriori (flessori) delle gambe.